Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34035 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34035 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5925/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
rappresentato e difeso dall’Avv.
NOMECOGNOME NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1280/2022 della CORTE DI APPELLO DI LECCE, depositata il giorno 30 dicembre 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
R ESPONSABILITA’ CIVILE P.A.
Rilevato che
la società RAGIONE_SOCIALE domandò giudizialmente la condanna solidale del Comune di Corigliano D’Otranto e di Iosè NOME COGNOME, dirigente dell’Ufficio tecnico dell’ente, al risarcimento dei danni subiti per l’affidamento incolpevole riposto sulla legittimità del permesso di costruire n. 104/2005 del 16 giugno 2005 e del successivo permesso in variante n. 134/2006 del 31 agosto 2006, rilasciati in favore dell’attrice e poi definitivamente annullati (dopo una prima, in parte difforme, decisione del T.A.R. Puglia) dal Consiglio di Stato su ricorso di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME (proprietari di fondi confinanti con quello oggetto dei permessi) per avere il predetto Comune assentito l’edificazione di un fabbricato di tipologia non consentita nella zona di riferimento, con conseguente emanazione di un ordine di demolizione degli immobili realizzati dall’attrice in forza dei permessi in parola, provvedimento infine convertito in una sanzione pecuniaria di euro 1.395.046,80, pari al valore venale delle opere abusivamente eseguite;
all’esito del giudizio di prime cure, celebrato nell’attiva resistenza di ambedue i convenuti, l’adito Tribunale di Lecce accolse parzialmente la domanda attorea, emettendo condanna solidale al pagamento di euro 1.395.046,80, a titolo di ristoro del danno emergente, rigettando le istanze risarcitorie per il danno da lucro cessante, da perdita di chances imprenditoriali e da lesione dell’immagine della società;
la pronuncia è stata riformata, con integrale rigetto dell’originaria domanda attorea, dalla decisione in epigrafe, resa in accoglimento degli appelli separatamente proposti (e poi riuniti) da NOME COGNOME e dal Comune di Corigliano D’Otranto e con rigetto dell’ altro appello (anch’esso riunito) interposto da RAGIONE_SOCIALE;
ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE, per un motivo;
resistono, con distinti controricorsi, NOME NOME COGNOME e il Comune di Corigliano D’Otranto ;
con provvedimento del 6 febbraio 2024, è stata formulata, ai sensi del l’ art. 380bis cod. proc. civ., sintetica proposta di definizione del ricorso giustificata dalla inammissibilità dello stesso;
più specificamente, con detta proposta si è ritenuto che:
« -) il motivo unico di ricorso, nella parte in cui lamenta i vizi di ultrapetizione e violazione delle regole sul riparto dell’onere della prova, è manifestamente infondato; la Corte d’appello, infatti, non ha deciso la causa facendo applicazione del princi pio dell’onere della prova, ma ha ritenuto concretamente dimostrata da parte della P.A. l’assenza di colpa (p. 17 della sentenza impugnata);
-) nella parte restante il motivo unico di ricorso è inammissibile, in quanto con esso si censura il giudizio con cui la Corte d’appello ha ritenuto non colposa la condotta della P.A. e del suo funzionario, e la censura viene motivata assumendo che la Cort e d’appello avrebbe sottovalutato varie circostanze di fatto rivelatrici della colpa. In tal modo la società ricorrente invoca da questa Corte un sindacato su un tipico apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità »;
a seguito di tempestiva istanza di decisione di parte ricorrente è stata fissata l ‘ adunanza camerale sopra indicata, in vista della quale il Procuratore Generale ha depositato conclusioni motivate nel senso della inammissibilità del ricorso e il controricorrente NOME NOME COGNOME ha depositato memoria illustrativa;
Considerato che
l’unico motivo di ricorso prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1127, 2043 e 2697 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ. per aver la Corte d’appello « erroneamente qualificato la natura della
responsabilità della P.A., così incorrendo in un vizio di ultra petizione, ed aver, altrettanto erroneamente, riconosciuto l’esistenza di un errore scusabile tale da escluderne la colpa, invertendo l’onere probatorio »;
ad avviso di parte ricorrente, il giudice territoriale ha, trasgredendo l’art. 112 cod. proc. civ., qualificato sub specie di responsabilità extracontrattuale la domanda attorea, con cui era stata invece esercitata un’azione risarcitoria di natura contrattuale, ascrivibile al paradigma della responsabilità da contatto sociale: per l’effetto, ha erroneamente individuato le norme da applicare al caso in tema di gradazione della colpa ed elemento soggettivo ai fini dell’addebito di responsabilità, ripartizione dell’onere probatorio e concorso del fatto colposo del creditore;
assume, in senso contrario, la ricorrente che, una volta inquadrata la vicenda controversa « secondo gli stilemi propri della responsabilità contrattuale, l’unico corollario possibile è quello del riconoscimento della legittimità dell’affidamento riposto da RAGIONE_SOCIALE nei permessi di costruire così come assentiti », non ravvisandosi né un dolo della società nell’avanzare la richiesta dei permessi né una evidente illegittimità degli stessi;
il ricorso è inammissibile, per le ragioni esplicitate nella proposta di sintetica definizione, di seguito soltanto meglio sviluppate, anche con riferimento alle argomentazioni svolte nella istanza di decisione;
queste ultime vanno infatti esaminate, al contrario di quanto opinato da Cass. 27/03/2024, n. 8303, secondo cui: « nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi ex art. 380-bis cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), con l ‘ istanza di cui al secondo comma il ricorrente deve limitarsi a chiedere la definizione della causa e non può inserirvi altri contenuti estranei allo scopo, dei quali non potrà tenersi conto (Nella specie, la SRAGIONE_SOCIALE. non ha tenuto conto di quella parte dell ‘ istanza ex art. 380-bis, secondo comma, cod. proc.
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civ., contenente apprezzamenti giuridici, tali da renderla una sorta di integrazione del ricorso o di memoria atipica, anteriore alla fissazione della trattazione della causa, anziché successiva) »;
dissentendo dal testé trascritto precedente, osserva il Collegio che -ferma l’irritualità dell’enunciazione di motivi di dissenso rispetto alla proposta di definizione nell’istanza di decisione, quest’ultima invero risolvendosi soltanto nella richiesta di definire il ricorso collegialmente secondo la procedura camerale e, pertanto, non richiedendo alcuna motivazione l’applicazione del generale principio dell’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo non impe disce di apprezzare l’eventuale contenuto critico della istanza di decisione alla stregua di una memoria difensiva di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
sul punto, è sufficiente considerare che l’anticipazione nell’istanza dei contenuti che dovrebbero essere affidati alla memoria cui allude il secondo comma dell’art. 380. bis .1 cod. proc. civ., non osta in alcun modo all’espletamento della funzione della memoria, giacché il Collegio deve necessariamente prendere visione dell’istanza per procedere all’esame del ricorso e, quindi, leggerne e percepirne il contenuto pur eccedente rispetto allo scopo dell’istanza : da ciò consegue che la percezione di detto contenuto, concretandosi nella conoscenza di una interlocuzione argomentativa della parte oggettivamente idonea a rivestire la funzione propria della memoria (in ogni caso, comunque, nei limiti funzionali tipicamente propri della memoria, con esclusione di motivi aggiuntivi o integrativi rispetto al ricorso) ed avvenendo nei margini temporali consentiti per il deposito di una memoria, impedisce di reputarne l’irritualità per inosservanza della forma, dovendo applicarsi il precetto del terzo comma dell’art. 156 cod. proc. civ.;
ciò premesso, si rileva in primis che la denunciata inosservanza del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato per errata sussunzione (e disamina) in termini di illecito aquiliano della domanda
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attorea non attinge criticamente la ratio decidendi al riguardo sviluppata nella impugnata pronuncia;
ed invero, in essa, la Corte d’appello ha ritenuto la formazione di un giudicato interno sulla qualificazione dell’azione esperita;
così, con inequivoca chiarezza, leggesi a pagina 11 della sentenza qui gravata: « la qualificazione della domanda risarcitoria in scrutinio, come di danno da affidamento incolpevole del privato nei confronti della P.A., di chiara natura aquiliana, non è stata oggetto di alcuna censura in sede di appello, da parte di nessuna parte, con conseguente preclusione per il Collegio di ogni diversa valutazione sul punto, in termini di responsabilità da contratto sociale ovvero di natura contrattuale, pure introdotte dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE in sede di discussione orale »;
rispetto a questa argomentazione, il motivo di ricorso in esame appare, in tutta evidenza, eccentrico ed inconferente, dacché, del tutto ignorando la preclusione processuale affermata dalla Corte territoriale, si limita a replicare assertivamente la configurabilità nella vicenda di una domanda risarcitoria di natura contrattuale;
tanto si aggiunge al rilievo, già operato nella sintetica proposta di definizione e di per sé dirimente, di non pertinenza della contestazione sulla violazione dei criteri di riparto dell’onere della prova, fondandosi la decisione qui gravata sulla positiva dimostrazione, ad opera delle parti convenute, dell’assenza dell’elemento soggettivo della colpa;
del pari, come pure osservato nella proposta, gli ulteriori argomenti esposti dal ricorrente (peraltro da questi inquadrati nella prospettiva di una responsabilità contrattuale degli originari convenuti, esulante, come detto, dal thema decidendum del giudizio di appello) sono diretti a sollecitare questa Corte ad un riesame delle circostanze fattuali rivelatrici della colpa della P.A., finendo così con il concernere un tipico apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile
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in sede di legittimità, se non negli angusti limiti dei vizi motivazionali rilevanti ex art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., vizi nella specie nemmeno adombrati da parte ricorrente;
da ultimo, a definitivo conforto della inammissibilità del ricorso, giova notare come esso non rivolga alcuna censura alla motivazione della sentenza nella parte in cui, con autonoma ratio decidendi di per sé idonea a fondare l’adottata statuizione di rigetto della domanda risarcitoria, rileva l’insussistenza di « un danno ingiusto per violazione del diritto di edificare del privato, derivato alla società a seguito delle sentenze di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo posto che il bene della vita sotteso alla sua istanza -di poter edificare in una zona realizzando un immobile in contrasto con la relativa strumentazione urbanistica -di fatto non è interesse meritevole di tutela e non giustifica il risarcimento richiesto »;
il ricorso è, in conclusione, dichiarato inammissibile, in conformità alla sintetica proposta di definizione;
il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue la soccombenza, con liquidazione parametrata per ogni controricorrente alle attività difensive concretamente esplicate nel grado;
dalla conformità della decisione finale alla sintetica proposta di definizione discende l’adozione dei provvedimenti di condanna (nelle misure indicate in dispositivo) di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., giusta l’art. 380 -bis , ultimo comma, cod. proc. civ.;
atteso l’esito del ricorso, va infine dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari
a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, alla refusione in favore di parte controricorrente, Comune di Corigliano D’Otranto , delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 12.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, alla refusione in favore di parte controricorrente, NOME NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 16.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore di parte controricorrente, Comune di Corigliano D’Otranto , ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di euro 6.000;
condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore di parte controricorrente, NOME NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di euro 8.000;
condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di euro 5.000;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione