Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18665 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19243/2020 proposto da:
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO , rappres. e difeso dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-ricorrenti –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, alla INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO , dal quale è rappres. e difesa, unitamente all’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti;
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso l’AVV_NOTAIO dal quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;
-controricorrenti-
avverso la sentenza n. 1013/20 della Corte d ‘appello di Venezia, pubblicata il 31.03.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 .05.2024 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano innanzi al Tribunale di Venezia RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, esponendo: di aver intrattenuto con lo COGNOME, promotore finanziario, un rapporto d’investimento dal 1998, consegnandogli la somma complessiva di lire 170.000.000, nei mesi di maggio e giugno 1991 e, negli anni 20042008, l’ulteriore somma di euro 51.000,00 ottenendo solo rimborsi parziali.
Pertanto, gli attori chiedevano la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, patrimoniali e non.
Con sentenza del 25.5.16, il Tribunale condannava, in solido, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME a pagare agli attori la somma di euro 33.000,00 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, e la somma di euro 1.650,00 per danno non patrimoniale, mentre la RAGIONE_SOCIALE MPS era condannata, in solido con lo COGNOME, al pagamento in favore degli attori, della somma di euro 60.600,01 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre rivalutazione ed interessi, sulla base della mancata restituzione di parte del denaro consegnato al promotore finanziario il quale aveva agito per le suddette società convenute.
Con distinti atti di citazione, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE proponevano appello avverso la suddetta sentenza; RAGIONE_SOCIALE lamentava la mancata prova dei versamenti di denaro da parte degli attori (in contanti, come asserito dagli stessi) al promotore, e degli illeciti ascritti allo stesso promotore nel periodo in cui aveva operato per conto dell’appellante, contestando i presupposti della condanna in solido, non
avendo la banca agevolato la commissione degli illeciti e non avendo intrattenuto rapporti con gli attori.
MPS lamentava: il rigetto dell’eccezione di prescrizione; la ritenuta responsabilità solidale della banca con lo COGNOME, fino al 9.11.99 promotore della RAGIONE_SOCIALE; il mancato accertamento del concorso colposo degli attori; la liquidazione del risarcimento del danno morale.
Con sentenza del 31.3.2020, la Corte territoriale, in accoglimento dei due appelli, e in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava gli appellati, in solido, a restituire le somme di denaro ottenute dalle banche appellanti in forza della sentenza riformata, oltre interessi legali dai pagamenti al soddisfo.
In particolare, il giudice di secondo grado osservava che: i versamenti di denaro in contanti al promotore non erano stati dimostrati con documentazione bancaria (al riguardo, il capitolo di prova testimoniale sul punto era inammissibile perché generico e, comunque, non era stato riproposto in appello); neppure le dichiarazioni confessorie sottoscritte dallo COGNOME costituivano prova delle dazioni di denaro nel periodo 2007-2008, in quanto inattendibili, provenendo da soggetto consapevole di non essere in grado di restituire le somme ricevute e, comunque, esse potevano avere valenza probatoria solo nei confronti dello stesso promotore ed erano inopponibili all’intermediario; la somma di euro 160.000,00 (oggetto delle suddette dichiarazioni del promotore) non corr ispondeva agli ‘estratti -conto’ redatti dallo stesso promotore, pur tenendo conto dei parziali rimborsi; era pertanto irrilevante la mancata comparizione del promotore in sede di interrogatorio formale, non opponibile alla banca; era da escludere che gli attori avessero confidato sul fatto che il promotore operasse per il RAGIONE_SOCIALE, essendo risaliti dal codice-promotore al soggetto preponente
e considerando, altresì, che per dodici anni, gli attori non avevano ricevuto alcuna documentazione dall’intermediario e, probabilmente, non sapevano che lo COGNOME avesse effettivamente operato come promotore del RAGIONE_SOCIALE, come comprovato dal fatto che si erano inizialmente rivolti ad Intesa S. NOME, incorporante la RAGIONE_SOCIALE; il promotore aveva agito inizialmente per conto della RAGIONE_SOCIALE, sottoponendo agli attori il mandato fiduciario per il serviz io della ‘Gestione dinamica p ersonalizzata avente ad oggetto strumenti finanziari’, che veniva conferito alla detta RAGIONE_SOCIALE; in seguito, lo COGNOME spese unicamente il nome di quest’ultima Sim, consegnando periodicamente agli attori gli ‘estratt iconto’, scritti al computer, privi di sottoscrizione ed indicanti esclusivamente ‘RAGIONE_SOCIALE‘; non risultava che il promotore avesse comunicato ai clienti di essere divenuto promotore di RAGIONE_SOCIALE, né che avesse evidenziato agli attori, in occasione delle dazioni di denaro, il suo rapporto con la banca; pertanto, non sussisteva il nesso causale tra l’illecito ascritto al promotore e la sua preposizione a promotore da parte del RAGIONE_SOCIALE (peraltro, tale preposizione non aveva offerto neppure l’occasione per l’illecito, atteso che la condotta appropriativa era già iniziata negli anni precedenti); era fondato il motivo d’appello della RAGIONE_SOCIALE MPS (presso la quale il promotore aveva operato fino al 10.11.99) in ordine alla mancata prova della dazione della somma di lire 170.000.000 in contanti, per le stesse ragioni sopra esposte per l’impugnazione del RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono in cassazione avverso la suddetta sentenza, con due motivi, illustrati da memoria. Credito Emiliano RAGIONE_SOCIALE.a. e RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena s.p.a.
