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Responsabilità medica: polizza copre anche il compenso?

Un caso di malasanità dentale approda in Corte d’Appello. La sentenza chiarisce i confini della copertura assicurativa in tema di responsabilità medica, stabilendo che il compenso inutilmente pagato al professionista costituisce un danno risarcibile coperto dalla polizza. La Corte conferma inoltre che la richiesta di graduazione della colpa tra medico e struttura sanitaria deve essere formulata espressamente in giudizio. Infine, viene legittimata la riduzione delle spese legali in caso di atti processuali eccessivamente prolissi.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità medica: il compenso pagato è danno risarcibile?

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Ancona affronta temi cruciali in materia di responsabilità medica, con importanti chiarimenti sui confini della copertura assicurativa e sulle regole processuali. Il caso, originato da un intervento di implantologia dentale non riuscito, ha permesso ai giudici di pronunciarsi sulla natura del compenso pagato al medico, sulla ripartizione della colpa tra professionista e struttura e sulla sanzionabilità degli atti processuali troppo lunghi. Analizziamo la decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Un Intervento Dentale Finito Male

Una paziente, a seguito di cure dentali e dell’installazione di un impianto, lamentava dolori, grave disfunzione masticatoria, ascessi e progressiva mobilità della protesi. Un accertamento tecnico preventivo (ATP) confermava una diagnosi errata e un’esecuzione negligente dell’intervento, con conseguenti postumi permanenti. La paziente decideva quindi di citare in giudizio il medico esecutore, la struttura sanitaria e il suo socio accomandatario, chiedendo il risarcimento di tutti i danni subiti. Si costituiva in giudizio anche la compagnia di assicurazione del medico, chiamata in causa da quest’ultimo per essere tenuta indenne.

La Decisione di Primo Grado e i Motivi dell’Appello

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda della paziente, condannando in solido i convenuti al pagamento di oltre 60.000 euro a titolo di risarcimento. Condannava inoltre la compagnia di assicurazione a tenere indenne il medico assicurato, nei limiti della polizza.

Contro questa decisione, proponeva appello principale la compagnia assicuratrice e appello incidentale la paziente. I motivi di contestazione erano diversi:
1. L’Assicurazione: Sosteneva che la polizza coprisse solo il danno da illecito civile e non la restituzione del compenso pagato dalla paziente, che a suo dire non costituiva un danno risarcibile. Inoltre, lamentava che il Tribunale non avesse graduato la responsabilità tra medico e struttura, limitando la sua manleva alla sola quota di pertinenza del medico.
2. La Paziente: Contestava la decisione del giudice di primo grado di dimezzare le spese legali liquidate a suo favore a causa della eccessiva lunghezza (33 pagine) della memoria conclusiva. Lamentava inoltre il mancato accoglimento della richiesta di risarcimento per le spese future necessarie a installare una nuova protesi.

La Responsabilità Medica e la Copertura Assicurativa del Compenso

La Corte d’Appello ha respinto il primo motivo di appello della compagnia assicuratrice, offrendo un chiarimento fondamentale. Secondo i giudici, la somma spesa inutilmente dalla paziente per ottenere cure che, a causa dell’errore medico, hanno avuto un esito opposto a quello sperato, non è una semplice restituzione. Essa costituisce una diminuzione patrimoniale ingiustificata, qualificabile a tutti gli effetti come danno patrimoniale. Questo tipo di danno, unendosi a quello non patrimoniale (biologico e morale), rientra a pieno titolo nell’oggetto della copertura assicurativa per la responsabilità medica.

La Graduazione delle Colpe e i Limiti della Manleva

Anche il secondo motivo dell’assicurazione è stato respinto. La Corte ha sottolineato un principio processuale cardine: il giudice può pronunciarsi sulla graduazione delle colpe tra più responsabili in solido solo se una delle parti ne fa esplicita e tempestiva richiesta. Nel caso di specie, la compagnia assicuratrice non aveva formulato in primo grado una domanda formale per accertare e limitare la responsabilità del proprio assicurato al 50%. Di conseguenza, il Tribunale non poteva decidere su un punto non richiesto, e la condanna in solido restava valida, con l’obbligo per l’assicurazione di coprire l’intero importo, salvi i limiti di polizza.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte ha rigettato anche l’appello incidentale della paziente. Per quanto riguarda la riduzione delle spese legali, i giudici hanno affermato che il dovere di sintesi e chiarezza degli atti processuali è un principio normativo consolidato. Un elaborato eccessivamente lungo, che si limita a riprodurre pedissequamente atti precedenti, è superfluo e contrario all’esigenza di celerità del processo. Tale prolissità incide negativamente sul pregio dell’attività difensiva e legittima il giudice a liquidare un compenso inferiore ai valori medi, come correttamente fatto dal Tribunale.

Infine, è stata confermata la reiezione della richiesta di rimborso per le future protesi. Sulla base delle risultanze della consulenza tecnica, era emerso che la paziente avrebbe comunque dovuto ricorrere a impianti, a prescindere dalla negligenza del medico. Pertanto, questa spesa non era causalmente riconducibile all’errore professionale e non poteva essere posta a carico dei responsabili.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Corte d’Appello di Ancona offre tre importanti lezioni pratiche. In primo luogo, consolida il principio per cui il corrispettivo versato per una prestazione sanitaria errata è un danno patrimoniale risarcibile e coperto dalla polizza di responsabilità medica. In secondo luogo, ricorda agli operatori del diritto, e in particolare alle compagnie di assicurazione, la necessità di formulare in modo chiaro e tempestivo tutte le domande, inclusa quella sulla graduazione delle colpe, per evitare preclusioni. Infine, lancia un monito sull’importanza della sintesi negli atti processuali, la cui violazione può avere dirette conseguenze economiche sulla liquidazione dei compensi professionali.

La polizza di responsabilità medica copre anche la restituzione del compenso pagato al medico per un intervento non riuscito?
Sì. La Corte ha stabilito che il compenso speso inutilmente dalla paziente per cure che hanno avuto un esito opposto a quello sperato costituisce un danno patrimoniale. Come tale, rientra nell’oggetto della copertura assicurativa per la responsabilità civile, non essendo una mera restituzione.

L’assicurazione del medico può chiedere al giudice di limitare il suo indennizzo solo alla quota di colpa del proprio assicurato se c’è una responsabilità solidale con la struttura sanitaria?
No, se non ha formulato una specifica e tempestiva domanda in tal senso durante il processo di primo grado. La Corte ha chiarito che il giudice non può pronunciarsi sulla graduazione delle colpe tra i responsabili in solido (medico e struttura) se una delle parti non ne fa esplicita richiesta.

Un giudice può ridurre il compenso dell’avvocato se i suoi atti processuali sono eccessivamente lunghi e non sintetici?
Sì. La Corte ha confermato la decisione di primo grado di dimezzare le spese legali liquidate perché la memoria conclusiva era una riproduzione prolissa di atti precedenti. Il dovere di sintesi e chiarezza incide sul pregio dell’attività difensiva e legittima una riduzione del compenso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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