Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7926 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7926 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22830/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE COGNOMEO STATO;
– controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 724/2021 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, depositata il 18/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
rilevato che
con sentenza resa in data 18/05/2021, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME e in riforma della decisione di primo grado, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE al risarcimento, in favore della COGNOME, dei danni subiti da quest’ultima in conseguenza dell’esondazione del Canale Rio San Tommaso avvenuta nella notte tra il 6 e il 7 novembre 2005, a seguito della quale il fabbricato di proprietà dell’attrice e le cose in esso contenute erano rimasti danneggiati;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale -rilevato il carattere incontestato della proprietà del Canale Rio San Tommaso in capo al RAGIONE_SOCIALE convenuto -ha evidenziato come la vicenda in esame dovesse inquadrarsi nella cornice normativa di cui all’art. 2051 c.c., con il conseguente riconoscimento della responsabilità risarcitoria del RAGIONE_SOCIALE, essendo rimasto comprovato il nesso di causalità tra i danni denunciati dalla COGNOME e il ridetto canale, senza che il RAGIONE_SOCIALE avesse in alcun modo comprovato, né il ricorso di un caso fortuito idoneo a interrompere l’accennata relazione causale (ricostruita anche in sede tecnica), né la riconoscibilità di una
qualsivoglia responsabilità della danneggiata nell’edificazione del proprio fabbricato a una distanza non consentita dall’argine del canale;
avverso la sentenza d’appello, il RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME e l’RAGIONE_SOCIALE resistono ciascuna con un proprio controricorso;
il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese in questa sede;
il RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria;
considerato che ,
con il primo motivo, il RAGIONE_SOCIALE ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, 17, 18, 21 e 54 del r.d. n. 215/33; del d.p.r. n. 616/77; degli artt. 2 e segg. della legge regionale Campania n. 4/2003; degli artt. 5 e segg. del r.d. n. 523/1904; dell’art. 822 c.c.; dell’art. 89 d.lgs. n. 112/98; dell’art. 144 del d.lgs. n. 152/2006, nonché degli artt. 2051 e 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto il RAGIONE_SOCIALE ricorrente passivamente legittimato a rispondere delle domande risarcitorie avanzate dalla COGNOME, e responsabile dei fatti di causa ai sensi dell’art. 2051 c.c., dovendo ricondursi tale responsabilità in capo alla Regione Campania in considerazione della natura demaniale del corso d’acqua oggetto di lite e della spettanza alla competenza regionale delle attribuzioni amministrative in materia di RAGIONE_SOCIALE e di tutela idraulica del territorio;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come tra le giustificazioni individuate dalla corte d’appello a fondamento della propria decisione compare l’espresso riferimento al carattere incontestato della proprietà del canale oggetto
di lite in capo al RAGIONE_SOCIALE ricorrente (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata);
tale giustificazione (sulla base della quale la corte territoriale ha costruito l’argomentazione fondata sull’art . 2051 c.c. ai fini del riconoscimento della responsabilità risarcitoria del RAGIONE_SOCIALE) deve ritenersi un ‘ autonoma ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata, che il RAGIONE_SOCIALE ricorrente non ha in alcun modo contestato in questa sede;
a tale riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (cfr., ex plurimis , Sez. 1, Ordinanza n. 18119 del 31/08/2020, Rv. 658607 -02; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017, Rv. 643802 – 01);
ne deriva l’inammissibilità della censura in esame, dovendo ritenersi passata in giudicato l’affermazione della proprietà del canale oggetto di lite in capo al RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente totale irrilevanza dell’odierna doglianza, nella misura in cui muove dal presupposto della natura demaniale (e dunque della responsabilità risarcitoria della Regione) a fondamento del proprio discorso;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del r.d. n. 523/1904; dell’art. 91 del r.d. n. 215/1933; degli artt. 2, 3, 4 e 5 del r.d. n. 2248/1865 allegato E; dell’art. 140 del r.d. n. 1775/1933; nonché degli artt. 2051 e 2043 c.c. anche in combinato disposto con l’art. 2697 c.c.
(in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto il RAGIONE_SOCIALE responsabile degli eventi esondativi oggetto di causa, nonostante l’avvenuto accertamento della riconducibilità di tale esondazione alla realizzazione di opere strutturali e di tubazioni non adeguate, con la conseguente esclusione di qualsivoglia profilo di responsabilità in capo al RAGIONE_SOCIALE;
sotto altro profilo, il ricorrente si duole del mancato rilievo, da parte del giudice a quo , del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in considerazione dell’impossibilità, per lo stesso, di emettere provvedimenti destinati a interferire nella sfera riservata alle attribuzioni esclusive dell’autorità amministrativa;
il motivo è inammissibile;
dev’essere preliminarmente disattesa la doglianza avanzata dal ricorrente con riguardo al preteso difetto di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di questione non più controvertibile in questa sede in presenza del giudicato implicito formatosi sul punto, non risultando alcuna investitura del giudice d’appello su detta questione a seguito dell’avvenuta adozione, da parte del primo giudice, di una pronuncia di merito sulla domanda risarcitoria originariamente proposta;
al riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il motivo di ricorso per cassazione con il quale venga denunciato, per la prima volta, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, è inammissibile qualora sul punto si sia formato il giudicato implicito, ricorrendo quest ‘ ultimo tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito (escluse le sole decisioni che non implichino l’affermazione della giurisdizione) e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la sentenza sotto tale profilo (cfr. Sez. U, sentenza n.
10265 del 27/04/2018 Rv. 648268 -01; Sez. 3, sentenza n. 19498 del 4/08/2017, Rv. 645387 – 01);
nel resto -fermo l’intervenuto giudicato interno sull’accertamento della proprietà del canale in esame in capo al RAGIONE_SOCIALE ricorrente -va rilevato come la censura in esame contesti in modo inammissibile l’erroneità della decisione impugnata (nella misura in cui riconduce al canale la derivazione causale dei danni denunciati dalla RAGIONE_SOCIALE), dovendo ritenersi che la doglianza de qua in altro non consista se non nella prospettazione di una rilettura nel merito dei fatti di causa e delle prove (segnatamente con riguardo alla ricostruzione del nesso di causalità a monte dei danni denunciati e alla sussistenza di un eventuale caso fortuito rilevante ai sensi dell’art . 2051 c.c.) sulla base di un ‘ impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 133, lett. a), del r.d. n. 268/1904; dell’art. 96, lett. f), del r.d. n. 523/1904, anche in relazione all’art. 2697 c.c. (con riguardo all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di accertare il mancato rispetto, da parte della danneggiata, delle distanze di legge tra il proprio fabbricato e il corso d’acqua in esame (fatto la cui dimostrazione incombeva a carico dell’originaria attrice), con la conseguente erronea esclusione della responsabilità della stessa nella causazione del danno;
il motivo è infondato.
la corte territoriale ha affermato che l’onere della prova dell’eventuale costruzione del fabbricato della danneggiata a una distanza dal corso d’acqua inferiore ai limiti legali (al fine di inferirne la responsabilità o la corresponsabilità della stessa nella produzione dei danni denunciati), spettasse al RAGIONE_SOCIALE danneggiante;
si tratta di una decisione corretta, poiché le circostanze di fatto concernenti l’ipotetica responsabilità (o corresponsabilità) della danneggiata, varrebbero a identificare l’eventuale ricorso di elementi impeditivi (o eventualmente modificativi) del diritto al risarcimento dei danni invocato dalla danneggiata, la quale, attraverso la prova della proprietà del bene in capo al RAGIONE_SOCIALE e della derivazione causale dei danni da tale bene, deve ritenersi aver esaurito (in termini positivi) l’assolvimento degli oneri probatori sulla stessa incombenti;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il RAGIONE_SOCIALE al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascuna parte, in complessivi euro 3.000,00 , oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione