Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16184 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16184 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9936/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato presso l’avvocato COGNOME (EMAIL), che la rappresenta e difende con l’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale allegata al ricorso.
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ricorrente – contro
GRILLO NOME
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intimato – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 372/2022 depositata il 02/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Monza l’agente immobiliare NOME COGNOME, chiedendone l’accertamento della responsabilità per violazione degli obblighi di informazione e per non aver operato con la diligenza richiesta dagli artt. 1710 e 1176 cod. civ., nonché la condanna al risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza del lamentato inadempimento.
A fondamento della propria domanda esponeva che, a causa dell’inadempimento in cui sarebbe incorso NOME COGNOME per non aver debitamente riferito sulle condizioni patrimoniali modeste del locatario individuato, si era trovata a concludere un contratto di locazione con un conduttore risultato poi moroso e aveva quindi subìto dei danni, consistenti nei costi della mediazione e del contratto di locazione, nelle spese legali per lo sfratto e nella mancata percezione dei canoni non pagati, quantificati in complessivi euro 19.679,56.
Si costituiva resistendo NOME COGNOME.
1.2. Con sentenza n. 3191/2018 il Tribunale di Monza accertava la responsabilità dell’agente immobiliare e lo condannava al pagamento della somma di euro 2.482,55, esclusivamente in relazione ai costi (documentati) sostenuti per la conclusione del contratto di locazione, per la mediazione e per lo sfratto, mentre negava il risarcimento del danno individuato in misura corrispondente all’importo dei canoni non pagati dal conduttore.
La sentenza veniva impugnata davanti alla Corte d’Appello di Milano in via principale da NOME COGNOME e in via incidentale da NOME COGNOME.
2.1. Con sentenza n. 372/2022 del 2 febbraio 2022 la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello proposto in via principale; accoglieva l’appello proposto in via incidentale e, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava le domande tutte proposte da NOME COGNOME nei confronti di COGNOME NOME.
Avverso la decisione della Corte milanese NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resta intimato NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero ha depositato le proprie conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli articoli 83 cod. proc. civ. e 10 d.p.r. 123/01.
Deduce che, sull’erroneo rilievo che contenesse un richiamo alla procura rilasciata per il primo grado, erroneamente la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’eccezione di nullità, fondata sul difetto di specificità e riferibilità al giudizio di appello, della procura ad litem rilasciata al difensore dall’appellante incidentale NOME COGNOME.
La Corte territoriale non si sarebbe avveduta della circostanza che la comparsa di costituzione e risposta con contestuale appello incidentale faceva unico ed esplicito riferimento alla ‘giusta procura in calce’ e tale procura in calce, allegata alla comparsa di costituzione e risposta con contestuale appello incidentale, indicava quale data del rilascio della stessa il 29.09.2017, mentre la comparsa di costituzione e risposta con contestuale appello incidentale veniva depositata nel fascicolo telematico della Corte d’Appello in data 19.11.2019, ovvero ben due anni dopo il rilascio della procura.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ.,
art. 116 cod. proc. civ., art. 246 cod. proc. civ., nonché agli artt. 2727 e 2729 cod. civ.
Censura l’impugnata sentenza là dove afferma che l’appellato NOME COGNOME abbia positivamente fornito ‘la prova di aver correttamente informato la mandante, prima della sottoscrizione del contratto di locazione, sull’aspirante conduttore reperito e la sua situazione patrimoniale/reddituale’ (p. 5 della sentenza), trascurando le produzioni documentali in atti e fondando il suo convincimento sulla testimonianza della teste signora COGNOME, moglie del rag. COGNOME, nonché socia accomandante della agenzia immobiliare, escludendone sia la inattendibilità sia la incapacità a deporre.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1759, 1710, 1176 e 1176, comma 2, cod. civ., della legge n. 39 del 3 febbraio 1989, del d.lgs. n. 206 del 2005.
Critica l’impugnata sentenza là dove la Corte territoriale ha statuito, in riferimento ai canoni di locazione non percepiti, che l’alea sul pagamento degli stessi è comunque in capo alla locatrice, dovendosi in ogni caso escludere la responsabilità del mediatore.
Il primo motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che la Corte di merito ha applicato al caso di specie, in cui la procura presente in atti risultava essere stata rilasciata per ogni fase e grado del procedimento senza limitazione alcuna, il costante e consolidato orientamento di legittimità, secondo cui la procura conferita in primo grado deve ritenersi estesa, salvo espressa limitazione, anche al grado di appello (Cass., 21696/2010; Cass., 10813/2010; Cass., 24092/2009; Cass., 2170/2005; Cass., 8806/2000; Cass., 10241/1997; Cass., Sez. U., 5528/1991).
4.1. Come anche evidenziato dal Pubblico Ministero nella sua requisitoria, le ulteriori doglianze -in sintesi, attinenti al fatto che l’epigrafe dell’atto di costituzione in appello con contestuale appello incidentale fa riferimento ad una ‘procura in calce’ e che ‘mai la procura nel processo telematico, che nel 2019 era già stato esteso anche agli atti introduttivi del processo d’Appello, potrà essere conferita con sottoscrizione in calce degli atti’ (così memoria illustrativa, che richiama l’art. 10 DPR 123/01) -non risultano essere state spese nei precedenti gradi di giudizio; né la parte ricorrente fornisce chiarimenti sul punto, avendo richiamato solo il verbale di udienza 11.12.2019, ove si parla unicamente di difetto di ‘specialità̀’ della procura spesa dall’appellante incidentale COGNOME , per cui incorre, per difetto di localizzazione del se, dove e quando siano mai state svolte le summenzionate questioni inerenti la forma telematica della procura speciale, in evidente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Qualora una questione giuridica, implicante un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimit à̀ , onde non incorrere nell’inammissibilit à̀ per novit à̀ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, nel rispetto del citato art. 366, n. 6, cod. proc. civ., per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicit à̀ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (v. Cass., 26147/2021; Cass., 32804/2019; Cass., 2038/2019; Cass., 20694/2018; Cass., 15430/2018; Cass., 23675/2013).
5. Il secondo motivo è infondato, per plurime ragioni.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il giudizio sulla attendibilità del teste è riservato al giudice del merito, e nel
caso di specie la C orte d’appello si è , sotto tale profilo, motivatamente espressa (v. p. 5 della sentenza), per cui la decisione non è sindacabile in sede di legittimità (v. Cass., 01/03/2021, n. 5560; Cass., 09/11/2001, n. 13910; Cass., 23/7/2021, n. 21174), dove neppure può essere proposta una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, come inammissibilmente parte ricorrente tenta di sollecitare, contrapponendo alla testimonianza della signora COGNOME pretese risultanze documentali che ne inficerebbero l’attendibilità̀ .
Il motivo deduce poi la questione della mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, dell ‘ incapacità a deporre della teste, nella sua qualità di coniuge dell’appellato NOME COGNOME: va tuttavia rilevato che, per un verso, la questione non è per nulla menzionata nella sentenza impugnata, per altro verso la ricorrente trascura di riportare il contenuto della eccezione ex art. 246 cod. proc. civ. e, giusto il principio per cui l’incapacità a deporre può essere solo eccepita dalla parte (Cass. Sez. Un., 6/4/2023, n. 9456), omette di localizzare se, dove e quando l’eccezione sia stata proposta nel precedente contesto processuale, in violazione pertanto dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. ; disposizione, questa, che esprime un principio che, lungi dal rispondere ad un’esigenza di mero formalismo, è finalizzato a consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. Un., 20/02/2003, n. 2602, Rv. 560622; Cass., 09/07/2004, n. 12761, Rv. 575401).
5.1. Infine, il motivo censura soltanto il passaggio motivazionale, scevro da vizi logico-giuridici, secondo cui ‘il mancato pagamento dei canoni e delle spese rientra nell’alea del rapporto contrattuale di locazione, che sussiste anche quando il conduttore sembra potenzialmente essere in grado di far fronte alle
proprie obbligazioni’, e trascura l’ulteriore ratio decidendi della sentenza, là dove -a parte l ‘ opinabile considerazione, svolta ad abundantiam , per cui ‘con riferimento ad un canone di locazione di euro 400,00 mensili, nulla autorizza a ritenere automaticamente insolvibile un conduttore che nell’anno precedente il contratto abbia guadagnato ( rectius : dichiarato al fisco) un reddito di circa euro 800,00 mensili ‘ -viene precisamente affermato che ‘l’odierna appellante, al di là dell’allegata mancata informativa, non ha neppure allegato che, se avesse conosciuto le condizioni patrimoniali/reddituali del conduttore, non avrebbe stipulato la locazione’ (v. p. 6 dell’impugnata sentenza).
Secondo costante insegnamento di questa Corte, infatti, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (Cass., 06/07/2020, n. 13880; Cass., 14/08/2020, n. 17182; Cass., 24/10/2019, n. 27339; Cass., Sez. Un., 20/12/2017, n. 30589; Cass., Sez. Un., 03/11/2016, n. 22226).
6. Il terzo motivo è infondato.
Giova ricordare che questa Corte, nell’individuare gli obblighi del mediatore e, correlativamente, nell’affermare la responsabilità del mediatore reticente o mendace, ha avuto modo di affermare che ‘ Il mediatore, ai sensi dell’art. 1759, comma 1, c.c., deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, o che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza impostagli dalla natura professionale dell’attività esercitata, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possano influire sulla conclusione di esso o determinare le parti a perfezionare il contratto a diverse condizioni; ne consegue che, ove l’affare sia concluso, può sussistere la responsabilità risarcitoria del mediatore in caso di
mancata informazione del promissario acquirente circa l’esistenza di irregolarità urbanistiche o edilizie non ancora sanate relative all’immobile oggetto della promessa di vendita, dovendosi comunque verificare l’adempimento di tale dovere di informazione da parte del mediatore con esclusivo riferimento al momento stesso della conclusione dell’affare’ ( Cass., 02/05/2023, n 11371; Cass., 16/09/2015, n. 18140). Ed ancora: ‘ Il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico specifico, a svolgere, nell’adempimento della sua prestazione, particolari indagini di natura tecnico-giuridica (come l’accertamento della libertà da pesi dell’immobile oggetto del trasferimento, mediante le cosiddette visure catastali ed ipotecarie), al fine di individuare fatti rilevanti ai fini della conclusione dell’affare, è, pur tuttavia, gravato, in positivo, dall’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che è richiesta in relazione al tipo di prestazione, nonché, in negativo, dal divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero, in tal caso, di astenersi dal darle. Ne consegue che, qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l’effetto, dal cliente’ (Cass., 11/12/2023, n. 34503) .
Il motivo qui scrutinato, peraltro, descrive in generale gli obblighi del mediatore professionista e si sofferma sul fatto che siano applicabili al caso concreto, ma non coglie la ratio decidendi con cui la C orte territoriale ha ritenuto che l’agente immobiliare ha provato di non essere stato inadempiente, valorizzando, con motivata valutazione delle risultanze probatorie, che egli aveva fornito una informazione telefonica sulle condizioni reddituali del potenziale conduttore; che, successivamente, la NOME ne aveva visionato la dichiarazione dei redditi che evidenziava una capacit à
reddituale, seppure non elevata; e che, come anche sottolineato dal Pubblico Ministero nella sua requisitoria, l’immediato pagamento del deposito cauzionale, pari a due mensilit à̀ , prima ancora della stipulazione del contratto di locazione, non poteva che confermare una valutazione, almeno in linea teorica, di generale seriet à̀ del contraente.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non è luogo a provvedere in ordine alle spese, non avendo parte resistente svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza