Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8555 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22194/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 301/2022 depositata il 20/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE venne dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Gorizia in data 13-7-2017.
Prima del fallimento la RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto contro la detta società un decreto ingiuntivo e aveva iniziato una procedura esecutiva presso terzi.
Il giudice dell’esecuzione, con decreto in data 9 -9-2016, le aveva assegnato il credito vantato dalla debitrice nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di Tolmezzo.
Il relativo importo (di 82.465,66 EUR) era stato infine pagato dal RAGIONE_SOCIALE in data 21-4-2017.
RAGIONE_SOCIALE a curatela del fallimento promosse l’azione revocatoria del pagamento ai sensi dell’art. 67, secondo comma, legge fall.
La convenuta resistette e chiamò in causa il RAGIONE_SOCIALE , ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., imputandogli di aver ostacolato illecitamente, mediante una infondata opposizione, il diritto a ottenere il pagamento.
Il tribunale di Gorizia con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 702 -ter cod. proc. civ. accolse la domanda principale e respinse quella di garanzia.
La società RAGIONE_SOCIALE propose appello, assumendo: (a) non raggiunta la prova dell’effettiva conoscenza dello stato di insolvenza di RAGIONE_SOCIALE alla data del pagamento da parte del RAGIONE_SOCIALE, (b) errata la determinazione contro
dell’importo revocabile, giacché dalla somma complessiva si sarebbe dovuto detrarre l’importo di 2.859,04 EUR, relativo alle spese legali del l’esecuzione presso terzi; (c) errato il rigetto della domanda svolta nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, che, anziché pagare subito dopo l’assegnazione, aveva proposto opposizione, peraltro tardiva, avverso il decreto del g.e.
La corte d’appello di Tri e ste ha accolto l’impugnazione limitatamente alla eccepita necessità di detrarre dal quantum l’importo sopra detto di 2.859.04 EUR.
Avverso la sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.
Il Fallimento non ha svolto difese.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Le parti costituite hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
– Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 24 cost., 115, 116, 134 e 183 cod. proc. civ., nonché l’ omesso esame di fatto decisivo e la nullità della sentenza e del procedimento.
Nella sostanza, assume di aver eccepito che parte degli elementi presuntivi, che il giudice di primo grado aveva posto a fondamento della decisione, non le erano stati noti, e che a dimostrare questo erano state formulate precise istanze istruttorie in prova orale, non ammesse dalla corte d’appello senza motivazione o comunque senza adeguato esame.
– Col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e 116 cod. proc. civ. in merito alla valutazione degli elementi presuntivi posti a fondamento della domanda, nonché l’ omesso esame di fatto decisivo e la nullità della sentenza e del procedimento.
Sostiene che la corte d’appello, con motivazione solo in apparenza logica e coerente, si sarebbe limitata a ripercorre gli elementi presuntivi evidenziati dal Fallimento per ritenere provata la conoscenza dello stato di insolvenza, anziché esaminarli uno per uno alla luce delle eccezioni sollevate nel primo
motivo di appello. In questo senso sarebbe incorsa in violazione di legge, attesa la necessità che gli elementi indiziari siano sempre oggetto di una valutazione complessiva e concordante. Invero si sarebbe dovuta considerare irrilevante, come elemento presuntivo, la circostanza la ricorrente avesse chiesto l’assegnazione del solo credito del RAGIONE_SOCIALE di Tolmezzo, poiché questa cosa era stata motivata col fatto di essere lo stesso ampiamente capiente rispetto alla somma vantata.
III. – Col terzo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ. in merito alla richiesta di condanna del terzo chiamato.
La critica è che la corte d’appello, dopo aver condiviso la motivazione del giudice di primo grado, e riconosciuto la legittimità della condotta perché diretta soltanto a tutelare nelle opportune sedi giudiziarie i diritti riconosciuti all’Ente dall’ordinamento, avrebbe omesso il punto centrale della questione, e cioè che ben il RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto far valere le proprie ragioni mercé l’art. 9, all. E, della l. n. 2248 del 1865, ma purché con gli strumenti corretti e soprattutto nei termini previsti: attraverso quindi un ‘ opposizione agli atti esecutivi, non invece mediante un’opposizione all ‘esecuzione.
La scelta di questo mezzo era stata invero eccepita come segno di condotta illecita determinativa di danno, per esser stato così ritardato il pagamento del credito al punto da determinarne la possibilità di revocatoria.
IV. -Col quarto motivo la ricorrente ulteriormente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1224 cod. civ., e 112 cod. proc. civ., oltre che more solito -l’ omesso esame di fatto decisivo e la nullità della sentenza e del procedimento, a proposito della doglianza -da questo punto di vista neppure esaminata – circa il danno da ritardo.
Il danno sarebbe stato rappresentato dall’importo da pagare al Fallimento a seguito dell’accoglimento di un ‘azione revocatoria che non avrebbe potuto nemmeno essere proposta, se il RAGIONE_SOCIALE avesse a sua volta pagato nel momento in cui il decreto di assegnazione della somma era stato emesso.
V. – I primi due motivi sono inammissibili perché, a proposito della scientia decoctionis , riflettono un tentativo di revisione del giudizio di fatto, peraltro neppure calibrato sulla ratio della sentenza.
La corte d’appello ha desunto la scientia da elementi sintomatici altamente presuntivi considerati nel loro complesso, come la contiguità territoriale tra la ricorrente e il luogo in cui si erano manifestati i sintomi dell’insolvenza d i RAGIONE_SOCIALE, la durata dei rapporti intercorsi con questa, l’intrapresa di una procedura esecutiva per importo non irrisorio a seguito dell’inerzia conseguente a decreto ingiuntivo e annesso precetto.
La motivazione è congruente, oltre che conforme all’insegnamento di questa Corte, e rende autoevidente la ragione di superfluità che ha indotto al diniego delle prove orali.
E’ appena il caso di ricordare che la scientia decoctionis in capo al terzo, come effettiva conoscenza dello stato di insolvenza, è oggetto di apprezzamento riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato; e che il relativo convincimento può formarsi anche attraverso il ricorso alla presunzione, alla luce del parametro della comune prudenza e avvedutezza e della normale e ordinaria diligenza, con rilevanza peculiare sia della condizione dell’ accipiens , sia del contesto nel quale gli atti solutori si sono realizzati (v. ex aliis Cass. Sez. 1 n. 8827-11, Cass. Sez. 1 n. 3031-18).
VI. – Il terzo e il quarto motivo sono manifestamente infondati.
Entrambi ruotano attorno al seguente assunto, a suo tempo tradotto nel petitum immediato dell’azione di garanzia: se il RAGIONE_SOCIALE di Tolmezzo, anziché proporre infondate opposizioni al decreto di assegnazione adottato dal tribunale di Gorizia nell’esecuzione presso terzi , avesse adempiuto al pagamento dell’importo assegnato, e prima ancora non avesse costretto la ricorrente a promuovere l’ azione esecutiva, il Fallimento (a sua volta) non avrebbe potuto promuovere l’azione revocatoria, ‘ perché il pagamento sarebbe intervenuto prima dell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento ‘.
In ragione del l’infondatezza dell’opposizione , e del conseguente ritardo ingiustificato nel pagamento, la ricorrente reputa che il RAGIONE_SOCIALE debba
rispondere dei danni ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. , avendo abusato delle possibilità offerte dall’ordinamento processuale e reso con ciò possibile il fruttuoso esercizio della revocatoria fallimentare.
VII. La risposta della corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE è stata questa:
-il tribunale, con motivazione sintetica ma condivisibile, aveva riconosciuto la legittimità della condotta tenuta dal RAGIONE_SOCIALE in sede esecutiva, in quanto volta soltanto a tutelare nelle opportune sedi giudiziarie i diritti riconosciuti dall’ordinamento ;
in sede processuale potrebbe configurarsi una responsabilità ex art. 2043 cod. civ. solo in presenza di un abuso del processo, per azione o difesa determinata da dolo o colpa grave;
in tale concetto non può rientrare il caso di specie, perché il RAGIONE_SOCIALE, a fronte del pignoramento dei crediti maturati da RAGIONE_SOCIALE per i lavori oggetto di un appalto pubblico che era ancora in corso di svolgimento, si era opposto avvalendosi del disposto dell’art. 9, allegato E , della l. n. 2248/1865, a tutela delle ragioni dell’ ente;
le lungaggini della procedura esecutiva non potevano essere addebitate al terzo pignorato, e comunque la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva assunto comportamenti contraddittori e idonei essi stessi ad allungare i tempi del processo, con richiesta di voci di spesa non dovute e con eccezione di incompetenza del tribunale di Gorizia che aveva determina to l’espletamento di ricorso per regolamento di competenza.
VIII. – La motivazione si incentra in valutazioni di merito, notoriamente insindacabili in Cassazione se non per omesso esame di fatti storici decisivi: fatti dalla ricorrente non specificati (v. Cass. Sez. U n. 8053-14).
A ogni modo va corretta nel presupposto in iure , perché è chiaro che neppure la corte d’appello ha colto il punto che impediva (e impedisce), nelle condizioni date, ogni possibilità di successo della tesi postulata.
IX. – La circostanza che un pagamento sia ricevuto in periodo sospetto è, ai fini della revocatoria fallimentare, un fatto per intero addebitabile all’ accipiens , ove questi -come nella specie emerge pacificamente dalla
motivazione della corte territoriale -sia al momento consapevole dello stato d’insolvenza del debitore.
L ‘azione giudiziaria, per quanto si ritenga temeraria, non può generare danni risarcibili fuori dal processo nel quale è svolta.
Difatti l’art. 96 cod. proc. civ. si pone in rapporto di specialità rispetto all’art. 2043 cod. civ., sicché la responsabilità processuale aggravata, nella quale si compendia l’abuso dello strumento processuale, pur rientrando nella generale responsabilità per fatti illeciti, ricade interamente, in tutte le sue ipotesi, sotto la disciplina del citato art. 96, e non è punto configurabile un concorso, anche alternativo, tra le due fattispecie.
Per questa ragione è inammissibile la proposizione di un autonomo giudizio di risarcimento per i danni asseritamente derivati da una condotta di carattere processuale, quali che siano.
Codesti danni devono essere chiesti esclusivamente nel relativo giudizio di merito (v. tra le varie Cass. Sez. 1 n. 32029-19; e v. anche Cass. Sez. 3 n. 36593-23, Cass. Sez. 6-3 n. 12029-17) , con l’unica eccezione di principio rinvenibile nei casi di impossibilità di agire in termini endoprocessuali ex art. 96 cod. proc. civ.; impossibilità che, peraltro, deve risultare associata a ragioni non imputabili all’inerzia dell’asserito danneggiato e attinenti, invece, alla stessa struttura del processo (v. Cass. Sez. U n. 25478-21), ovvero all’evoluzione propria dello specifico processo ove l’abuso si assuma essersi verificato.
X. -Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.300,00 EUR, oltre a 200,00 EUR per esborsi, nonché accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì