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Responsabilità medica nesso causale: il caso analizzato

Una figlia cita in giudizio una struttura sanitaria per il decesso della madre, attribuendolo a una gestione errata della terapia anticoagulante. Il Tribunale rigetta la domanda. Una perizia tecnica (CTU) ha dimostrato l’assenza del nesso causale: anche se i medici avessero somministrato la terapia omessa, il decesso non sarebbe stato evitato a causa delle gravi patologie preesistenti della paziente. La sentenza chiarisce i confini della responsabilità medica nesso causale e l’onere della prova a carico del danneggiato.

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Pubblicato il 22 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Medica e Nesso Causale: Quando la Condotta del Medico Non è Causa del Danno

L’ambito della responsabilità medica è uno dei più delicati e complessi del nostro ordinamento. Una recente sentenza del Tribunale di Torino offre spunti fondamentali per comprendere un concetto chiave: la responsabilità medica nesso causale. Il caso riguarda il decesso di un’anziana paziente e la successiva azione legale intentata dalla figlia, ma la decisione del giudice si concentra sull’imprescindibile legame che deve esistere tra l’errore medico e il danno subito. Analizziamo insieme i fatti, la decisione e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso: un Decesso e un’Accusa di Malasanità

Una donna anziana, affetta da gravi patologie preesistenti e in terapia con farmaci anticoagulanti, viene portata al pronto soccorso. Dopo una diagnosi di gastroenterite, viene dimessa. Poche ore dopo, a causa del persistere di gravi sintomi, viene nuovamente trasportata in ospedale, dove le viene diagnosticata una massiva emorragia cerebrale che la porta al decesso il giorno seguente.

La figlia, convinta che la morte della madre sia stata causata da un errore medico, cita in giudizio la struttura sanitaria e la sua compagnia di assicurazione. Secondo l’attrice, i medici avrebbero colpevolmente omesso di gestire un evidente sovradosaggio di anticoagulante (testimoniato da un valore INR molto elevato), non somministrando il necessario farmaco antagonista (Vitamina K), condotta che avrebbe potuto, a suo dire, salvare la vita della madre.

La Decisione del Tribunale: Due Questioni Centrali

Il Tribunale ha affrontato due questioni principali: una di natura procedurale, relativa alla possibilità di citare in giudizio direttamente l’assicurazione, e una di merito, sulla sussistenza della responsabilità della struttura sanitaria.

Il Difetto di Legittimazione Passiva dell’Assicurazione

In via preliminare, il giudice ha accolto l’eccezione della compagnia assicuratrice. La “Legge Gelli-Bianco” (L. 24/2017) ha introdotto la possibilità per il danneggiato di agire direttamente contro l’assicurazione della struttura (azione diretta). Tuttavia, questa norma è diventata pienamente operativa solo il 1° marzo 2024, con l’entrata in vigore del decreto attuativo. Poiché la causa era stata intentata prima di tale data, l’azione diretta è stata ritenuta inammissibile per carenza di un presupposto processuale, con conseguente estromissione della compagnia dal giudizio.

La Valutazione della Responsabilità Medica e del Nesso Causale

Sul merito della questione, il Tribunale ha basato la sua decisione sulle conclusioni di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) affidata a un collegio di specialisti. I periti, pur riconoscendo l’omissione da parte dei sanitari nella somministrazione della Vitamina K, hanno concluso che tale omissione non è stata la causa del decesso.

Le Motivazioni: Il Giudizio Controfattuale e l’Onere della Prova

Il cuore della motivazione risiede nel cosiddetto “giudizio controfattuale”. Il giudice, seguendo le indicazioni dei periti, ha dovuto rispondere a una domanda cruciale: se i medici avessero agito correttamente, la paziente si sarebbe salvata? La risposta della CTU è stata negativa. Il farmaco omesso, la Vitamina K, avrebbe richiesto dalle 4 alle 6 ore per produrre un effetto terapeutico. Questo intervallo di tempo era superiore a quello trascorso tra la prima dimissione e la seconda ammissione della paziente in ospedale. In altre parole, anche con un trattamento tempestivo e corretto, l’esito fatale non sarebbe cambiato. Il decesso è stato ritenuto una conseguenza inevitabile del gravissimo e compromesso quadro clinico della paziente, caratterizzato da patologie preesistenti. Mancava, quindi, il nesso causale tra la condotta omissiva dei medici e l’evento morte. Secondo la giurisprudenza costante, spetta al danneggiato provare questo nesso; se, al termine del processo, rimane l’incertezza sulla causa del danno, la domanda deve essere respinta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per affermare la responsabilità medica non basta provare un errore o un’omissione del sanitario. È necessario dimostrare, secondo un criterio di “più probabile che non”, che quella specifica condotta ha causato il danno lamentato. Se il danno si sarebbe verificato comunque, a causa della gravità delle condizioni del paziente, il legame causale si interrompe e la responsabilità viene meno. La decisione evidenzia l’importanza cruciale degli accertamenti tecnici (CTU) in questo tipo di contenziosi e riafferma la ripartizione dell’onere della prova, che pone a carico del paziente (o dei suoi eredi) il compito di dimostrare il nesso tra la condotta medica e il peggioramento della salute.

Quando può essere esclusa la responsabilità medica anche in presenza di un’omissione del sanitario?
Secondo la sentenza, la responsabilità medica è esclusa quando si dimostra che l’omissione contestata non ha avuto un’incidenza causale sull’evento dannoso. Se il decesso si sarebbe verificato comunque a causa delle gravi condizioni preesistenti del paziente, il nesso causale tra l’omissione e il danno viene a mancare e non vi è responsabilità.

Perché l’azione diretta contro la compagnia di assicurazione della struttura sanitaria è stata respinta?
L’azione diretta è stata respinta perché la norma che la prevede (art. 12 della Legge Gelli-Bianco) è diventata pienamente operativa solo dal 1° marzo 2024. Poiché la causa è stata intentata prima di tale data, la ricorrente non poteva citare in giudizio direttamente l’assicurazione, che quindi è stata dichiarata priva di legittimazione passiva.

Cosa significa “giudizio controfattuale” in un caso di responsabilità medica?
Significa che il giudice, con l’aiuto dei periti, deve ipotizzare cosa sarebbe successo se il medico avesse tenuto la condotta corretta. Se si conclude che, con “più probabilità che non”, il danno (in questo caso, il decesso) si sarebbe verificato lo stesso, allora il nesso causale è escluso e non c’è responsabilità. Nel caso esaminato, anche con la somministrazione del farmaco omesso, la paziente non si sarebbe salvata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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