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Responsabilità organizzatore gara: il caso del ciclista

Un ciclista amatoriale subisce gravissime lesioni a causa di una botola metallica non a livello del manto stradale durante una competizione. La Corte di Cassazione conferma la responsabilità dell’organizzatore della gara, stabilendo che la mancata segnalazione di un’insidia del genere non rientra nel ‘rischio consentito’ accettato dall’atleta. La pronuncia chiarisce che l’organizzatore ha un preciso dovere di garantire la sicurezza del percorso. Viene inoltre dichiarato inammissibile per tardività il ricorso di un ente pubblico coinvolto.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità organizzatore gara: quando l’insidia stradale non è un rischio accettato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un tema cruciale per il mondo degli eventi sportivi: la responsabilità dell’organizzatore di una gara per gli incidenti subiti dai partecipanti. La decisione chiarisce i confini del cosiddetto ‘rischio consentito’ e sottolinea i doveri di controllo e messa in sicurezza che gravano su chi organizza una competizione, anche se amatoriale.

I Fatti di Causa: la Gara Ciclistica e l’Incidente

Il caso ha origine da un grave incidente avvenuto durante una gara ciclistica amatoriale nel 2003. Un partecipante, nell’affrontare una curva, impattava con la ruota anteriore contro una botola metallica posta in dislivello rispetto al manto stradale. La caduta gli procurava lesioni gravissime. A seguito del sinistro, l’atleta (e successivamente i suoi eredi) intentava una causa per il risarcimento dei danni nei confronti del Comune, dell’ente provinciale (poi Città Metropolitana) e dell’organizzatore dell’evento. La Corte d’Appello aveva riconosciuto una responsabilità concorrente del Comune, della Città Metropolitana e del gruppo sportivo organizzatore, condannandoli in solido al risarcimento.

La Decisione dei Giudici: Focus sulla Responsabilità Organizzatore Gara

Avverso la sentenza di secondo grado, sia l’organizzatore che la Città Metropolitana proponevano ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha preso due decisioni distinte ma interconnesse:

1. Inammissibilità del ricorso della Città Metropolitana: Il ricorso dell’ente pubblico è stato dichiarato inammissibile perché tardivo. La legge processuale impone che, una volta notificato un primo ricorso, le altre parti debbano presentare le proprie impugnazioni entro il termine perentorio di quaranta giorni. In questo caso, il termine non era stato rispettato.
2. Rigetto del ricorso dell’organizzatore: Il ricorso principale del gruppo sportivo è stato invece rigettato nel merito. L’organizzatore sosteneva che la caduta rientrasse nel ‘rischio consentito’ che ogni atleta accetta partecipando a una competizione su strada, dove la presenza di ‘irregolarità ed insidie’ sarebbe normale. La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi.

Le Motivazioni: Oltre il Rischio Consentito

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra i rischi connaturati allo sport e i pericoli anomali che l’organizzatore ha il dovere di prevenire. La Corte ha stabilito che la presenza di un ‘tombino centrale non segnalato con del gesso bianco e sottomesso rispetto al sedime’ non costituisce un’alea normale della pratica ciclistica. Si tratta, al contrario, di una condizione di pericolo specifica e non prevedibile, un’insidia stradale che l’organizzatore avrebbe dovuto individuare e, quantomeno, segnalare ai partecipanti. La responsabilità dell’organizzatore (in questo caso, di natura extracontrattuale o aquiliana) deriva proprio dalla violazione di questo obbligo di adottare le cautele esigibili per garantire la sicurezza della gara. La mancata segnalazione del pericolo è stata ritenuta la causa diretta della caduta, integrando così tutti gli elementi della responsabilità civile.

Le Conclusioni: Implicazioni per gli Organizzatori di Eventi

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutti coloro che organizzano eventi sportivi. Il principio del ‘rischio consentito’ non è uno scudo assoluto dietro cui nascondersi. Gli organizzatori hanno un dovere attivo di ispezionare il percorso di gara, identificare pericoli non connaturati alla disciplina sportiva e adottare misure adeguate per eliminare o mitigare il rischio, ad esempio attraverso una chiara ed efficace segnaletica. La sentenza conferma che la sicurezza dei partecipanti è una priorità e che l’omissione delle dovute cautele può comportare una pesante condanna al risarcimento dei danni.

L’organizzatore di una gara ciclistica è sempre responsabile per le cadute degli atleti?
No, la sua responsabilità sorge quando l’incidente è causato da un pericolo anomalo e non segnalato sul percorso, che esula dal ‘rischio consentito’ della pratica sportiva, come una botola non a livello del manto stradale.

Cosa si intende per ‘rischio consentito’ in una competizione sportiva?
È il rischio connaturato alla pratica sportiva che l’atleta accetta partecipando. Nel ciclismo, ad esempio, può essere il rischio di cadere per un contatto con un altro concorrente, ma non include la presenza di insidie stradali come tombini sottomessi e non segnalati.

Perché il ricorso di uno degli enti pubblici è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile per tardività. La legge prevede che, una volta notificato il primo ricorso per cassazione, le altre parti debbano proporre i loro eventuali ricorsi entro un breve termine di 40 giorni. L’ente pubblico ha presentato il proprio ricorso ben oltre questo termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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