Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19437 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19437 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13341/2023 R.G., proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME
-intimata-
per la cassazione della sentenza n. 92/2023 del la CORTE d’APPELLO di CAGLIARI, pubblicata il giorno 8 marzo 2023, notificata il 7 aprile 2023; udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
nel 2001, NOME COGNOME avvalendosi del ministero dell’Avv. NOME COGNOME oppose dinanzi al Tribunale di Cagliari un decreto ingiuntivo notificatole ad istanza di un terzo professionista, che
reclamava il mancato pagamento, da parte della sig.ra COGNOME, del corrispettivo di prestazioni professionali;
con l’atto di opposizione eccepì la prescrizione presuntiva triennale del diritto vantato dal terzo professionista, ai sensi dell’art. 2956, n. 2, cod. civ.;
l’ingiungente, costituendosi nel giudizio di opposizione, resistette all’ eccezione, deducendo di aver interrotto la prescrizione con tre lettere (non raccomandate) di messa in mora spedite in date diverse e in vocò l’ammissione di una prova per testimoni, oltre all’interrogatorio formale dell’ opponente, per provare la circostanza;
ammessi i mezzi istruttori richiesti, all’e sito della mancata risposta della sig.ra COGNOME all’ interrogatorio formale e delle dichiarazioni rese dai testimoni sull’ avvenuta spedizione, da parte del creditore, delle lettere di sollecito dei pagamenti, il Tribunale di Cagliari, con sentenza n.1245/2006, rigettò l’opposizione, confermò il decreto ingiuntivo e condannò l’opponente alle spese processuali;
la sentenza fu appellata da NOME COGNOME sempre con il ministero dell’Avv. NOME COGNOME deducendo l’inammissibilità della prova testimoniale in funzione della dimostrazione dell’interruzione della prescrizione presuntiva;
con sentenza n.474/2008, la Corte d’ appello di Cagliari dichiarò improcedibile l’ impugnazione, ai sensi dell’art. 348 cod. proc. civ., per violazione del termine di cui agli artt. 347 e 165 stesso codice, essendosi l’appellante costituita in giudizio, con deposito del fascicolo e della nota di iscrizione a ruolo, in data 3 luglio 2006, dopo che erano trascorsi oltre dieci giorni dalla data della consegna della citazione all’ufficiale giudiziario per la notifica (21 giugno 2006), sebbene questo termine non fosse invece ancora decorso dalla successiva data di
ricezione della notifica da parte dell’ appellato (23 giugno 2006); la sentenza non fu impugnata per cassazione e passò in giudicato;
nel 2010, NOME COGNOME convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari l’Avv. NOME COGNOME chiedendo l’ accertamento della sua responsabilità professionale, per avere proposto tardivamente l’appello averso la precedente sentenza n.1245/2006 dello stesso Tribunale, ed invocandone la condanna al risarcimento dei danni da lei conseguentemente subìti, pari alle somme che aveva dovuto versare alla parte vittoriosa nel precedente giudizio, oltre alla restituzione dei compensi corrisposti;
costituitosi l’Avv. COGNOME il Tribunale di Cagliari, con sentenza n. 871/2019, accolse la domanda risarcitoria proposta dalla sig.ra COGNOME sul rilievo che, ove non fosse stato tardivamente proposto, il gravame avverso la sentenza n. 1245/2006 avrebbe avuto concrete probabilità di essere accolto, stante l’ effettiva inammissibilità della prova per testi richiesta dal creditore in funzione del superamento dell’ eccezione di prescrizione sollevata dalla debitrice;
la decisione del Tribunale è stata confermata, peraltro con diversa motivazione, dalla Corte d’appello di Cagliari, la quale, con sentenza 8 marzo 2023, n.92, ha rigettato l’impugnazione proposta dall’Avv. COGNOME
diversamente dal giudice di primo grado, la Corte territoriale ha escluso che l’Avv . COGNOME avesse proposto avverso la sentenza n. 1245/2006 del Tribunale di Cagliari una impugnazione improcedibile, in quanto l’iscrizione a ruolo della causa era avven uta nei dieci giorni dalla ricezione della notifica da parte dell’appellato, sicché il termine previsto dall’art. 165 cod. proc. civ. risultava rispettato; pertanto nessuna condotta professionale negligente aveva posto in essere il
professionista al momento dell’iscrizione della causa, mentre, al contrario , aveva errato il giudice dell’ impugnazione nel reputare l’appello improcedibile;
secondo la Corte d’appello, peraltro, al fine di contrastare l’ eccezione di inadempimento proposta dalla sua cliente, l’Avv. COGNOME avrebbe dovuto dare la prova che il mandato professionale gli era stato revocato quando ancora pendeva il termine per la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza che aveva erroneamente dichiarato improcedibile l’appello e che, comunque, egli aveva informato la propria assistita della possibilità di proporre tale ricorso;
poiché tale duplice dimostrazione non era stata fornita dal professionista (il quale non aveva depositato né la lettera di revoca del mandato, né la comunicazione scritta da lui debitamente inviata alla propria cliente per renderla edotta della possibilità di utilmente impugnare la sentenza d’ appello ingiusta ed erronea), doveva affermarsi la sua responsabilità professionale, non per avere proposto tardivamente l’appello avverso la sentenza n. 1245/2006 del Tribunale di Cagliari, bensì per non avere informato la propria assistita della possibilità di ricorrere per cassazione avverso la sentenza n. 474/2008 della Corte d’ appello, sussistendo concrete possibilità che la stessa potesse essere annullata in sede di legittimità;
ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di due motivi; non ha svolto difese in sede di legittimità NOME COGNOME che è restata intimata;
in data 10 dicembre 2023, il consigliere a ciò delegato ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art.380 -bis cod. proc. civ., sul presupposto dell’inammissibilità d i entrambi i motivi in cui è articolato;
ricevuta la comunicazione della proposta, il difensore del ricorrente ha peraltro formulato tempestiva istanza di decisione del ricorso, la cui trattazione è stata quindi fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ.;
il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte;
il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
1. con il primo motivo viene denunciata la « violazione dell ‘ art. 112 c.p.c. in relazione con l’art. 115 c.p.c. quale l’omesso esame di un fatto decisivo dal quale era emerso che il mandato difensivo era stato revocato in data antecedente al passaggio in giudicato della sentenza »;
la sentenza impugnata è censurata perché, nell’escludere la prova della circostanza che il mandato difensivo conferito al ricorrente da NOME COGNOME fosse stato da questa revocato prima della scadenza del termine per la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 474/2008 della Corte d’ appello di Cagliari, non avrebbe considerato la lettera datata 4 dicembre 2009 (depositata unitamente alla citazione introduttiva del primo grado di giudizio: doc. n. 14) con cui il nuovo difensore della sig. ra COGNOME aveva comunicato all’Avv. COGNOME di avere ricevuto dalla prima l ‘ incarico di verificare la sussistenza di profili di sua responsabilità professionale nella trattazione della causa definita con la predetta sentenza;
il ricorrente deduce che, poiché la sentenza n. 474/2008, pubblicata il 4 dicembre 2008 e mai notificata, sarebbe passata in giudicato il 18 gennaio 2010 -e poiché l ‘attribuzione ad altro avvocato dell ‘incarico di agire in via risarcitoria nei suoi confronti prima del passaggio in giudicato della sentenza che si aveva l’onere di
impugnare, era incompatibile con il mantenimento del suo mandato difensivo ai fini dell ‘impugnazione della medesima -la lettera del 4 dicembre 2009 avrebbe dimostrato la circostanza storica che il mandato stesso gli era stato revocato quando ancora pendevano i termini per il ricorso per cassazione;
il ricorrente aggiunge che questo fatto storico sarebbe stato « discusso » nel corso del giudizio di secondo grado, « dato che la responsabilità professionale è stata ritenuta sussistente proprio in relazione alla mancanza di una data certa della revoca prima del passaggio in giudicato della sentenza n. 474/2008 »;
1.1. non ostante il formale riferimento agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., la censura proposta con il primo motivo di ricorso non si iscrive nel paradigma dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., bensì nel diverso paradigma dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., prospettando l’omesso esame del fatto storico, asseritamente discusso e decisivo, di cui la lettera del 4 dicembre 2009 fornirebbe l’indiretta rappresentazione e l ‘ evidente dimostrazione, ovverosia la circostanza che il mandato difensivo dell’Avv. COGNOME era stato revocato dalla sig.ra COGNOME prima del passaggio in giudicato della sentenza n. 474/2008, allorché, dunque, sarebbe stato ancora possibile alla parte soccombente, eventualmente con l’ assistenza del nuovo difensore, proporre il ricorso per cassazione avverso tale ingiusta e erronea sentenza;
1.1.a. così rettamente qualificato, il motivo di ricorso è ammissibile, poiché -come esattamente osservato dal ricorrente -non si versa in ipotesi di doppia conforme in facto , dal momento che la sentenza di primo grado è stata confermata in appello sulla base di una diversa motivazione concernente proprio la diversità del fatto costitutivo dell’ina dempimento professionale;
1.1.b. benché ammissibile, il motivo è tuttavia infondato;
deve rammentarsi, in proposito, che i l ‘fatto’ di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non solo deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (ovverosia, un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del diritto azionato) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), ma deve altresì possedere i due necessari caratteri dell ‘essere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e dell’aver formato oggetto di discussione tra le parti (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053, cit. ; Cass. 8/09/2016, n. 17761; Cass. 29/10/2018, n. 27415);
1.1.c. nel caso di specie, entrambi i caratteri risultano mancanti;
manca, in primo luogo, quello della ‘ decisività ‘ , in quanto il profilo di inadempimento professionale dell’Avv. COGNOME è stato identificato dalla Corte d’ appello nella violazione dell’obbligo informativo , la prova dell’ esatto adempimento del quale (il cui onere correttamente è stato attribuito al debitore) avrebbe richiesto, secondo il giudice del merito, la dimostrazione non solo della circostanza che il mandato difensivo era stato revocato prima del passaggio in giudicato della sentenza n.474/2008, ma anche dell’ ulteriore circostanza che il professionista aveva comunque informato la propria cliente della possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza;
la dimostrazione di tale informazione -che prescindeva dalla revoca del mandato difensivo e avrebbe potuto essere data dal professionista, se non prima, proprio in occasione di tale revoca -era essenziale ai fini della prova dell’esatto adempimento dell’obbligo informativo che gravava sull’avvocato, sicché la dimostrazione della
prima circostanza, in mancanza di quella della seconda, non assume alcuna rilevanza;
in secondo luogo, il fatto di cui si deduce l’omesso esame non appare neppure essere stato ‘ discusso ‘ nell’ambito del processo;
il requisito della ‘discussione’ non richiede necessariamente che le parti si pronuncino dialetticamente sul fatto medesimo, ma postula tuttavia che lo stesso venga veicolato nel processo attraverso un atto processuale difensivo (sia esso l’atto di parte introduttivo del giudizio, sia esso un atto successivo, come ad es. una memoria) o che venga prospettato alle parti dal giudice, nel corso dell’ordinaria direzione del processo o nell’esercizio dei suoi poteri di controllo officiosi ;
in altri termini, nella nozione di fatto controverso rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo o prospettato dal giudice, è divenuto oggetto potenziale, per la sua stessa prospettazione, di dibattito processuale, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia (in tal senso, con riferimento alla promiscua nozione di ‘ punto ‘ controverso ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., v. Cass. 15/03/2023, n. 7435);
nel caso in esame -come esattamente osservato nella proposta di definizione anticipata -il ricorrente ha omesso di indicare la sede processuale in cui il fatto storico relativo all’ epoca della revoca del mandato difensivo sarebbe stato introdotto o prospettato nel processo ed ha anzi dedotto, al contrario, che esso aveva formato oggetto, attraverso la lettera che ne darebbe la dimostrazione, di mera produzione documentale allegata alla citazione;
la produzione di un documento, quand’anche rappresentativo di un fatto, non è tuttavia sufficiente ai fini dell’ingresso del fatto stesso nel dibattito processuale e della possibilità che formi oggetto, anche implicito della successiva pronuncia, occorrendo l’ allegazione dello stess o nell’atto processuale assertivo di parte o la prospettazione da parte del giudice;
in definitiva, la denuncia di omesso esame di fatto discusso e decisivo è infondata per mancanza, nel fatto medesimo, sia del requisito della decisività che di quello della discussione;
con il secondo motivo, viene denunciata « violazione di legge rilevante ai sensi dell’art. 111 Cost. comma 6 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 »;
il ricorrente deduce che la mancata considerazione della lettera datata 4 dicembre 2009 rileverebbe anche sotto il profilo del vizio motivazionale costituzionalmente rilevante: la sentenza impugnata, infatti, ometterebbe di pronunciarsi sulla « rilevanza o meno di detto documento, decisivo per la soluzione corretta del giudizio »;
2.1. anche questo motivo è infondato;
2.1.a. va ribadito, al riguardo che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della motivazione e alla sua coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall ‘art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art.132 n.4 cod. proc. civ., la cui violazione -deducibile in sede di legittimità quale nullità
processuale ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 3/03/2022, n. 7090);
n ella vicenda in esame, anzitutto non si integra l’essenziale condizione che esige che il dedotto vizio motivazionale emerga direttamente dal testo della sentenza impugnata, poiché, alla stregua della stessa prospettazione del ricorrente, il vizio emergerebbe dal confronto con un documento prodotto dall’ originaria attrice in allegato alla citazione introduttiva del primo grado del giudizio;
i n secondo luogo, al di là di ogni rilievo circa l’obiettiva non emergenza del vizio denunciato dal testo della sentenza impugnata, è di tutta evidenza che la motivazione della sentenza stessa, per essere fondata -come si è sopra veduto nell’illustrarne gl i aspetti salienti -su un articolato apparato argomentativo (evidentemente non condiviso nel merito dal ricorrente ma, nondimeno, esistente, coerente e perspicuo), non presenta alcuna delle gravi lacune (totale mancanza, mera apparenza, irriducibile contraddittorietà, perplessità ed obiettiva incomprensibilità) che sole consentono il sindacato di legittimità della motivazione della sentenza di merito;
2.1.b. si aggiunga che, alla stregua di quanto sopra rilevato in ordine al mancato ingresso del fatto relativo all’ epoca della revoca del mandato difensivo nella discussione processuale (quale fatto sottoposto alla dialettica delle parti e destinato a formare oggetto
implicito od esplicito della successiva pronuncia), non potrebbe in ogni caso ipotizzarsi un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante per il solo fatto che il giudice del merito non abbia dato conto della produzione di un documento, depositato dalla parte risultata vittoriosa, asseritamente dimostrativo, secondo la controparte, di un fatto escluso dal dibattito processuale;
in definitiva, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato;
l ‘ indefensio dell’intimata esclude che si debba provvedere sulle spese del giudizio di legittimità;
neppure deve provvedersi a norma degli artt. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., avuto riguardo, oltre che all’ indefensio dell’intimata, anche alla circostanza che il ricorso è rigettato per ragioni in parte diverse da quelle evocate nella proposta di decisione anticipata;
a norma dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Per Questi Motivi
la Corte rigetta il ricorso;
a norma dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione