Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3572 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3572 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26372/2021 R.G. proposto da: POSTE ITALIANE SPA, domiciliazione telematica e dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME
, rappresentata e difesa (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
e
sul controricorso incidentale proposto da COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4865/2021 depositata il 02/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE, ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 4865 del 2021 della Corte di appello di Roma esponendo, per quanto qui ancora importa, che:
–NOME COGNOME aveva convenuto in giudizio la deducente per ottenere a titolo risarcitorio ovvero ai sensi degli artt. 1173, cod. civ., 9 e 10, legge n. 386 del 1990, la condanna al pagamento della somma riportata in un assegno postale, datato 17 dicembre 2009, inevaso per mancanza di provvista, emesso in suo favore da COGNOME o COGNOME NOME, oltre alla penale ex art. 3, secondo comma, della stessa legge, e alle spese di protesto, in specie a motivo della negligente condotta di apertura, gestione e chiusura del conto, con mancata ovvero tardiva iscrizione del traente nell’archivio della RAGIONE_SOCIALE, rilascio indebito di moduli di assegni, e omessa comunicazione della Banca d’Italia degli assegni non restituiti, non autorizzarti o senza fondi;
-la deducente aveva resistito controdeducendo, in particolare, di aver proceduto all’identificazione del soggetto titolare del conto secondo i dati disponibili, di aver proceduto all’elevazione dei protesti quando necessario, con segnalazione alla CAI e iscrizione al Bollettino camerale, di non aver potuto negare il rilascio di
altri ‘carnet’ di assegni, una volta scaduto il previsto periodo semestrale, dalle dovute segnalazioni, proprio della revoca dell’autorizzazione all’emissione dei titoli;
-il Tribunale aveva rigettato la domanda con pronuncia parzialmente riformata dalla Corte di appello limitatamente alle riconosciute spese di protesto, osservando, in particolare, che: all’accensione del conto era stata esibita una patente con data di scadenza successiva al previsto decennio; pur constatando che il ritiro di nuovi moduli di assegni era stato possibile dopo il semestre di revoca della possibilità di emettere titoli, con conseguente difetto della responsabilità solidale di cui all’art. 10, legge n. 386 del 1990, restava la violazione della diligenza professionale per aver non solo aperto nei visti modi il conto, ma anche per non averlo chiuso tempestivamente dopo che dal 2007 al 2011, anno di effettiva chiusura del rapporto, vi erano stati, relativamente ad esso, 39 protesti per mancanza di provvista, 8 per mancanza di autorizzazione ex artt. 9 e 10-bis, legge n. 386 del 1990, uno per irregolarità del titolo; la responsabilità però doveva escludersi quanto alla somma portata dal titolo non sussistendo l’invocata responsabilità solidale e tenuto conto del fatto che la fonte del danno era, in effetti, la condotta inadempiente del traente; le spese di lite dovevano seguire la pur limitata soccombenza;
resiste con controricorso NOME COGNOME che ha altresì proposto ricorso incidentale basato su due motivi;
le parti hanno depositato memorie;
Rilevato che
con il primo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, legge n. 386 del 1990, e dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che: il riferimento ai certificati anagrafici di tale COGNOME era irrilevante poiché il titolare del conto era pacificamente COGNOME, così come gli assegni, incluso quello in discussione, e i protesti erano a suo nome; il controllo dei documenti identificativi non era rilevante perché non vi era stata sostituzione di persona e COGNOME conosceva l’emittente; la deducente non era risultato avesse consegnato ‘carnet’ nel periodo di revoca sopra ricordato; l’atto di protesto era obbligatorio ‘ex lege’, sicché le relative spese non potevano costituire danno; non vi era un obbligo di chiusura istantanea del conto ovvero dopo un certo numero di protesti;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di compensare, almeno, le spese di lite stante la soccombenza reciproca;
con il primo motivo di ricorso incidentale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, cod. civ., 9 e 10, legge n. 386 del 1990, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che RAGIONE_SOCIALE era venuta meno anche agli obblighi correlati alle sanzioni amministrative interdittive, a quelli inerenti alla mancata riconsegna dei moduli, alla corretta identificazione al momento dell’apertura del conto, alla tempestiva segnalazione alla Banca d’Italia vigilante, sicché avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile in solido con l’emittente;
con il secondo motivo si prospetta la contraddittorietà della motivazione che aveva escluso la responsabilità solidale aquiliana di RAGIONE_SOCIALE nonostante la colposa condotta accertata nell’identificazione al momento dell’apertura del conto, il rilascio di
‘carnet’ e la mancata chiusura del conto nonostante gli accertati protesti, la mancata acquisizione della richiesta di rilascio dei moduli con l’attestazione di assenza d’interdizione all’emissione di titoli, la mancata valutazione della sequenza di emissione di assegni attestante la consegna nel periodo di revoca «dall’iscrizione al CAI»;
Considerato che
preliminarmente dev’essere evidenziato che parte ricorrente incidentale ha chiesto la rimessione in termini stante il deposito dell’atto un giorno dopo la scadenza, per essere stato effettuato il corretto tentativo di invio il giorno precedente con rifiuto del sistema telematico dell’Ufficio per non meglio specificati motivi tecnici;
l’istanza, quale documentata, va accolta;
il tempestivo ricorso incidentale in parola, sebbene indicato come subordinato, non è effettivamente tale mirando a censure indipendenti e opposte rispetto a quelle del gravame principale;
i relativi motivi sono da esaminare congiuntamente per connessione, in uno al primo motivo di ricorso principale;
tutte le suddette censure sono in parte inammissibili, in parte infondate;
la Corte di appello, con distinta e decifrabile ragione decisoria, ha condiviso l’assunto di fondo del Tribunale per cui l’effettiva fonte di danno correlato all’importo dell’assegno è l’emissione di quest’ultimo senza provvista, non la condotta, per quanto professionalmente negligente, del trattario;
va aggiunto che l’identificazione con documento invalido del soggetto al momento dell’apertura del conto è in realtà, al riguardo, irrilevante, posto che non si tratta del pagamento di titoli (sottratti) a persone diverse dai reali prenditori;
parimenti, sul punto, il fatto che il traente fosse stato più volte protestato e che questo, nella ricostruzione della Corte territoriale, avrebbe dovuto indurre il trattario a chiudere il conto, quindi recedendo dal rapporto, al pari delle altre condotte richiamate a supporto dal ricorrente incidentale peraltro evocando non meglio precisate comminatorie di sanzioni amministrative, non sono all’origine del pregiudizio che sarebbe restato lo stesso, ovvero il mancato pagamento (restitutorio) dell’obbligazione da parte del debitore, come dell’emittente nell’ipotesi ex art. 3 della legge n. 386 del 1990 , non traslabile sul trattario salva l’ipotesi ex art. 10, legge n. 386 del 1990, su cui si sta per tornare;
tutto ciò a differenza delle spese di protesto, poiché, chiudendo il conto, sarebbero state evitate, proprio per la necessità legale di elevarlo;
quanto al fondamento di tale responsabilità di RAGIONE_SOCIALE, la ragione decisoria della Corte di appello non risulta specificatamente censurata con il primo motivo di ricorso principale, che deduce solo e assertivamente, al riguardo, la mancanza di uno specifico obbligo alla chiusura del conto al primo protesto per difetto di provvista ovvero dopo un determinato numero, in tesi minimo o massimo, di tali accadimenti;
quest’ultima censura non si misura specificatamente con la ‘ratio’ in parola fondata sull’obbligo generale di diligenza professionale dell’intermediario evincibile dall’art. 1173, cod. civ.;
infatti, quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dev ‘ essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici
della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., ad esempio, Cass., 21/08/2020, n. 17570);
quanto, invece, alla responsabilità solidale invocata ex art. 10, legge n. 386 de 1990, che testualmente può coinvolgere il trattario a rispondere dell’importo dell’assegno, per rilascio di moduli nel periodo di revoca, il secondo motivo di ricorso incidentale ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. -dal quale peraltro neppure è possibile comprendere il riscontro all’esatto periodo della revoca stessa -è inammissibile perché, sul punto, vi è una doppia decisione conforme di rigetto dei giudici di merito (art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., ‘ratione temporis’ applicabile) e l’istante non ha dimostrato, nel gravame per il principio di specificità di questo (art. 366, n. 6, cod. proc. civ.), che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito sono state diverse (Cass., 22/12/2016, n. 26774, Cass., 28/02/2023, n. 5947);
si è in altri termini cristallizzato l’accertamento con cui è stato escluso il rilascio di moduli nei periodi di legittima revoca (pag. 5 della decisione in questa sede gravata), sicché la stessa ipotesi d’iscrizione temporalmente ritardata nell’archivio ex artt. 10 -bis e 10-ter, legge n. 386 del 1990, pretesamente imputabile a di RAGIONE_SOCIALE, non è suscettibile di divenire oggetto di censura davanti a questa Corte, oltre a essere è oggetto -si osserva per completezza -di un complessivo quanto parimenti inammissibile tentativo di rilettura istruttoria neppure idoneamente comprensibile nella sequenza cronologica confusamente affermata;
non è quindi possibile ipotizzare un errore di giudizio del giudice di merito, presupponente un accertamento diverso da quello così consolidatosi;
il secondo motivo di ricorso principale è fondato;
la domanda attorea conteneva infatti più capi, come dimostrato pure dalla richiesta di condanna alla penale ex art. 3, legge n. 386 del 1990, sicché vi era soccombenza reciproca (a mente del principio di Cass., Sez. U., 31/10/2022, n. 32061) e, dunque, escludendo la compensazione delle spese di lite, la Corte territoriale avrebbe comunque dovuto misurare la soccombenza prevalente (cfr. Cass., 21/01/2020, n. 1269, pur riferita al caso di soccombenza reciproca relativa a domande contrapposte), e nell’ipotesi è prevalente il valore del capo rigettato (quello riferito al valore dell’assegno) ;
non essendo necessari ulteriori accertamenti può decidersi nel merito, compensando integralmente le spese processuali per soccombenza reciproca (non essendo necessariamente presupposta, a tal fine, un’esatta proporzionalità tra le posizioni contrapposte: cfr. Cass., 20/12/2017, n.30592 e Cass., 26/05/2021, n. 14459);
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso principale e il ricorso incidentale, accoglie il secondo motivo di ricorso principale, cassa in relazione la decisione impugnata e, decidendo nel merito, compensa le spese processuali dell’intero giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18/12/2023.