Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34790 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34790 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27320/2022 proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso (pec: EMAIL, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal l’ Avv. NOME COGNOME come da procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 637/2022 emessa dalla Corte d’ appello di Firenze pubblicata in data 6 aprile 2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio del 5/07/2024 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
CC 5 luglio 2024
Ric. 27320 del 2022
Pres. A. Scrima
Rel. I Ambrosi
Fatti di causa
1. La RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio l’ Avvocato NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Prato al fine di sentirne accertare la responsabilità professionale in relazione all’espletamento del mandato difensivo in un procedimento di lodo arbitrale nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE dall’esecuzione del quale era derivato l’obbligo per quest’ultima società di versare nei confronti di RAGIONE_SOCIALE la somma di Euro 12.755,79 – per aver concluso, ad insaputa della RAGIONE_SOCIALE, una transazione per Euro 4.000,00 ed aver trattenuto la somma ottenuta a titolo di competenze legali.
Costituendosi, il convenuto contestò in toto gli assunti di controparte chiedendo il rigetto integrale delle richieste; sostenne in particolare che la RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza che la somma veniva trattenuta per il recupero degli acconti per gli onorari defensionali.
Il Tribunale di Prato con la sentenza n. 649/2016, in accoglimento della domanda, condannò il difensore convenuto al pagamento della somma di Euro 12.755,79 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE con condanna alle spese di lite del grado.
2. Avverso la sentenza di prime cure, l ‘odierno ricorrente ha interposto appello adducendo sia error in procedendo (deposito della sentenza prima dello spirare del termine per il deposito delle comparse conclusionali) sia error in iudicando (arbitraria valutazione delle risultanza processuali -ultrapetizione) e la Corte territoriale, con la impugnata decisione, ha parzialmente accolto l’eccezione di nullità della sentenza (sollevata con il primo motivo di appello attinente la riduzione dei termini per il deposito della sentenza) e, non ritenendo la necessità di restituzione degli atti al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., nel merito ha ritenuto fondata la domanda proposta in primo grado e condannato l’appellante al pagamento della somma di Euro 12.755,79 nei confronti della parte appellata, oltre alle spese del doppio grado di giudizio.
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Ric. 27320 del 2022
Pres. A. Scrima
Rel. I Ambrosi
Avverso la sentenza n. 637/2022 della Corte d’ appello di Firenze, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione. La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato memorie.
Ragioni della decisione
In via preliminare, va dato conto della eccezione sollevata dalla parte controricorrente secondo cui il ricorso sarebbe stato erroneamente notificato presso lo studio del difensore con domicilio eletto, ubicato extra districtum mentre, a norma dell’art. 82 R.D. n.37/1934, avrebbe dovuto essere comunicato presso la cancelleria del giudice competente oppure alla PEC del Procuratore, con conseguente tardività del ricorso per essere spirato il termine di proposizione, stante l ‘ invalidità della notifica.
1.1 L ‘ eccezione non è fondata e va disattesa.
Per un verso, giova evidenziare che l’arresto di legittimità menzionato dalla controricorrente (Cass. Sez. U n. 10143/2012) ha chiarito che a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata hanno condotto a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del R.D. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall’art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine e che pertanto, la notifica effettuata presso la cancelleria del giudice adito, sia ancora necessaria solo laddove il difensore nei propri scritti difensivi sia venuto meno al suo obbligo di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al l’ ordine professionale di appartenenza.
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Rel. I Ambrosi
Per l’altro verso, va rammentato che il raggiungimento dello scopo dell’atto , per come indicato dall’art. 156 c.p.c. e per come avvenuto nella fattispecie in esame, stante la conoscenza del procedimento in atto documentata dalla regolare costituzione in giudizio, far comunque venire meno ogni eventuale nullità dell’atto processuale (Cass. 12/07/2018, n. 18402).
Venendo all’esame del ricorso, col primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 4, 352 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per avere la Corte d’Appello di Firenze motivato in sentenza ‘per relationem’ richiamando in parte motiva la sentenza di primo grado dichiarata affetta da nullità’ ; nello specifico, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, dopo aver statuito la nullità della sentenza impugnata, avrebbe dovuto rivalutare integralmente e autonomamente il merito della domanda (sul punto, richiama quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità con gli arresti nn. 704/2010 e 2493/1996), senza condividere acriticamente la decisione del Tribunale e soprattutto senza operare richiami al provvedimento di primo grado.
2.1. Il motivo non è fondato e va disatteso.
2.1.1. Va innanzi tutto sottolineato che la Corte d’ appello di Firenze, con la sentenza impugnata, dopo aver correttamente statuito in ordine alla nullità della sentenza di primo grado per mancato rispetto del termine ex art. 190 c.p.c. ai fini del deposito della decisione, ha proceduto debitamente alla verifica della sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 354 c.p.c. per la rimessione degli atti al giudice di primo grado, non ravvisandone la sussistenza (sul punto, v. Cass. Sez. 6 – 3, 18/02/2020 n. 4125), per poi procedere ad un nuovo esame della domanda proposta con l’atto di citazione e ribadita in grado di appello, vagliandone la fondatezza.
2.1.2. Quanto poi alla ulteriore doglianza secondo la quale la sentenza impugnata sarebbe composta da una parte motivazionale costruita ‘ per relationem ‘ con semplici richiami alla sentenza di primo grado, è escluso
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che possa dare luogo a revisione del provvedimento; infatti, oltre ad essere astrattamente ammissibile una motivazione meramente per relationem, purché il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione (cfr. Cass. Sez. 6 – L, 11/09/2018 n. 21978), il caso in esame, lungi dall’essere sussumibile nell’ipotesi paventata dal ricorrente, rivela invece una motivazione autonoma, completa e chiara attraverso la quale la Corte territoriale ha espressamente riesaminato la domanda e dato conto delle ragioni poste a fondamento della decisione secondo argomentazioni esenti da vizi logici o giuridici; in questa prospettiva, il richiamo operato dal giudice di appello a punti motivazionali della sentenza di primo grado, quando condivisi e ben supportati da proprie autonome motivazioni, come nel caso in esame, non possono dar luogo ad alcun vizio o irregolarità della sentenza.
Neppure il richiamo al le affermazioni contenute nell’arresto di questa Corte, citato nella memoria difensiva del ricorrente (Cass. n. 12492/2023), secondo cui non è ammissibile un giudizio di merito espresso ‘come se la sentenza di primo grado non fosse stata nulla e non fosse perciò espunta dalla realtà processuale’, sono in grado di scalfire quanto accertato autonomamente dalla Corte di merito nel ritenere infondata la domanda attorea.
3. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 84 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’Appello, in violazione dell’art. 84 c.p.c. erroneamente ritenuto che il potere di transigere e conciliare la controversia, non rientrasse tra i poteri del difensore nonostante fosse stato espressamente conferito, e per avere erroneamente ritenuto che la procura alle liti allegata da parte appellante fosse di tipo generale invece che speciale e, pertanto non idonea a conferire il potere di transigere e sottoscrivere la transazione tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE‘ ; in particolare, il ricorrente censura la decisione d’appello per aver erroneamente qualificato e valutato il mandato ad litem ricevuto dalla
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parte e non aver considerato che lo stesso contenesse il potere di transigere la controversia.
3.1 Il motivo è inammissibile e va disatteso.
Questa Corte, con orientamento risalente nel tempo ma mai messo in discussione (Cass. Sez. 2, 4/04/1997 n. 2910), ha affermato che ogni volta che la parte, nel conferire la procura alle liti al difensore, gli conferisca anche il potere di transigere la controversia, l’estensione dei conseguenti poteri dispositivi va valutata – con accertamento di fatto che si sottrae al giudizio di legittimità, se congruamente motivato – non solo in relazione alla controversia in atto, ma anche in prevenzione di una lite futura (art. 1965 cod. civ.).
Pertanto, l’accertamento in ordine alle modalità con cui l’avv ocato COGNOME ha esercitato il mandato ricevuto è una valutazione di fatto rimessa al solo giudice del merito che, se congruamente motivata, come avvenuto nella specie, sfugge al controllo di legittimità.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e 132 n. 4 c.p.c., artt. 1226, 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c., per avere la Corte d’appello di Firenze ritenuto dimostrato l’an della pretesa e il quantum della stessa in € 12.775,79 senza che la RAGIONE_SOCIALE ne avesse fornito la prova in seguito alla contestazione dell’Avv. NOME COGNOME e per non avere fornito motivazione’ ; al riguardo, il ricorrente ritiene erroneo il convincimento raggiunto dalla Corte d’ appello in merito al proprio inadempimento e alla condanna al risarcimento del danno comminatagli in favore della RAGIONE_SOCIALE senza dare conto del criterio di liquidazione e in violazione del principio dell’oner e della prova ex art. 2697 c.c.; sostiene, infine, che tra le parti fossero in atto diversi mandati e che non fu accertato in giudizio a quale di questi facesse riferimento la controversia in esame.
4.1 . Il motivo è inammissibile e va disatteso.
Seppure il ricorrente formalmente denunci la violazione di diverse norme sostanziali e processuali in ordine alla pretesa erronea applicazione
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degli oneri probatori da parte della Corte d’appello , nella sostanza, richiede una rivisitazione di fatti e circostanze, già definitivamente accertati in sede di merito e una diversa interpretazione dell’oggetto del contendere, inammissibile in sede di legittimità, omettendo altresì di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, e ribadito anche nella memoria difensiva in cui ribadisce che la Corte territoriale ‘nulla ha argomentato su quale sarebbe stato l’inadempimento dell’Avv. COGNOME, la Corte fiorentina ha ben analizzato le circostanze fattuali e correttamente riconosciuto l’inadempimento ascritto al difensore, precisando i criteri con cui ha liquidato l’ammontare del risarcimento ; pertanto, il motivo di ricorso attiene, nella sostanza, a profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dal giudice di merito, debitamente motivato e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
5. Con il quarto e ultimo motivo il ricorrente lamenta la ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 132 n. 4 c.p.c., 1243, comma 1, in relazione all’art. 360 comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., per avere la Corte d’appello di Firenze ritenuto insussistente il diritto dell’Avv. NOME COGNOME a trattenere le somme liquidate nel lodo arbitrale a titolo di compensi professionali’ ; il ricorrente censura la sentenza impugnata nel punto in cui ha sostenuto che il professionista non avesse provato di aver avuto dalla società cliente espressa autorizzazione a trattenere le somme pattuite con l’altra parte ,
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sebbene detta somma gli fosse dovuta quale residuo di quanto liquidato per spese e competenze legali nel lodo, fosse stata debitamente fatturata e non fosse prevista alcuna autorizzazione della cliente per trattenerla.
5.1. L’ ultimo motivo, sebbene anch’esso formalmente deduca violazione di norme, tuttavia, nella sostanza, finisce col richiamare una serie di accertamenti e valutazioni istruttorie, opportunamente effettuate dalla Corte territoriale nel giudizio di merito, la cui reiterazione non è ammissibile in questa sede.
E’ sufficiente rimarcare sul punto che le censure formulate in merito ai richiamati passi della decisione impugnata, non sono illustrate in modo tale da contrastare la ratio decidendi di questa, intendendo piuttosto sostituire un accertamento alternativo più gradito alla parte rispetto a quello affermato dalla Corte di merito.
Pertanto, anche l’ultimo motivo va disatteso poiché inammissibile.
6. In conclusione, il ricorso è rigettato.
Le spese seguono il principio di soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n.115/2002 (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3200,00, di cui gli esborsi liquidati in euro 200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
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pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione