Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25008 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25008 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20572/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 106/2021 depositata il 22/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Viste le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO, dott. NOME COGNOME.
Rilevato che
la RAGIONE_SOCIALE, ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 106 del 2021 della Corte di appello di Venezia, esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che:
-la RAGIONE_SOCIALE aveva notificato un decreto ingiuntivo alla deducente, allora RAGIONE_SOCIALE, che, opponendosi, si era costituita iscrivendo a ruolo la causa con il deposito della cosiddetta ‘velina’;
-l’istante in ingiunzione aveva ottenuto dal Presidente del Tribunale la dichiarazione di esecutività del decreto per tardiva iscrizione a ruolo dell’opposizione, che era proseguita con revoca del mandato difensivo conferito dalla deducente all’avvocato NOME COGNOME, e nuovo affidamento dell’incarico agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-nelle more era intervenuta la sentenza n. 107 del 2004 della Corte costituzionale, pubblicata prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni del giudizio di opposizione, cui si era uniformata stabilmente la successiva giurisprudenza di questa Corte, in ordine all’idoneità della costituzione a mezzo di ‘velina’, ovvero di copia dell’originale notificato e depositato, invece, dopo la
scadenza del relativo termine, senza alcuna conseguenza in termini d’improcedibilità;
-i nuovi difensori della deducente omettevano di richiamare l’intervenuta giurisprudenza in specie costituzional e e il Tribunale, nel 2006, aveva dichiarato improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo, con pronuncia riformata, nel 2011, dalla Corte di appello, davanti alla quale i menzionati legali avevano ancora mancato di richiamare a difesa le descritte conclusioni giurisprudenziali;
-il giudice di secondo grado di quel giudizio aveva altresì condannato la società RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle somme pagate dalla deducente, senza esito per lo stato di decozione di quest’ultima, dichiarata infine fallita nel 2012;
-la deducente aveva quindi convenuto in giudizio gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per sentirli condannare al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale;
-il Tribunale aveva rigettato questa domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-i difensori convenuti, all’atto della discussa costituzione in giudizio, avevano depositato non una mera copia della citazione in opposizione, bensì la copia notificata, tanto che l’atto recava la relata di notifica con il timbro dell’Ufficiale giudiziario;
-la Corte di appello nell’accogliere, nel 2011, l’opposizione all’ingiunzione, aveva deciso senza neppure menzionare la decisione della Consulta, facendo cioè applicazione di generali principî a mente dei quali la costituzione senza deposito dell’originale della citazione costituiva mera
irregolarità non lesiva del contraddittorio e sanabile per raggiungimento dello scopo;
-i difensori convenuti, infatti, nella precisazione delle conclusioni e nella successiva comparsa conclusionale del 2006, avevano dedotto che la costituzione era avvenuta con deposito della cosiddetta ‘velina’, senza alcuna non prevista nullità, e in ogni caso con sanatoria per intervenuta costituzione tempestiva della controparte;
-le difese svolte erano dunque state corrette e infine ritenute fondate;
resiste con controricorso l’avvocato NOME COGNOME, mentre è rimasto intimato l’avvocato NOME COGNOME;
le parti hanno depositato memorie e il Pubblico Ministero ha formulato conclusioni scritte nel senso della inammissibilità del ricorso;
rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, n. 4, cod. proc. civ., 111, Cost., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di motivare sul perché nelle difese degli avvocati convenuti sarebbe stato insito il principio affermato dalla Corte costituzionale e poi stabilizzatosi nella giurisprudenza di questa Corte, tanto più che la comparsa conclusionale richiamata dalla sentenza gravata in questa sede era stata dichiarata inammissibile dalla pronuncia della Corte di appello del 2011, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 165, 645, cod. proc. civ., alla luce della sentenza n. 107 del 2004 della Corte costituzionale, poiché la Corte di appello avrebbe errato confondendo la copia della citazione in opposizione a decreto ingiuntivo passata per la notifica, con la copia notificata, che, se depositata, come assunto, non avrebbe neppure posto il problema dell’improcedibilità;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, secondo comma, 1218, 1375, 2236, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che i difensori convenuti avevano palesato una grave mancanza di aggiornamento e comunque un difetto di diligenza qualificata nell’esercizio della loro prestazione professionale, per le ragioni riportate anche nelle precedenti due censure;
considerato che
i motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati;
la Corte territoriale, con motivazione pienamente decifrabile, ha osservato (in specie a pag. 9 del provvedimento qui impugnato) che la sentenza di appello, con cui fu infine accolta l’opposizione al decreto ingiuntivo di cui in parte narrativa, ha osservato che sia nella precisazione delle conclusioni, sia nella comparsa conclusionale, entrambi tali atti del 2006, durante il giudizio di primo grado in relazione al quale fu effettuata, per poi essere proseguita, la prestazione professionale, i difensori dedussero che la costituzione mediante ‘velina’ non poteva determinare una nullità, tanto più in ragione della tempestiva costituzione di controparte, quindi affermando lo stesso principio che, in coerenza con la discussa giurisprudenza costituzionale, affermò la sentenza con cui, in seconde cure, fu accolta l’opposizione all’ingiunzione, e che si è stabilizzata nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass., 30/03/2023, n. 8951, in tema di appello; cfr. Cass., 19/09/2017, n. 21692, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, e Cass., Sez. U., 18/05/2011, n. 10864, sia pure successive all’udienza di precisazione delle conclusioni in prime cure del giudizio in questione, oltre, naturalmente, alle indicazioni, in motivazione, di Corte cost., 2/04/2004, n. 107, coerente con un orientamento di legittimità che si può dire esemplificato dalla sùbito
successiva Cass., 13/08/2004, n. 15777, che, nella parte motiva, neppure menziona l’arresto costituzionale);
va sottolineato che è del tutto inconcludente l’affermazione per cui la deduzione in parola, operata dai difensori, sarebbe stata fatta in una comparsa conclusionale dichiarata inammissibile nel 2011 dalla Corte di appello, che pure accolse la suddetta opposizione all’ingiunzione, visto che, come rimarcato anche nel controricorso, la Corte territoriale, nella sentenza in questa sede gravata, ha fatto esplicito riferimento non solo anche all’atto di precisazione delle conclusioni, ma, comunque, alla diversa memoria conclusiva del 2006 in prime cure di quel medesimo giudizio;
peraltro, si trattava e si tratta di profilo pacificamente rilevabile d’ufficio, afferendo per un verso alla regolare costituzione delle parti e per l’altro all’intervenuta formazione del giudicato, sicché non è dato in alcun modo comprendere come e perché la mancata menzione di precedenti, anche costituzionali, sollecitando il giudicante al suddetto rilievo, come al contempo fatto discutendo come visto il merito della questione nello stesso senso conclusivo dei precedenti medesimi, possa costituire violazione dell’obbligazione di diligenza pur qualificata come quella dell’avvocato: la tesi si risolve, in altri termini, in un’affermazione apodittica;
è poi del tutto evidente che la sentenza di appello ora in scrutinio affermando che la costituzione non avvenne depositando una «mera copia» bensì la «copia notificata della citazione» (pag. 7), ha fatto logico quanto univoco riferimento a quella che nel ricorso s’indica essere stata la «copia della citazione passata per la notifica» (pag. 18);
ciò sia detto a prescindere dall’osservazione del Pubblico Ministero per cui nel ricorso, pertanto aspecifico, non risulta indicato dove l’atto in parola sarebbe rinvenibile e quindi
verificabile, ai sensi dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
infine, è del tutto inammissibile, per novità dell’allegazione di fatto di cui non si dimostra in alcun modo la proposizione davanti ai giudici di merito (cfr., a titolo di mero esempio, Cass., 13/12/2019, n. 32804), l’assunto di responsabilità professionale per aver suggerito, i difensori, alla società assistita, il pagamento dell’importo di cui a un’ingiunzione senz’altro esecutiva, senza chiedere garanzie in ordine alla restituzione neppure altrimenti disposte;
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in complessivi euro 5.000,00, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7/06/2024.