Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27469 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27469 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18058/2021 R.G. proposto
da
BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE SPA , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in EMPOLI INDIRIZZO
–
Oggetto: Intermediazione
finanziaria
–
Promotore
finanziario
–
Responsabilità
Presupposti
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 29/09/2025 CC
presso lo studio del l’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende
-controricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOME
-intimato – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 2388/2020 depositata il 30/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2388/2020, pubblicata in data 30 dicembre 2020, la Corte d’appello di Firenze, nella regolare costituzione degli appellati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e nella contumacia dell’altro appellato NOME COGNOME, h a respinto l’appello proposto da BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia n. 690/2017, pubblicata in data 31 agosto 2017.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano convenuto avanti il Tribunale di Pistoia NOME COGNOME e BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A., chiedendone la condanna in solido al pagamento della somma di €. 133.196,00, quale risarcimento del danno lamentato dagli attori in conseguenza della mancata restituzione delle somme versate a titolo di investimento nelle mani di NOME COGNOME, operante quale promotore della stessa BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A.
Costituitasi BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A., e rimasto contumace NOME COGNOME, il Tribunale di Pistoia, all’esito dell’istruttoria, aveva accolto la domanda, accertando l’appropriazione indebita da parte del promotore finanziario NOME COGNOME ai danni degli attori delle somme ad esso consegnare e, per l’effetto, condannando BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A. – in solido con lo stesso NOME COGNOME – al pagamento in favore degli attori della somma di € 133.196,00, oltre rivalutazione m onetaria dalla domanda al saldo ed interessi sulla somma annualmente rivalutata, nonché condannando NOME COGNOME a tenere indenne BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A.
La Corte d’appello di Firenze, ha, in primo luogo, disatteso il primo motivo di appello -col quale si deduceva la violazione delle norme regolanti l’assunzione e la valutazione delle prove e si censurava la decisione di prime cure nella parte in cui aveva ritenuto sussistente il nesso di occasionalità necessaria tra le incombenze affidate dalla banca al promotore finanziario ed il danno cagionato -affermando, in rito, l’utilizzabilità di un documento prodotto dagli appellati ed oggetto , da parte dell’a ppellante, di un disconoscimento ritenuto dalla Corte medesima del tutto generico.
La Corte territoriale ha poi osservato, nel merito che, sulla base delle prove e degli elementi indiziari, risultavano confermate le originarie allegazioni degli appellati, e cioè che gli stessi avevano consegnato somme di denaro a NOME COGNOME, il quale operava quale promotore finanziario di BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A. munito di un valido codice riferibile a quest’ultima, riportato sui documenti rilasciati agli appellati -ed aveva rilasciato agli appellati medesimi ricevute compilate su moduli prestampati riferibili a BANCA
RAGIONE_SOCIALE e recanti il codice identificativo del promotore finanziario.
La Corte d’appello ha escluso che nella condotta degli appellati potessero rilevarsi condotte anomale, tali da determinare l’interruzione del nesso causale, così come ha negato rilevanza al fatto che il primo versamento di denaro da parte degli investitori fosse avvenuto prima che NOME COGNOME divenisse promotore finanziario della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte fiorentina ha, parimenti, disatteso il motivo di gravame con il quale si censurava la decisione di prime cure per non aver rilevato una responsabilità concorrente o esclusiva degli appellati nel causare il danno, in quanto ha ritenuto che nel caso di specie non emergeva alcuna concreta anomalia nello svolgimento del rapporto.
La Corte fiorentina, infine, ha respinto il terzo motivo col quale si censurava la decisione di prime cure nella parte in cui l’odierna ricorrente era stata condannata alla rifusione delle spese legali in favore degli attori, pur avendo accolto la domanda di manleva formulata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME.
La Corte territoriale, infatti, ha osservato che l’odierna ricorrente era soccombente nei confronti degli attori e che la manleva opera solo nel rapporto tra l’istituto e il promotore ‘nel senso che la banca debba essere tenuta indenne dal COGNOME di tutto quanto abbia a pagare sia a titolo di capitale che di spese agli attori in primo grado’ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze ricorre BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.p.A.
Resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
È rimasto intimato NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a nove motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 31 TUF e 2049 c.c. per avere la Corte territoriale negato rilevanza al fatto che il primo versamento di denaro da parte degli investitoripari ad € 2.500,00 era avvenuto prima che NOME COGNOME divenisse promotore finanziario della RAGIONE_SOCIALE, argomentando che, all’epoca del versamento, né lo stesso NOME COGNOME poteva essere considerato incaricato o dipendente della stess a ricorrente, né quest’ultima aveva colpevolmente creato una situazione di apparenza.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 214 e 215 c.p.c. per avere la Corte territoriale negato rilevanza al disconoscimento, da parte della ricorrente, di un documento prodotto dagli odierni controricorrenti, nonostante lo stesso documento non fosse sottoscritto da quest’ultima, da considerarsi quindi ‘terzo’.
Viene anche evidenziato dalla ricorrente che la rilevanza del documento sarebbe stata anche tempestivamente e specificamente contestata.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 115 c.p.c. ‘per non avere il giudice fondato la propria decisione su prove documentali non contestate’ , costituite sia dalla certificazione che attestava che all’epoca della consegna della prima somma NOME COGNOME non era ancora promotore della ricorrente sia da un assegno che lo stesso NOME COGNOME avrebbe consegnato ad uno dei controricorrenti.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente l’evidenza del rapporto di occasionalità necessaria sulla base di indici presuntivi privi di gravità, precisione e concordanza, omettendo di valutare altri indici presuntivi.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 132 c.p.c. e la nullità della sentenza per ‘motivazione illogica, contraddittoria ed apparente’ .
Si censura la decisione impugnata in quanto la stessa non avrebbe concretamente esaminato le censure formulate con l’atto di appella e si sarebbe limitata a far proprie le conclusioni del giudice di prime cure.
1.6. Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi la Corte territoriale pronunciata ‘sul secondo motivo di appello diretto a sentir riconoscere una colpa dei COGNOME nella verificazione del fatto dannoso e sentir ridurre (in base al grado della colpa) il risarcimento dovuto’ .
1.7. Con il settimo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi la Corte territoriale pronunciata sulle istanze istruttorie reiterate dalla ricorrente anche in sede di gravame.
1.8. Con l’ottavo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., ‘nullità della sentenza per omessa o contraddittoria motivazione’ e violazione dell’art. 132 c.p.c., per non aver la Corte territoriale -nell’ipotesi in cui si ravvisi un rigetto implicito accolto le istanze istruttorie con motivazione contraddittoria.
1.9. Con il nono motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., ‘nullità della sentenza per motivazione errata ed apparente’ e violazione dell’art. 132 c.p.c., per avere la Corte d’appello
respinto il terzo motivo di gravame col quale si chiedeva di gravare NOME COGNOME delle spese legali affrontate dalla ricorrente.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Lo stesso, infatti, omette di censurare l’effettiva ratio della decisione impugnata, la quale ha ricollegato il danno lamentato dagli odierno controricorrenti non solo alla circostanza dell’effettuazione dei versamenti iniziali a favore dell’intimato ma anche a que ll’affidamento riposto nella figura di quest’ultimo divenuto ‘promotore finanziario di accreditate società ‘ -che ha indotto i medesimi controricorrenti a non maturare alcun sospett o relativamente alle condotte dell’intimato ed a non operare alcuna disdetta e recupero delle somme nel frattempo versate all’intimato medesimo.
Il ragionamento della Corte territoriale -si osserva per completezza -risulta pienamente conforme ai principi enunciati da questa Corte in materia ed in particolare al principio per cui la società RAGIONE_SOCIALE risponde a titolo oggettivo dei danni causati ai risparmiatori dai propri preposti, sulla base dell’esistenza del solo nesso di occasionalità necessaria tra l’attività del promotore finanziario e l’illecito, a prescindere da qualsiasi indagine sullo stato soggettivo di dolo o colpa della preponente, ed a nulla rilevando che la condotta truffaldina del promotore abbia avuto inizio prima ancora del sorgere del rapporto di preposizione tra lo stesso e la SIM (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 23332 del 2022; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 857 del 17/01/2020; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12448 del 19/07/2012) e ciò in quanto l’incarico conferito dalla società di RAGIONE_SOCIALE ha ‘ l’effetto di “sponsorizzare”, nella sostanza, l’affidabilità del promotore poi rivelatosi infedele ‘ , in tal modo rafforzando l’affidamento in lui riposto dai clienti e quindi ‘ impedendo loro di correre ai ripari mediante tempestive richieste di disinvestimento e di restituzione dei fondi ‘
anche in relazione ad operazioni effettuate prima del conferimento dell’incarico ma che, per effetto di quest’ultimo, assumono a posteriori agli occhi dell’investitore una caratura di piena affidabilità .
3. Il secondo motivo è inammissibile.
Giova evidenziare in via preliminare l’improprietà del termine ‘disconoscimento’ impiegato -sia dalla ricorrente sia dalla Corte territoriale -con riferimento ad un documento non proveniente dall ‘odierna ricorrente ed in relazione al quale, pertanto, non operava alcun onere ex art. 214 c.p.c., atteso che per costante giurisprudenza di questa Corte l’onere del disconoscimento della scrittura privata e, correlativamente, l’eventuale verificarsi del riconoscimento tacito ai sensi dell’art. 215 c.p.c. presuppongono che il documento prodotto contro una parte provenga dalla stessa, ovvero da un soggetto che la rappresenti (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13357 del 19/07/2004; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 18919 del 11/09/2020).
Questa puntualizzazione, tuttavia, non vale ad impedire la declaratoria di inammissibilità del motivo, il quale, anche in questo caso, non coglie l’effettiva ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello, la quale, ben lungi dall’affermare che il documento proveniva dall ‘odierna ricorrente e dal dedurre dal medesimo il carattere di vera e propria prova della pretesa avanzata dagli odierni controricorrenti, ha invece osservato che lo stesso veniva a costituire ‘un primo, importante, indizio del fatto che gli odierni appellati avevano instaurato un rapporto con il COGNOME, proprio nella sua qualità di promotore finanziario di RAGIONE_SOCIALE MPS’ , valutando poi il documento nell’ambito del complesso di elementi portati alla sua cognizione.
In sintesi, quindi, la Corte territoriale non ha ragionato in termini di impiego del documento al fine di dichiarare l’opponibilità del rapporto contrattuale al l’odierna ricorrente, bensì quale elemento di valutazione
del rapporto instauratosi con il soggetto (poco dopo divenuto formalmente) promotore finanziario, e pertanto in una mera ottica di valutazione indiziaria.
Ne consegue, quindi, che le censure, oltre a non incidere adeguatamente sulla ratio della decisione, finiscono, in realtà, per sollecitare un inammissibile sindacato in sede di legittimità sulla valutazione degli elementi indiziari.
Inammissibile risulta, a questo punto, anche il terzo motivo.
La circostanza della consegna di una somma iniziale all’intimato in data anteriore all’assunzione della veste di promotore finanziario risulta -come si è osservato in sede di valutazione del primo motivo -del tutto inidonea ad intaccare la ratio effettiva della decisione, mentre l’ulteriore profilo dedotto con il mezzo si traduce, ancora una volta, in un inammissibile tentativo di confutazione del giudizio di fatto in sede di legittimità.
Inammissibile, ancora, è il quarto motivo.
Questa Corte, invero, ha chiarito che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022).
È invece proprio quest’ultima l’ inammissibile impostazione su cui si basa il mezzo di censura, il quale non individua nella decisione impugnata alcuna concreta violazione dei criteri generali di applicazione del ragionamento presuntivo, ma si limita a criticare nel merito tale ragionamento, prospettando una ricostruzione alternativa la cui valutazione non può essere dedotta come violazione di legge.
Neppure varrebbe -si osserva per completezza -ipotizzare una diversa qualificazione del motivo, riconducendolo all’ambito dell’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, n. 5), c.p.c. , come pure da questa Corte ritenuto in propri precedenti (Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 22846 del 21/07/2022; Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 10253 del 19/04/2021; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 1234 del 17/01/2019 ), dal momento che nell’ipotesi in esame verrebbe ad operare lo sbarramento di cui all’art. 348 -ter c.p.c., avendo la Corte d’appello deciso in modo conforme alla decisione di prime cure.
