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Responsabilità presidente associazione: Cassazione chiarisce

Una locatrice ha citato in giudizio un’associazione sportiva e il suo ex presidente per canoni di locazione non pagati. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, ribadendo la responsabilità personale e solidale di chi agisce in nome dell’ente, secondo l’art. 38 c.c. L’ordinanza chiarisce i limiti processuali per sollevare eccezioni e per contestare la valutazione dei fatti in sede di legittimità, consolidando i principi sulla responsabilità presidente associazione.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Presidente Associazione: la Cassazione Conferma la Linea Dura

La gestione di un’associazione, specialmente se non riconosciuta, comporta oneri e doveri significativi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale: la responsabilità presidente associazione per le obbligazioni assunte in nome e per conto dell’ente è personale e solidale. Questo significa che chi firma un contratto per l’associazione risponde con il proprio patrimonio se l’ente non paga. Analizziamo questa importante decisione per capire le implicazioni pratiche per chi ricopre cariche associative.

I Fatti del Caso: Una Locazione Sportiva Finita Male

La vicenda trae origine da un contratto di subaffitto di un terreno stipulato tra una proprietaria e un’associazione sportiva. L’accordo prevedeva il pagamento di un canone mensile. A un certo punto, l’associazione smette di pagare i canoni e, alla cessazione del rapporto, non restituisce alcuni beni mobili presenti sul terreno.

La proprietaria decide quindi di agire in giudizio, convenendo non solo l’associazione ma anche i suoi presidenti, sia quello in carica sia gli ex presidenti, tra cui colui che aveva materialmente firmato i contratti. La richiesta era chiara: ottenere il pagamento dei canoni arretrati e il risarcimento per i beni non restituiti.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

Il Tribunale di primo grado accoglie parzialmente la domanda, condannando l’associazione e l’ex presidente firmatario al pagamento di una somma cospicua. La condanna per quest’ultimo era sia in solido con l’ente, sia a titolo personale, proprio perché aveva agito in nome e per conto dell’associazione. Le domande verso gli altri presidenti, non coinvolti nella stipula dei contratti, venivano invece respinte.

L’ex presidente propone appello, e la Corte d’Appello di Lecce riforma parzialmente la sentenza, riducendo l’importo dovuto ma confermando l’impianto della responsabilità. Insoddisfatto, l’ex presidente ricorre in Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro motivi principali:
1. Violazione del principio del ‘chiesto e pronunciato’: Sosteneva che la sua condanna a titolo personale fosse illegittima (vizio di ultrapetizione), poiché la creditrice non aveva formulato una specifica domanda in tal senso.
2. Tardività dell’eccezione di decadenza: Lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente dichiarato inammissibile la sua eccezione basata sull’art. 1957 c.c. (decadenza dalla fideiussione), sostenendo che potesse essere rilevata d’ufficio.
3. Omesso esame di un fatto decisivo (beni mobili): Contestava la motivazione riguardo l’obbligo di restituzione dei beni mobili.
4. Omesso esame sulla quantificazione del danno: Criticava la determinazione del valore dei beni mancanti, ritenendola immotivata.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Responsabilità del Presidente

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali su ogni punto.

Sulla condanna personale

Gli Ermellini hanno giudicato il primo motivo inammissibile e infondato. Hanno precisato che citare in giudizio una persona in qualità di ex presidente che ha stipulato un contratto per un’associazione implica, di per sé, l’invocazione della sua responsabilità personale e solidale ai sensi dell’art. 38 del Codice Civile. Non è necessaria una formula sacramentale: la qualificazione giuridica dei fatti spetta al giudice. Chi agisce per un’associazione non riconosciuta si assume una responsabilità diretta.

Sull’eccezione di decadenza

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito che l’eccezione di decadenza prevista dall’art. 1957 c.c. è un’eccezione in senso stretto. Ciò significa che deve essere sollevata dalla parte interessata nei termini di legge (in primo grado) e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Averla proposta per la prima volta in appello la rendeva irrimediabilmente tardiva.

Sulla valutazione dei fatti e la ‘doppia conforme’

I giudici hanno esaminato congiuntamente il terzo e il quarto motivo, dichiarandoli inammissibili. La Corte ha applicato il principio della cosiddetta ‘doppia conforme di merito’. Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello erano giunti a conclusioni identiche sulle questioni di fatto (la mancata restituzione dei beni e il loro valore), il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo era precluso. Il ricorrente, inoltre, non aveva dimostrato che le motivazioni delle due sentenze fossero basate su ragioni di fatto diverse. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma solo di controllare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche sulla Responsabilità Presidente Associazione

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque ricopra cariche in associazioni non riconosciute. La responsabilità presidente associazione non è uno schermo formale, ma un impegno concreto. La firma apposta su un contratto non vincola solo l’ente, ma espone personalmente e illimitatamente il patrimonio di chi ha agito. La decisione sottolinea inoltre il rigore delle regole processuali: le difese vanno articolate tempestivamente e correttamente, perché le omissioni o i ritardi possono precludere la possibilità di far valere le proprie ragioni. Infine, viene ribadito un limite invalicabile del giudizio di Cassazione: non è una terza istanza di merito dove si possono ridiscutere i fatti, ma una sede di controllo della legittimità delle decisioni precedenti.

Chi risponde dei debiti di un’associazione non riconosciuta?
Secondo l’art. 38 del Codice Civile, per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.

L’eccezione di decadenza dalla fideiussione (art. 1957 c.c.) può essere sollevata per la prima volta in appello?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che si tratta di un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio dal giudice. Pertanto, deve essere sollevata dalla parte nel primo grado di giudizio, altrimenti viene considerata tardiva e inammissibile nei gradi successivi.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti se le sentenze di primo e secondo grado sono conformi (‘doppia conforme’)?
No, di norma è precluso. L’art. 348-ter c.p.c. limita la possibilità di ricorrere in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo quando vi è una ‘doppia conforme di merito’, salvo che il ricorrente dimostri che le due decisioni si basano su ragioni di fatto differenti. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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