Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14011 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14011 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6667/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), domiciliato presso l’indirizzo PEC
-Controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME
–COGNOME – avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di LECCE n. 823/2020 depositata il 24/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
NOME COGNOME, sulla premessa di aver subaffittato con contratto registrato il 17/6/2004 all ‘RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE un terreno sito in agro di Carpignano, e di aver concordato, con successivo contratto del 30/5/2006, alcune modifiche alle condizioni economiche originarie, lamentava il mancato pagamento dei canoni pattuiti a far data dal 1°/06/2009 (pari ad euro 3.000,00 oltre Iva), nonché il mancato trasferimento, al momento della cessazione del rapporto dei beni mobili indicati ne ll’allegato al contratto. Su tali premesse, la RAGIONE_SOCIALE convenne nel settembre del 2012 dinanzi al Tribunale di LecceSezione distaccata di Magliel’RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali ex presidenti, e NOME COGNOME, quale presidente in carica dell’RAGIONE_SOCIALE , chiedendone la condanna al pagamento dell ‘ importo di euro 42.374,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di canoni non pagati e risarcimento del danno.
Si costituirono l’RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in persona del presidente NOME COGNOME, e quest’ultimo anche in proprio. Il COGNOME eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto estraneo ai fatti anteriori all’aprile 2010. Entrambe le parti chieser o nel merito il rigetto della domanda e, quanto al COGNOME, in subordine, la limitazione della condanna alle obbligazioni sorte dopo l’aprile 2010.
Si costituì, inoltre, NOME COGNOME, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva per essere estraneo ai fatti successivi alle sue dimissioni del 10/5/2007; chiese il rigetto della domanda e, in subordine, la limitazione della sua responsabilità sino all ‘ aprile 2007.
Si costituì infine NOME COGNOME, deducendo di avere ricoperto la carica di presidente dal 10/10/2008 al 31/5/2010, ma che la gestione contabile e finanziaria dell ‘ RAGIONE_SOCIALE era sempre stata curata dal COGNOME e dal COGNOME.
Con sentenza n. 2092/2017 il Tribunale di Lecce: (i) accolse parzialmente la domanda della RAGIONE_SOCIALE e, per l ‘ effetto,
condannò l’RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME quest’ultimo sia in solido, sia a titolo personale, avendo egli agito in nome e per conto dell’RAGIONE_SOCIALE nella stipula di entrambi i contratti dedotti in causa – al pagamento in favore dell ‘ attrice dell ‘ importo di euro 34.800,00 per canoni non pagati e risarcimento dei danni, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; (ii) rigettò la domanda proposta nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME i quali, pur ricoprendo la carica di presidenti dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, non avevano contratto le obbligazioni nascenti dai contratti in questione; (iii) condannò l ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME (quest’ ultimo sia in solido, sia a titolo personale) alla rifusione all ‘ attrice delle spese di lite.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME propose gravame dinanzi alla Corte di Appello di Lecce, chiedendo, in riforma integrale della sentenza di primo grado, il rigetto della domanda avversaria, dichiarando che nulla era dovuto in favore della COGNOME. In subordine, per il caso di conferma anche parziale della sentenza impugnata, eventualmente anche previa CTU al fine di stabilire il valore dei beni mobili, la riduzione del quantum nei limiti del periodo di validità del contratto, e quindi non oltre la data convenuta per il rilascio.
Costituendosi in giudizio, la COGNOME chiese il rigetto dell ‘ appello.
Costituendosi in giudizio, NOME COGNOME eccepì la novità della domanda di manleva formulata dal COGNOME nell ‘ atto di appello, e propose appello incidentale con cui chiese, in riforma della sentenza gravata, la condanna della COGNOME alla rifusione delle spese di lite in proprio favore.
Rimasero contumaci l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e NOME COGNOME.
Con sentenza n. 823/2020, depositata in data 24/8/2020, oggetto di ricorso, la Corte di Appello di Lecce ha accolto l ‘ appello principale per quanto di ragione e, per l ‘ effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che per il resto ha confermata, ha condannato NOME COGNOME al pagamento in favore della COGNOME della minor somma di euro 13.800,00, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, in solido con l ‘RAGIONE_SOCIALE; (ii) ha dichiarato compensate tra NOME COGNOME e la COGNOME la metà delle spese del grado di appello; (iii) ha dichiarato inammissibile l ‘ appello incidentale.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui NOME COGNOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c., ‘ Nullità della sentenza per violazione della norma di cui all ‘ art. 112 c.p.c. Art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.’ , lamentando che la Corte territoriale ‘ non fornisce alcuna motivazione sulla specifica censura avanzata in grado di appello dal ricorrente di violazione dell ‘ art. art. 112 c.p.c. da parte del giudice di primo grado per aver condannato il COGNOME, ai sensi dell ‘ art. 38 c.c. nonostante l ‘ omessa domanda nei suoi confronti di condanna personale, per aver agito in nome per conto dell ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘. A detta del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe così violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, poiché la Corte territoriale non fornisce alcuna motivazione sulla specifica censura avanzata in grado d’appello d a l ricorrente di violazione dell’art. 112 c.p.c da parte del giudice di primo grado, per aver condannato il ricorrente ai sensi dell’art. 38 cod . civ. nonostante l’omessa domanda nei suoi confronti di condanna personale, per avere agito in nome e per conto
dell’RAGIONE_SOCIALE. Il ricorrente lamenta che sul punto la Corte territoriale non prende in alcun modo posizione, limitandosi a sostenere che, rientrando nelle competenze del giudice adito la qualificazione giuridica dei fatti, il COGNOME fosse stato evocato in giudizio come ex Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ implicava una sua responsabilità ex art. 38 cod. civ.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Nullità della sentenza in relazione all ‘ art. 360 cpc, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 345 c.p.c. ‘, per avere la Corte territoriale ritenuto inammissibile, ai sensi dell ‘ art. 345 c.p.c., la sua censura relativa alla circostanza che la sentenza di primo grado non avesse tenuto conto della decadenza dalla fideiussione ex lege nascente dall ‘ art. 38 c.c., per non avere il locatore agito nei confronti del debitore principale entro i sei mesi dalla scadenza dell ‘ obbligazione principale ex art. 1957 c.c. A detta del ricorrente, l ‘ eccezione in questione, da lui sollevata per la prima volta con l ‘ atto di appello, non costituendo eccezione in senso stretto, avrebbe potuto essere rilevata anche d ‘ ufficio dal giudice di secondo grado. L’assunto viene preceduto da riferimenti a documenti dai quali già in primo grado emergeva l’inosservanza del termine di cui all’art. 1957 c.c.
Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., ‘ Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma I n. 5 c.p.c., in relazione all ‘ omesso esame e motivazione sulla prova dell ‘ inadempimento dell ‘ obbligo di consegna dei beni mobili’, in quanto la Corte territoriale, nonostante risulti che il contratto originario fosse scaduto il 31/05/2010, ha ritenuto addebitabile al ricorrente l ‘ obbligo di consegna dei beni mobili alla data di esecuzione del rilascio dell ‘ immobile (10/10/2021), così ‘ fornendo una motivazione esattamente contraria a quella, corretta, fornita invece per il pagamento dei canoni, ha ritenuto addebitabile
l ‘ obbligo di consegna dei beni, alla data di esecuzione del rilascio dell ‘ immobile (19.10.2011) ‘ (p. 10 del ricorso).
Con il quarto motivo, (erroneamente indicato ancora come terzo) il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., ‘ Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma I n. 5 c.p.c., in relazione all ‘ omesso esame e conseguente omessa motivazione della statuizione in ordine al quantum dei danni risarcibili ‘, in quanto la Corte territoriale, in relazione alla quantificazione del danno da risarcire alla NOME per i beni mobili mancanti in misura pari ad euro 10.800,00, non avrebbe chiarito per quale motivo è pervenuta alla determinazione di tale valore.
Sul primo motivo. Il motivo è inammissibile e comunque infondato. Il ricorrente denuncia un vizio di nullità della sentenza ex art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., adducendo in sostanza che il tenore della domanda non comprendeva l’invocazione della responsabilità ex art. 38 del ricorrente e da tanto fa discendere una ultrapetizione. Per sostenere il motivo invoca una breve frase della citazione introduttiva, ma omette di precisare, in evidente violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., se e dove l’atto di citazione sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità. In particolare, omette di dire se l’atto sia stato prodotto e, in alternativa, se sia rinvenibile nel fascicolo d’ufficio del giudice di appello, in cui, eventualmente, sia stato acquisito quello di primo grado, come ammette Cass., Sez. Un., n. 22726 del 2011. Ne segue che la Corte non è messa in grado di valutare, procedendo all’esame dell’atto di citazione, il significato del breve inciso che si evoca.
6.1 Peraltro, se fosse possibile esaminare il motivo, esso risulterebbe ulteriormente inammissibile e comunque infondato. Inammissibile, in quanto omette di prendere posizione sulla motivazione che dovrebbe criticare, là dove la Corte territoriale, pronunciandosi sulla doglianza sollevata in appello, si è espressa in questi termini: ‘ La
doglianza è infondata. Puntualizzato che la qualificazione dei fatti spetta al giudice, la evocazione in giudizio del COGNOME quale ex presidente in carica al momento della stipula dei contratti dedotti dalla COGNOME a fondamento delle proprie pretese, introduceva nel processo, un fatto, l’aver stipulato i ridetti contratti quale presidente in carica, riconducibile, e correttamente ricondotto, all’art. 38 c.c. Tanto basta a ritenere corretti l’argomentare e le conclusioni raggiunte dal giudice di prime cure ‘ (così a p. 5, 4° §, della sentenza).
6.2 Il motivo non svolge alcuna critica riguardo al tenore della motivazione. Il motivo, comunque, appare anche infondato, perché l’assunto della corte di merito risulta pienamente comprensibile e giustificato. Tanto non esime, peraltro, dal rilevare che parte ricorrente nemmeno precisa i termini della responsabilità solidale alternativa a quella ex art. 38 c.c. che sarebbero stati configurabili.
Sul secondo motivo. Il ricorrente sostiene che l ‘ eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. da lui sollevata per la prima volta con l ‘ atto di appello non potesse essere considerata nuova e tardiva dalla Corte d ‘ appello, in quanto non si trattava di eccezione in senso stretto, ma rilevabile d ‘ ufficio. La censura è infondata. L ‘ eccezione di decadenza è, infatti per legge eccezione non rilevabile d ‘ ufficio ma solo su rilievo di parte. L ‘ art. 2969 c.c. recita: ‘ La decadenza non può essere rilevata d ‘ ufficio, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause d ‘ improponibilità dell ‘ azione ‘. La disposizione in questione trova l ‘ unica deroga nell ‘ ipotesi in cui si controverta su materia sottratta alla disponibilità delle parti, per tale intendendosi quella che riguarda i diritti indisponibili. È palese che la qualificazione come eccezione di decadenza escludeva che l’eccezione potesse formularsi -quale eccezione c.d. in senso stretto con l’appello, donde la correttezza della valutazione di tardività fatta dalla corte pugliese. Per l’espressa qualificazione dell’eccezione di inosservanza del
termine ex art. 1957 c.c. come decadenza, si veda Cass. n. 1657 del 1985.
Il terzo e quarto motivo, in quanto logicamente connessi e soggetti alle medesime censure, possono essere esaminati congiuntamente.
8.1 In via preliminare va osservato che la sentenza gravata ha confermato integralmente la sentenza del Tribunale, motivando sulle medesime ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado, discostandosi alla pronuncia di prime cure esclusivamente in relazione alla determinazione del minor quantum dovuto dal ricorrente alla COGNOME (euro 13.800,00, in luogo dei 34.800,00 riconosciuti dal Tribunale). Essendo stato il gravame esperito dal ricorrente contro sentenza resa in prime cure in data 19/03/2017 (come si ricava dalla sentenza gravata), l’atto di appello risulta, per definizione, proposto con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione posteriormente all ‘ 11/9/2012. Siffatta circostanza determina l ‘applicazione ‘ ratione temporis ‘ dell’ art. 348ter , ultimo comma, c.p.c. (cfr. Cass., Sez. V, sent. 18/9/2014, n. 26860; Cass., Sez. 6-Lav., ord. 9/12/2015, n. 24909; Cass., Sez. 65, ord. 11/5/2018, n. 11439), norma che preclude, in un caso -qual è quello presente -di cd. ‘doppia conforme di merito’, la proposizione di motivi di ricorso per cassazione formulati ai sensi dell ‘ art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., salvo che la parte ricorrente non soddisfi l ‘onere ‘ di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell ‘ appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ‘ (Cass., Sez. I, sent. 22/12/2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., sent. 6/8/2019, n. 20994). Nella specie il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce, il che integra un ‘ ipotesi di inammissibilità, in parte qua , del ricorso, con riferimento alle censure sollevate ex art. 360, n. 5, c.p.c. contenute nel terzo e nel quarto motivo.
8.2 Inoltre, considerato che sia il terzo che il quarto motivo denunciano l ‘ omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione, oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell ‘ art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., va rammentato che le Sezioni Unite hanno statuito che: « La riformulazione dell ‘ art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall ‘art. 12 preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l ‘ anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all ‘ esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ d ella motivazione » (Cass., Sez. Un. n. 8053 e 9032 del 2014; Cass., Sez. Un. 14/11/2014, n. 24282; Cass., Sez. Un., 20/10/2015, n. 21216; principio costantemente applicato dalla giurisprudenza successiva: v. di recente Cass., Sez. III, 17/5/2021, n. 13170).
8.3 Ne consegue sia il terzo che il quarto motivo sono inammissibili. Essi, invero, per come concretamente argomentati, si rivelano essere, sostanzialmente, una critica al complessivo accertamento fattuale operato dalla Corte territoriale, così dimostrando di voler sollecitare, attraverso l ‘ apparente deduzione del vizio di violazione di legge, una rivisitazione del suo giudizio non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il riesame della vicenda processuale, ma solo il controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui competono, in via
esclusiva, l ‘ individuazione delle fonti del proprio convincimento ed il controllo della loro attendibilità e concludenza, nonché la scelta, tra le complessive risultanze processuali, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr., ex plurimis , Cass. n. 12568 del 2019, in motivazione; Cass. n. 13881 del 2015; Cass., n. 24679 del 2013; Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6694 del 2009).
8.4 Si deve, poi, aggiungere che sia il terzo che il quarto motivo sono pure articolati senza l’osservanza del già ricordato art. 366 , n. 6, c.p.c., il che ne determina ulteriore inammissibilità.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è rigettato
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% e accessori di legge, in favore della controricorrente, NOME COGNOME.
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16/01/2024 nella camera di consiglio della