Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8816 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8816 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3439/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato i INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente all’incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente all’incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente all’incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2999/2020 depositata il 19/11/2020; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/3/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che
:
RAGIONE_SOCIALE conveniva davanti al Tribunale di Sondrio Bortolo COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE perché fossero condannati ex articolo 1916 c.c., in forza di surroga rispetto alle sue assicurate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, a rimborsarle la somma da essa versata alle suddette, quale indennizzo, ammontante ad euro 450.500, per i danni che i convenuti avrebbero cagionato al Rifugio Valtellina – di proprietà di RAGIONE_SOCIALE e gestito all’ epoca, per contratto di affitto, da RAGIONE_SOCIALE -, distrutto da un incendio il 10 ottobre 2010.
Nello sviluppo del contraddittorio, venivano chiamati altri soggetti, tra cui, per quanto qui interessa, la RAGIONE_SOCIALE, chiamata dal
COGNOME; inoltre COGNOME, entrata in liquidazione, presentava domanda riconvenzionale nei confronti dei convenuti e di RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale rigettava ogni domanda con sentenza n. 269/2018.
NOME proponeva appello principale e NOME appello incidentale.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2999/2020, sempre per quanto qui interessa, rigettava l’appello principale e accoglieva quello incidentale, condannando solidalmente COGNOME, COGNOME e COGNOME a corrisponderle la somma di euro 315.000 oltre accessori.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso principale, fondato su unico motivo; difendendosene con controricorso, NOME vi ha anche proposto ricorso incidentale, articolato in quattro motivi; NOME ha presentato controricorso avverso il ricorso principale; RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso avverso il ricorso incidentale; RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso avverso entrambi i ricorsi. La ricorrente principale e RAGIONE_SOCIALE hanno presentato memoria.
Considerato che :
Si esamina in primis il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE, che, come già si è detto, è basato su un unico motivo, articolato in effetti in due censure ma denunciante per entrambe violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2043 c.c. e 9 l. 5 marzo 1990 n. 46.
1.1 In primo luogo la Corte d’appello, nella sentenza impugnata, sub 7.7, dichiara la ricorrente fornitrice e installatrice dell’impianto di riscaldamento, e perciò tenuta alla certificazione di cui all’articolo 9 l. 46/1990; per non essere responsabile, quindi, la ricorrente avrebbe dovuto precisare che la certificazione da essa fornita non comprendeva la corretta posa (in realtà, secondo il giudice d’appello, scorretta) della canna fumaria, perché opera eseguita da un altro soggetto – il COGNOME -.
Secondo la ricorrente, in tal modo la corte territoriale ‘travisa il contenuto precettivo’ del citato articolo 9, che richiede all’installatore soltanto ‘la certificazione che l’impianto realizzato è conforme alla regola dell’arte’, non includendo la verif ica di funzionalità dell’impianto.
Se tuttavia si ritenesse inclusa nella norma anche tale verifica, la ricorrente ‘non avrebbe mai potuto rilevare lo scorretto posizionamento della canna … che non incideva negativamente sulla funzione del manufatto di smaltimento dei fumi della combustione ‘.
La specificazione, secondo il giudice d’appello omessa da parte della ricorrente, sarebbe comunque un adempimento non previsto da tale norma, e per di più sarebbe anche inutile, dal momento che riguarderebbe una ‘dichiarazione dovuta al committente’, il quale già sapeva che l’attuale ricorrente non aveva fornito e installato la canna, avendo il committente stesso incaricato di ciò Il COGNOME (e questa sarebbe ‘in punto di fatto’ una circostanza incontroversa). La certificazione, invero, avrebbe avuto soltan to lo scopo ‘di attestare al committente la corretta esecuzione delle opere di fatto eseguite’.
1.2 In secondo luogo, il giudice d’appello, una volta accertata la condotta colposa della ricorrente, ‘omette la … verifica del nesso causale con l’evento lesivo’, che comunque non sussisterebbe, perché ‘tale specificazione, peraltro non dovuta, era già no ta al committente’.
Quindi, la condotta della ricorrente non sarebbe colposa, perché la precisazione omessa non sarebbe stata dovuta, e in ogni caso non rappresenterebbe ‘un antecedente dotato di efficienza causale’ rispetto all’evento incendio.
2.1 Il primo submotivo è inammissibile, in quanto il giudice d’appello, oltre alla ratio decidendi oggetto della critica in esso veicolata tra l’altro, evidentemente, in parte fattuale – (si vedano le pagine 27-28 della sentenza), adotta anche un’altra r atio decidendi (si veda a pagina 28 della sentenza) così come segue: ‘Ad abundantiam … non è stata fornita prova adeguata da parte di RAGIONE_SOCIALE di avere realizzato e certificato l’impianto sulla base di un progetto. In atti è stato depositato dal geometra COGNOME un progetto a firma RAGIONE_SOCIALE definito
come <> e, benché nell’attestazione di conformità rilasciata da RAGIONE_SOCIALE se ne dia atto, non vi è traccia di un progetto definitivo.’ Evidentemente la corte territoriale anche in tal modo ha ritenuto sussistente la colpa specifica di una condotta che, come espone, a suo avviso ha causato l’evento, cioè l’incendio.
Per assoluta chiarezza, si osserva pure che l’articolo 9 l. 46/1990, vigente all’epoca della costruzione dell’edificio poi incendiato, rubricato ‘Dichiarazione di conformità’, nel primo comma statuisce che al termine dei lavori l’impresa installatrice deve rilasciare al committente la dichiarazione di conformità degli impianti che ha realizzato ‘nel rispetto delle norme di cui all’articolo 7’ (norma che impone l’esecuzione degli impianti ‘a regola d’arte’, spiegando come questo deve intendersi nella fattispecie), e nel secondo comma dispone che della dichiarazione di conformità indicata nel primo comma costituisce parte integrante, tra l’altro, ‘ove previsto, il progetto di cui all’articolo 6’. E l’articolo 6, rubricato ‘Progettazione degli impianti’, al pri mo comma rende poi obbligatorio il progetto per l’installazione degli impianti di cui all’articolo 1, lettera a) – impianti elettrici entro edificio ad uso civile – e lettera c) – impianti di riscaldamento azionati (tra l’altro) da fluido di qualsiasi natu ra e specie -. L’attuale ricorrente (si veda nella sentenza a pagina 10) era proprio l’appaltatrice dei lavori di realizzazione dell’impianto termico, onde è ben comprensibile perché il giudice d’appello abbia ritenuto di inserire anche questa seconda ratio decidendi ; e la ricorrente non l’ha affrontata, rendendo questo primo submotivo inammissibile.
2.2 Il secondo submotivo mira – con assoluta evidenza – a indurre ad espletare una valutazione fattuale alternativa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, incorrendo così nell’inammissibilità.
Tutto il ricorso, pertanto, risulta inammissibile.
Deve a questo punto esaminarsi il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE.
3.1.1 Il primo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2055, 2053, 1617 c.c. e del
contratto di affitto d’azienda che avevano stipulato l’attuale ricorrente e RAGIONE_SOCIALE nonché della consulenza tecnica d’ufficio svolta dal tecnico COGNOME sulla stima dei danni.
La censura si riferisce al rigetto del terzo motivo d’appello principale, indicando varie ragioni per cui sarebbe errata la motivazione della corte territoriale al riguardo (motivazione rinvenibile a pagina 17 della sentenza impugnata).
3.1.2 Si tratta, in sostanza, di asserti fattuali, ed altresì di argomenti introducenti un novum – come il risarcimento dei danni che dovrebbe CAI-RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’articolo 1617 c.c. per il ritardo nella ricostruzione del rifugio e il non averlo costruito entro il termine di 210 giorni stimato dal consulente tecnico d’ufficio del primo gr ado -.
Ne consegue l’inammissibilità del motivo.
3.2.1 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo: ‘omessa valutazione dell’allegato … 7 del documento 17 fascicolo di parte ricorrente di primo grado’.
Affermando che non vi sarebbe prova del lucro cessante, il giudice d’appello avrebbe omesso di considerare che, insieme alla perizia che costituisce il documento 17, l’attuale ricorrente aveva prodotto ‘l’intero libro giornale della RAGIONE_SOCIALE relativo agli anni 2004 (data di costituzione della società) ed integrali degli anni 2009 e 2010′, sufficienti per la determinazione dei ricavi della società. Pertanto, la corte territoriale avrebbe errato laddove afferma che ‘l’appellante non ha fornito la prova del l’ COGNOME ‘, poiché con il libro giornale l’attuale ricorrente avrebbe ‘dimostrato puntualmente e documentalmente i propri ricavi’.
3.2.2 Qui si verifica evidentemente la fattispecie di cui all’articolo 348 ter, ultimo comma, c.p.c. ratione temporis applicabile, per cui il motivo è inammissibile.
3.3.1 Il terzo motivo lamenta, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 115 c.p.c., 2697 c.c., 61 e 191 c.p.c. La ricorrente osserva che il giudice d’appello ha qualificato la perizia di parte mera allegazione, deducendone che ‘il … valore probatorio è nullo’. Invece ‘i
documenti prodotti’ sarebbero stati sufficienti per disporre una consulenza tecnica d’ufficio contabile.
3.3.2 Si tratta di un’evidente questione di merito istruttorio, che conduce la censura alla inammissibilità.
3.4.1 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 24 e 111 Cost.
La Corte d’appello, ritenendo manifestamente infondato il terzo motivo del gravame, ha ritenuto superfluo esaminarne i primi due motivi attinenti all’accertamento della responsabilità degli appellati.
NOME aveva chiesto di accertare la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale di RAGIONE_SOCIALE nonché di RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME e anche un ulteriore soggetto, chiamato da NOME stessa, NOME – che aveva costruito le parti in legno -. La responsabilità di NOME, COGNOME e COGNOME è stata accertata e dichiarata sussistente accogliendo l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE. La corte territoriale invece non avrebbe considerato la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE per non avere ritenuto provato alcun danno subito dall’attuale ricorrente ulteriore a quanto già risarcitole (qui la ricorrente si riferisce evidentemente a quanto le aveva corrisposto NOME, la quale nella sua azione surrogatoria non aveva convenuto CAI-RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, chiamato in causa proprio da RAGIONE_SOCIALE: si veda nella sentenza impugnata, a pagina 11).
Il motivo argomenta in ordine ai danni che la ricorrente avrebbe subito, riconducendoli alla fattispecie dell’articolo 2053 c.c. e anche al suo ruolo di affittuaria, reputando che tutto ciò gravi su RAGIONE_SOCIALE e cercando supporto anche in elementi fattuali, come l’epoca della riapertura del rifugio (novembre 2014) e altresì nel rifiuto di RAGIONE_SOCIALE di riacquistare i beni dell’attuale ricorrente al termine del contratto (su questo si veda il ricorso, a pagina 25).
3.4.2 La Corte d’appello, come si ammette pure nel motivo, ha ritenuto che il risarcimento dei danni alla ricorrente sia stato effettuato da RAGIONE_SOCIALE, non
essendo stato ‘provato alcun danno ulteriore’. La censura quindi è fattuale, e per di più presenta nella parte finale un evidente novum quale la questione del riacquisto dei beni al termine del contratto.
Sotto entrambi i profili, dunque, il motivo risulta inammissibile.
Pertanto, l’intero ricorso incidentale è inammissibile.
In conclusione, entrambi i ricorsi sono inammissibili.
Quanto alle spese, si ritiene equa la compensazione in tutti i rapporti processuali del giudizio di legittimità, considerata la notevole peculiarità dell’evento da cui la vicenda processuale è derivata.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili entrambi i ricorsi e compensa le spese processuali.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il rispettivo ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2024