In una declaratoria di inammissibilità è destinato ad incorrere anche il quinto motivo il quale, nel dedurre un vizio di ‘motivazione illogica, contraddittorietà ed apparente’ , viene in realtà unicamente a censurare la decisione della Corte territoriale per aver adottato -invero con motivazione che apparente non può certo dirsi e che, pertanto, si sottrae all’ambito del ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità -una decisione di esito sovrapponibile a quella del giudice di prime e ripropone inammissibilmente nella presente sede una censura rivolta al merito della decisione medesima, sollecitando un altrettanto inammissibile sindacato, appunto, di merito.
Passando al sesto motivo, si deve osservare lo stesso, se non fosse -come è – già irrimediabilmente inammissibile per non aver adeguatamente riprodotto l’originario tenore del motivo di appello almeno nei suoi elementi essenziali – in tal modo incorrendo nella
trasgressione del parametro di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. -risulterebbe comunque infondato, dal momento che la semplice lettura della sentenza impugnata evidenzia che la Corte d’appello si è venuta regolarmente a pronunciare sul secondo motivo ai appello (pag. 8 segg.), in tal modo rispettando appieno il dettato di cui all’art. 112 c.p.c.
Infondati, invece, sono il settimo ed ottavo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, stante la correlazione evidenziata dalla stessa ricorrente.
Anche in questo caso appare sufficiente l’esame della motivazione della decisione impugnata, dal momento che tanto basta a far constatare che la Corte territoriale non solo si è pronunciata sulle istanze istruttorie dell’odierna ricorrente, ma anche ha motivato in modo non contraddittorio tale rigetto (cfr. pag. 4: ‘ Nel merito, si deve, in primis, rilevare come le istanze istruttorie richieste dall’appellante non possono essere ammesse, già per l’assorbente fatto che risultano irrilevanti ai fini decisori ‘ ).
Fondato, invece, è l’ultimo motivo.
Risulta, invero, evidente che la Corte territoriale ha radicalmente frainteso la doglianza che era stata formulata dall’odierna ricorrente in punto di regolazione delle spese, ritenendo erroneamente che la censura fosse riferita al rapporto tra l’odierna r icorrente e gli odierni controricorrenti, laddove -come questa volta adeguatamente evidenziato ex art. 366 c.p.c. dal motivo di ricorso -la censura riguardava la disciplina delle spese di lite tra la ricorrente e l’odierno intimato nel giudizio di primo grado.
È quindi evidente che, con riferimento al motivo di appello, la Corte territoriale ha adottato una motivazione radicalmente priva di pertinenza rispetto al profilo che andava esaminato e, come tale, del
tutto inidonea a rendere evidenza delle ragioni della propria statuizione di rigetto.
10. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve trovare accoglimento limitatamente al nono motivo, disattesi i restanti.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito condannando, in applicazione dell’art. 91 c.p.c. , l’intimato – soccombente rispetto alla domanda di manleva – alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese dei due gradi del giudizio di merito, liquidate direttamente in dispositivo.
11. Quanto alle spese del presente grado di legittimità, anche queste ultime devono seguire il criterio della soccombenza, da ciò derivando la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese in favore dei controricorrenti e la condanna dell’intimato alla rifusione delle spese in favore della ricorrente.
Anche in questo caso le spese sono liquidate direttamente in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte,
accoglie il nono motivo di ricorso, inammissibili i motivi dal primo al sesto e respinto i motivi settimo ed ottavo;
cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.P.A. delle spese del giudizio di primo grado , liquidate in € 8.000,00 per compensi, oltre accessori , e delle spese del giudizio di appello, liquidate in € 1.500,00 per compensi, oltre accessori;
condanna BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.P.A. a rifondere in favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME
COGNOME le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge;
condanna NOME COGNOME a rifondere in favore di BANCA RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE S.P.A. le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 1.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 29 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME