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Responsabilità per cose in custodia: il caso del bene

Una società che gestisce un cantiere navale ha citato in giudizio un Comune per i danni derivanti dalla prolungata sosta di un’imbarcazione di proprietà comunale. La richiesta si fondava sulla responsabilità precontrattuale e sulla responsabilità per cose in custodia. I giudici di merito e la Cassazione hanno respinto la domanda, stabilendo che il Comune, pur essendo proprietario, non aveva mai avuto l’effettiva custodia del bene, rimasta a un soggetto terzo. Di conseguenza, nessuna responsabilità poteva essergli addebitata.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità per Cose in Custodia: Quando la Proprietà Non Basta

La responsabilità per cose in custodia, disciplinata dall’articolo 2051 del Codice Civile, rappresenta un pilastro del nostro ordinamento in materia di illecito civile. Essa stabilisce che il custode di un bene è responsabile dei danni che questo provoca a terzi. Ma cosa succede se il proprietario formale non ha il controllo effettivo del bene? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul tema, analizzando il caso di un’imbarcazione di proprietà comunale lasciata in un cantiere privato.

I Fatti di Causa

Una società, operante nel settore dei cantieri navali, citava in giudizio un Comune chiedendo il risarcimento dei danni subiti a causa della prolungata occupazione di una sua area da parte di un motopeschereccio. L’imbarcazione, di proprietà del Comune a seguito di una donazione, era stata lasciata per anni nel cantiere, impedendone l’utilizzo. La società fondava la sua richiesta su tre diversi profili di responsabilità: precontrattuale, extracontrattuale generica (art. 2043 c.c.) e, appunto, per cose in custodia (art. 2051 c.c.).

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano le richieste risarcitorie. I giudici di merito accertavano che il Comune non aveva mai intrattenuto rapporti diretti con la società. Tutte le attività relative all’imbarcazione erano state gestite in via esclusiva da un soggetto terzo, nominato custode dalla precedente proprietaria. Il Comune, pur essendo diventato proprietario, non aveva mai assunto il controllo materiale del bene.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità per Cose in Custodia

La società proponeva ricorso in Cassazione, lamentando l’errata applicazione degli articoli 2043 e 2051 c.c. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello aveva sbagliato a escludere la responsabilità del Comune, sia per il suo comportamento inerte di fronte ai solleciti di rimozione, sia in qualità di proprietario e quindi custode del bene.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le censure mosse dalla società non miravano a denunciare una violazione di legge, ma a ottenere una diversa valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della decisione impugnata.

L’assenza di un rapporto di custodia

Il punto cruciale dell’ordinanza riguarda proprio la nozione di custodia. La Cassazione ha ribadito che, ai fini della responsabilità per cose in custodia, non rileva la mera proprietà del bene, ma l’effettivo potere di controllo, gestione e sorveglianza su di esso. Nel caso di specie, era stato accertato che il Comune non aveva mai acquisito tale potere: l’imbarcazione era sempre rimasta sotto il controllo di un altro soggetto. Di conseguenza, mancava il presupposto fondamentale per l’applicazione dell’art. 2051 c.c.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità ribadendo un principio cardine del processo civile: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. La società ricorrente, criticando la valutazione delle prove operata dai giudici di primo e secondo grado, ha tentato di sollecitare un riesame dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito. Questi ultimi avevano chiaramente stabilito, con motivazione logica e coerente, l’assenza di qualsiasi rapporto (precontrattuale, contrattuale o di custodia) tra il Comune e la società, e l’assenza di dolo o colpa in capo all’ente pubblico. Poiché la ricostruzione dei fatti era immune da vizi logici e giuridici, la Cassazione non poteva che confermarla, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza un concetto fondamentale: in tema di responsabilità per cose in custodia, la qualifica di proprietario non comporta un’automatica attribuzione della qualifica di custode. La responsabilità ricade su chi ha il potere fattuale di governare la cosa e di controllarne i rischi. Per le imprese e i privati, ciò significa che, in caso di danni, è essenziale individuare non solo il proprietario del bene dannoso, ma soprattutto il soggetto che ne ha l’effettivo e concreto controllo. Per gli enti pubblici, la sentenza chiarisce che l’acquisizione della proprietà di un bene non implica un’immediata assunzione di responsabilità se non è accompagnata da un effettivo trasferimento del potere di gestione.

Essere proprietario di un bene rende automaticamente responsabili per i danni che esso provoca?
No. La Cassazione chiarisce che per la responsabilità per cose in custodia (art. 2051 c.c.) non è sufficiente la proprietà, ma è necessario avere l’effettivo potere di controllo e gestione sul bene. Nel caso specifico, il Comune, pur essendo proprietario dell’imbarcazione, non ne aveva la custodia materiale.

Perché il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile?
Perché la società, con i suoi motivi, non ha contestato una violazione di legge, ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che non è consentita in sede di Corte di Cassazione, la quale giudica solo la corretta applicazione del diritto e la coerenza logica della motivazione.

Quale è la differenza tra responsabilità precontrattuale e responsabilità per cose in custodia nel caso esaminato?
La responsabilità precontrattuale è stata esclusa perché non vi è mai stato alcun tipo di rapporto o trattativa tra la società e il Comune. La responsabilità per cose in custodia è stata negata perché il Comune, pur proprietario, non ha mai avuto la custodia materiale dell’imbarcazione, che è rimasta costantemente sotto il controllo di un terzo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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