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Responsabilità medica: prova e danno morale presunto

Un paziente subisce una lesione nervosa permanente dopo un intervento di artroprotesi d’anca. La Corte d’Appello conferma la responsabilità medica della struttura sanitaria, respingendo l’ipotesi di una mera complicanza. La sentenza chiarisce che, in caso di lesioni gravi, il danno morale può essere riconosciuto anche tramite presunzioni, basandosi sull’impatto della lesione sulla vita del paziente. Viene inoltre corretto il calcolo delle spese legali, includendo fasi processuali precedentemente omesse.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità medica: Prova del nesso causale e risarcimento del danno morale

La responsabilità medica è un tema centrale nel diritto civile, che bilancia la tutela della salute del paziente con la complessità dell’attività sanitaria. Una recente sentenza della Corte di Appello di Bari offre spunti cruciali su due aspetti fondamentali: l’onere della prova a carico della struttura sanitaria e il riconoscimento del danno morale, anche quando non provato in modo diretto. Analizziamo insieme questo importante caso.

Il caso: Lesione nervosa dopo un intervento di artroprotesi

Un paziente, a seguito di un intervento chirurgico di artroprotesi totale d’anca, manifestava immediatamente una grave complicanza: l’impossibilità di flettere dorsalmente la caviglia e le dita del piede. Gli esami successivi confermavano una ‘sofferenza demielinizzante del nervo sciatico popliteo esterno destro’, una lesione che comportava un deficit permanente nella deambulazione.

Il paziente citava in giudizio la struttura ospedaliera, chiedendo il risarcimento per tutti i danni subiti. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, condannando l’ospedale al pagamento di una somma a titolo di danno non patrimoniale (incluso quello morale) e al rimborso delle spese mediche.

I motivi dell’appello: la difesa della struttura sanitaria

La struttura sanitaria proponeva appello, basando la sua difesa su due argomenti principali:

1. Errato riconoscimento del danno morale: Secondo l’appellante, il paziente si era limitato a una generica richiesta di risarcimento, senza allegare né provare specificamente la sofferenza interiore riconducibile al danno morale. Pertanto, il giudice di primo grado sarebbe andato ultra petita, ovvero oltre le richieste delle parti.
2. Errata attribuzione della responsabilità medica esclusiva: La struttura sosteneva che il danno potesse essere una complicanza inevitabile dell’intervento o, in alternativa, che fosse stato causato da manovre incongrue durante la successiva fase di riabilitazione. Si contestava quindi il nesso di causalità diretto con l’operato dei chirurghi.

Il paziente, a sua volta, proponeva un appello incidentale, lamentando un errore nel calcolo delle spese legali liquidate in primo grado, che non tenevano conto della fase di mediazione e di quella istruttoria.

Il ragionamento della Corte d’Appello

La Corte di Appello ha rigettato l’appello principale della struttura sanitaria e ha accolto quello incidentale del paziente. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni dei giudici.

La prova della responsabilità medica e il ruolo della CTU

Sul tema della responsabilità medica, la Corte ha ribadito i principi consolidati in materia di onere della prova. In un rapporto di tipo contrattuale come quello tra paziente e struttura sanitaria, il paziente deve provare l’esistenza del contratto (o contatto sociale), l’insorgenza di un peggioramento delle sue condizioni di salute e il nesso causale tra questo e la prestazione sanitaria. Spetta invece alla struttura sanitaria dimostrare che l’inadempimento o il danno è dipeso da una causa imprevedibile e inevitabile, a essa non imputabile.

Nel caso di specie, la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) è stata decisiva. I periti hanno stabilito un chiaro nesso cronologico, topografico e di efficacia lesiva tra l’intervento chirurgico e il danno al nervo. La lesione era comparsa subito dopo l’operazione, rendendo implausibile l’ipotesi di cause successive come la riabilitazione. Di fronte a queste conclusioni, la struttura sanitaria non ha fornito alcuna prova liberatoria idonea a superare la presunzione di colpa.

Il riconoscimento del danno morale tramite presunzioni

Riguardo al secondo motivo di appello, la Corte ha chiarito che il danno morale, pur dovendo essere allegato, può essere provato anche tramite presunzioni. In presenza di una lesione macropermanente (in questo caso, una paralisi parziale del nervo con invalidità del 12%), che incide pesantemente sulla vita quotidiana, è logico presumere una profonda sofferenza interiore.

I giudici hanno sottolineato come un deficit nella deambulazione, con ‘instabilità nella marcia e difficoltà nel salire le scale’, comporti inevitabilmente una sofferenza connessa alla perdita di autonomia. Pertanto, la liquidazione del danno morale da parte del primo giudice era corretta, in quanto basata su elementi fattuali che rendevano altamente probabile l’esistenza di tale pregiudizio.

Conclusioni e implicazioni pratiche

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali in materia di responsabilità medica:

1. La centralità della prova del nesso causale: La struttura sanitaria non può limitarsi a ipotizzare cause alternative del danno, ma deve fornire una prova rigorosa che l’evento dannoso sia stato causato da un fattore esterno non imputabile alla sua condotta. Il parere del CTU, se ben motivato, assume un peso determinante.
2. La risarcibilità del danno morale per via presuntiva: La sofferenza interiore non richiede sempre una prova diretta e specifica. Può essere logicamente desunta dalla gravità della lesione biologica e dalle sue ripercussioni sulla vita del danneggiato, semplificando l’onere probatorio per il paziente.

Infine, la decisione sull’appello incidentale ricorda l’importanza di una corretta liquidazione delle spese legali, che devono comprendere tutte le fasi effettivamente svolte nel giudizio, inclusa la mediazione obbligatoria.

Come si prova la responsabilità medica della struttura sanitaria in caso di danno al paziente?
Il paziente deve provare il danno subito e il nesso di causalità con la prestazione sanitaria ricevuta. A quel punto, spetta alla struttura sanitaria dimostrare che l’evento dannoso è stato causato da un fattore imprevedibile e inevitabile, non imputabile alla propria condotta diligente.

Il danno morale deve essere sempre provato con testimonianze o documenti specifici?
No. Secondo la sentenza, sebbene il danno morale debba essere richiesto, la sua esistenza può essere provata anche tramite presunzioni. In presenza di lesioni personali gravi e permanenti, la sofferenza interiore del paziente può essere logicamente dedotta dalla natura stessa del danno e dal suo impatto negativo sulla vita quotidiana, senza la necessità di ulteriori prove specifiche.

Cosa può fare una parte se ritiene che il giudice abbia sbagliato a calcolare le spese legali?
Può impugnare specificamente quella parte della sentenza. Nel caso analizzato, il paziente ha proposto un ‘appello incidentale’ proprio per contestare l’errata liquidazione delle spese, ottenendo dalla Corte d’Appello una nuova e corretta quantificazione che includesse anche i compensi per le fasi di mediazione e istruttoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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