Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22279 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22279 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25341/2022 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
COMUNE Di COGNOME, in persona del Sindaco in carica, elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliati digitalmente per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRENTO n. 103/2022 depositata il 24/06/2022.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10/06/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Ritenuto che:
NOME COGNOME mentre si recava al cimitero del Comune di Mori (TN) in data 31/10/2016, cadde e riportò lesioni varie;
la COGNOME, dopo avere esperito infruttuosamente la procedura di mediazione, convenne in giudizio il Comune dinanzi al Tribunale di Rovereto che, nel contraddittorio con l ‘ente pubblico territoriale, ritenuta la causa documentale, rigettò la domanda;
l a COGNOME propose impugnazione e la Corte d’appello di Trento, nel ricostituito contraddittorio con il Comune, ha, con la sentenza n. 103 del 14/06/2022, rigettato l’impugnazione ;
avverso la detta sentenza della Corte d’appello di Trento propone ricorso per cassazione NOME COGNOME con atto affidato a due motivi;
resiste con controricorso il Comune di Mori;
in relazione al ricorso è stata comunicata proposta di definizione accelerata per manifesta inammissibilità;
NOME COGNOME ha chiesto la trattazione e decisione collegiale;
il ricorso è stato, quindi, chiamato all’adunanza c amerale del 10/06/2025, per la quale la ricorrente ha depositato memoria, all ‘esito della quale il Collegio ha riservato la decisione con termine di sessanta giorni per il deposito dell’ordinanza .
Considerato che:
i motivi di ricorso sono i seguenti:
I primo motivo: violazione di legge e (o) falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360 , primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., per avere i giudici di merito attribuito valenza di caso fortuito, idoneo all’esclusione del nesso causale, al comportamento della danneggiata senza valutare adeguatamente il carattere oggettivo della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.;
II motivo: violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c. e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. per essere stata data, dalla ricorrente, idonea prova dell’ esistenza del nesso causale e per l’illegittima mancata ammissione dei mezzi di prova, e segnatamente di quelli testimoniali, tempestivamente richiesti e reiterati;
il Collegio condivide la proposta di definizione accelerata per inammissibilità del ricorso in quanto le censure proposte si risolvono nel diffuso e testuale, o meglio, pressocché pedissequo, richiamo a una sentenza di un giudice di merito sull’art. 2051 c.c., peraltro riferita a circostanze fattuali diverse, quali la caduta di una passante su di un marciapiede in un vasto ambito metropolitano, e non prendono in effettivo e adeguato esame i punti salienti della sentenza d’appello in ordine alle circostanze quali: la piena consapevolezza da parte della Menestrina dello stato dei luoghi in considerazione del fatto che si trattava di un’area adeguatamente illuminata e nella quale il tombino era dunque perfettamente individuabile quale circondato un modestissimo avvallamento;
le originarie carenze espositive relative al senso di camminata della Menestrina, ossia se ella si stava recando verso il cimitero del Comune di Mori o se stava da questo tornando, e allo stato dei luoghi, come evidenziate dalla Corte territoriale, sono rimaste del tutto prive di adeguate delucidazioni, restando tuttora determinanti in ordine al giudizio di inammissibilità delle censure ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c.;
con particolare riferimento al secondo motivo: il capitolato istruttorio, ossia i capitoli di prova sui quali la parte privata intendeva fare escutere i propri testi, non è stato riportato in questa sede di legittimità, nel ricorso introduttivo, in modo tale che questa Corte potesse essere adeguatamente impegnata sulla valutazione di genericità delle prove testimoniali resa dalla Corte d’appello , che pure ha reso specifica pronuncia sul punto, come richiesto dalla
giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 33103 del 10/11/2021 Rv. 662750 – 01), né al detto fine è sufficiente il generico richiamo operato dalla difesa della COGNOME e di cui alla pag. 27 del ricorso per cassazione;
il capitolato istruttorio risulta riportato, oramai inutilmente, nella memoria per l’adunanza camerale, nella quale, come costantemente affermato da questa Corte (Cass. n. 8949 del 30/03/2023 Rv. 667513 -02; Cass. n. 26332 del 20/12/2016 Rv. 642766 – 01) non è possibile rimediare all’incompletezza dei motivi di ricorso per cassazione già proposti poiché la memoria difensiva assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente -cioè in maniera completa, compiuta e definitiva -enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione;
il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile;
le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
la definizione del giudizio con decisione collegiale del tutto conforme all’originaria proposta di definizione accelerata e la circostanza che la difesa della ricorrente ha agito mediante la riproposizione di argomentazioni già ampiamente disattese nelle fasi di merito (Cass. n. 36591 del 30/12/2023 Rv. 669749 – 01) comporta che la COGNOME debba essere condannata al pagamento della somma di Euro millecinquecento ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. e della somma di Euro cinquecento ai sensi dell’ar t. 96, quarto comma, codice di rito, in favore della Cassa delle ammende;
la decisione di inammissibilità del ricorso comporta, infine, che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente
Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché al pagamento della soma di Euro 1.5 00,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di