Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10957 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10957 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22415/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato all’indirizzo Pec dei difensori, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME unitamente all’avvocato NOME COGNOME -ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende.
–
contro
ricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 264/2022 depositata il 28/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia per la Erogazione in Agricoltura -Agea erogava ad NOME COGNOME aiuti comunitari per la produzione di olio d’oliva.
Tuttavia, all’esito di verifiche ispettive, veniva emessa ordinanza ingiunzione per il recupero degli aiuti già corrisposti e, per gli stessi fatti, il Tribunale di Brindisi rinviava a giudizio il COGNOME perché ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 81 e 640bis cod. pen.
Assolto in sede penale, NOME COGNOME conveniva Agea avanti al Tribunale civile di Brindisi, al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: ‘condannare l’AGEA…al risarcimento dei danni subiti a causa della azione subita e del ritardo nella corresponsione dell’aiuto comunitario e quindi al pagamento di una somma risarcitoria a titolo di interessi, al tasso pagato dal sig. COGNOME agli istituti bancari, sulle somme versate in ritardo al deducente e di cui alla narrativa del presente atto, oltre il ristoro per le spese legali cui ha dovuto far fronte e il danno all’immagine’ .
A fondamento della domanda l’attore allegava che gli aiuti comunitari erano stati erogati solo nei tre anni successivi alla sentenza di assoluzione e che pertanto era incontestabile il suo diritto a vedersi riconoscere gli interessi moratori sulle somme che Agea gli aveva corrisposto con gravissimo ritardo, dopo averne sospeso il pagamento in relazione ad una imputazione penale, poi rivelatasi integralmente destituita di fondamento.
1.1. Si costituiva l’Agea, eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito e resistendo nel merito.
Con sentenza n. 422 del 18 agosto 2013 il Tribunale di Brindisi addebitava ad COGNOME la colpa di aver tardato a
corrispondere gli aiuti al COGNOME rispetto alla pronuncia di sua assoluzione dai reati ascrittigli, mentre escludeva qualsivoglia responsabilità dell’ente in relazione alla sospensione del pagamento per il periodo antecedente all’emissione della sentenza penale, e dunque solo parzialmente accoglieva la domanda attorea.
Avverso tale sentenza proponeva appello il COGNOME si costituiva COGNOME, resistendo al gravame.
La Corte d’Appello di Lecce accoglieva il gravame del COGNOME; avverso tale sentenza l’Agea proponeva ricorso per cassazione.
4.1. Con sentenza n. 9677/2020 questa Suprema Corte, in accoglimento del secondo e terzo motivo del ricorso di Agea, così affermava: ‘la sospensione cautelare del contributo comunitario cui sia stato in via anticipata ammesso un operatore economico, può dimostrarsi fonte di pregiudizio allorchè, con valutazione ex ante , la misura cautelare caducata per effetto dell’assoluzione dal reato di truffa aggravata e continuata, si dimostri manifestamente infondata sin dal tempo della sua emanazione (…) Più precisamente, la situazione da scrutinare, nel caso in questione, riguarda l’esercizio di una potestà cautelare riferita a una situazione di sospetta infrazione, ove il comportamento negligente, eventualmente fonte di danno, assunto dalla pubblica amministrazione va considerato in riferimento alla fattispecie nota e conosciuta al tempo della emanazione della misura, e non all’esito del giudizio penale, che costituisce un post factum rispetto alla misura cautelare anteriormente e preventivamente disposta, dovendosi far riferimento alla manifesta infondatezza non tanto dell’illecito, quanto del relativo sospetto che ha dato luogo all’applicazione della misura cautelare’, e per l’effetto delimitava l’oggetto del giudizio di rinvio prescrivendo al Giudice del rinvio di valutare, ai fini dell’accertamento di una
responsabilità civile dell’amministrazione pubblica per i danni colposamente provocati dalla P.A. all’attore, destinatario del contributo, nell’esercizio di un potere autoritativo conferito dalla legge, ex art. 2043 c.c., se la notitia criminis ricevuta dalla Pubblica amministrazione fosse già in allora priva di fumus boni iuris , sì da rendere manifestamente insussistente il sospetto su cui deve fondarsi la misura cautelare.
Riassunto il giudizio, con sentenza n. 264 del 28 febbraio 2022 la Corte d’Appello di Lecce, in funzione di giudice di rinvio, rigettava l’appello.
Avverso tale sentenza il COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
Resiste Agea con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1°, n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 18 d.m. 2.1.1985 e 3 l. 898/86 e 2043 c.c. come interpretati da Cass. 9677/2020’.
Lamenta che ‘I fatti e gli elementi in possesso di Agea, dai quali emerge che la decisione di sospendere l’erogazione degli aiuti sia stata frettolosa, sono stati accertati dalla Corte d’appello, ma quest’ultima, pur ripercorrendoli nella parte motiva della sentenza, non ne ha tenuto in giusto conto, il che si è tradotto in una violazione e falsa applicazione delle norme di cui si discute’.
1.1. Il motivo è infondato.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che la corte di merito ha affermato che l’onere probatorio, pacificamente incombente sull’attore, ora ricorrente, in ordine ai fatti costitutivi della ritenuta responsabilità di Agea, non può considerarsi assolto
sulla scorta della sola sentenza penale di assoluzione.
Così argomentando, la corte territoriale ha pronunciato in conformità al principio di diritto posto dal provvedimento di cassazione con rinvio, secondo cui il giudice di merito deve valutare la prova della responsabilità di Agea mediante valutazione ex ante del fumus di fondatezza della azione amministrativa al momento dell’esercizio del potere di sospensione cautelare dell’erogazione degli aiuti comunitari; mentre è irrilevante, sotto il profilo probatorio, la sentenza di assoluzione, in quanto intervenuta ex post e frutto della valutazione di ulteriori elementi di indagine, significativi dell’assenza di responsabilità penale dell’imputato, emersi tuttavia solo nel corso del dibattimento.
Le censure che compongono il motivo finiscono per sostanzialmente sollecitare a questa Suprema Corte un nuovo esame dei fatti di causa, estraneo al giudizio di legittimità.
La corte di merito, in funzione di giudice del rinvio, nel rigettare la domanda del COGNOME sul rilievo dell’assenza di responsabilità della p.a., ha fatto scrupolosa applicazione del principio di diritto, al quale si intende dare continuità, secondo cui – premesso che la sospensione cautelare del contributo comunitario cui sia stato in via anticipata ammesso un operatore economico, può costituire fonte di pregiudizio, allorché, con valutazione ex ante , la misura cautelare poi caducata per effetto dell’assoluzione dal reato di truffa aggravata e continuata, si palesasse manifestamente infondata sin dal tempo della sua emanazione -il giudice di merito, ai fini dell’accertamento di una responsabilità civile dell’amministrazione pubblica per i danni colposamente provocati dalla p.a. all’attore, destinatario del contributo, nell’esercizio di un potere autoritativo conferito dalla legge, ex art. 2043 cod. civ., dovrà valutare se la notitia criminis ricevuta dalla Pubblica amministrazione fosse già in allora priva di
fumus boni iuris , sì da rendere manifestamente insussistente il sospetto su cui deve fondarsi la misura cautelare.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza