Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34712 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34712 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5362/2021 R.G.,
proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e
NOME COGNOME (pec: EMAIL e EMAIL), in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
nei confronti di
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME (pecEMAIL;
-controricorrente –
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
CC 5 luglio 2024
Ric. 5362 del 2021
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
per la cassazione della sentenza n. 1575/2020 del Tribunale di Torino pubblicata il 19 maggio 2020 e dell’ ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. della Corte di Appello di Torino emessa in data 10 dicembre 2020 e pubblicata in data 22.12.2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 luglio 2024 dalla
Consigliera dr.ssa NOME COGNOME.
Fatti di causa
Con atto di citazione del 25 ottobre 2017, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, Sezione distaccata di Moncalieri, l’ Avvocato NOME COGNOME al fine di accertare la sua responsabilità, ex artt. 1176, comma 2 e 1228 c.c. e per ottenere il conseguente riconoscimento del risarcimento di tutti i danni patiti.
L’attrice dedu sse in fatto che: – nel 2005 aveva conferito all’Avv. COGNOME l’incarico di costituirsi nel giudizio promosso da COGNOME e COGNOME dinanzi al Tribunale di Torino per ottenere l’accertamento dell’inesistenza della servitù di passaggio, gravante su un fondo di proprietà degli attori in favore di quello, sito in Carignano (To), INDIRIZZO, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE; – la tesi difensiva elaborata dall’avvocato si fondava sulla dimostrazione, a mezzo istruttoria orale e deposito di una dichiarazione scritta del teste NOME COGNOME dell’intervenuta usucapione del diritto di passaggio da parte della RAGIONE_SOCIALE; l’istruttoria orale si svolgeva, il 7.04.2009, alla presenza del dott. NOME COGNOME collaboratore di studio e delegato dell’ Avv. COGNOME che inopinatamente e senza previa consultazione con la Fucà, rinunciò al teste COGNOME il quale sarebbe stato l’unico in grado di fornire la prova della sussistenza della servitù di passaggio, avendo da sempre vissuto nella INDIRIZZO, con ciò c ausando l’impossibilità di fornire la prova dell’intervenuta usucapione del diritto di servitù di passaggio, in favore della RAGIONE_SOCIALE e dei suoi danti causa; – il giudizio venne definito con sentenza n. 293 del 21 ottobre 2009 dal Tribunale di Torino, Sezione distaccata di Moncalieri, con cui , accertata l’inesistenza della servitù di passaggio il Tribunale a causa dell’assenza di sostegno probatorio delle ragioni della convenuta – lo stesso Tribunale ordinò anche la rimozione di
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tutte le opere realizzate sopra o sotto il suolo dalla RAGIONE_SOCIALE, condannando quest’ultima anche al ristoro delle spese processuali in favore degli attori; -anche il giudizio di appello, avverso la sentenza di primo grado, si concluse con esito sfavorevole alla RAGIONE_SOCIALE, in quanto la Corte di Appello di Torino, con sentenza 19 ottobre 2012 n. 1884, confermò la decisione di primo grado; con missiva del 7 giugno 2012, successivamente reiterata nel luglio 2013 e nel novembre 2016, con il ministero dell’ Avv. COGNOME nuovo difensore della RAGIONE_SOCIALE, venne contestato, senza esito, all’ A vv. Dattilo l’errore professionale consistito nella rinuncia, operata dal suo delegato, ad un teste fondamentale ai fini della prova delle ragioni della sua assistita.
Alla luce di quanto sopra dedotto, la COGNOME domandò il risarcimento di tutti i danni patiti a causa della responsabilità dell’ Avv. COGNOME, ex artt. 1176, comma 2 e 1228 c.c., ed in particolare, le spese sostenute per la difesa, di cui euro 600,00 in favore del dott. COGNOME ed euro 2.500,00 in favore dell’ Avv. COGNOME; quelle relative al giudizio di usucapione, di cui euro 6.300,00, oltre accessori di legge, in favore dei sigg. COGNOME e COGNOME ed euro 6.200,00, oltre IVA, per l’eliminazione delle opere realizzate sul terreno di costoro; ed il minor valore dell’immobile, determinabile a mezzo CTU, in considerazione delle maggiori difficoltà di accesso al fondo.
Si costituì l’ Avv. COGNOME che, preliminarmente, ai fini della manleva, chiese l’autorizzazione alla chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALEassicurazione la quale si costituì in giudizio con comparsa di costituzione e risposta- ed entrambi, nel merito, contestarono la domanda proposta dalla COGNOME.
Il Tribunale di Torino con sentenza n. 1575 del 19 maggio 2020 rigettò la domanda della COGNOME per carenza della prova circa il compimento del termine ventennale per l’usucapione.
NOME COGNOME propose appello dinanzi alla Corte territoriale di Torino; si costituirono resistendo al gravame sia l’ Avv. NOME COGNOME che la Axa RAGIONE_SOCIALE
Con ordinanza 10 dicembre 2020 ex art. 348bis c.p.c., pubblicata il 22 dicembre 2020, la Corte d’Appello di Torino dichiarò inammissibile
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l’appello, condannando l’appellante al rimborso delle spese del grado di giudizio in favore di ciascuna parte appellata.
La Corte territoriale, per quanto ancora di interesse in questa sede, non ravvisò nella condotta del legale la sussistenza degli elementi della negligenza, dell’imprudenza o dell’imperizia costitutivi dell’errore professionale, ritenendo che la rinuncia al teste, determinata dalla persistente irreperibilità del COGNOME, non avrebbe avuto alcuna influenza sull’esito del giudizio di usucapione.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre NOME COGNOME sulla base di tre motivi; resiste con controricorso l’ Avv. NOME COGNOME
Sebbene intimata, n on ha svolto difese l’ Assicurazione Axa.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art . 380bis .1, cod. proc. civ..
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., secondo comma, e dell’art. 2236 c.c. in relazione all’art. 360, n° 3 c.p.c. ‘ ; in particolare, contesta quanto in entrambi i giudizi di merito erroneamente ritenuto e cioè che la rinuncia al testimone COGNOME non integrasse gli estremi dell’errore professionale, stante la mancata influenza di tale circostanza sull’esito del giudizio di usucapione ; sostiene, viceversa, la ricorrente che la responsabilità professionale presuppone la violazione del dovere di diligenza, di cui al combinato disposto degli artt. 1176, 2 comma e 2236 c.c., che abbia leso un vantaggio auspicato del cliente e che deve essere indagata, non solo dal punto di vista della valutazione dell’adeguatezza delle scelte processuali, poste in essere per tutelare gli interessi dell’assistito, ma anche sotto il profilo della valutazione del comportamento successivamente tenuto dal professionista per tutto i l corso del giudizio, durante il quale egli deve valutare l’evoluzione del processo, nonché adempiere agli obblighi informativi nei confronti del proprio assistito, modulando di conseguenza la strategia difensi; richiama sul punto arresti di legittimità che confermano il dovere del professionista
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di fornire compiuta infor mazione al cliente dell’andamento del giudizio (tra le altre, Cass. n. 19520/2019).
Con il secondo motivo viene censurata la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 115, 116 e 167 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, n° 3 c.p.c. ‘ per avere entrambi i giudici di merito erroneamente rigettato la domanda della ricorrente, ritenendo irrilevante ai fini del decidere sia la dichiarazione scritta del COGNOME, depositata in atti, sia l’influenza che l’escussione di tale teste avrebbe potuto avere sull’esito finale del giudizio di usucapione , in violazione del principi o di non contestazione sancito dall’art. 115 c.p.c. e della giurisprudenza di legittimità al riguardo.
Deduce la ricorrente, inoltre, che la contestazione al l’atto di citazione formulata dall’avvocato convenuto era volta a sostenere che la prova del transito ventennale fosse stata già raggiunta in giudizio, e non alla circostanza che il teste COGNOME avrebbe confermato l’esistenza della servitù e che dunque la violazione dell’onere di specifica contestazione di fatti rilevanti, allegati dalla controparte in giudizio, comportava la loro esistenza senza bisogno di ulteriore prova.
Con il terzo motivo viene denunciata la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c. in relazione all’art. 360, n° 3 c.p.c. ‘ per violazione delle norme che disciplinano sia l’ammissione e la deduzione della prova orale che l’interpretazione di legittimità data alle stesse ; in particolare, la ricorrente assume di aver correttamente formulato la prova orale, nel rispetto delle regole imposte dalla legge, dovendo provare il fatto storico non solo dell’esistenza della servitù di passaggio ma anche l’influenza che avrebbe esercitato l’escussione del teste pretermes so sull’esito del giudizio.
Il ricorso va disatteso nella sua interezza in ragione delle seguenti considerazioni.
4.1. Va rammentato in via generale, come evidenziato anche dalla parte controricorrente (pag. 13 dell’atto di controricorso) , che nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi
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dell’art. 348ter , comma 3, c.p.c., l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348bis c.p.c., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366, n. 3, c.p.c., come già più volte affermato da questa Corte, è necessario che nello stesso ricorso sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione dell’ordinanza ex art. 348bis c.p.c., al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame (Cass. Sez. 1, 3/12/2020 n. 27703).
Nel caso in esame, la valutazione di non conformità formale della redazione dell’atto di impugnazione al ricordato principio non può essere superata neppure aderendo all’invito delle recenti pronunzie della Corte di Strasburgo (per tutte, Corte EDU, 28 ottobre 2021, Succi et al. c. Italia) a non procedere all’esame in modo troppo formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, non potendosi esso tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022).
L’ onere a carico di parte ricorrente non è stato assolto, se non per meri e non sufficienti cenni nell’atto di ricorso e stralci riportati soltanto nella memoria difensiva, senza indicare quali fossero i motivi d’appello , se non in estrema e non sufficiente, ai fini che qui rilevano, sintesi (v. ricorso p. 5) e senza indicare specificatamente, per quanto di rilievo, il contenuto dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c.
4.2. Sebbene tale rilievo sia dirimente e possa condurre de plano alla declaratoria di inammissibilità del ricorso nel suo complesso, i tre motivi di ricorso, da scrutinarsi congiuntamente attese le evidenti ragioni di connessione, sono inammissibili anche sotto un altro differente profilo.
Con ciascuno di essi, la ricorrente, seppure formalmente denunci la violazione di numerose norme sostanziali in ordine alla responsabilità professionale del legale controricorrente e di norme processuali con riferimento alla pretesa non correttezza dell ‘ interpretazione fornita dai giudici di merito circa il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.) e
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della specifica disciplina processuale sulle modalità di deduzione della prova orale (artt. 116 e 244 c.p.c.), nella sostanza, richiede una rivisitazione di fatti e circostanze, già definitivamente accertati in sede di merito e una diversa interpretazione dell’oggetto del contendere, inammissibile in sede di legittimità, omettendo altresì di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il giudice torinese ha ben analizzato le circostanze fattuali e correttamente escluso il titolo di responsabilità ascritto al difensore sulla base delle deposizioni testimoniali e delle produzioni documentali; pertanto, i motivi di ricorso attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dal giudice di merito, debitamente motivato e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
A quanto precede va aggiunto che dal ricorso non è dato neppure sapere se le richiesta di prova testimoniale di cui al terzo motivo sia stata specificamente riproposta con l’atto di appello né sotto quale profilo e in quali esatti termini sia stata in quella sede eventualmente censurata la motivata decisione del Tribunale di non ammettere detta prova.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Nulla per le spese rispetto alla parte soltanto intimata e che non ha ritenuto di svolgere difese nel presente giudizio di legittimità.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
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comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002 (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 5.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione