Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24018 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24018 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 547/2024 R.G. proposto da : NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE domiciliato digitalmente come per legge
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente come per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di SALERNO n. 745/2023 depositata in data 1/06/2023.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 13/03/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore , l’avvocato NOME COGNOME al fine di ottenerne la condanna per inadempimento professionale, in quanto questi aveva fatto spirare i termini di cui all’art. 156 disp. att. c.p.c. per l’annotazione della sentenza di conversione del sequestro conservativo ottenuto dal COGNOME nei confronti di tal NOME COGNOME e, inoltre, aveva tardato nel promuovere l ‘ azione revocatoria nei confronti dell’atto di disposizione compiuto dal COGNOME con definitiva perdita di ogni possibilità di agire nei confronti di questi a seguito della sentenza di questa Corte n. 3379 del 15/02/2007.
NOME COGNOME si costituì in giudizio e contestò la domanda.
Il Tribunale accolse la domanda è condann ò l’avvocato COGNOME al risarcimento del danno, liquidato in oltre ventiduemila euro.
NOME COGNOME propose impugnazione e la Corte d’appello di Salerno, nel ricostituito contraddittorio con NOME COGNOME con sentenza n. 745 del l’ 1/06/2023, ha rigettato la domanda proposta in primo grado.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre, con atto affidato a sei motivi, NOME COGNOME
Risponde con controricorso NOME COGNOME.
Il ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 13/03/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 1223 e 1218 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, per avere la Corte di Appello di Salerno fatto decorrere il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione professionale in assenza di un danno concreto e attuale. Il motivo si incentra sull’erronea individuazione
del compito demandato all’avvocato COGNOME che era stato incaricato di una prestazione specifica, quale l’annotazione della sentenza n. 518 del 1996 ma al cui mancato compimento non si ricollegava immediatamente l’emersione del danno a carico del COGNOME ch e, invece, era concretizzato dal rigetto, con sentenza della Corte di Cassazione, dell’azione revocatori a nei confronti di NOME COGNOME.
II) Violazione e falsa applicazione , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. degli artt. 2935 c.c e 1223 c.c. 1176 c.c. per avere la Corte di Appello di Salerno ritenuta sussistente la conoscibilità oggettiva da parte del danneggiato NOME in assenza di un danno e in difetto di diligenza qualificata da parte del danneggiato stesso, a prescindere dalla spiccata professionalità insita nella prestazione demandata al professionista resosi inadempiente.
III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 1176 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, per avere il giudice dell’impugnazione di merito ritenuto sussistente l’oggettiva conoscibilità dell’inadempimento del COGNOME in capo al COGNOME pur sulla base di elementi concreti la cui comprensione avrebbe avuto bisogno di una diligenza qualificata e non soltanto ordinaria, quale quella che poteva esigersi dal COGNOME, inesperto di questioni legali in quanto imprenditore.
IV) Violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 4 per motivazione apparente.
Violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost. per motivazione contraddittoria in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 4
VI) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per avere la Corte di Appello di Salerno omesso di valutare elementi di prova riferibili ai fatti posti a fondamento della decisione in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5.
I primi tre motivi possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto tutti proposti per violazione e falsa applicazione delle
norme di diritto in materia di prescrizione e segnatamente di individuazione della data iniziale di decorso del termine, di nesso causale e di diligenza del debitore della prestazione professionale.
Al fine dell’esauriente scrutinio dei detti tre motivi è necessario riportare alcuni passaggi essenziali della sentenza impugnata.
La Corte d’appello ha ritenuto che:
« Nel caso di specie, l’inadempimento contestato si riferisce ad una prestazione dell’avvocato (consistente nel curare l’annotazione della sentenza di condanna esecutiva del Tribunale di Nocera Inferiore n. 518/1996, pubblicata il 21.10.1996, in margine alla trascrizione del sequestro conservativo nei registri immobiliari) da eseguire, a norma dell’art. 156 disp. att. c.c., nel termine perentorio di 60 giorni dalla comunicazione della sentenza. Si tratta, evidentemente, di una prestazione successiva al processo che, alla scadenza del termine perentorio entro il quale doveva essere adempiuta, determina, di per sé, l’effetto pregiudizievole per il cliente.» e che, quindi, «Rispetto a tale omissione di attività stragiudiziale, il danno effettivo (l’impossibilità di recuperare il proprio credito con un’azione esecutiva sul bene alienato a terzi) si concretizza alla scadenza del termine perentorio per il suo compimento. Da quel momento (sessanta giorni dopo la comunicazione della sentenza n. 518/1996, pubblicata il 21.10.1996) sorge il diritto del cliente (NOME COGNOME al risarcimento del danno da inadempimento della prestazione professionale.
Resta da stabilire qual è il momento in cui l’esistenza del diritto al risarcimento sia oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte di NOME COGNOME Secondo il giudice di prime cure, che accoglie la versione del creditore, il momento in cui il danno è oggettivamente percepibile è dato dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’azione revocatoria ordinaria successivamente proposta da NOME COGNOME (ossia, dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione n. 3379/07, pubblicata il 15.2.2007, che ha cassato la
sentenza di appello, rigettando la domanda di revocatoria). Per l’appellante, invece, la conoscibilità del danno risale al momento della proposizione dell’azione revocatoria (in data 1.3.1999). ».
In conseguenza di quanto premesso la Corte d’appello ha quindi affermato (con il primo capoverso della pag. 7 della motivazione complessivamente comprensibile ma contenente un inciso rimasto troncato): « Orbene, il mandato conferito da NOME COGNOME al suo difensore, pur se l’odierno appellante, di procedere con un’azione revocatoria, resasi necessaria a causa della mancata annotazione nei termini della sentenza del 1996, dimostra che l’attore era oggettiv amente in grado di comprendere, sia l’inadempimento d ell’avv. Faraco all’obbligo di annotare la sentenza, previsto dall’art. 156, comma 2, c.p.c., sia il danno conseguente. Rileva, infatti, l’oggettiva conoscibilità della sussistenza dei fatti costitutivi dell’azione di responsabilità professionale, esercita ta dal creditore solo nel 2009 (con la notifica dell’atto di citazione in data 20.11.2009).
Sul dies a quo, ancorato alla conoscibilità oggettiva del diritto, non incide la circostanza che il creditore (NOME COGNOME) abbia provato a recuperare il diritto di procedere ad esecuzione sul bene del proprio debitore (COGNOME Vincenzo) con l’azione revo catoria della vendita effettuata a COGNOME Maria. Il diritto al risarcimento dei danni cagionati dall’inadempimento dell’avvocato non dipende dall’esito dell’azione revocatoria, la quale può solo ridurre, in caso di successo, l’entità dei danni risarcibili a quelli che non si sarebbero verificati nel caso in cui il cliente avesse avuto la possibilità di recuperare il proprio credito con l’azione esecutiva iniziata con la conversione del sequestro in pignoramento.
Di qui la fondatezza dell’eccezione di prescrizione riproposta dall’appellante nel primo motivo di impugnazione, essendo decorsi oltre dieci anni dalla data di inizio di decorrenza della prescrizione
(1.3.1999) alla proposizione della domanda (20.11.2009), senza l’intervento di atti interruttivi medio tempore. ».
Il discorso motivazionale della Corte territoriale resiste alle censure mosse con i primi tre motivi di ricorso, in quanto nell’esercizio del potere, tipico del giudice di merito, di valutazione dei fatti, la Corte ha individuato il momento di concretizzazione del danno allo spirare del termine di sessanta giorni fissato dalla legge per l’annotazione della sentenza, posto che era a detto momento che un danno già si concretizzava per il Genco, poiché in tal modo veniva meno il vincolo sui beni del Vitolo e la successiva proposizione dell’azione revocatoria nei confronti di questi aveva il solo scopo di diminuire l’entità del pregiudizio, che si era già concretizzato. Pure esaustivo è il discorso in ordine alla conoscenza.
La C orte di merito ha, nell’apprezzamento delle circostanze di fatto, individuato detto momento nel conferimento della procura alle liti da parte del COGNOME in favore dell’avvocato COGNOME per l’ esperimento dell’azione revocatoria nei confronti degli atti di disposizione patrimoniale compiuti da NOME COGNOME ossia alla data del l’ 1/03/1999. La Corte ha, in tal modo fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità in tema di individuazione della prescrizione per le azioni di responsabilità professionale atteso che ai fini dell’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., secondo standard obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. n. 16631 del 12/06/2023 Rv. 668120 – 01). Nella specie la Corte d’appello, andando di contrario avviso rispetto al Tribunale, ha ritenuto che la diligenza dell’uomo medio avrebbe consentito al COGNOME al momento del conferimento della procura alle liti all’avvocato COGNOME per
l’esperimento dell’azione revocatoria nei confronti del COGNOME , di comprendere pienamente che si era verificato un danno patrimoniale o, quantomeno che esso era suscettibile di consolidarsi poiché la necessità, comprovata dal rilascio della procura alle liti, di procedere con l’azione revocatoria era indice della verificazione di un danno patrimoniale, e, quindi, alla data del l’ 1/03/1999 decorreva il termine per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti del professionista. L’azione nei confronti dell’avvocato COGNOME è stata esperita in data 20/11/2009, cosicché, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, alla detta ultima data la prescrizione decennale, in quanto inerente a azione contrattuale, era oramai decorsa.
2.1. I primi tre motivi di ricorso sono, pertanto, infondati e devono essere disattesi.
Il quarto e il quinto motivo di ricorso possono, al pari dei primi tre, essere congiuntamente scrutinati, in quanti proposti per motivazione apparente e comunque per nullità della motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 132, secondo comma c.p.c.
Le censure sono inammissibili e, sostanzialmente, manifestano un mero dissenso , in ordine all’ individuazione del momento iniziale della prescrizione dell’azione di responsabilità professionale nei confronti dell’avvocato COGNOME e della diligenza esigibile da parte del COGNOME al fine della comprensione del verificarsi del pregiudizio, ma non si muovono sulla linea di una critica ragionata e argomentata alla sentenza d’appello, i cui passi salienti sono stati sopra riportati.
La motivazione del giudice dell’impugnazione di merito è , peraltro, ampia, coerente e logica ed è, inoltre, largamente superiore al cd. minimo costituzionale per come enucleato dalla giurisprudenza, anche di livello nomofilattico, di questa Corte (Sez. U. n. 8053 del 7/04/2014 e successive).
Segnatamente, il quarto motivo è incentrato su critiche apodittiche in ordine alle ragioni, diffusamente esposte dalla Corte territoriale alle pag. 6 e 7 della motivazione, per le quali NOME COGNOME al momento di sottoscrivere la procura alle liti per l’instaurazione dell’azione revocatoria poteva, con l’ordinaria diligenza, di cui all’art. 1176 c.c., rendersi conto che la detta azione era legata cronologicamente, in quanto successiva, e causalmente, alla necessità di ridurre, almeno in parte, gli effetti negativi derivanti dalla mancata annotazione della sentenza di condanna, ai sensi dell’art. 156, secondo comma, disp. att. c.p.c.
Per quanto riguarda il profilo della contraddittorietà, sul quale si sofferma in particolare il quinto motivo di ricorso, deve ribadirsi che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, atteso che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U. n. 8053 del 7/04/2014; Cass., n. 7090 del 3/03/2022, Rv. 664120 – 01), il che non sussiste nella specie, evidenziandosi peraltro che, comunque, nel caso all’esame la Corte territoriale ha affermato che l’azione revocatoria avrebbe semmai concorso a ridurre il danno subito dal Genco a causa della mancata annotazione della sentenza ai sensi dell’art. 156 disp. att. c.p.c. ma non ha affermato, contrariamente a quanto sembra
ritenere la parte ricorrente (v. p. 19 e 20 del ricorso), che avrebbe consentito di ridurre del tutto il danno, ossia di eliminarlo.
4. Il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. è inammissibile, in quanto con esso si lamenta espressamente l’omessa considerazione delle risultanze istruttorie (v. p. 20 del ricorso), che non costituiscono un fatto in senso fenomenico nei sensi delineati dalla giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 e quindi successivamente Cass. n. 23828 del 20/11/2015 Rv. 637781 – 01) ossia di un fatto storico (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 – 01).
Va pure precisato che l’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, come nella specie, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 17005 del 20/06/2024, Rv. 671706 – 01).
Il motivo, inoltre, laddove contesta alla Corte d’appello di non avere adeguatamente valutato l’asserita omissione informativa da parte dell’avvocato COGNOME nei confronti del COGNOME esula dal perimetro dell’omesso esame di un fatto, atteso che l’omissione non è un fatto storico determinato e naturalisticamente apprezzabile, ma è un giudizio o una valutazione su di un comportamento, ovvero che quel comportamento è stato di carattere omissivo e, ad ogni modo,
la censura in esame risulta volta a sollecitare, in sostanza, inammissibilmente un rivalutazione del merito.
Il ricorso è, in conclusione, rigettato.
L’oggettiva controvertibilità delle questioni dibattute , che ha dato luogo agli esiti processuali profondamente diversi nelle fasi di merito, consente di ritenere sussistenti idonee ragioni, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., nel testo vigente all’epoca di inizio della presente controversia (20/11/2009) e dunque in base alla modifica apportata all’art. 92, secondo comma, c.p.c. dall’art. 45, comma 11, della legge n. 69 del 18/06/2009, per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità (sul punto si veda Cass. n. 14036 del 21/05/2024 Rv. 671205 – 01).
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di