Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6981 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21818/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO LOTTO 1 (GIA’ CONDOMINIO I DUE PINI), COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 881/2020, depositata il 07/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con citazione del maggio 2003, il RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per sentirli dichiarare responsabili dell ‘ esecuzione di opere edili nel fabbricato condominiale in carenza della necessaria delibera e in alterazione delle tabelle millesimali, con condanna in solido all ‘ abbattimento delle opere realizzate e al ripristino stato, oltre che al risarcimento dei danni patiti.
Il RAGIONE_SOCIALE attore allegò, a sostegno della domanda, che: i COGNOME erano proprietari di un immobile nel fabbricato del condominio – composto da due locali terranei adibiti a negozi e di un locale seminterrato con destinazione garage – condotto in locazione da NOME COGNOME; quest ‘ ultimo, quale titolare dell ‘ attività di ‘RAGIONE_SOCIALE‘, aveva comunicato al Comune di Nocera Inferiore, nelle date 4 luglio 2002 e 25 novembre 2002, l ‘ inizio di attività edilizia in detti locali con relativo cambio di destinazione; i tecnici comunali rilevato che l ‘ altezza di un box seminterrato ‘era superiore a quella originaria di mt. 2,50’; le opere edilizie erano state realizzate in assenza di delibera assembleare ed alteravano le tabelle millesimali.
2. -L ‘ adito Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza del maggio 2015 resa nella contumacia di NOME COGNOME, accolse la domanda attorea e condannò i convenuti in solido tra loro all ‘ esecuzione a proprie spese delle opere indicate nella c.t.u. espletata in corso di giudizio, nonché il solo COGNOME al pagamento in favore del RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 26.371,15 (‘pari a 54 mesi dal 24/06/2004 al 10/12/2008 data di ultimazione delle operazioni peritali già comprensivi di interessi e rivalutazione monetaria’) e della somma di euro 400,00 mensili dal 10/12/2008 al 20/11/2013, oltre accessori, ponendo, infine, le spese processuali del grado a carico solidale dei convenuti.
-Il gravame interposto da NOME COGNOME avverso tale decisione era respinto dalla Corte di appello di Salerno con sentenza resa pubblica in data 7 luglio 2020.
3.1. -La Corte territoriale, a fondamento della decisione (e per quanto ancora rileva in questa sede), osservava che: a ) l ‘ unico motivo di impugnazione denunciava il difetto di legittimazione passiva e di prova sulla titolarità passiva del rapporto dedotto in giudizio in capo ad esso COGNOME, assumendo l ‘ appellante che tanto spettava alla società (non evocata in giudizio) RAGIONE_SOCIALE, con sede in Nocera Inferiore, come si evinceva dalla relativa visura camerale, dal contratto di locazione dell ‘ 1/11/1993, dalla scrittura privata dell ‘ 11/12/2001 di cessione e trasferimento dalla società RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, avendo, quindi, errato il Tribunale ad affermare che ‘l’ attività edificatoria è stata posta in essere dal conduttore COGNOME COGNOME‘; b ) il motivo era infondato in quanto: b.1. ) il contratto di locazione dei locali in comproprietà dei COGNOME, datato 11/11/1993, era intercorso con ‘COGNOME RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, come conduttori’; b.2 ) l ‘ appellante non aveva ‘allegato che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME (fosse) subentrata nel contratto di locazione anche al posto di COGNOME NOME‘, avendo la cessione societaria ‘rilevanza per quanto riguarda il subentro nel contratto di locazione della società cessionaria al posto di quella cedente, ma non per quanto riguarda il subentro della cessionaria al posto di COGNOME NOME‘; b.3 ) era, quindi, da presumere ‘che nel contratto di locazione sia subentrato COGNOME NOME al posto di COGNOME NOME‘ giacché: b.3.1. ) la denuncia di inizio attività è presentata il 3 luglio 2002 da COGNOME NOME all ‘ ufficio tecnico del Comune di Nocera Inferiore, palesandosi egli, in tale dichiarazione, ‘come titolare di una attività, denominata RAGIONE_SOCIALE‘ e, dunque, dichiarando di ‘agire personalmente, come responsabile di una ditta
individuale’, firmando in proprio, ‘non come rappresentante di una società, di cui infatti non appone alcuna stampigliatura’ e dichiarando la residenza di Nocera Inferiore in INDIRIZZO, ‘dove gli viene notificato l’ atto di citazione, che ritira presso l ‘ ufficio postale in data 30/05/2003’; b.3.2 ) NOME COGNOME ha partecipato all ‘ assemblea condominiale dell ‘ 11 gennaio 2003, « il quale, pure condomino del fabbricato, ‘illustra l’ assemblea che dal 7/01/2003 sta procedendo ad effettuare lavori di ristrutturazione all ‘ interno del locale’», firmando il verbale assembleare e riferendo, dunque, i lavori in corso non già ‘alla società da lui rappresentata, bensì a se stesso’; c ) si trattava di elementi con rilevanza altresì di ‘comportamento ingenerante l’ affidamento di una titolarità diretta dell ‘attività e dei lavori’; d ) ‘(p)ertanto, agli atti (risultava) che COGNOME NOME (era) personalmente legittimato passivo del rapporto processuale dedotto nell ‘atto di citazione’.
-Per la cassazione di tale sentenza ricorre NOME COGNOME, affidando le sorti dell ‘ impugnazione a tre motivi.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ (già RAGIONE_SOCIALE ‘I RAGIONE_SOCIALE‘), NOME COGNOME e NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 115 c.p.c., per aver la Corte territoriale posto a fondamento della decisione con cui riconosceva esso COGNOME titolare passivo del rapporto dedotto in giudizio -trattandosi pur sempre di questione di merito della domanda, la cui prova, pur nella contumacia del convenuto, incombeva sul RAGIONE_SOCIALE -‘le sole prove offerte (o, meglio, non offerte) dall ‘attore in primo grado’, valorizzandole a mezzo di presunzioni, senza tenere in alcun conto i documenti prodotti dall ‘appellante e, segnatamente, ‘la visura camerale storica, il contratto di cessione d ‘ azienda, le quietanze di
pagamento dei canoni di locazione, tutti i documenti che imputano la titolarità passiva in capo alla Calips 2 di RAGIONE_SOCIALE
1.1. -Il motivo è inammissibile.
In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (tra le molte: Cass. n. 11892/2016; Cass. n. 9356/2017).
Di questo, per l ‘ appunto, si duole il ricorrente, assumendo non già che la decisione si fonda su prove inesistenti, ma che la Corte territoriale non avrebbe considerato le prove da esso offerte; censura, peraltro, neppure aderente alla ratio decidendi , posto che il giudice di appello (cfr. § 3.1. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia) ha dato atto della produzione documentale di parte appellante, ma ha valutato il complessivo materiale probatorio in base alla discrezionalità ad esso riservata (non sindacabile, come tale, in questa sede di legittimità: Cass. n. 37382/2022), attribuendo rilievo ai contenuti informativi ritenuti maggiormente probanti secondo il proprio convincimento.
-Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., violazione e falsa applicazione ‘dell’ art. 116 c.p.c. in combinato disposto con l ‘art. 2729 c.c.’.
La Corte territoriale, violando l ‘ art. 116 c.p.c., avrebbe operato, a fondamento della decisione, una valutazione presuntiva che le era inibita, in quanto vi era ‘in atti la prova documentale’ (visura camerale storica), ‘e quindi certa, del difetto di titolarità passiva in capo al convenuto’.
Il giudice di appello avrebbe, altresì, violato l ‘ art. 2729 c.c., utilizzando presunzioni prive del carattere della gravità, precisione e concordanza, senza valutare, peraltro, i documenti relativi alla cessione di azienda tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE comunicata ai COGNOME, comproprietari dei locali, e l ‘ autorizzazione di quest ‘ ultimi ai lavori in favore del RAGIONE_SOCIALE, nonché richiamando erroneamente, a fronte di tali documenti idonei a rendere nota ai terzi detta situazione giuridica, il principio dell ‘ affidamento.
2.1. -Il motivo è inammissibile in tutta la sua articolazione.
2.1.1. -Lo è, inammissibile, anzitutto là dove si lamenta la violazione dell ‘ art. 116 c.p.c. assumendo a presupposto della censura che il difetto di titolarità passiva di NOME COGNOME rispetto alla domanda di risarcimento danni proposta dal RAGIONE_SOCIALE attore deriverebbe, di per sé, dalla natura di prova legale della visura camerale storica della società RAGIONE_SOCIALE.
Premessa, questa, che non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale (cfr. § 3.1. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia) non ha posto in discussione quanto rappresentato da detta visura, ma ha imputato il fatto illecito ad NOME COGNOME -reputandolo, dunque, titolare passivo del rapporto obbligatorio -in base ad elementi di prova che davano evidenza ad una condotta dal medesimo tenuta in proprio e tale rapportarsi eziologicamente alla verificazione dell ‘ evento lesivo.
2.1.2. -E ‘ inammissibile, altresì, la doglianza che denuncia la violazione dell ‘ art. 2729 c.c.
Giova rammentare -alla luce della giurisprudenza di questa Corte (tra le altre: Cass. n. 3541/2020; Cass. n. n. 18611/2021; Cass. n. 9054/2022) – che in sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli
indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso.
La critica deve, pertanto, concentrarsi sull ‘ insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, non anche quando si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma.
Nella specie, la censura è affatto generica e non dà contezza alcuna delle ragioni di non rispondenza degli indizi utilizzati dalla Corte territoriale rispetto a quanto previsto dall ‘ art. 2729 c.c., sollecitando, altresì, una diversa inferenza probabilistica in forza del valore dimostrativo ascritto ad ulteriori documenti prodotti in atti.
Né, infine, è concludente la doglianza che investe l ‘ affermazione del giudice di appello sull ‘ affidamento ingenerato dal comportamento di esso NOME COGNOME, atteso che, in ogni caso, si tratta soltanto di motivazione rafforzativa della ratio decidendi , la quale si fonda sulla prova, positiva, della titolarità passiva dello stesso COGNOME personalmente rispetto all ‘ azione risarcitoria del RAGIONE_SOCIALE (attualmente RAGIONE_SOCIALE‘).
3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2697 c.c., per aver la Corte territoriale, facendo ricorso a presunzioni e al principio dell ‘ affidamento, invertito l ‘ onere probatorio ritenendo ‘che i documenti offerti dall’ appellante confermassero la propria titolarità passiva’ del rapporto dedotto in giudizio, dovendo, invece, l ‘ attore fornire tale dimostrazione, venendo in rilievo un fatto costitutivo della domanda risarcitoria.
3.1. -Il motivo è infondato.
La Corte territoriale, nell ‘ affermare la sussistenza della titolarità passiva in capo ad NOME COGNOME del rapporto dedotto in giudizio in base alle complessive evidenze processuali (e, dunque, anche in forza degli elementi di prova forniti dall ‘ appellante), non ha operato alcuna illegittima inversione dell ‘ onere di prova, ma si è attenuta al principio (tra le molte: Cass. n. 9863/2023) per cui le regole sull ‘ onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria – secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) – e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie (evenienza esclusa nel caso di specie).
-Il ricorso va, dunque, rigettato, non occorrendo provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza