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Responsabilità medica: il nesso causale e la prova

La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di responsabilità medica per il decesso di un neonato. Viene confermato il criterio del ‘più probabile che non’ per l’accertamento del nesso causale, distinguendolo dalla probabilità logica. La sentenza chiarisce che la valutazione del giudice deve basarsi su tutti gli elementi probatori disponibili, non solo sulle conclusioni della CTU. La domanda di manleva dell’azienda sanitaria verso l’assicurazione è stata respinta per reticenza al momento della stipula della polizza.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Medica: La Cassazione sul Criterio del ‘Più Probabile che Non’

La determinazione della responsabilità medica è uno degli ambiti più complessi e delicati del diritto civile. Al centro di ogni contenzioso vi è quasi sempre la difficile prova del nesso di causalità: bisogna dimostrare che l’errore del sanitario ha effettivamente causato il danno al paziente. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema cruciale, offrendo importanti chiarimenti sulla corretta applicazione dello standard probatorio del ‘più probabile che non’.

I Fatti del Caso: Una Tragica Vicenda Neonatale

Il caso trae origine dalla tragica vicenda di una madre che ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Regionale per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito del decesso del proprio figlio neonato. La morte del bambino era avvenuta per gravi complicazioni, tra cui un’emorragia cerebrale massiva, sorte a seguito di una presunta negligenza e imperizia dei sanitari nel monitoraggio della fase finale della gravidanza e del parto. In particolare, si contestava il mancato accertamento dell’esatto periodo di gestazione, che avrebbe portato a una gravidanza protratta e a un intervento tardivo.

Il Percorso Giudiziario: Dal Rigetto alla Condanna

In primo grado, il Tribunale aveva respinto la domanda della madre. La decisione si basava sulle conclusioni di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), secondo cui non era possibile ricondurre con un alto grado di certezza l’evento letale alla condotta dei medici, data la possibile multifattorialità delle cause.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato completamente la sentenza. I giudici di secondo grado hanno ritenuto sussistente la responsabilità medica dell’Azienda Sanitaria, condannandola a un cospicuo risarcimento. La Corte territoriale ha criticato il criterio utilizzato dal CTU e dal primo giudice, ritenendolo ‘desueto’, e ha invece applicato il principio del ‘più probabile che non’. Secondo la Corte d’Appello, se i sanitari avessero agito con la dovuta diligenza nel monitorare la gravidanza, sulla base dei dati clinici e delle ecografie, il decorso clinico del neonato sarebbe stato, con alta probabilità, favorevole e non letale.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità Medica

L’Azienda Sanitaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando principalmente l’errata, a suo dire, valutazione del nesso causale da parte della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna.

Le Motivazioni: Probabilità Logica vs. ‘Più Probabile che Non’

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella precisazione dei criteri di accertamento del nesso causale. La Corte ha chiarito che, sebbene la Corte d’Appello abbia usato una terminologia non del tutto precisa nel contrapporre la ‘probabilità logica’ (utilizzata dalla CTU) al ‘più probabile che non’, la sua decisione era sostanzialmente corretta.

La Cassazione spiega che la ‘probabilità logica’ non è un criterio probatorio alternativo, ma un metodo di ricostruzione del nesso causale che considera tutti gli elementi specifici del caso (conferme e smentite) per arrivare a una spiegazione coerente. Il ‘più probabile che non’ è, invece, lo standard probatorio richiesto nel giudizio civile. Esso non richiede la certezza assoluta, ma impone al giudice di ritenere provato un fatto quando la sua esistenza è più probabile della sua inesistenza.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha correttamente svolto questo giudizio controfattuale. Ha valutato tutti gli elementi a disposizione (stato di salute della paziente, storia clinica, dati delle ecografie che mostravano una gravidanza ormai a termine e una crescita fetale rallentata) e ha concluso che l’omissione dei sanitari nel monitorare adeguatamente la gestazione era stata la causa più probabile del decesso. Il loro intervento tempestivo avrebbe, con elevata probabilità, evitato l’esito fatale. Questa valutazione, basata su un apprezzamento complessivo delle prove e non solo su dati statistici, è stata ritenuta insindacabile in sede di legittimità.

La Questione della Copertura Assicurativa

Un altro aspetto affrontato è stato il rigetto della domanda di manleva dell’Azienda Sanitaria nei confronti della sua compagnia di assicurazioni. La Corte ha confermato la decisione d’appello, evidenziando che al momento della stipula della polizza (di tipo ‘claims made’), l’Azienda era già a conoscenza del decesso del neonato e dell’avvio di un procedimento penale, circostanze che avrebbero dovuto essere dichiarate all’assicuratore e che, se conosciute, avrebbero impedito la stipula del contratto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di responsabilità medica: l’accertamento del nesso causale nel processo civile non richiede una certezza scientifica assoluta. Il giudice deve basare la sua decisione sul criterio del ‘più probabile che non’, operando una valutazione logica e complessiva di tutto il materiale probatorio. La sentenza ribadisce che il ruolo del giudice non è quello di un mero ratificatore delle conclusioni del CTU, ma quello di un peritus peritorum (perito dei periti) che deve vagliare criticamente ogni elemento per giungere a una decisione fondata su una ricostruzione dei fatti che appaia, alla fine, la più probabile e credibile.

Quale standard di prova è necessario per accertare la responsabilità medica in un processo civile?
Nel processo civile, per accertare la responsabilità medica è sufficiente lo standard del ‘più probabile che non’. Ciò significa che il giudice deve ritenere provato il nesso di causa tra la condotta del medico e il danno quando, sulla base delle prove, questa ricostruzione appare più probabile di ogni altra spiegazione alternativa.

In che modo il giudice deve valutare la perizia tecnica (CTU) in un caso di responsabilità medica?
Il giudice non è vincolato in modo assoluto alle conclusioni della perizia tecnica (CTU). Deve valutare la CTU insieme a tutte le altre prove disponibili nel processo (documenti clinici, testimonianze, ecc.). La decisione finale deve derivare da un apprezzamento complessivo e logico di tutti gli elementi, non dalla mera accettazione del parere del consulente.

Perché è stata respinta la richiesta dell’Azienda Sanitaria di essere tenuta indenne dalla propria assicurazione?
La richiesta è stata respinta perché, al momento della stipula della polizza assicurativa, l’Azienda Sanitaria era già a conoscenza del decesso del neonato e dell’esistenza di un’indagine penale. Secondo la Corte, l’ente avrebbe dovuto dichiarare queste circostanze all’assicuratore, in quanto rappresentavano un rischio già noto. L’omissione di tali informazioni ha reso inoperante la copertura assicurativa per quel sinistro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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