Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 256 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 256 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 9359/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME pec ;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimata – avverso la sentenza n. 172/2022 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata in data 8/2/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Il Tribunale di Mantova, su ricorso dell’avv. NOME COGNOME emetteva decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME per il pagamento al ricorrente della somma di euro 6.631,90 quale saldo di quanto dovuto per difesa come parte civile in primo grado e in appello.
La COGNOME si opponeva e chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell’opposto a risarcirle i danni e a restituirle la somma già pagata di euro 2.000. L’opposto si costituiva, insistendo nella sua pretesa e chiedendo un ulteriore pagamento di euro 3.804,20.
Il Tribunale, con sentenza 266/2018, accertato l’inadempimento dell’opposto, revocava il decreto ingiuntivo, rigettando tutte le ulteriori domande.
L’ avv. COGNOME proponeva appello principale e la controparte appello incidentale.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza dell’8 febbraio 2022, rigettava l’appello principale e accoglieva quello incidentale, condannando l’ avv. COGNOME a restituire a NOME COGNOME la somma di euro 2000, oltre interessi.
L’ avv. COGNOME ha presentato ricorso, articolato in quattro motivi e illustrato anche con memoria; l’intimata non si è difesa.
Considerato che:
1.1 A prescindere da ogni rilievo in ordine alla improcedibilità del ricorso (cfr. Cass. ord. 5771/2023), si osserva comunque che il primo motivo lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articoli 523, secondo comma, c.p.p., 1176 c.c. e 132, secondo comma, n.4 c.p.c., per avere il giudice d’appello da un lato condiviso l’inesistenza della revoca della costituzione come parte civile della Spina (che era stata reputata sussistente invece dal primo giudice, il Tribunale penale di Mantova, sezione di Castiglione delle Stiviere, il quale perciò non aveva esaminato la sua domanda risarcitoria e neppure la correlata richiesta di
provvisionale) e dall’altro, contraddittoriamente, ritenuta l’esistenza di errore/negligenza nel primo grado tale da elidere il diritto al compenso, non considerando però altri fatti rilevanti tempestivamente eccepiti.
1.2 Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello riconosce che non vi era stata la rinuncia alla costituzione di parte civile ritenuta invece dal Tribunale penale (sentenza impugnata, pagine 89), ma rigetta l’appello non per errori configurabili in primo grado, bensì per l’errore nella proposizione dell’appello in quanto tardivo.
Implicitamente ma chiaramente il giudice civile d’appello su questo sposa, a pagina 9 della sentenza, quel che aveva prima rievocato come decisione del giudice penale d’appello, riportato a pagina 5 e seguito anche dal Tribunale civile: si tratta infatti in queste pagine della riproduzione in sintesi del contenuto della sentenza di primo grado, gli ulteriori elementi logicamente non essendo considerabili, concretandosi nella proposta di esercitare l’azione risarcitoria in sede civile e di effettuare trattative per transazione.
2.1 Il secondo motivo, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione relative alle norme riguardanti la responsabilità professionale dell’avvocato, all’articolo 1460 c.c. e al diritto al compenso.
La Corte d’appello rileva una negligenza per asserito errore nel proporre l’appello incidentale, non oggetto di gravame e il cui compenso è stato rinunciato, e ha contestualmente considerata inutile la prestazione del professionista complessivamente svolta, in base a un’isolata pronuncia non conferente (Cass. 4781/2013).
2.2 Anche qui vengono introdotti elementi ulteriori come nel precedente motivo, e cioè il fatto che successivamente nel giudizio d’appello subentrò un altro avvocato -avvocato COGNOME -e che il PM prese posizione a proposito dell’ammissibilità dell’appello; e come nel precedente motivo essi sono
palesemente irrilevanti ( tra l’altro, non era certo obbligata la cliente a intraprendere un ulteriore processo come il giudizio civile).
Pure questo è un motivo manifestamente infondato: se il primo giudice penale rigettò completamente, nessuna utilità è attribuibile alla difesa in primo grado; e infatti la Corte d’appello segnala che è per l’errore nella proposizione dell’appello che la COGNOME non ha potuto ‘recuperare’ dopo tale erroneo giudizio penale in primo grado (pagina 9 della sentenza: ‘L’errore in cui è incorso l’appellante nella proposizione dell’appello, addebitabile a negligenza professionale, ha comportato la definitiva perd ita…’).
Argomentazioni relative alle diverse possibilità ottenibili nell’appello penale non tolgono il fatto che nel giudizio penale si giunse alla decisione in modo tale da non riconoscere in esso alla Spina il diritto risarcitorio.
3.1 Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c., 115 e 334 c.p.c. per avere il giudice d’appello considerato provato il pagamento della Spina all’avvocato ora ricorrente e per avere omesso ogni decisione – pur rilevabile d’ufficio – sulla inammissibilità dell’appello incidentale.
3.2.1 La prima parte del motivo – la considerazione del pagamento della cliente all’avvocato da parte del giudice d’appello – è fattuale o semmai persino riconducibile alla fattispecie di cui all’articolo 395 n. 4 c.p.c. (laddove si afferma che una ‘locuzione non esisteva’, cioè ‘già ricevuto’, mentre il giudice d’appello si è espressamente riferito alla ‘prova fornita dalla nota spese allegata al ricorso per decreto ingiuntivo ove l’avvocato COGNOME ha detratto dalla parcella la somma di € 2.000, che qualificava <>’ ).
3.2.2 Nella seconda parte relativa alla omessa decisione sulla inammissibilità dell’appello incidentale, si argomenta che l’appello incidentale tardivo sarebbe tra le impugnazioni incidentali tardive, cioè quelle adesive alla impugnazione principale, quelle che investono un capo della sentenza non impugnato e quelle che investono lo stesso capo impugnato ma per motivo diverso rispetto a quello
dell’impugnazione principale. Seguono poi ulteriori elementi fattuali relativi a pretese attività stragiudiziali.
Il motivo non è sufficientemente specifico nello spiegare perché l’appello incidentale sarebbe stato tardivo.
D ‘altronde nello ‘Svolgimento del processo d’appello’, in premessa del ricorso (pagine 7 ss.), non risulta che ciò sia stato eccepito nel giudizio d’appello, perché soltanto si rinviene affermato a pagina 9: ‘… l’appellante, quanto all’appello incidentale tardivo, eccepisce la sua inammissibilità (rilevabile d’ufficio in ogni fase e grado) perché investono ( sic ) un capo della sentenza non impugnato (o impugnato per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale)’. Dunque né nell’esposizione del giudizio d’appello, né nella illustrazione di questo submotivo si spiega perché l’appello incidentale debba considerarsi tardivo (tra l’altro è insufficiente riportare soltanto la data della costituzione dell’assistita Spina a pagina 8 del ricorso: non è neanche detto infatti quando le fu notificato l’atto d’appello a pagina 4 del ricorso si afferma soltanto che fu ‘ritualmente notificato’ -).
Tutto il terzo motivo, dunque, cade nella inammissibilità.
4.1 Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c. per avere il giudice d’appello condannato il ricorrente a rifondere le spese di entrambi i gradi senza tenere conto della reciproca soccombenza, non essendo stata la sentenza di primo grado riformata in appello -così la domanda di risarcimento della COGNOME non fu accolta neanche in secondo grado -.
Lamenta inoltre il ricorrente l’assenza di una specifica motivazione per la mancata compensazione delle spese ex articolo 92 c.p.c.
4.2 Il motivo è ictu oculi infondato, in quanto il giudice d’appello doveva comunque rideterminare le spese di entrambi i gradi, e non era affatto obbligato a compensare per la presenza di una reciproca soccombenza, essendo questa una valutazione discrezionale e l’obbligo di motivazione ricorrendo soltanto nel caso in cui si disponga appunto la compensazione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato; non vi è luogo a pronuncia sulle spese dal momento che l’intimata non si è difesa.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 9 novembre 2023