Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24925 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24925 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19523/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) e dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 623/2021 depositata il 26/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
la RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 623 del 2021 della Corte di appello di Bologna, esponendo, per quanto qui ancora di utilità, che:
-si era avvalsa per anni dell’assistenza professionale dei consulenti del lavoro dello studio COGNOME, ovvero di NOME COGNOME e poi dei figli NOME e NOME e della nipote NOME;
-nell’attività in parola era compresa la determinazione dei contributi che la società deducente era tenuta a pagare ad alcuni enti, tra cui l’RAGIONE_SOCIALE della provincia di Bologna e delle altre province in cui la RAGIONE_SOCIALE era ovvero fosse divenuta iscritta alla diramazione locale dell’RAGIONE_SOCIALE in questione;
-la deducente aveva convenuto in giudizio NOME, NOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE per ottenere il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale, allegando che i suddetti consulenti, dal 2001, senza informazione ovvero comunicazione alcuna, avevano adottato un nuovo criterio per la determinazione di quantificazione del contributo ad RAGIONE_SOCIALE, assumendo
come base imponibile non più il monte salari dei dipendenti di alcuni dei numerosi punti vendita di RAGIONE_SOCIALE, bensì di quello dei dipendenti dei negozi per cui i COGNOME operavano come consulenti del lavoro, corrispondente al 70% del totale dei dipendenti, con conseguente incremento da un contributo di 19 mila euro circa, per il 2000, a quello di 119 mila euro circa nel 2011, fino a 148 mila euro circa nel 2006;
-dal 2007 RAGIONE_SOCIALE aveva direttamente rinegoziato tale contributo con RAGIONE_SOCIALE concordandolo in 17 mila euro annui;
il Tribunale aveva rigettato la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-il compenso non era stato mutato, come allegato, da forfettario a percentuale, nella misura dell’1,20% del totale delle retribuzioni dei dipendenti per cui RAGIONE_SOCIALE si avvaleva della consulenza dei COGNOME, bensì era rimasto sempre quest’ultimo, mentre l’aumento complessivo era stato dovuto all’accentramento dei dipendenti RAGIONE_SOCIALE sull’unica posizione previdenziale, ovvero matricola RAGIONE_SOCIALE, della sede legale di Bologna, seguita dallo studio professionale dei convenuti;
-era poi rimasto incontestato che i consulenti avevano consegnato sempre alla società deducente due tabulati, uno per i contributi RAGIONE_SOCIALE e un altro per quelli RAGIONE_SOCIALE, sicché RAGIONE_SOCIALE era stata messa nelle condizioni di accorgersi del notevole incremento;
-era emerso dall’istruttoria che la società era stata previamente consapevole delle conseguenze in termini di contributi del nuovo assetto societario, avendone discusso con NOME COGNOME;
-in ogni caso, poiché il contributo RAGIONE_SOCIALE era stato pattuito in modo da diminuire all’aumentare dei servizi forniti dalla stessa RAGIONE_SOCIALE agli associati, e non essendo stato specificato di quali servizi di RAGIONE_SOCIALE si fosse avvalsa RAGIONE_SOCIALE, avrebbe comunque dovuto concludersi per la carenza di prova della misura del danno oggetto della domanda di ristoro;
resistono con controricorso NOME ed NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME, NOME, NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME, deceduto nelle more con interruzione e correlata riassunzione del giudizio di secondo grado;
le parti hanno depositato memorie;
rilevato che
con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che i professionisti avevano comunque violato l’obbligo d’informare la società dell’accentramento contributivo, senza che potesse ipotizzarsi un onere dell’assistito di evincerne la portata dall’analisi dei tabulati tecnici trasmessi;
considerato che
il ricorso è inammissibile;
in primo luogo, non è stata censurata in ricorso la seconda ratio decidendi della Corte territoriale, secondo cui, come visto, il contributo RAGIONE_SOCIALE era stato pattuito in modo inversamente proporzionale all’aumentare dei servizi forniti dall’RAGIONE_SOCIALE agli associati, sicché, non essendovi stata specificazione in ordine a quali servizi di RAGIONE_SOCIALE avesse complessivamente fornito a RAGIONE_SOCIALE, mancava comunque la prova della misura del danno oggetto di domanda risarcitoria;
in secondo luogo, la Corte territoriale riferisce che la domanda di RAGIONE_SOCIALE aveva assunto la mancata informazione sul
mutamento della misura del compenso professionale da forfettario a percentuale, spiegando che quello era risultato concordato e praticato sin dal principio con la seconda modalità, derivando invece l’aumento da altre ragioni e in specie dal descritto accentramento contributivo;
in questa sede, diversamente, RAGIONE_SOCIALE reclama l’inadempienza nei termini di mancata informazione in ordine alle conseguenze dell’accentramento in parola, allegazione nuova e come tale inammissibile involgendo il vaglio di accertamenti in fatto (cfr. Cass., 23/04/2024, n. 10927, che sottolinea l’inammissibilità de l motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme);
inoltre, la prospettazione di parte ricorrente si risolve pur sempre in una richiesta di rilettura istruttoria, estranea alla presente sede di legittimità, atteso che la Corte di appello ha valorizzato la pregressa quanto pacifica conoscenza dell’accentramento, la comunicazione distinta e pluriannuale dei tabulati contabili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e la discussione, nell’ambito della società, delle conseguenze di quella concentrazione di matricola contributiva (pagg. 6-7 della sentenza impugnata);
non a caso nel ricorso si evocano, in senso contrario a quello assunto dal Collegio di merito, le risposte all’interpello di NOME COGNOME, una deposizione testimoniale e il complessivo apprezzamento delle ricostruzioni fattuali (pag. 12 del ricorso);
va ribadito che sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i
fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, sicché risulta insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune prove rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato (Cass., 8/08/2019, n. 21187);
in coerenza, il giudice di merito è quindi libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa purché logicamente sostenibile – gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi, in questo quadro, tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l ‘ iter argomentativo svolto (Cass., 29/12/2020, n. 29730);
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso condannando parte ricorrente alla rifusione delle spese dei controricorrenti, in solidarietà passiva, liquidate in euro 6.000,00, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7/06/2024.