resistono con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 2729 c.c., 115, 116, c.p.c., per aver la Corte d’appello deciso sulla base di una valutazione atomistica degli elementi indiziari dedotti dai ricorrenti, omettendone un’an alisi globale e complessiva. Secondo i ricorrenti, tale mancata analisi ha impedito di appurare: la concordanza tra i movimenti descritti nei prospetti riepilogativi redatti dal promotore con quanto indicato nei contratti d’investimento; la pressoché coincidenza tra l’importo che lo COGNOME si era impegnat o a restituire agli investitori con la dichiarazione a propria firma, e l’importo che risultava dovuto alla luce dei predetti prospetti riepilogativi; la concordanza tra quanto indicato nei citati documenti e le circostanze da ritenersi ammesse in ragione del mancato interrogatorio reso dal promotore, nonché con i documenti sequestrati dalla GdF presso l’abitazione dello COGNOME (coincidenza emersa anche in sede di prova testimoniale).
I ricorrenti lamentano altresì che la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminare il quadro complessivo dei documenti, costituito da: contratto d’investimento del 14.5.98 per lire 100 milioni e l’attestazione del successivo conferimento di lire 70 milioni del 4.6.98 , documenti che costituivano prova del contratto che gli investitori erano stati indotti a ritenere di aver sottoscritto, assumendo rilevanza in ordine all’illecita sottrazione realizzata quando il promotore operava per la RAGIONE_SOCIALE MPS (già RAGIONE_SOCIALE Sim); i citati prospetti riepilogativi; la scrittura privata datata 15.12.10, non disconosciuta, con la quale lo COGNOME aveva dichiarato di aver ricevuto dai ricorrenti la somma complessiva di euro 160.000,00; la sentenza di condanna definitiva del promotore e il mancato interrogatorio formale deferito allo stesso, quali ulteriori elementi indiziari della dazione di denaro da parte degli attori,
anche in considerazione della non provata incapacità del promotore di restituire le somme in questione.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 31, c.3, d .lgs. n. 58/98, lamentando che la Corte d’appello avrebbe fatto una non corretta applicazione del principio secondo il quale l’intermediario finanziario risponde in solido dei danni cagionati dal proprio preposto alla condizione che sussista il cd. nesso di occasionalità necessaria tra l’attività del promotore e l’illecito compiuto in danno dell’investitore, escluso nella specie dalla sentenza impugnata.
Al riguardo, i ricorrenti assumono che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente richiamato, ai fini della configurabilità della responsabilità solidale dell’intermediario finanziario, la necessità della condotta agevolatrice, essendo invece sufficiente, a tal fine, accertare se la condotta illecita del promotore rientrasse o meno nell’ambito della attività alla quale era stato preposto dalla banca, lamentando altresì che la Corte territoriale non ha valutato la sussistenza del suddetto nesso attraverso l’esame complessivo degli elementi probatori acquisiti dal q uale si sarebbe potuto desumere che l’illecito in questione era stato reso possibile solo in ragione dell’attività del promotore in forza del mandato conferitogli dal RAGIONE_SOCIALE, ovvero che esso era, quanto meno apparentemente, riconducibile all’attività dello stesso promotore.
RITENUTO CHE
Il primo motivo è inammissibile. I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello avrebbe ritenuto non provata la dazione di denaro in contanti al promotore, per aver omesso un esame complessivo dei vari elementi di prova acquisiti. Ora, pur convenendo sul principio richiamato circa le modalità di valutazione di elementi indiziari o presuntivi, la critica non coglie nel segno, in quanto la Corte territoriale ha in effetti compiuto
una valutazione complessiva, con ampia ed esaustiva motivazione, insindacabile in questa sede.
Ciò che rileva è, in sostanza, la mancata prova della consegna del denaro al promotore, argomentata con ampiezza di ragioni non scalfite dalle critiche formulate, dirette di fatto al riesame dei fatti.
Né rileva, al riguardo, la mancata comparizione del promotore per rendere l’in terrogatorio formale, mezzo di prova che rispetto all’intermediario può avere solo valenza indiziaria, che la Corte territoriale ha esaminato nel complesso degli altri elementi probatori. Invero, l’interrogatorio formale reso in un processo con pluralità di parti, essendo volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confitente e favorevoli al soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferito, su un punto dibattuto in quello stesso processo, tra il soggetto deferente ed un terzo diverso dall’interrogando, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, fornite dell’interrogato. Invero, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette (Cass., n. 20476/15). Il secondo motivo è inammissibile.
Il principio generale in tema di responsabilità dell’intermediario per i fatti illeciti commessi dal promotore è il seguente : in tema di intermediazione finanziaria, la banca risponde dei danni arrecati a terzi
dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate, quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all’esercizio delle mansioni (Cass., n. 22956/15; n. 28634/20).
Tale principio è stato poi specificato: la responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è, tuttavia, esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, tra cui quella che vieta la corresponsione quest’ultimo di denaro in contanti da parte dell’investitore (Cass., n. 31453/22; n. 31894/23).
Risulta dunque superato il diverso orientamento (richiamato dai ricorrenti) a tenore del quale, in tema di intermediazione finanziaria la mera circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle non esclude, in caso di indebita appropriazione di tali somme da parte del promotore, la responsabilità solidale dell’intermediario preponente per il fatto illecito commesso dal promotore, né – in mancanza di ulteriori elementi – può costituire da sola concause del danno subito dall’investitore ovvero fatto idoneo a ridurre l’ammontare del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, rispettivamente commi primo e secondo, cod. civ. (Cass., n. 1741/11). Nella specie, la Corte d’appello ha escluso, come detto, la prova della dazione del denaro al promotore; è ciò è assorbente rispetto alle critiche in diritto formulate dai ricorrenti.
Tuttavia, ricorrono altri elementi che depongono per l’inammissibi lità del motivo. I nvero, la Corte d’appello ha escluso che i ricorrenti avessero saputo che il promotore operasse con il RAGIONE_SOCIALE, ritenendo
insussistente la condotta agevolatrice da parte della banca. Sul punto, è stato affermato che l’intermediario risponde per i danni arrecati a terzi dai promotori finanziari nello svolgimento delle incombenze loro affidate purché il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria con l’esercizio delle mansioni cui sia adibito, sicché il comportamento doloso (anche di rilevanza penale) del preposto pur non interrompendo, di norma, il nesso causale fra l’esercizio delle incombenze e il danno, ove si verifichino determinate circostanze, quali una condotta del risparmiatore “anomala”, vale a dire, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, è configurabile – e il relativo accertamento compete insindacabilmente al giudice di merito – l’assoluta estraneità della banca al fatto del promotore, sì da interrompere il nesso causale ed escludere la responsabilità dell’Istituto di credito (Cass., n. 22956/15 cit. : nella specie, la RAGIONE_SOCIALE ha escluso la responsabilità dell’intermediario, da un lato, per l’esistenza di un separato mandato conferito dall’investitore al promotore, che ha consentito a quest’ultimo di operare per conto del primo con amplissima autonomia, e, dall’altro, per l’assoluta estraneità della banca al fatto del dipendente).
Nel caso concreto, è emerso in fatto che i ricorrenti non abbiano avuto rapporti con il promotore sulla base di un autonomo contratto con il RAGIONE_SOCIALE (l’unico contratto formale è intercorso con l’RAGIONE_SOCIALE, alla quale è succeduta MPS, con mandato fiduciario n. 802966), tanto che la Corte d’appello ha affermato che i ricorrenti non sapevano che lo COGNOME operasse con il RAGIONE_SOCIALE.
Tale argomentazione non riguarda invece la posizione della RAGIONE_SOCIALE Mps con la quale lo COGNOME aveva lavorato fino al 10.11.99, in virtù della stipula con gli attori del predetto mandato.
Circa i rapporti con il RAGIONE_SOCIALE, come sopra esposto, la Corte di merito ha ritenuto la mancata prova della dazione del denaro al promotore, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, per cui non è configurabile nessuna responsabilità dell’intermediario.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 7.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 8 maggio 2024.