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Responsabilità medica: onere della prova e CTU

Una paziente cita in giudizio un medico e una struttura sanitaria per presunti danni derivanti da un intervento chirurgico al piede. Il Tribunale, basandosi sulle conclusioni di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), ha respinto la domanda. La perizia ha escluso un nesso di causalità tra l’operato dei sanitari e le complicazioni lamentate, attribuendole a fattori estranei e a rischi noti della procedura. La sentenza ribadisce il principio secondo cui l’onere di provare il nesso causale in un caso di responsabilità medica spetta al paziente.

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Pubblicato il 31 maggio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Medica: Quando la CTU Esclude il Nesso Causale

Il tema della responsabilità medica è complesso e si fonda su un delicato equilibrio tra le aspettative del paziente e l’obbligazione di mezzi del professionista sanitario. Una recente sentenza del Tribunale di Verona offre un’analisi chiara su un punto cruciale: l’onere della prova a carico del paziente e il ruolo determinante della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) nell’accertamento dei fatti. Vediamo come questi principi sono stati applicati in un caso di presunta malasanità a seguito di un intervento chirurgico al piede.

I Fatti di Causa: Intervento al Piede e Complicazioni Post-Operatorie

Una paziente si sottoponeva a un intervento di osteotomia al piede per correggere una deformità. Successivamente, lamentava l’insorgenza di problemi post-operatori, in particolare una flessione anomala del secondo dito che le causava dolore, difficoltà nella deambulazione e le impediva di svolgere attività quotidiane e sportive. Ritenendo che tali complicanze fossero il risultato di un errore nell’esecuzione dell’intervento, la paziente citava in giudizio sia il medico chirurgo che la struttura sanitaria, chiedendo il risarcimento di tutti i danni subiti.

I convenuti si difendevano contestando ogni addebito. Il medico sosteneva di aver fornito tutte le indicazioni post-operatorie necessarie e che il danno fosse da attribuire alla condotta della paziente stessa, che non avrebbe seguito le raccomandazioni. La clinica, a sua volta, chiedeva di essere tenuta indenne dal medico, quale libero professionista.

La Decisione del Tribunale e la Centralità della CTU nella Responsabilità Medica

Il Tribunale di Verona ha rigettato integralmente la domanda della paziente. La decisione si fonda quasi interamente sulle risultanze della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) medico-legale, disposta nel corso del giudizio.

Il giudice ha sottolineato come, in materia di responsabilità medica, la CTU non sia un semplice mezzo di valutazione di prove già acquisite, ma una vera e propria fonte di prova oggettiva. Data la natura altamente tecnica della materia, il parere degli esperti nominati dal tribunale diventa fondamentale per accertare fatti che richiedono conoscenze specialistiche.

L’Onere della Prova a Carico del Paziente

La sentenza ribadisce un principio cardine stabilito dalla giurisprudenza e dalla Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017): spetta al paziente che lamenta un danno dimostrare il nesso di causalità tra la condotta del sanitario e l’aggravamento della sua condizione o l’insorgenza di una nuova patologia. Solo una volta che il paziente ha assolto a questo onere, scatta l’obbligo per il medico o la struttura sanitaria di provare che l’impossibilità della prestazione è derivata da una causa imprevedibile e inevitabile.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore delle motivazioni risiede nell’analisi del nesso causale, che la CTU ha escluso. Gli esperti hanno concluso che “non si ravvisano elementi che consentano di ritenere le lesioni lamentate come conseguenza di comportamenti non adeguati posti in essere dai sanitari curanti”.

Nello specifico, la perizia ha evidenziato che:
1. Le complicazioni non erano dovute a errori tecnici: La tumefazione e la borsite riscontrate non erano ascrivibili a errori nell’intervento. La deformità del dito rientrava in una percentuale di esiti sfavorevoli noti in letteratura per quel tipo di operazione, riconducibili a plurimi fattori non legati a una colpa del chirurgo (es. lassità dei tessuti, accorciamento del raggio, ecc.).
2. L’intervento aveva risolto il problema originario: La CTU ha accertato che l’operazione aveva raggiunto il suo scopo primario, risolvendo l’ipercheratosi plantare di cui la paziente soffriva prima dell’intervento.
3. Cause multifattoriali: Le deformità del piede, come quella lamentata, hanno spesso cause multifattoriali e idiopatiche (predisposizione genetica, traumi, calzature inadeguate). La chirurgia può correggerne gli effetti, ma non sempre eliminare le cause sottostanti, spiegando così l’elevata incidenza di recidive.

Poiché la CTU ha escluso in modo argomentato e scientificamente fondato la correlazione tra l’intervento e i danni lamentati, il Tribunale ha concluso che la paziente non ha assolto al proprio onere probatorio. In assenza della prova del nesso causale, la domanda di risarcimento non poteva che essere respinta.

Conclusioni

Questa sentenza è un’importante conferma di come, nei contenziosi per responsabilità medica, la prova del nesso di causalità sia un ostacolo fondamentale per il paziente. Non è sufficiente dimostrare di aver subito un danno a seguito di un trattamento sanitario; è necessario provare, secondo il criterio del “più probabile che non”, che quel danno è stato causato da una condotta colposa del medico. In questo contesto, l’esito della Consulenza Tecnica d’Ufficio assume un peso decisivo, potendo determinare l’accoglimento o, come in questo caso, il rigetto della domanda risarcitoria. La parte che non riesce a provare i fatti a fondamento della propria pretesa è destinata a soccombere, con la conseguente condanna al pagamento delle spese legali e di consulenza.

In un caso di responsabilità medica, chi deve provare il nesso tra l’intervento e il danno?
Secondo la sentenza, l’onere di provare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno subito spetta al paziente danneggiato. Se questa prova manca, la domanda di risarcimento viene rigettata.

Quale valore ha la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) in un processo per malasanità?
La CTU ha un valore di prova fondamentale. Essendo la materia molto tecnica, il giudice si affida alla perizia degli esperti per accertare i fatti e il nesso causale. Le risultanze della CTU sono considerate una vera e propria fonte oggettiva di prova e spesso sono decisive per l’esito della causa.

Se un intervento chirurgico ha un esito negativo, è automaticamente colpa del medico?
No. La sentenza chiarisce che un esito sfavorevole non implica automaticamente una colpa medica. Alcune complicazioni possono rientrare in una percentuale di rischio nota per un determinato tipo di intervento o possono dipendere da fattori estranei alla condotta del chirurgo (es. predisposizione genetica, cause idiopatiche, condotta post-operatoria del paziente).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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