Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14730 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14730 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16233/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del legale rappresentante protempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL; -controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, VITALE EGIDIO, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 1628/2020 depositata il 05/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per sentirla condannare al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa del decesso del fratello NOME COGNOME, investito dall’onda di piena del torrente Beltrame mentre era intento a lavorare presso il campeggio Le Giare, situato nell’alveo del torrente esondato.
Adduceva, a tal fine, che la responsabilità penale di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME era stata accertata con sentenza passata in giudicato, la quale li aveva condannati al pagamento di una provvisionale di euro 60.000,00 a favore dei congiunti ed eredi di NOME COGNOME, che anche la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE il ricorso per cassazione di quest’ultima però era stato accolto con rinvio al giudice civile – erano stati dichiarati tenuti al pagamento dei danni.
La RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in giudizio, oltre a contestare il quantum debeatur , chiedeva di chiamare in giudizio NOME COGNOME, proprietario del camping , NOME COGNOME, dipendente RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, dipendente del RAGIONE_SOCIALE, e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al pagamento in suo favore RAGIONE_SOCIALEa quota di pertinenza di ciascuno dei suddetti obbligati in solido.
Il Tribunale di Catanzaro, con la sentenza n. 1480/2018, accoglieva la domanda e condannava la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al
pagamento di euro 49.805,00; accoglieva anche la domanda RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, i quali venivano condannati al pagamento di euro 9.961,00 ciascuno.
Il RAGIONE_SOCIALE interponeva impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro, rigettato con la sentenza n. 1628/2030, depositata in data 5/12/2030.
Segnatamente, la Corte d’appello ha disatteso l’eccezione di giudicato esterno formulata dal RAGIONE_SOCIALE appellante, perché non era stata prodotta la documentazione comprovante l’avvenuto passaggio in giudicato, cioè la sentenza n. 378/2006 che avrebbe affrontato la questione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità del RAGIONE_SOCIALE per il fatto asseritamente compiuto dal suo ex dipendente, escludendola, ha rigettato anche il motivo di appello nella parte in cui il RAGIONE_SOCIALE contestava, in ragione del fatto che le condotte RAGIONE_SOCIALE‘imputato NOME COGNOME non erano dirette a realizzare i fini istituzionali RAGIONE_SOCIALE‘ente pubblico, la sussistenza dei presupposti per l’affermazione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità diretta RAGIONE_SOCIALEa P.A., ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 28 Cost. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 22 dpr. n. 3/1957; applicando i principi enunciati da Cass., Sez. Un. n. 13246/20219, ha ritenuto sussistente la responsabilità diretta del RAGIONE_SOCIALE, in ragione del fatto che: NOME COGNOME era stato condannato per avere stipulato con il titolare del camping il contratto di cessione RAGIONE_SOCIALE‘area su cui lo stesso insisteva, pur essendo a conoscenza RAGIONE_SOCIALE caratteristiche e RAGIONE_SOCIALEa pericolosità del sito, allocato nell’alveo del torrente, a detta stipulazione aveva provveduto nella sua qualità di direttore RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione titolare del bene demaniale, cui competeva lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE‘attività posta in essere (circostanza ritenuta non contestata); detta attività era legata da un nesso di occasionalità necessaria con i poteri e con le funzioni di cui era titolare; non era stato dimostrato che NOME COGNOME avesse agito per finalità esclusivamente personali.
Il RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando due motivi.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Sono rimasti intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 169 cod.proc.civ. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 77 disp. att. cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.
Secondo quanto prospettato, l’esclusione RAGIONE_SOCIALEa sua responsabilità civile era un fatto pacifico, non contestato dalle controparti né in primo grado né in grado d’appello, perciò la corte territoriale avrebbe dovuto applicare il principio di non contestazione.
In aggiunta, la Corte d’appello avrebbe erroneamente fatto derivare dal mancato rinvenimento RAGIONE_SOCIALEa sentenza penale nel fascicolo di parte il difetto di prova RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di giudicato esterno, ma, non essendo stata rinvenuta alcuna autorizzazione al ritiro del fascicolo di parte attrice, che pacificamente conteneva la sentenza penale, detta sentenza avrebbe dovuto essere considerata smarrita, e il giudice a quo avrebbe dovuto ordinarne la ricerca e il deposito.
Il ricorrente chiede comunque l’accertamento del giudicato esterno da parte di questa Corte, avendo provveduto ad allegare al ricorso la sentenza penale asseritamente passata in giudicato.
Il motivo è inammissibile.
Deve darsi seguito all’orientamento di questa Corte in ordine all’operare del principio di non contestazione, ribadendo che cfr. Cass. 22/05/2019, n. 13828 – alla stregua del principio di non
contestazione, richiamato dall’art. 115 cod.proc.civ., perché un fatto possa dirsi non contestato dal convenuto, e perciò non richiedente una specifica dimostrazione, occorre che lo stesso fatto sia da quello esplicitamente ammesso o che il convenuto abbia improntato la sua difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili col disconoscimento di quel fatto. D’altro canto, la parte che invoca il cosiddetto principio di non contestazione dovrebbe dare dimostrazione di avere essa per prima ottemperato all’onere processuale, posto a suo carico, di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte era tenuta a prendere posizione. L’onere del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – valido, oltre che per il vizio di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. anche per quello di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ. – sussiste anche quando si reputi che una data circostanza debba ritenersi sottratta al “thema decidendum”, in quanto non contestata. Se con il ricorso per cassazione si ascrive al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass. 04/04/2022, n. 10761)
Anche il secondo ordine di censure è dedotto in violazione RAGIONE_SOCIALE prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6, cod.proc.civ.
Va fatta applicazione del principio secondo cui al momento RAGIONE_SOCIALEa decisione RAGIONE_SOCIALEa causa, ove risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione, solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Il RAGIONE_SOCIALE non ha fornito la dimostrazione che vi fossero elementi atti a far ritenere che la mancanza RAGIONE_SOCIALEa sentenza tra gli atti prodotti in giudizio non fosse
stata volontaria, ma l’effetto di uno smarrimento, e che la Corte d’appello sia venuta meno all’obbligo di disporre la ricerca o la ricostruzione RAGIONE_SOCIALE‘atto mancante, incorrendo in un vizio di motivazione (Cass. 07/10/2020, n. 21571).
A monte, peraltro, non è stato specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione RAGIONE_SOCIALEa causa, non rilevabili aliunde ed esplicitati dalla parte interessata (Cass. 04/04/2019, n. 9498; Cass. 30/03/2022, n. 10164); solo in tal caso avrebbe operato il principio di “non dispersione (o di acquisizione) RAGIONE_SOCIALEa prova”, il quale comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive RAGIONE_SOCIALEa parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in prova, come affermato da Cass., Sez. Un., 16/02/2023, n. 4835 (cfr. Cass. 17/04/2023, n. 10202; Cass. 23/03/2024, n. 7923).
Va, per concludere, disattesa la pretesa che questa Corte accerti il giudicato esterno, perché nel giudizio di legittimità, secondo quanto disposto dall’art. 372 cod.proc.civ., non è ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero concernano nullità inficianti direttamente la decisione impugnata (Cass. 12/11/2018, n. 28999).
Con il secondo motivo il RAGIONE_SOCIALE si duole RAGIONE_SOCIALEa violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2049 cod.civ e RAGIONE_SOCIALE‘art. 28 Cost. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Essendo pacifico che NOME COGNOME era dipendente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, relativamente alla quale questa Corte aveva annullato le statuizioni di condanna con rinvio al giudice civile, la Corte d’appello avrebbe erroneamente affermato la responsabilità di un’amministrazione per il fatto del dipendente di un altro ente. In
aggiunta, avrebbe erroneamente ritenuto non contestato che le funzioni svolte da NOME COGNOME includessero quella di concedere l’area luogo del disastro in concessione a terzi, perché tale contestazione era implicita nella negazione del rapporto di immedesimazione organica.
Il motivo è inammissibile.
Dalla impugnata sentenza si evince (p. 5) che il Tribunale aveva ritenuto pacifico che al momento RAGIONE_SOCIALE‘occorso NOME COGNOME era dipendente del RAGIONE_SOCIALE e non RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Detta circostanza non risulta essere stata oggetto di impugnazione, quindi, deve considerarsi passata in giudicato.
Il che non permette di accogliere la censura con cui il RAGIONE_SOCIALE ritiene che la Corte d’appello lo abbia condannato per il fatto del dipendente di un altro ente, non risultando, peraltro, affatto pacifico che NOME COGNOME lavorasse alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Le restanti censure sono inammissibili, perché non hanno evidentemente colto la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
In applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 13246/2019, la Corte territoriale ha infatti disatteso la tesi del RAGIONE_SOCIALE secondo cui il rapporto di immedesimazione organica presuppone che l’attività del dipendente sia esplicazione RAGIONE_SOCIALE‘attività RAGIONE_SOCIALE‘ente pubblico, cioè tenda al perseguimento RAGIONE_SOCIALE finalità istituzionali RAGIONE_SOCIALE‘ente, la quale viene meno nel caso in cui il dipendente agisca come un semplice privato per fini strettamente personali o egoistici che si rivelino estranei all’amministrazione o persino contrastanti coi fini che essa persegue. Ha, infatti, dato atto che la tesi del RAGIONE_SOCIALE appellante si contendeva il campo con quella opposta, secondo la quale il rapporto di immedesimazione organica non viene meno neppure nell’ipotesi in cui il dipendente agisca allo scopo di perseguire finalità esclusivamente personali,
sfruttando l’occasione offerta dall’esercizio RAGIONE_SOCIALE funzioni pubbliche cui è preposto, o non eserciti correttamente le sue funzioni, ma che le Sezioni unite avevano ricomposto il contrasto tra dette tesi, affermando che lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del dipendente quando questi abbia approfittato RAGIONE_SOCIALE sue attribuzioni ed abbia agito per finalità esclusivamente personali ed estranee a quelle RAGIONE_SOCIALEa amministrazione di appartenenza, sempreché esista un nesso di occasionalità necessaria tra la condotta e le funzioni e i poteri esercitati o di cui il dipendente è titolare.
Il RAGIONE_SOCIALE, allo scopo di negare la sussistenza del rapporto di immedesimazione organica, non aveva dunque contestato, come asserisce nel ricorso, che NOME COGNOME non avesse il potere di svolgere l’attività per cui era stato condannato.
Di qui l’inaccoglibilità del motivo anche sotto tale profilo.
Per le ragioni esposte, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese in favore RAGIONE_SOCIALEa controricorrente, liquidandole in euro 2.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio del merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio RAGIONE_SOCIALEa Terza Sezione civile RAGIONE_SOCIALEa Corte Suprema di Cassazione in data 13/05/2024.
Il Presidente NOME COGNOME