Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16752 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16752 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23943/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore delegato, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante p.t. nonché liquidatore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 910/2022, depositata il 08/07/2022 e notificata in data 12/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
RAGIONE_SOCIALE, dedita all’attività di vendita al dettaglio di capi di abbigliamento, conveniva, dinanzi al Tribunale di Ancona, RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, perché fosse accertata la violazione degli obblighi di intermediazione assicurativa e di quelli di assistenza, non avendo la convenuta prestato l’assistenza prevista dal contratto assicurativo intercorso con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, alla quale era tenuta a fornire le informazioni commerciali di cui la compagnia di assicurazioni si serviva per valutare se garantire copertura assicurativa all’insolvenza dei creditori dell’attrice e per quantificare il premio. Segnatamente, il contratto di RAGIONE_SOCIALE garantiva all’attrice un indennizzo per il mancato pagamento delle fatture da parte dei negozianti ai quali aveva venduto i suoi prodotti di vestiario, sempreché la RAGIONE_SOCIALE avesse, sulla scorta delle informazioni commerciali raccolte, attribuito in via prognostica un giudizio di solvibilità positivo ai clienti di RAGIONE_SOCIALE. Infatti, la compagnia assicurativa aveva negato all’attrice l’indennizzo, per non aver ricevuto dall’assicurata ‘una piena informativa sulle perdite già in capo alla RAGIONE_SOCIALE… Una tale carenza ha evidentemente influenzato le valutazioni di RAGIONE_SOCIALE in merito alla opportunità di stipulare la polizza ed in ogni caso a quali condizioni’.
Con sentenza parziale n. 1377/2016, il Tribunale disponeva l’estromissione dal giudizio di RAGIONE_SOCIALE, chiamata in causa da RAGIONE_SOCIALE, accoglieva la domanda attorea e rimetteva la causa in istruttoria, al fine di accertare il quantum debeatur .
Con sentenza definitiva n. 1951/2017, il Tribunale condannava RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a pagare l’importo di euro 69.240,18 a favore di RAGIONE_SOCIALE e di euro 35.000,00 a favore di NOME COGNOME, alla quale era stato ceduto il credito vantato dall’attrice, limitatamente alla somma di euro 35.000,00.
La Corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 910/2022, depositata in data 08/07/2022 e notificata il successivo 12/07/2022, ha rigettato il gravame ed ha confermato la sentenza del Tribunale.
Segnatamente ha ritenuto dimostrato l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, ha negato la sussistenza di un concorso di colpa di RAGIONE_SOCIALE, poiché, a fronte dell’allegazione dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima non aveva provato di avere richiamato l’attenzione dell’assicurata sull’importanza di consentire all’assicuratore di valutare esattamente il rischio; ha confermato la misura del risarcimento del danno emergente e del lucro cessante in ragione della documentazione versata in atti, esaminata dal CTU; ha disatteso la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE che aveva chiesto la corresponsione dei compensi pattuiti per il 2011, essendo stato stipulato tra le parti un unico contratto di servizio nel 2008, rinnovatosi tacitamente per un anno, ed essendosi questo risolto per inadempimento retroattivamente, ha rigettato anche il motivo di appello con cui era stata dedotta la nullità della CTU per omesso esame delle osservazioni del CTP, ritenendo che il CTU avesse esaminato e discusso ogni tipo di osservazione, tranne quelle alla bozza dell’elaborato peritale, perché tardive.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 194 e 195 cod.proc.civ. e degli artt. 87 e 90 disp.att. cod.proc.civ. nonché la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio e per difetto della motivazione.
La Corte d’appello non si sarebbe pronunciata sul motivo con cui aveva lamentato che il Tribunale anziché rigettare la domanda per difetto di prova, aveva consentito all’attrice di ricorrere ad una CTU contabile.
Sul punto il giudice a quo si sarebbe limitato a ritenere che correttamente il Tribunale, considerata la mole della documentazione versata in atti da RAGIONE_SOCIALE e il contenuto tecnico contabile di tale materiale, aveva deciso di avvalersi di una CTU. Detta statuizione sarebbe erronea, perché i fatti costitutivi della domanda avrebbero dovuto essere provati dall’attrice e la CTU avrebbe potuto essere disposta solo per valutare gli elementi allegati dalla parte che ne aveva interesse. L’attrice, invece, avrebbe prodotto solo un foglio con un elenco di nominativi di propri clienti, di cui non era stata indicata neppure la partita P_IVA, inutile sia per provare che detti crediti, in caso di insolvenza, sarebbero rientrati nella copertura assicurativa sia per dimostrare l’entità del mancato incasso. Pertanto, il giudice a quo avrebbe affidato al CTU un’indagine interamente esplorativa sulla contabilità dell’attrice.
Il motivo va rigettato.
Innanzitutto va considerato che la ricorrente non ha dimostrato di avere tempestivamente eccepito la nullità della CTU: quando il CTU acquisisca irritualmente atti e documenti, la sanzione deve essere collocata nel sistema delle invalidità processuali di cui agli artt. 156
cod.proc.civ. e segg., in esso individuandosi, per diritto acclarato, il complesso dei rimedi endoprocessuali indicati dal legislatore per porre correttivo alle anomalie che si verificano nel corso del processo e che non sfociano in ragioni di nullità della sentenza, in relazione alle quali si impone il più specifico rimedio dell’impugnazione (art. 161 cod.proc.civ.). Il fatto che l’atto consulenziale, pur se in modo irrituale, abbia comunque conseguito il suo scopo, fa sì che i vizi che infirmano l’operato del CTU siano fonte di nullità relativa e rifluiscano tutti invariabilmente sotto il dettato dell’art. 157 cod.proc.civ., comma 2.; detta nullità è sanata se non eccepita dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all’atto viziato o alla notizia di esso.
Assume significato dirimente, nondimeno, il fatto che, secondo Cass., Sez. un., 11/02/2022, 3086, in materia di esame contabile, ai sensi dell’art. 198 cod.proc.civ., il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni.); ciò in ragione della specialità della CTU contabile ‘ascritta alla particolare natura delle materie su cui il giudice è chiamato a pronunciarsi, le cui elevate difficoltà tecniche… esigono la nomina di un esperto in grado di chiarirne la portata rispetto a quanto è oggetto di lite e di offrire con ciò dati conoscitivi ed elementi di prova rllevanti ai fini della decisione’ che si riflette sull’attività di allegazione delle parti, giustificandone una attenuazione ‘così da permettere al consulente contabile anche l’esame di quei documenti che, ancorché afferenti alla prova di fatti principali, le parti non siano state in grado di individuare e di indicare tempestivamente’.
Va altresì rilevato che non è stata illustrata la dedotta violazione del principio del contraddittorio che comunque sovrintende anche lo svolgimento della consulenza contabile, atteso che il consulente ripete gli stessi poteri del giudice e non può ‘deflettere nell’attività che comporta l’accertamento dei fatti e la raccolta dei documenti significativi ai fini dell’espletamento del mandato peritale, la cui introduzione nel giudizio non è rituale opera di parte, dalla necessità che su di essi il confronto tra le parti si esplichi nel modo più idoneo a garantirne il diritto di difesa’ (Cass., Sez. un., 11/02/2022, 3086, p. 41). La violazione del principio del contraddittorio è stata denunciata nell’epigrafe del motivo di ricorso, ma non è stata in alcun modo coltivata..
Con il secondo motivo la ricorrente si duole dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
La ricorrente dimostra, adempiendo alle prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6, cod.proc.civ., di avere denunziato al giudice del gravame che il Tribunale, con la sentenza parziale non definitiva n. 1377/2016, aveva escluso che il risarcimento del danno potesse comprendere l’importo del premio assicurativo pagato né l’importo che sarebbe stato giustificato ove l’assicuratore avesse avuto l’esatta rappresentazione delle perdite e dunque del rischio assicurato, che con la sentenza definitiva n. 1951/2017 era stata liquidata a titolo di risarcimento la somma di euro 148.240,18, da cui era stata detratta la somma di euro 44.000,00, così giustificata: ‘stante l’accentuata entità delle perdite non comunicate, non appare incongruo ipotizzare che l’entità del premio sarebbe stata …(omissis)
— quanto meno triplicata, rispetto alla richiesta di euro 22.000,00 avanzata sull’errato presupposto dell’assenza di perdite su clienti nelle annualità precedenti il 2008’. La sentenza definitiva, violando il giudicato interno, avrebbe omesso di detrarre dalla somma liquidata a titolo risarcitorio l’importo del premio versato, in
ossequio a quanto previsto nella sentenza parziale (che prevedeva che il risarcimento fosse previsto al netto del premio) e non avrebbe detratto l’importo che sarebbe stato giustificato in caso di esatta rappresentazione delle perdite pari al triplo del premio ovvero euro 66.000,00.
Il motivo è fondato.
L’impugnata sentenza ha effettivamente omesso di pronunciarsi sul motivo di impugnazione e pertanto il motivo merita accoglimento; nondimeno, è possibile evitare la cassazione con rinvio dell’impugnata sentenza, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod.proc.civ., e decidere la questione di diritto nel merito non essendo necessario effettuare ulteriori accertamenti di fatto (Cass. 16/06/2023, n. 17416).
Ebbene, sulla statuizione contenuta nella sentenza non definitiva circa la condanna risarcitoria si è formato effettivamente il giudicato interno, perché, benché la pronuncia sia di condanna generica, essa conteneva un criterio di determinazione del risarcimento (cfr. Cass. 10/10/2007, n. 21143 e successive conformi); non vi è però il denunciato contrasto con la sentenza definitiva, entrambe, infatti, escludono la ripetizione del premio assicurativo pagato e quindi lo escludono dall’indennizzo spettante a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. La sentenza non definitiva prescrive solo che si deve tenere conto del premio che sarebbe stato giustificato se l’assicuratore avesse avuto esatta cognizione del rischio assicurato, ma non prescrive la misura del triplo, la quale risulta fissata dalla sentenza definitiva.
Quantificata in euro 66.000,00 la somma determinata a titolo di aumento del premio assicurativo, ipotizzando congruo ritenere che il premio sarebbe stato triplicato rispetto alla richiesta di euro 22.000,00 ‘avanzata sull’erroneo presupposto dell’assenza di perdite sui clienti nelle annualità immediatamente precedenti il 2008’,
ed essendo pacifico che era stato corrisposto il premio di euro 22.000,00 (quello irripetibile, da non sottrarre dalla somma spettante a RAGIONE_SOCIALE), dall’indennizzo dovuto è stato sottratto l’importo di euro 44.000,00 (euro 66.000,00 il premio nella misura aumentata che avrebbe dovuto essere corrisposto detratto l’importo di euro 22.000,00, già versato).
Con il terzo motivo è denunciata la violazione dell’art. 116 cod.proc.civ. per omesso esame di fatti storici che risultano dagli atti del giudizio rilevanti e aventi natura decisiva nonché la violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. per motivazione assente, apparente e/o contraddittoria.
Il motivo si articola in due parti: la prima è relativa all’ an del risarcimento , la seconda attiene alla sua quantificazione.
Specificamente con la prima, la ricorrente lamenta che non sarebbe stato considerato che il rapporto contrattuale con la compagnia assicurativa era gestito dal broker NOME, il quale svolgeva un’attività precedente di assistenza e consulenza tecnica, assistendo preliminarmente il cliente, gestendo e curando l’esecuzione del contratto, che invece la sua era un’obbligazione di mera esecuzione de contratto; che prima che la compagnia assicuratrice stipulasse il contratto le era stata fornita ampia documentazione relativa ai dati di bilancio del 2007 e degli anni precedenti , dei debiti scaduti, dell’elenco dei crediti di maggiore importo, perciò RAGIONE_SOCIALE aveva i mezzi per prognosticare che la comunicazione di un dato falso o reticente avrebbe potuto portare all’annullamento del contratto, che RAGIONE_SOCIALE, nonostante la RAGIONE_SOCIALE le avesse proposto una novazione del contratto a diverse condizioni rispetto a quelle originariamente pattuite ovvero con una variazione della franchigia, con un premio maggiorato o in alternativa l’annullamento della polizza e la restituzione del premio pagato, non aveva fatto nulla per evitare le conseguenze pregiudizievoli collegate alla intimata risoluzione contrattuale della compagnia.
Aggiunge che ‘L’obbligo di informativa non può prescindere dalla collaborazione di controparte’, dovendo il creditore evitare le conseguenze pregiudizievoli, cioè dovendo ‘scegliere, tra più opzioni possibili, la condotta che si presenti maggiormente idonea a soddisfare il proprio interesse contemperandolo con quello del debitore alla imitazione del danno’ .
Quanto alla determinazione del quantum debetaur , alla Corte d’appello si imputa di avere ‘supposto’ la quantificazione del danno, benché la stima del danno fosse possibile e di non rilevante difficoltà.
Sarebbe stato dimostrato che alcuni dei crediti reclamati erano stati riscossi da RAGIONE_SOCIALE prima del giudizio o che non si riferivano a crediti sorti durante la vigenza della copertura assicurativa, il CTU contabile invece non ne avrebbe tenuto conto e la Corte d’appello anziché emendare la CTU o rinnovarla avrebbe ‘confuso grossolanamente quello che sarebbe stato l’indennizzo assicurativo (insolvenza protratta), con il risarcimento conseguente all’ inadempimento contrattuale che deve comunque rimanere circoscritto al danno effettivamente patito e dunque all’entità dei crediti mai riscossi’.
Il motivo è inammissibile, perché sollecita una rivalutazione dei fatti di causa che sono incompatibili con i caratteri morfologici e funzionali del giudizio di legittimità.
Peraltro, anche a voler ritenere che il quid proprium della censura consista nell’omesso esame di alcuni fatti decisivi ai fini della determinazione del quantum debeatur ed anche riqualificandolo, il motivo non potrebbe essere scrutinato per la preclusione processuale di cui all’art. 348 ter cod.proc.civ. secondo cui quando la sentenza di appello sia conforme in facto (fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata) a quella di prime cure non è deducibile il vizio di cui all’art. 360, n. 5, coc.proc.civ. Il ricorrente per evitare l’inammissibilità del
motivo di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass . 28/02/2023, n. 5947).
Per le ragioni esposte, va accolto il secondo motivo e decidendo nel merito va rigettato il motivo di appello, va rigettato anche il primo motivo di ricorso e dichiarato inammissibile il terzo.
Le spese vanno compensate alla luce della fondatezza del secondo motivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e, decidendo nel merito, rigetta il motivo di appello, rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il terzo.
Le spese sono compensate.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 27 maggio 2024 dalla