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Responsabilità professionale commercialista: la prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15743/2024, ha rigettato il ricorso di un cliente contro il proprio commercialista per una mancata impugnazione di un avviso di accertamento. Il caso chiarisce che, per ottenere il risarcimento, il cliente deve provare che l’azione omessa avrebbe avuto ragionevoli probabilità di successo. La Corte ha stabilito che la difesa del professionista, che contesta tale probabilità, è legittima e non costituisce abuso del processo, anche se in un altro giudizio aveva sostenuto tesi favorevoli al cliente. Questa pronuncia ribadisce la centralità della valutazione prognostica nella responsabilità professionale commercialista.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Professionale Commercialista: Quando il Cliente Deve Provare la Ragionevole Probabilità di Successo

La responsabilità professionale commercialista è un tema delicato che interseca la fiducia del cliente e la diligenza del professionista. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15743 del 5 giugno 2024) offre spunti fondamentali su un aspetto cruciale: l’onere della prova a carico del cliente che lamenta un danno per l’omissione del proprio consulente. Il caso analizzato riguarda la mancata impugnazione di un avviso di accertamento tributario e chiarisce quando il professionista può essere chiamato a risarcire il danno.

I Fatti del Caso: La Mancata Impugnazione dell’Avviso di Accertamento

Un contribuente aveva citato in giudizio il proprio commercialista, accusandolo di non aver impugnato un avviso di accertamento tributario come da incarico ricevuto, chiedendo il risarcimento del danno subito. In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda del cliente. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, rigettando la richiesta di risarcimento. La motivazione della corte territoriale si basava su un punto centrale: il cliente non aveva fornito la prova che l’impugnazione, se fosse stata proposta, avrebbe avuto ragionevoli probabilità di essere accolta. Di conseguenza, secondo i giudici d’appello, mancava la prova del nesso causale tra l’inadempimento del commercialista e il danno lamentato. Il cliente ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte e la responsabilità professionale commercialista

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del cliente, confermando la decisione della Corte d’Appello. La pronuncia si articola su principi consolidati in materia di responsabilità professionale, applicandoli al caso specifico del commercialista.

Il Principio di Non Contestazione e l’Onere della Prova

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel ritenerne non provati i fatti, poiché il commercialista non li avrebbe contestati in modo specifico e tempestivo. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che la difesa del commercialista era stata completa e aveva contestato fin dall’inizio l’esistenza stessa del nesso causale. Il professionista aveva infatti espressamente sostenuto che non vi era prova che l’impugnazione dell’avviso di accertamento, se proposta, avrebbe avuto esito positivo. Questo, secondo la Corte, è sufficiente a far sorgere in capo all’attore l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa, inclusa la probabilità di successo dell’azione omessa.

La Difesa del Professionista e l’Assenza di Abuso del Processo

Un altro motivo di ricorso interessante riguardava la presunta violazione della buona fede da parte del commercialista. Il cliente evidenziava come, in un precedente giudizio relativo alla cartella di pagamento scaturita da quell’accertamento, lo stesso professionista avesse sostenuto la fondatezza delle ragioni del cliente. Sostenere il contrario nel giudizio di responsabilità, secondo il ricorrente, costituiva un comportamento processualmente scorretto. La Cassazione ha ritenuto infondato anche questo motivo. Ha chiarito che il fatto che un professionista sostenga tesi favorevoli al proprio assistito in un giudizio non gli impedisce, in una diversa sede (come un giudizio di responsabilità intentato contro di lui), di difendersi sostenendo che quella stessa causa non aveva ragionevoli probabilità di accoglimento. La valutazione del giudice sul nesso di causa deve essere oggettiva, basata sui fatti e sulle prove, e non può essere influenzata dalle strategie difensive tenute dal professionista in altri contesti.

Le Motivazioni: La Centralità della Valutazione Prognostica

Il cuore della decisione risiede nel principio della “valutazione prognostica”. La Corte ribadisce che, in tema di danni da responsabilità professionale, la colpa del professionista non è sufficiente a fondare il diritto al risarcimento. È necessario che il cliente dimostri il nesso causale tra la condotta negligente e il pregiudizio subito. Quando la negligenza consiste nell’omissione di un’attività (come la mancata proposizione di un ricorso), la prova del nesso causale richiede una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione che si sarebbe dovuta compiere. In altre parole, il giudice deve porsi la domanda: “Cosa sarebbe successo se il professionista avesse agito diligentemente?”. Se la risposta è che, con alta probabilità, il risultato per il cliente sarebbe stato favorevole, allora il danno è risarcibile. In caso contrario, la domanda va rigettata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Clienti e Professionisti

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Per i clienti, emerge chiaramente che, per agire con successo contro un professionista per un’omissione, non basta dimostrare l’errore, ma è indispensabile fornire al giudice tutti gli elementi per poter ritenere che l’azione omessa avrebbe avuto concrete chance di successo. Per i professionisti, la sentenza conferma la legittimità di una difesa volta a contestare proprio questo aspetto, senza che ciò possa essere qualificato come abuso del processo. In definitiva, la decisione sottolinea come il giudizio sulla responsabilità professionale commercialista non possa prescindere da un’analisi rigorosa e oggettiva del merito della questione che il professionista avrebbe dovuto trattare.

Quando un cliente può ottenere un risarcimento da un commercialista per una mancata impugnazione?
Per ottenere un risarcimento, il cliente deve provare non solo l’inadempimento del professionista, ma anche che l’impugnazione omessa avrebbe avuto ragionevoli e concrete probabilità di essere accolta. In assenza di questa prova, manca il nesso causale tra la negligenza e il danno.

Se un commercialista non contesta specificamente i fatti affermati dal cliente, questi si considerano provati?
Non necessariamente. Se il commercialista contesta il fondamento della domanda nel suo complesso, ad esempio negando l’esistenza del nesso causale e sostenendo che l’azione omessa non avrebbe avuto esito positivo, tale contestazione è sufficiente a far ricadere sul cliente l’onere di provare tutti i fatti costitutivi della sua pretesa.

Un professionista può sostenere tesi diverse in giudizi diversi senza violare la buona fede?
Sì. Secondo la Corte, il fatto che un professionista, per difendere un cliente in un giudizio, sostenga determinate tesi non gli impedisce di sostenere, in un successivo giudizio di responsabilità intentato contro di lui, che quella stessa causa aveva scarse probabilità di successo. La valutazione del giudice deve essere oggettiva e non basata sulle strategie difensive adottate in altri contesti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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