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Responsabilità professionale consulente: il nesso causale

Un’impresa ha citato in giudizio la sua società di consulenza per la perdita di sgravi contributivi, causata da una domanda presentata in modo incompleto. Nonostante l’errore iniziale del consulente, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito, escludendo la sua responsabilità professionale. La causa diretta del danno è stata individuata nell’omessa risposta del cliente alla richiesta di integrazione dati da parte dell’INPS, un’azione che solo il cliente poteva compiere accedendo al proprio cassetto previdenziale. Questo comportamento ha interrotto il nesso causale tra l’inadempimento del consulente e il danno finale.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità professionale del consulente: il nesso causale

La responsabilità professionale del consulente è un tema delicato, che spesso si gioca sul filo del nesso causale tra l’errore commesso e il danno subito dal cliente. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: cosa succede se un inadempimento del consulente è seguito da un’inerzia del cliente? L’ordinanza in esame chiarisce che la condotta omissiva del cliente può interrompere il legame di causa-effetto, escludendo la responsabilità del professionista, anche a fronte di un suo errore iniziale.

I Fatti di Causa: Un Incarico di Consulenza Finito Male

Una società commerciale aveva affidato a uno studio di consulenza l’incarico di presentare all’INPS una domanda per ottenere sgravi contributivi per i propri dipendenti apprendisti. La società di consulenza presentava l’istanza, ma in modo incompleto, omettendo di indicare i nominativi di tutti gli apprendisti e di allegare la documentazione necessaria.

Successivamente, l’INPS inviava una comunicazione, direttamente nel “cassetto previdenziale” dell’azienda cliente, richiedendo l’integrazione dei dati mancanti. Tuttavia, l’azienda non rispondeva a tale richiesta. Di conseguenza, la domanda veniva respinta, causando all’azienda un danno economico pari all’importo degli sgravi persi.

L’azienda decideva quindi di citare in giudizio la società di consulenza, chiedendo il risarcimento del danno. Mentre il Tribunale di primo grado accoglieva la richiesta, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, rigettando la domanda risarcitoria.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte territoriale ha ritenuto che, sebbene la società di consulenza avesse effettivamente svolto in modo incompleto il proprio incarico, questo errore non fosse la causa diretta del danno. Il danno, infatti, era derivato dalla mancata risposta alla richiesta di integrazione dell’INPS. I giudici hanno sottolineato due punti fondamentali:

1. L’incarico conferito al consulente era limitato alla sola presentazione della domanda, non includendo il monitoraggio successivo della pratica.
2. Le comunicazioni dell’INPS arrivavano nel cassetto previdenziale dell’azienda cliente, accessibile solo a quest’ultima tramite password che venivano cambiate periodicamente. Era quindi onere dell’azienda cliente trasmettere tempestivamente tali comunicazioni al consulente, cosa che non era avvenuta.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha concluso che la causa determinante del danno fosse l’omissione del cliente, non l’errore iniziale del professionista.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’azienda cliente ha impugnato la sentenza d’appello davanti alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su diversi motivi, tra cui:

* Omesso esame di fatti decisivi: La Corte d’Appello avrebbe valutato in modo errato le prove documentali e testimoniali.
* Violazione di legge: Errata applicazione delle norme sulla responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) e sull’onere della prova (art. 2697 c.c.).
* Errata interpretazione del contratto: L’incarico non era limitato alla mera presentazione della domanda, ma comprendeva la gestione dell’intera pratica.
* Concausa del danno: In subordine, la condotta del consulente avrebbe dovuto essere considerata almeno una concausa del danno.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla responsabilità professionale del consulente

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso, confermando di fatto la sentenza d’appello. Le motivazioni della Corte si concentrano su principi cardine della responsabilità professionale del consulente.

L’interruzione del nesso causale

Il punto centrale della decisione è l’interruzione del nesso di causalità. I giudici supremi hanno ribadito che, nel giudizio di risarcimento del danno da responsabilità professionale, è onere del cliente-creditore dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del professionista e il danno subito.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la catena causale si fosse interrotta. L’evento dannoso (la reiezione della domanda) non è stato una conseguenza diretta dell’inadempimento iniziale del consulente (la presentazione di un’istanza incompleta), bensì della successiva condotta omissiva del cliente. Quest’ultimo, essendo l’unico a poter accedere al cassetto previdenziale e a ricevere le comunicazioni dell’INPS, aveva l’onere di attivarsi per integrare la pratica o di informare tempestivamente il consulente. Non facendolo, ha posto in essere la causa esclusiva del danno.

L’onere della prova e l’interpretazione del contratto

La Cassazione ha inoltre specificato che la valutazione delle prove e l’interpretazione del contratto sono attività riservate al giudice di merito e non possono essere riesaminate in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente. La Corte d’Appello aveva motivatamente accertato che l’incarico era circoscritto alla presentazione dell’istanza e che il cliente non aveva provato di aver tempestivamente informato il consulente della richiesta di integrazione. Pertanto, la ripartizione dell’onere della prova era stata correttamente applicata: spettava al cliente dimostrare il nesso causale, prova che non è stata fornita.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante insegnamento sulla responsabilità professionale del consulente. Anche in presenza di un errore o di un inadempimento da parte del professionista, la sua responsabilità può essere esclusa se un comportamento successivo, omissivo o commissivo, del cliente si inserisce nella catena degli eventi come causa autonoma e sufficiente a produrre il danno. Per i clienti, emerge la necessità di una collaborazione attiva e diligente, soprattutto quando si tratta di gestire comunicazioni ricevute su portali personali o aziendali. Per i professionisti, è fondamentale definire con chiarezza e per iscritto i limiti del proprio incarico, per evitare contestazioni future sull’estensione delle proprie obbligazioni.

Quando è esclusa la responsabilità professionale del consulente anche in caso di errore?
La responsabilità del consulente può essere esclusa se il danno finale non è una conseguenza diretta del suo errore, ma di un successivo comportamento omissivo del cliente che interrompe il nesso causale. Nel caso specifico, la mancata risposta del cliente alla richiesta di integrazione dell’INPS è stata considerata la causa esclusiva del danno.

A chi spetta l’onere di provare il nesso causale nel risarcimento da responsabilità professionale?
Secondo la Corte, nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità professionale, è onere del cliente-creditore dimostrare l’esistenza del nesso causale. Deve provare che la condotta del professionista-debitore è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, la causa effettiva del danno lamentato.

Come ha influito sul caso il fatto che solo il cliente potesse accedere al “cassetto previdenziale”?
È stato un elemento decisivo. Poiché le comunicazioni dell’INPS, inclusa la richiesta di integrazione, erano accessibili solo dal cliente attraverso il suo cassetto previdenziale protetto da password, la Corte ha ritenuto che l’inerzia del cliente fosse una condotta non imputabile al consulente. L’impossibilità materiale per il consulente di accedere a tali comunicazioni ha rafforzato la tesi secondo cui l’omissione decisiva per la perdita del beneficio fosse esclusivamente quella del cliente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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