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Responsabilità presidente associazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17128/2025, si è pronunciata sulla responsabilità del presidente di un’associazione sportiva per i debiti dell’ente. Il caso riguardava una fornitura di materiale sportivo non saldata. La Corte ha stabilito che la mera carica di presidente non comporta automaticamente una responsabilità personale e che un documento, per valere come ricognizione di debito, deve contenere una chiara e inequivoca assunzione dell’obbligazione, la cui interpretazione è un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità se non implausibile. La sentenza ha anche ribadito il principio di non dispersione della prova documentale nel giudizio di appello.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità del Presidente di un’Associazione: quando risponde con il proprio patrimonio?

La questione della responsabilità del presidente di un’associazione per i debiti contratti dall’ente è un tema di grande rilevanza pratica. Chi agisce in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta risponde personalmente delle obbligazioni assunte? E quale valore ha una scrittura privata firmata dal presidente? A queste domande ha dato una chiara risposta la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, delineando i confini tra responsabilità dell’ente e quella personale del suo rappresentante.

I Fatti di Causa: una fornitura non pagata

La vicenda trae origine dalla richiesta di pagamento di un fornitore di materiale sportivo nei confronti del presidente di un’Associazione Sportiva Dilettantistica. Il fornitore sosteneva che il presidente avesse riconosciuto il debito residuo, pari a circa 8.700 euro, tramite una scrittura privata.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, qualificando il documento come una valida ricognizione di debito e ritenendo il presidente personalmente e solidalmente responsabile in base all’art. 38 del codice civile.

La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione. Pur in assenza del fornitore (dichiarato contumace), i giudici di secondo grado riesaminavano il caso e concludevano che la scrittura non costituisse una chiara e inequivocabile assunzione di debito. Di conseguenza, veniva meno l’inversione dell’onere della prova e, in mancanza di altre prove fornite dal creditore, la domanda veniva rigettata. Inoltre, la Corte specificava che la mera carica di presidente non era sufficiente a fondare una responsabilità patrimoniale personale.

La Responsabilità del Presidente dell’Associazione e i Principi Processuali

Il caso è quindi giunto all’attenzione della Corte di Cassazione, che ha affrontato tre questioni principali sollevate dal fornitore ricorrente:

1. La valutazione dei documenti in appello: Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse riesaminato i documenti del primo grado, nonostante non fossero stati nuovamente depositati dalla controparte.
2. La qualificazione della scrittura privata: Si contestava l’interpretazione data dalla Corte d’Appello, che aveva escluso la natura di ricognizione di debito del documento.
3. L’applicazione dell’art. 38 c.c.: Si insisteva sulla responsabilità personale del presidente per le obbligazioni dell’associazione.

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni importanti principi sia di diritto sostanziale che processuale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo inammissibili o infondati tutti i motivi.

In primo luogo, ha confermato il principio di “non dispersione della prova”. Un documento regolarmente acquisito in primo grado rimane parte del processo e può essere valutato dal giudice d’appello, anche se la parte che lo ha prodotto è contumace, basandosi sulla descrizione contenuta nella sentenza impugnata o su altri atti di causa. La scelta di una parte di non costituirsi in appello non può sottrarre al giudice la valutazione di prove già acquisite.

In secondo luogo, riguardo alla qualificazione del documento, la Corte ha sottolineato che l’interpretazione di un atto è un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se tale interpretazione è palesemente illogica o implausibile. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva motivatamente ritenuto che il documento non contenesse una “chiara ed inequivoca assunzione di debito”, e tale valutazione non era sindacabile in sede di legittimità.

Infine, e questo è il punto cruciale, è stata confermata la corretta interpretazione dell’art. 38 c.c. La responsabilità personale e solidale di chi agisce in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta non deriva automaticamente dalla carica ricoperta (es. presidente). È necessario che il creditore provi che quella persona abbia concretamente svolto l’attività negoziale che ha dato origine all’obbligazione. La semplice firma su un documento di ricezione merce, ad esempio, non è di per sé sufficiente a dimostrare di aver agito come diretto responsabile della transazione per conto dell’ente.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

La decisione della Cassazione offre importanti spunti pratici. Per i creditori che trattano con associazioni non riconosciute, emerge la necessità di assicurarsi che gli accordi e le eventuali ricognizioni di debito siano formalizzati in modo chiaro e inequivocabile, specificando chi si assume l’obbligazione e a che titolo. Per chi ricopre cariche in tali enti, la sentenza conferma che la responsabilità del presidente di un’associazione non è automatica, ma è strettamente legata all’effettivo compimento di atti negoziali in nome e per conto dell’associazione. Una distinzione fondamentale per tutelare il proprio patrimonio personale.

Una scrittura firmata dal presidente di un’associazione è sempre una ricognizione di debito?
No. Secondo la Cassazione, l’interpretazione del contenuto di un documento è un giudizio di fatto riservato ai giudici di merito. Per essere considerata una ricognizione di debito ai sensi dell’art. 1988 c.c., la scrittura deve contenere una ‘chiara ed inequivoca assunzione di debito’, e non può essere un semplice conteggio o una ricevuta.

Il presidente di un’associazione sportiva risponde sempre personalmente per i debiti dell’ente?
No. La responsabilità personale di chi agisce per un’associazione non riconosciuta, prevista dall’art. 38 c.c., non deriva automaticamente dalla carica ricoperta. Il creditore deve dimostrare che il presidente (o chi per lui) ha concretamente agito in nome e per conto dell’associazione, svolgendo l’attività negoziale che ha generato il debito.

Se una parte non si costituisce in appello, i documenti che aveva prodotto in primo grado perdono valore?
No. In base al principio di ‘non dispersione della prova’, un documento ritualmente acquisito agli atti in primo grado rimane a disposizione del giudice per tutto il processo. Il giudice d’appello può e deve valutarlo se richiamato negli scritti difensivi, anche basandosi sulla descrizione che ne è stata fatta nella sentenza di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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