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Responsabilità medica: diagnosi errata e colpa

Un medico ricorre in appello contro una sentenza che lo ritiene corresponsabile al 50% per responsabilità medica a causa di una diagnosi errata. Aveva scambiato una gravidanza ectopica per una intrauterina, portando a un trattamento inadeguato e a un intervento chirurgico d’urgenza per la paziente. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, confermando la responsabilità condivisa con il secondo medico che aveva eseguito l’intervento senza le dovute verifiche. La Corte ha sottolineato che una diagnosi incerta impone ulteriori accertamenti e che le omissioni di entrambi i medici hanno contribuito in egual misura al danno.

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Pubblicato il 12 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Medica: Ripartita la Colpa per Errata Diagnosi

Un recente caso esaminato dalla Corte d’Appello di Bari offre spunti cruciali sulla responsabilità medica in caso di errore diagnostico e sulla ripartizione della colpa tra più sanitari. La sentenza conferma che la negligenza non riguarda solo chi compie l’atto finale, ma anche chi pone le premesse per l’errore, come una diagnosi superficiale. Questo articolo analizza la vicenda, la decisione della Corte e le sue importanti implicazioni.

Il Caso: Una Diagnosi Sbagliata e le sue Conseguenze

Una paziente, decisa a interrompere la gravidanza, si rivolge a un primo medico per un’ecografia. Il dottore diagnostica una gravidanza intrauterina e la indirizza alla struttura sanitaria per l’intervento. Un secondo medico, basandosi su tale diagnosi, esegue la procedura di interruzione.

Tuttavia, la diagnosi era errata. La paziente aveva una gravidanza ectopica, ovvero sviluppatasi in una tuba di Falloppio. La condizione, non rilevata, è progredita fino a richiedere un intervento chirurgico d’urgenza con rimozione della tuba (salpingectomia), causando un danno biologico permanente. Il Tribunale di primo grado aveva già riconosciuto la colpa di entrambi i medici, ripartendo la responsabilità al 50% tra loro e condannandoli al risarcimento.

L’Appello e la Difesa dei Medici

Il primo medico, autore della diagnosi errata, ha impugnato la sentenza. La sua difesa si basava su diversi punti:
* La consulenza tecnica (C.T.U.) era da considerarsi invalida.
* L’errore era scusabile data la rarità di una gravidanza ectopica.
* La responsabilità principale era del secondo medico, che avrebbe dovuto eseguire ulteriori controlli prima dell’intervento.
* Il danno era minimo, poiché la paziente aveva già manifestato la volontà di non avere altri figli.

La Decisione della Corte: La Conferma della Responsabilità Medica Condivisa

La Corte d’Appello ha respinto tutte le argomentazioni, confermando integralmente la sentenza di primo grado. La decisione si fonda su tre pilastri logici.

La Validità della Consulenza Tecnica (C.T.U.)

La Corte ha stabilito che la consulenza era perfettamente valida. Eventuali irregolarità procedurali dovevano essere contestate immediatamente e non per la prima volta in appello.

L’Errore Diagnostico e il Dovere di Cautela

Il cuore della sentenza riguarda l’errore diagnostico. I giudici hanno chiarito che l’ecografia eseguita dal primo medico era incompleta. Mancavano misurazioni essenziali (come quella del sacco vitellino) che avrebbero permesso di distinguere una vera camera gestazionale da una semplice reazione dei tessuti. Di fronte a un’immagine dubbia e a un test di gravidanza positivo, la prudenza imponeva ulteriori accertamenti, come il dosaggio dell’ormone beta HCG e un controllo ecografico a breve distanza. La rarità statistica di un evento non esonera il medico dal dovere di diligenza.

La Ripartizione della Responsabilità Medica

La Corte ha confermato la ripartizione della colpa al 50%. La responsabilità medica è stata attribuita a entrambi i sanitari perché le loro condotte, sebbene diverse, hanno contribuito in egual misura a causare il danno:
1. Il primo medico ha commesso un grave errore diagnostico iniziale, non seguendo le buone pratiche per raggiungere una diagnosi certa.
2. Il secondo medico ha agito con negligenza non revisionando l’esame ecografico e non eseguendo un proprio accertamento diagnostico prima di un intervento invasivo.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sul concetto di nesso causale e di diligenza professionale. Entrambi i medici hanno violato le regole di prudenza e perizia richieste dalla loro professione. La condotta del primo ha creato una situazione di pericolo, mentre quella del secondo non l’ha interrotta, pur avendone il dovere. La Corte ha ritenuto irrilevante la volontà della paziente di interrompere la gravidanza ai fini della valutazione del danno fisico. La perdita di un organo è un danno biologico permanente, a prescindere dalle future intenzioni procreative della persona, che potrebbero cambiare nel tempo.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di responsabilità medica: ogni sanitario è responsabile per la propria condotta e ha il dovere di agire con la massima diligenza. Una diagnosi incerta non può mai essere la base per un’azione terapeutica, specialmente se invasiva. È obbligatorio procedere con tutti gli accertamenti necessari per raggiungere una certezza diagnostica. Inoltre, la sentenza chiarisce che la colpa può essere equamente ripartita tra chi commette l’errore iniziale e chi, successivamente, non lo individua e vi pone rimedio, contribuendo così al verificarsi del danno finale per il paziente.

In caso di diagnosi ecografica incerta, cosa deve fare il medico?
Secondo la Corte, di fronte a un’immagine ecografica dubbia ma con un test di gravidanza positivo, il medico ha il dovere di procedere con ulteriori accertamenti per raggiungere una diagnosi certa. Tra questi, il dosaggio ematico della beta HCG e un nuovo controllo ecografico sono considerati fondamentali per escludere una gravidanza extrauterina.

La responsabilità medica per un danno può essere divisa tra più dottori?
Sì. La Corte ha stabilito che la responsabilità può essere ripartita equamente (in questo caso al 50%) tra il medico che ha commesso l’errore diagnostico iniziale e quello che, successivamente, ha eseguito un intervento senza revisionare la diagnosi e compiere le dovute verifiche. Entrambe le condotte negligenti sono state considerate cause concorrenti del danno.

La volontà della paziente di interrompere la gravidanza elimina il diritto al risarcimento per la perdita di un organo riproduttivo?
No. La Corte ha ritenuto del tutto ininfluente la volontà della paziente di interrompere la gravidanza in quel momento. La perdita di una tuba di Falloppio costituisce una lesione permanente dell’integrità fisica (danno biologico) che va risarcita, indipendentemente dalla volontà contingente di avere figli, poiché tale volontà potrebbe cambiare in futuro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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