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Responsabilità PA: quando lo Stato paga per il dipendente

Un ministero è stato ritenuto responsabile per i danni derivanti dal decesso di una persona, causato dall’operato illecito di un proprio dipendente. L’impiegato aveva autorizzato la concessione di un’area demaniale per un campeggio in una zona pericolosa, all’interno di un letto di un fiume. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, stabilendo che la responsabilità pubblica amministrazione sussiste quando c’è un ‘nesso di occasionalità necessaria’ tra le funzioni del dipendente e l’atto illecito, anche se quest’ultimo è stato compiuto per scopi esclusivamente personali.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità PA: quando lo Stato paga per il dipendente

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di responsabilità pubblica amministrazione per gli atti illeciti compiuti dai propri dipendenti. Anche quando un funzionario agisce per fini esclusivamente personali, lo Stato può essere chiamato a risarcire i danni se l’illecito è stato reso possibile proprio dalle funzioni pubbliche esercitate. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Illecito del dipendente e la richiesta di risarcimento

La vicenda trae origine da un tragico evento: il decesso di un uomo, travolto dalla piena di un torrente mentre lavorava in un campeggio. Il campeggio era stato allestito nell’alveo del corso d’acqua, una zona di evidente pericolosità. Le indagini penali avevano già accertato la responsabilità di diverse persone, tra cui un dipendente del Ministero delle Finanze, per aver stipulato il contratto di concessione dell’area.

Il fratello della vittima ha quindi avviato una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali, citando in giudizio la Regione, la quale a sua volta ha chiamato in causa il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ritenendolo corresponsabile per l’operato del proprio dipendente. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno confermato la responsabilità solidale del Ministero, condannandolo a pagare una quota del risarcimento.

La Decisione della Corte di Cassazione e la responsabilità pubblica amministrazione

Il Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi su due motivi principali, entrambi di natura sia processuale che sostanziale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna e fornendo chiarimenti cruciali sulla portata della responsabilità dello Stato.

Primo Motivo di Ricorso: La Questione Processuale del “Fatto non Contestato”

Il Ministero sosteneva che la sua estraneità ai fatti fosse una circostanza pacifica e non contestata dalle altre parti, e che la Corte d’Appello avesse errato nel non applicare il cosiddetto “principio di non contestazione”. Inoltre, lamentava la mancata valutazione di una precedente sentenza che, a suo dire, lo scagionava, ma che non era stata ritrovata nel fascicolo.

La Cassazione ha respinto queste argomentazioni, ricordando che il principio di non contestazione richiede un’allegazione puntuale dei fatti da parte di chi lo invoca e che il ricorso deve essere “autosufficiente”, cioè indicare precisamente dove e come tale circostanza sia stata dedotta nei gradi precedenti. Riguardo al documento mancante, la Corte ha sottolineato che non era stata fornita la prova di uno smarrimento involontario, condizione necessaria per ordinarne la ricerca o la ricostruzione.

Secondo Motivo e la responsabilità pubblica amministrazione

Il punto centrale del ricorso riguardava la presunta erronea applicazione delle norme sulla responsabilità civile (artt. 2043 e 2049 c.c.) e dell’art. 28 della Costituzione. Il Ministero affermava di non poter essere ritenuto responsabile per l’atto di un dipendente che, secondo la sua tesi, apparteneva a un altro ente.

Anche questa censura è stata ritenuta inammissibile. La Corte ha evidenziato come la qualifica del soggetto quale dipendente del Ministero fosse un punto accertato e non impugnato nella sentenza d’appello. Ma soprattutto, ha richiamato i principi espressi dalle Sezioni Unite (sentenza n. 13246/2019), che costituiscono la ratio decidendi della decisione.

Le Motivazioni: Quando è la PA Liable?

Il cuore della motivazione risiede nel concetto di “rapporto di immedesimazione organica” e “nesso di occasionalità necessaria”. La Corte territoriale, applicando correttamente l’insegnamento delle Sezioni Unite, ha disatteso la tesi del Ministero secondo cui la responsabilità dell’ente pubblico verrebbe meno se il dipendente agisce per fini strettamente personali o egoistici.

Al contrario, la giurisprudenza consolidata afferma che lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno causato dal fatto penalmente illecito del dipendente quando questi, pur agendo per finalità esclusivamente personali ed estranee all’amministrazione, abbia approfittato delle sue attribuzioni. È sufficiente che esista un “nesso di occasionalità necessaria” tra la condotta illecita e le funzioni o i poteri esercitati. In altre parole, se le mansioni pubbliche hanno fornito l’opportunità o agevolato la commissione dell’illecito, l’ente di appartenenza ne risponde.

Nel caso specifico, il dipendente aveva stipulato la concessione illegittima proprio in virtù della sua posizione e dei suoi poteri di direttore dell’amministrazione titolare del bene demaniale. Questo legame funzionale è stato ritenuto sufficiente a far sorgere la responsabilità diretta del Ministero.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza per i cittadini. Essa stabilisce che la Pubblica Amministrazione non può esimersi dalle proprie responsabilità semplicemente sostenendo che il dipendente ha agito al di fuori dei fini istituzionali o per un tornaconto personale. Il principio del “nesso di occasionalità necessaria” amplia la tutela per i terzi danneggiati, ponendo in capo all’ente pubblico un dovere di vigilanza e una responsabilità che deriva dalla posizione di potere che esso stesso ha conferito ai propri funzionari. Per le amministrazioni, ciò si traduce nella necessità di implementare controlli più efficaci per prevenire abusi di potere da parte dei propri dipendenti.

Quando risponde la Pubblica Amministrazione per un illecito commesso da un suo dipendente?
La Pubblica Amministrazione risponde civilmente per i danni causati da un illecito del proprio dipendente quando esiste un “nesso di occasionalità necessaria” tra l’illecito e le funzioni pubbliche esercitate, ovvero quando le mansioni hanno reso possibile o agevolato la condotta dannosa.

La Pubblica Amministrazione è responsabile anche se il dipendente agisce per fini personali ed egoistici?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità dell’ente sussiste anche quando il dipendente agisce per finalità esclusivamente personali ed estranee a quelle istituzionali, a condizione che abbia approfittato delle sue attribuzioni e dei suoi poteri pubblici per commettere l’illecito.

Cosa si intende per “nesso di occasionalità necessaria” tra le funzioni del dipendente e l’illecito?
Significa che deve esistere un collegamento non puramente casuale tra le mansioni del dipendente e l’atto illecito. Questo legame si realizza quando l’esercizio delle funzioni pubbliche ha fornito l’opportunità o gli strumenti per compiere l’azione dannosa, anche se tale azione non rientrava nei compiti istituzionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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