LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità professionale advisor: compenso negato

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego del compenso a un professionista per grave inadempimento. L’advisor non aveva informato una società, in procinto di presentare domanda di concordato preventivo, del divieto di pagare debiti pregressi senza autorizzazione giudiziale. Tale omissione, che ha violato la parità dei creditori, ha reso la prestazione professionalmente inutile, giustificando il mancato pagamento. Il caso sottolinea la cruciale importanza della diligenza e della responsabilità professionale dell’advisor nelle procedure concorsuali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Responsabilità professionale advisor: quando la negligenza costa il compenso

L’assistenza di un professionista in una procedura di concordato preventivo è un’attività delicata che richiede massima perizia. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la grave negligenza del consulente può portare alla perdita totale del diritto al compenso. Questo caso evidenzia la cruciale responsabilità professionale dell’advisor nel guidare l’impresa attraverso le complesse normative fallimentari, specialmente per quanto riguarda il divieto di pagamenti non autorizzati.

I Fatti di Causa

Un dottore commercialista aveva assistito una società per azioni nella predisposizione e presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo “con riserva”. Successivamente, la società è stata dichiarata fallita. Il professionista ha quindi richiesto l’ammissione al passivo del fallimento del proprio credito per le prestazioni professionali svolte, per una somma di oltre 287.000 euro.

Il Fallimento si è opposto alla richiesta, sollevando un’eccezione di inadempimento. Secondo la curatela, il professionista era stato gravemente negligente. Nello specifico, era a conoscenza dell’intenzione degli amministratori della società di effettuare ingenti pagamenti a favore di alcuni creditori dopo il deposito della domanda di concordato, per un totale di oltre 1,7 milioni di euro. Tali pagamenti, eseguiti senza l’autorizzazione del tribunale, violavano palesemente il principio della par condicio creditorum, ossia della parità di trattamento tra i creditori.

Il tribunale di primo grado e la corte d’appello hanno dato ragione al Fallimento, respingendo la domanda del professionista. Egli, pur consapevole delle intenzioni della società, non aveva avvertito gli amministratori della necessità di ottenere le specifiche autorizzazioni giudiziarie previste dalla legge fallimentare, rendendo di fatto la sua prestazione professionalmente inadeguata e inutile.

La Decisione della Corte e la Responsabilità Professionale dell’Advisor

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del professionista, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i contorni della responsabilità professionale dell’advisor in contesti di crisi d’impresa.

Il punto centrale della decisione risiede nella violazione del dovere di diligenza qualificata, previsto dall’art. 1176, comma 2, del Codice Civile. Un professionista incaricato di assistere un’impresa in una procedura concorsuale ha l’obbligo non solo di redigere gli atti necessari, ma anche di informare e guidare il cliente sul corretto comportamento da tenere durante l’intera procedura.

Le motivazioni

La Corte ha stabilito che omettere di informare il debitore del divieto assoluto di eseguire pagamenti di debiti anteriori senza l’autorizzazione del giudice costituisce un grave e colpevole inadempimento. Tale omissione deriva da un’inescusabile ignoranza delle norme giuridiche che governano la procedura. Questa negligenza ha esposto il cliente al grave rischio di revoca dell’ammissione al concordato e, in ultima analisi, al fallimento, vanificando l’obiettivo stesso dell’incarico professionale.

Secondo gli Ermellini, la prestazione del professionista, in un caso come questo, risulta già ex ante priva della necessaria funzionalità al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente. Non si tratta di garantire il successo della procedura (obbligazione di mezzi, non di risultato), ma di fornire una prestazione che sia concretamente ed effettivamente idonea a perseguire tale successo. Una consulenza che non impedisce la violazione di norme fondamentali del procedimento è, di fatto, una prestazione giuridicamente inutile.

Di conseguenza, il curatore del fallimento è pienamente legittimato a sollevare l’eccezione di inadempimento per rifiutare il pagamento del compenso. L’errore del professionista ha reso la sua attività difensiva e di consulenza totalmente improduttiva di effetti positivi per la società, giustificando la perdita totale del diritto alla remunerazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro a tutti i professionisti che operano nel campo delle crisi d’impresa. La responsabilità professionale dell’advisor non si esaurisce nella mera redazione di documenti, ma implica un ruolo attivo di guida e controllo sulla gestione dell’impresa durante la procedura. L’obbligo di diligenza impone di fornire tutte le informazioni necessarie per evitare atti pregiudizievoli per i creditori. Un inadempimento a questo dovere fondamentale non solo espone il professionista a possibili azioni di responsabilità per danni, ma, come dimostra questo caso, può comportare la perdita totale e legittima del proprio compenso.

Un professionista che assiste un’azienda in concordato preventivo ha diritto al compenso se l’azienda compie atti non autorizzati a causa di una sua negligenza?
No. Se il professionista omette di informare il cliente del divieto di eseguire pagamenti di debiti anteriori senza autorizzazione giudiziale, commette un grave inadempimento. Tale negligenza rende la sua prestazione professionalmente inutile e gli fa perdere il diritto al compenso, che può essere legittimamente rifiutato tramite l’eccezione di inadempimento.

Qual è il livello di diligenza richiesto all’advisor in una procedura di concordato?
È richiesta una diligenza qualificata, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., commisurata alla natura dell’incarico. Questo include l’obbligo di conoscere e applicare le norme inderogabili della procedura, nonché di informare e guidare attivamente il cliente per assicurare che la sua condotta sia conforme alla legge, al fine di non pregiudicare l’esito della procedura stessa.

Può il curatore del fallimento contestare il compenso del professionista che ha assistito la società prima della bancarotta?
Sì. Il curatore del fallimento è legittimato a sollevare l’eccezione di inadempimento per contestare il diritto al compenso del professionista se la sua prestazione è stata negligente o incompleta. Se l’inadempimento del professionista ha contribuito a rendere la sua opera inutile per il conseguimento degli obiettivi del cliente, il curatore può legittimamente rifiutare l’ammissione del relativo credito al passivo fallimentare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati