Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1221 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1221 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 5134/2023 r.g. proposto da:
NOME, fu NOME, nata a Roma l’DATA_NASCITA, in proprio e nella qualità di amministratore di sostegno di NOME, NOME NOME, NOME NOME, NOME, NOME NOME, NOME, NOME NOME, e COGNOME NOME, nella loro qualità di eredi beneficiari di COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi, con poteri disgiunti, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso, oltre che giusta procura in calce all’atto di costituzione di difensore del 9/12/2024, per gli eredi beneficiari di COGNOME NOME
-ricorrenti –
contro
e
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, per procura rilasciata su foglio separato e congiunto al controricorso
-controricorrente-
e
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura stesa in foglio separato e congiunto al controricorso dall’AVV_NOTAIO, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni all’indirizzo di posta elettronica certificato indicato
-controricorrente-
e
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata-
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 840/2022 depositata in data 20/12/2022;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 8/1/2025 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE con delibera n. 1 dell’11/1/1990 approvava il progetto di massima relativo ad un insediamento RAGIONE_SOCIALE da
realizzare a sud di RAGIONE_SOCIALE; con convenzione dell’1/3/1990 i lavori venivano affidati all’impresa RAGIONE_SOCIALE, quale RAGIONE_SOCIALE e capogruppo del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE formato anche dalla RAGIONE_SOCIALE, dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 12 RAGIONE_SOCIALE convenzione e dell’art. 42 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE n. 21 del 1985 i procedimenti espropriativi venivano delegati alla concessionaria RAGIONE_SOCIALE.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con atto del 30/11/1990 autorizzava l’immediata occupazione del terreno di proprietà di NOME.
La presa di possesso avveniva il 21/1/1991 da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. I lavori venivano iniziati nel 1991, con l’irreversibile trasformazione del bene verificatasi nel giugno 1991. I lavori terminavano nel luglio 1995.
1.1 Il Tar RAGIONE_SOCIALE con la sentenza del 25/2/1995 annullava il decreto di occupazione per inefficacia RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di pubblica utilità, in quanto carente dei termini di inizio e fine dei lavori.
Con atto di citazione del maggio 1995 NOME COGNOME agiva in giudizio per la dichiarazione di illegittimità dell’occupazione dei terreni 390,391,392,393,394,399,400, 1022, 1066 e 1067.
In particolare, per quel che ancora qui rileva, la richiesta dell’attrice si fondava sulla mancata tempestiva emanazione del decreto di esproprio – mai emesso – (ed irreversibile trasformazione del bene), pur sussistendo i termini di inizio e fine lavori nella dichiarazione di pubblica utilità (occupazione acquisitiva).
Il tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 13/1/1999 condannava al risarcimento dei danni il RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, con condanna degli stessi in solido al pagamento
RAGIONE_SOCIALE somma di euro 1.870.180,81, per carenza di valida dichiarazione di pubblica utilità (quindi per occupazione usurpativa).
Diversamente, l’attrice, per quel che ancora qui rileva, aveva fondato le proprie ragioni di credito sulla sussistenza dei termini di inizio e di fine dei lavori nella dichiarazione di pubblica utilità, non seguita però dal tempestivo decreto di esproprio – mai emesso essendo intervenuta l’irreversibile trasformazione del bene.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 3/3/2000, rigettava l’impugnazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE, dal RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, reputando sussistere la solidarietà tra i convenuti.
4.1. In data 11/7/2000 decedeva NOME COGNOME.
4.2. In data 21/2/2001 il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE versava agli eredi di NOME la somma di euro 2.912.962,37. Successivamente, in data 1/12/2022 decedeva anche NOME COGNOME, erede di NOME.
Avverso la sentenza d’appello proponeva ricorso principale la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sulla base di sei motivi, venendo accolto solo il quarto motivo.
5.1. Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE deduceva la violazione degli articoli 2043, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., avendo svolto le proprie funzioni quale semplice delegata al compimento degli atti espropriativi, non sussistendo dunque alcuna colpa nell’adempimento RAGIONE_SOCIALE delega.
5.2. Con il secondo ed il terzo motivo la RAGIONE_SOCIALE deduceva la violazione dell’art. 2055 c.c., dovendo la colpa essere ripartita tra i condebitori solidali, senza che fosse necessaria alcuna domanda riconvenzionale nei confronti degli altri condebitori solidali.
5.3. Con il quarto motivo la RAGIONE_SOCIALE deduceva, quanto al primo profilo, che la Corte d’appello aveva escluso la sussistenza di una
valida dichiarazione di pubblica utilità per la mancata indicazione dei termini RAGIONE_SOCIALE opere e dei lavori, mai dedotta da parte RAGIONE_SOCIALE attrici (motivo accolto dalla Corte di cassazione).
5.4. Restavano assorbiti i motivi quinto e sesto.
Avverso la medesima sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello proponeva ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi, tutti accolti.
6.1. Con il primo ed il secondo motivo si deduceva la sussistenza di una concessione traslativa, con delega alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
6.2. Con il terzo motivo il RAGIONE_SOCIALE censurava la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale, in quanto vi era stata una sostituzione d’ufficio dell’azione proposta dall’attrice. Quest’ultima, infatti, aveva chiesto il risarcimento dei danni per essersi verificata una occupazione acquisitiva, in presenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, che recava i termini di inizio e di fine dei lavori, non seguita però dal decreto di esproprio, con l’irreversibile trasformazione del bene.
Al contrario, il tribunale, come pure la Corte d’appello, avevano invece ritenuto trattarsi di occupazione usurpativa, con inefficacia RAGIONE_SOCIALE originaria dichiarazione di pubblica utilità, che non recava l’indicazione dei termini per l’inizio e la fine dei lavori.
Proponeva ricorso incidentale il RAGIONE_SOCIALE, sulla base di quattro motivi, con accoglimento del primo da parte RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione.
7.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale il RAGIONE_SOCIALE deduceva la violazione degli articoli 345 c.p.c. e 2055 c.c., non essendovi stato alcun concorso del RAGIONE_SOCIALE nella verificazione del danno.
Nessuna rilevanza causale da parte del RAGIONE_SOCIALE poteva rinvenirsi nell’ordinanza del sindaco di occupazione temporanea dell’RAGIONE_SOCIALE, successivamente annullata dal Tar.
7.2. Restavano assorbiti i motivi secondo, terzo e quarto.
Veniva rigettato il primo motivo di ricorso incidentale dell’attrice NOME.
Restava assorbito il secondo motivo.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 15687 del 12/12/2001, accoglieva il quarto motivo di ricorso principale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, i motivi primo, secondo e terzo di ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE ed il primo motivo del ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE.
9.1. Questa Corte, in accoglimento del quarto motivo di ricorso principale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e del terzo motivo di ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE, accertava che l’originaria domanda dell’attrice NOME COGNOME aveva ad oggetto una fattispecie di occupazione acquisitiva, prospettando il mancato rispetto dei termini di inizio e di fine dei lavori indicati nella dichiarazione di pubblica utilità.
Al contrario, i giudici di merito avevano invece ritenuto sussistere una fattispecie di occupazione usurpativa, con conseguente inammissibile mutatio libelli (cfr. pagina 15 RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 15687 del 2001 «laddove l’occupazione illegittima ravvisata dal tribunale e dalla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ( c.d. usurpativa) presuppone la mancanza in radice RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di p.u. e perciò esula dalla materia espropriativa, rientrando fra i comuni fatti illeciti permanenti disciplinati dall’art. 2043 c.c. in cui non è ravvisabile in capo alla PA l’espressione di alcuna funzione amministrativa, né l’esercizio di poteri ablativi»).
Chiariva questa Corte che «l’occupazione espropriativa nasce da un atto di autorità dell’amministrazione espropriante che, pur priva di un titolo legittimo, attua l’irreversibile trasformazione
dell’immobile privato appreso, inglobandolo nell’opera preventivata dalla dichiarazione di p.u. e così acquistandone la proprietà a titolo originario».
Diversamente – precisava la Corte – «tutt’altra situazione è configurabile nell’illegittima occupazione ritenuta di ufficio dalla sentenza impugnata in cui il proprietario, per converso, conserva e mantiene il proprio diritto dominicale sull’immobile, nonché in via primaria, quello di chiederne la restituzione; ed in cui l’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. è esperibile soltanto se (e solo perché) egli, per una propria scelta discrezionale, rinunci ad ottenere il rilascio del bene e preferisca invece, abbandonarono definitivamente all’occupante e conseguire in cambio la completa reintegrazione economica del pregiudizio sofferto».
Si chiariva, dunque, che non era consentito al giudice di merito «sostituire d’ufficio» la domanda di danni da occupazione espropriativa con quella di risarcimento per occupazione usurpativa.
Si rimarcava che «i giudici di appello, dopo aver riferito che l’attrice aveva dedotto di aver subito l’occupazione espropriativa del suo immobile per l’avvenuta decadenza RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di p.u., sono incorsi nel lamentato vizio di extrapetizione modificando sia questa causa petendi a sostegno RAGIONE_SOCIALE pretesa risarcitoria (che ne è risultata, perciò del pari modificata) che le circostanze di fatto ad essa sottese, invece individuate nell’originaria mancanza RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di p.u.; per cui il giudice di rinvio dovrà procedere a nuovo esame RAGIONE_SOCIALE richieste e RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche RAGIONE_SOCIALE ricorrente incidentale, applicando i principi di diritto ora esposti».
9.2. Questa Corte, con la sentenza n. 15687 del 2001, accoglieva, poi, il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE ed il primo motivo di ricorso incidentale del
RAGIONE_SOCIALE, ravvisando sussistere la fattispecie RAGIONE_SOCIALE concessione traslativa.
La delega in favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quale capogruppo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, era fondata sull’art. 42 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE n. 21 del 1985, oltre che nell’art. 12 RAGIONE_SOCIALE convenzione dell’1/3/1990.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dunque, aveva agito in nome proprio ed era l’unica responsabile del danno verificatosi. La concessionaria era subentrata nella titolarità e nella conduzione del procedimento espropriativo, e ciò sia per l’espletamento legittimo di tale adempimento, sia per la responsabilità extracontrattuale; anche per l’illegittimo protrarsi del periodo di occupazione temporanea. Pur potendo verificarsi un concorso dell’ente concedente, in presenza di determinate circostanze.
Nella specie, dunque, il concessionario «pur restando sottoposto ai poteri di supremazia, di ingerenza e di controllo di detta amministrazione, agisce in nome proprio quale organo indiretto dell’amministrazione ed in tale qualità compie materialmente l’RAGIONE_SOCIALE ablativa (sia pure per conto di quella) con la conseguenza che è il solo responsabile RAGIONE_SOCIALE obbligazioni assunte in dipendenza di essa» (cfr. pagina 30 RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di questa Corte n. 15687 del 2001).
Tale situazione era «in tutto e per tutto assimilabile alle figure organizzatorie di diritto pubblico aventi rilevanza esterna RAGIONE_SOCIALE delegazione amministrativa intersoggettiva, dell’affidamento improprio e RAGIONE_SOCIALE sostituzione».
Risultava, invece, «decisivo il conferimento al concessionario […] del compito di predisporre ed espletare anche le operazioni e gli atti necessari per l’espropriazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE necessarie alla realizzazione dell’opera».
In tal modo – a giudizio di questa Corte – «per effetto RAGIONE_SOCIALE sostituzione operata dal provvedimento di concessione, [il concessionario] subentra al [concedente] nella titolarità e nella conduzione RAGIONE_SOCIALE procedura ablativa e risponde direttamente nei confronti dei terzi sia nell’ipotesi in cui la stessa venga espletata legittimamente sia, a maggior ragione atteso il carattere personale RAGIONE_SOCIALE responsabilità aquiliana, per le deviazioni di questa dal modello legale: e quindi non solo per l’illegittimo protrarsi del periodo di occupazione temporanea […] nonché per l’irreversibile trasformazione dell’immobile senza la preventiva acquisizione del decreto di esproprio, ma anche per ogni altro vizio inficia anche il procedimento espropriativo e tale da determinare l’inesistenza del potere ablativa».
Con la precisazione che la responsabilità del concessionario sussisteva anche «ed a maggior ragione ove l’RAGIONE_SOCIALE illegittima compiuta esuli dalla funzione espropriativa trasferita dal concedente e si traduca in una mero comportamento materiale attuato in violazione del precetto generale dell’art. 2043 c.c.: a meno che tale illiceità non sia stata causata dal concedente o quest’ultimo vi abbia concorso, dovendosi tuttavia, in tal caso, individuare i fatti costitutivi di detta responsabilità che invece la Corte di appello ha fondato sull’erronea qualifica di ‘ente espropriante’ attribuita al RAGIONE_SOCIALE».
10. La Corte d’appello di Palermo, in sede di primo rinvio, con sentenza del 19/7/2004, n. 914, rilevava che l’attrice aveva chiesto l’indennizzo da occupazione acquisitiva, mentre la Corte di cassazione aveva ritenuto che vi era carenza di dichiarazione di pubblica utilità, con il conseguente rigetto RAGIONE_SOCIALE domanda dell’attrice (poi degli eredi RAGIONE_SOCIALE stessa).
Infatti, «l’attrice originaria, NOME COGNOME, aveva proposto una domanda risarcitoria da c.d. occupazione acquisitiva, fondandola sul presupposto che il giudice amministrativo aveva annullato il decreto di occupazione del bene e che, d’altra parte, erano inutilmente scaduti i termini RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di p.u., Inizialmente valida ed efficace, sicché la procedura ablativa era proseguita in carenza di potere»; mentre, nel caso di specie, non era «configurabile siffatta ipotesi, in quanto né il decreto di finanziamento dell’opera né la successiva delibera di approvazione del progetto recano la necessaria previsione dei termini, iniziale e finale, di esecuzione dei lavori, con la conseguenza che la radicale mancanza di tali termini renderebbe illegittima ab origine l’eventuale occupazione e successiva trasformazione del bene da parte RAGIONE_SOCIALE PA»; di qui, la conclusione per cui «la domanda risarcitoria deve essere rigettata».
Restava assorbita la questione sulla titolarità passiva del rapporto.
Con il secondo ricorso per cassazione – a seguito del giudizio di rinvio – il RAGIONE_SOCIALE chiedeva la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme pagate agli attori, in quanto la Corte d’appello aveva omesso ogni pronuncia su tale domanda in sede di rinvio.
Proponevano ricorso incidentale gli attori, per violazione degli articoli 112 e 295 c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, numeri 3,4 e 5, c.p.c., in ragione RAGIONE_SOCIALE mancata sospensione del giudizio in attesa dell’esito dell’altro giudizio da essi proposto per ottenere il risarcimento del danno da occupazione usurpativa.
Nelle more, infatti, gli eredi RAGIONE_SOCIALE attrice avevano proposto atto di citazione in data 30/12/2002 per ottenere il risarcimento del danno da occupazione usurpativa (oggetto del presente giudizio, che concerne appunto la successiva domanda di occupazione usurpativa).
La Corte di cassazione con sentenza n. 22903 del 2011 accoglieva il ricorso principale del RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’omessa pronuncia in ordine alla domanda di restituzione RAGIONE_SOCIALE somme già pagate agli attori, rigettava il ricorso incidentale degli eredi.
In particolare, per quel che ancora qui rileva, questa Corte evidenziava che gli attori avevano presentato (prima RAGIONE_SOCIALE riassunzione) altra domanda di natura risarcitoria per occupazione usurpativa, chiedendo la sospensione di questo giudizio ex art. 295 c.p.c.
Precisava che l’art. 112 c.p.c., e la conseguente violazione, non si applicavano all’omessa pronuncia su provvedimento ordinatorio, quale era quello che respingeva la richiesta di sospensione del giudizio. Tra l’altro, non vi era stata alcuna omissione, trattandosi di rigetto implicito RAGIONE_SOCIALE richiesta.
Tale rigetto implicito era corretto, non ravvisandosi alcuna pregiudizialità tra il giudizio di occupazione acquisitiva, oggetto di esame da parte RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, e quello di occupazione usurpativa, stante l’autonomia dei due giudizi.
Non sussisteva neppure un’ipotesi di continenza tra i due processi.
L’occupazione acquisitiva, infatti, restava nell’ambito del fenomeno espropriativo, mentre l’occupazione usurpativa apparteneva all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.
Nel secondo giudizio di rinvio il RAGIONE_SOCIALE riassumeva la controversia chiedendo la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme incassate pari ad euro 3.672.111,98, oltre interessi e rivalutazione dal pagamento al soddisfo.
15.1. Si costituivano in giudizio gli eredi COGNOME chiedendo la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., in attesa dell’esito del giudizio pendente dinanzi alla CEDU e del giudizio pendente dinanzi
alla Corte d’appello, introdotto con citazione del 30/12/2002 per conseguire il risarcimento del danno da occupazione usurpativa. La domanda era stata accolta in parte dal tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 2091 del 2006.
Inoltre, gli eredi chiedevano di rispondere RAGIONE_SOCIALE restituzione nei limiti RAGIONE_SOCIALE quota di ciascuno.
Non era dovuta la rivalutazione RAGIONE_SOCIALE somma da restituire e gli interessi erano dovuti dalla data di pronuncia RAGIONE_SOCIALE condanna restitutoria, e non dalla data del pagamento RAGIONE_SOCIALE somme.
La somma da restituire non era di euro 3.672.211,98, ma di euro 2.912.962,37, perché il RAGIONE_SOCIALE aveva operato la ritenuta d’acconto pari a lire 1.359.568.368.
16. La Corte d’appello di Palermo, in sede di secondo giudizio di rinvio, con sentenza n. 122/2018, depositata il 22/1/2018, condannava gli eredi RAGIONE_SOCIALE attrice a restituire al RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 3.672.111,98.
Per quel che ancora qui rileva, la Corte d’appello rigettava la richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c., con riguardo al giudizio di risarcimento dei danni da occupazione usurpativa, iniziato con atto di citazione del 30/12/2002, non ravvisando alcuna pregiudizialità.
Rigettava anche la richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. prendendo il giudizio dinanzi alla CEDU, in quanto tale domanda era stata presentata nei confronti dello Stato.
Reputava legittima la ritenuta d’acconto operata dal RAGIONE_SOCIALE nella misura del 20% dell’importo, sicché gli eredi COGNOME avrebbero dovuto restituire la somma ricevuta ricomprendete anche l’imposta pagata dal RAGIONE_SOCIALE quale sostituto di imposta.
Affermava che la condanna nei confronti degli eredi doveva avvenire pro quota.
Non riconosceva la rivalutazione, mentre reputava spettanti gli interessi a decorrere dalla data del pagamento.
Come premesso, gli attori avevano proposto atto di citazione in data 30/12/2002 nei confronti dei medesimi convenuti per conseguire risarcimento dei danni da occupazione usurpativa.
17.1. Il tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 21/12/2006 aveva rigettato le domande proposte dagli attori nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE. Era stata invece accolta la domanda di risarcimento dei danni verso l’attrice (poi gli eredi) da NOME COGNOME per la somma di euro 1.870.180,81.
17.2. Nel giudizio di appello si costituiva dapprima il RAGIONE_SOCIALE in data 2/4/2008.
Successivamente, a seguito di interruzione del giudizio pronunciata all’udienza del 21/1/2013 su dichiarazione che i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Regione RAGIONE_SOCIALE erano stati soppressi e posti in RAGIONE_SOCIALE ex art. 19 legge RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012 ed era stato costituito l’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, si costituivano in sede di appello, sia il RAGIONE_SOCIALE, in RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ex art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE siciliana n. 3 del 2013, in combinato disposto con l’art. 19, comma 8, RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012, in data 8/7/2013, sia l’RAGIONE_SOCIALE, in data 6/7/2013, con il medesimo difensore NOME COGNOME (il commissario straordinario – per entrambe le parti costituite – era il geometra NOME COGNOME).
17.3. La Corte d’appello con sentenza del 27/5/2014 aveva ritenuto la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Una volta esclusa la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, per essersi formato il giudicato interno, a seguito RAGIONE_SOCIALE pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte di
cassazione n. 15687 del 2001, veniva però riconosciuta la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE.
Ad avviso RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello, dunque, sussisteva la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, in quanto i fatti costitutivi RAGIONE_SOCIALE responsabilità andavano rinvenuti, gravando sul RAGIONE_SOCIALEo «una ben precisa culpa in vigilando riconducibile all’onere di rilevare le nullità che inficiavano la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera».
17.4. Avverso il ricorso per cassazione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso e con ricorso incidentale l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del commissario straordinario e legale rappresentante geometra NOME COGNOME, giusta determinazione n. 47ME dell’8/8/2014, nella qualità di presidente dell’RAGIONE_SOCIALE, e, in quanto tale, ex art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013, ai sensi dell’art. 19, comma 8, RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012, quale «legale rappresentante pro tempore del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
17.5. La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 27304 del 26/10/2018, ha rigettato il secondo motivo di ricorso principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in ordine alla richiesta di mancata sussistenza di addebito alla stessa, in quanto la PA aveva omesso di fissare i termini per l’inizio e la fine dei lavori.
La Corte di cassazione, con la medesima ordinanza n. 27304 del 2018, ha accolto il ricorso incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, in qualità di «avente causa» del RAGIONE_SOCIALE, ex articoli 1292, 1294 e 2043 c.c., per la dichiarazione di assenza di responsabilità del RAGIONE_SOCIALE.
17.6. In particolare, per quel che ancora qui rileva, questa Corte, con ordinanza n. 27304 del 2018, escludeva la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, accogliendo il primo motivo di ricorso incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE.
Richiamava, in particolare, la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 15687 del 2011, «pronunciata nel precedente giudizio svoltosi tra le medesime parti ed avente ad oggetto il risarcimento dei danni per occupazione acquisitiva, dalla quale emergeva che RAGIONE_SOCIALE aveva affidato la realizzazione dell’opera in concessione alla RAGIONE_SOCIALE COGNOME, delegando alla stessa la gestione RAGIONE_SOCIALE procedure espropriative e trasferendole i relativi poteri ed oneri, ivi compresi il pagamento RAGIONE_SOCIALE relative indennità».
Pertanto – aggiungeva la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 27304 del 2018, «alla stregua di tale accertamento, avente efficacia di giudicato tra le parti, la sentenza impugnata ha correttamente confermato la responsabilità dell’impresa, in qualità di autrice RAGIONE_SOCIALE condotta materiale che costituiva fondamento dell’illecito, addebitandole pertanto le conseguenze dell’illegittimità dell’occupazione, ancorché determinata dall’inefficacia RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di pubblica utilità, annullata dal giudice amministrativo per difetto dell’indicazione dei termini di inizio e compimento dei lavori».
Si era formato, dunque, il giudicato interno in ordine alla responsabilità esclusiva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Proseguiva la Corte di cassazione, sempre con l’ordinanza n. 27304 del 2018, soffermandosi sull’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE concessione traslativa, con responsabilità esclusiva RAGIONE_SOCIALE concessionaria. La responsabilità di quest’ultima nei confronti dei terzi si estendeva «ad ogni RAGIONE_SOCIALE, giuridica immateriale, connessa all’esercizio RAGIONE_SOCIALE predette funzioni, indipendentemente dalla circostanza che l’illecito sia indirettamente riconducibile ad un’omissione del concedente, la cui concorrente responsabilità resta configurabile esclusivamente nell’ipotesi in cui l’attribuzione di poteri al concessionario e l’accollo
degli obblighi indennitaria un risarcitori da parte dello stesso non trovino fondamento in una norma che espressamente autorizzi».
Chiariva la Corte di cassazione che «tale ipotesi, nella specie non è stata neppure prospettata, e ciò nonostante la Corte di merito ha ritenuto di dover affermare anche la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, in virtù RAGIONE_SOCIALE mera osservazione che, una volta trasformatasi l’occupazione in usurpativa, gravava anche sulle concedente un obbligo di vigilanza, derivante non più dalla convenzione stipulata con la concessionaria, bensì dei doveri generali discendenti dall’art. 2043 c.c.».
Ad esclusione di ogni forma di responsabilità a carico del RAGIONE_SOCIALE, la Corte di cassazione precisava che la responsabilità del concedente (RAGIONE_SOCIALE) poteva derivare esclusivamente se la legge «non autorizzi il trasferimento ad altri soggetti dei poteri a lui istituzionalmente spettanti o gli riservi un’effettiva potestà di intervento nei confronti del concessionario, tutela dei terzi, al cui mancato esercizio possa quindi farsi risalire direttamente o indirettamente la produzione dell’evento dannoso, del quale altrimenti il concedente non può essere chiamata a rispondere, essendosi spogliato RAGIONE_SOCIALE proprie attribuzioni in favore del concessionario, che l’esercito in nome proprio».
Peraltro, la responsabilità del concedente era esclusa anche «per l’inconsistenza del fondamento ravvisato dalla Corte di merito, la cui generica identificazione con il principio neminem laedere si pone in contrasto con la natura stessa dell’RAGIONE_SOCIALE cui il RAGIONE_SOCIALE fatto ricorso per l’affidamento dell’opera pubblica».
18. Tornando al giudizio di occupazione acquisitiva (giudizio sorto con atto di citazione del maggio 1995), gli eredi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Palermo n. 122/2018, depositata il 22/1/2018, e quindi
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME, nata a Roma l’DATA_NASCITA, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
Hanno resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, in RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Palermo n. 122/2018, depositata il 22/1/2018, ha proposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME, nata a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA.
In data 1/12/2022 decedeva NOME COGNOME, nata a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA.
I ricorrenti provvedevano all’atto di integrazione del contraddittorio ex art. 371bis c.p.c.
Con sentenza del 5/9/2024, ricorso n. 50827/2011, causa COGNOME e altri c. Italia, la Corte Edu reputava che lo Stato italiano dovesse assicurare, con mezzi adeguati, entro tre mesi, che i ricorrenti ottenessero, in modo definitivo, l’importo liquidato dalla sentenza del tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 20/12/2006.
In particolare, la CEDU ha evidenziava che «è consapevole del fatto che, benché la sentenza del tribunale di RAGIONE_SOCIALE sia passata in giudicato in ordine all’importo del risarcimento […] sia ancora in corso un procedimento a livello interno finalizzato esclusivamente a determinare quale sia l’ente responsabile. Tuttavia, in considerazione RAGIONE_SOCIALE sola constatazione di violazione di cui sopra, la Corte ritiene che, a prescindere dall’esito di tale procedimento, lo Stato convenuto sia obbligato a pagare il risarcimento per la privazione del terreno subita dalla ricorrente».
La CEDU, dunque, sottolineava che «la constatazione di violazione di cui sopra comporti per lo Stato convenuto l’obbligo di assicurare che ricorrente ottengano, in modo definitivo, l’importo
liquidato dalla sentenza del tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 20 dicembre 2006».
Precisava la CEDU che «la presente sentenza non impedisce al governo di ottenere la restituzione degli importi eventualmente già versate ricorrente eccedente l’indennizzo liquidato dal tribunale di RAGIONE_SOCIALE, o di tentare di pervenire alla compensazione RAGIONE_SOCIALE pretese dei ricorrenti e dei vari enti interni coinvolti».
La CEDU accordava a tutti i ricorrenti euro 5000,00 per il danno non patrimoniale.
Nel giudizio in cui gli eredi COGNOME hanno chiesto il risarcimento dei danni da occupazione usurpativa (oggetto di specifico esame in questa sede) la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 840/2022, del 20/12/2022, oggetto di impugnazione in questa sede, chiariva che si era ormai formato il giudicato sulla sussistenza dell’occupazione usurpativa. Come pure si era formato il giudicato in ordine all’esclusiva responsabilità RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con esclusione RAGIONE_SOCIALE responsabilità del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
24.1. Rigettava l’eccezione di estinzione del giudizio, in quanto correttamente la riassunzione dello stesso era avvenuta da parte del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE.
Ed infatti, l’art. 19, comma 8, RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012, era stato modificato dall’art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2016, in virtù del quale, «al liquidatore nominato ai sensi del presente comma è attribuita, altresì, la legale rappresentanza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Per tale ragione, per effetto RAGIONE_SOCIALE cessazione RAGIONE_SOCIALE gestioni separate, tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, facenti capo ai disciolti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, successivamente transitati nelle gestioni separate, dovevano ritenersi permanere in capo agli stessi enti
consortili posti in RAGIONE_SOCIALE, la cui rappresentanza legale spettava al liquidatore.
Pertanto, «come osservato dal RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, esso era l’unico ente legittimato alla riassunzione, a mezzo del commissario liquidatore, del giudizio di rinvio».
Non era invece passata in giudicato nei confronti del RAGIONE_SOCIALE la parte RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello n. 421 del 2014 che ne aveva riconosciuto la responsabilità.
Il ricorso per cassazione era stato proposto in via principale dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti degli eredi COGNOME, del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, mentre i ricorsi incidentali erano stati presentati solo dagli eredi COGNOME e dall’RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di cassazione aveva accolto il ricorso incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE. Da tali premesse di eredi COGNOME traevano la conclusione, erronea, per cui «non avendo il RAGIONE_SOCIALE proposto ricorso per cassazione, la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello, alla quale l’ente aveva prestato acquiescenza, [sarebbe] passata in giudicato nei confronti dello stesso in data antecedente alla pubblicazione dell’ordinanza del supremo collegio».
Tale giudicato, ad avviso degli eredi COGNOME, «resisteva nei confronti RAGIONE_SOCIALE successiva decisione, posto che del giudizio di legittimità non aveva fatto parte il RAGIONE_SOCIALE».
24.2. La Corte d’appello, con la sentenza n. 840 del 2022, non condivideva la tesi degli eredi COGNOME, rilevando che il ricorso incidentale ed il controricorso presentati dall’RAGIONE_SOCIALE «erano stati proposti in virtù di tale mandato, conferito con la determina n. 47/ME dell’8/8/2014, esplicitamente richiamato nelle relative intestazioni, anche nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE».
Chiariva la Corte di merito che «il mandato all’AVV_NOTAIO è stato conferito dal presidente RAGIONE_SOCIALE anche quale legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, secondo la normativa all’epoca vigente, giusta determina n. 47/ME dell’8/8/2014».
Del resto, la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 27304 del 2018, aveva dato atto che il controricorso, contenente ricorso incidentale, era stato proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, quale «avente causa del RAGIONE_SOCIALE».
Tra l’altro, in sede di rinvio non potevano essere dedotte questioni conoscibili ufficio, tra cui l’esistenza di un giudicato, non rilevate dalla Corte di cassazione.
24.3. Proprio la formazione del giudicato interno, sia in ordine all’esclusiva responsabilità RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sia in ordine all’esclusione RAGIONE_SOCIALE responsabilità del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, inducevano la Corte territoriale ad occuparsi «in via esclusiva [RAGIONE_SOCIALE] regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese».
24.4. Veniva rigettata, invece, la domanda di ripetizione RAGIONE_SOCIALE somme pagate agli eredi COGNOME dal RAGIONE_SOCIALE, in quanto la relativa documentazione era stata prodotta dal RAGIONE_SOCIALE solo in sede di comparsa conclusionale.
24.5. In applicazione del principio di soccombenza le spese dei vari gradi di giudizio venivano poste a carico degli eredi COGNOME, dovendosi tenere conto «del rigetto dell’appello proposto dagli eredi COGNOME», con condanna alle spese degli eredi COGNOME nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
Condannava, invece, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rimborsare le spese di eredi COGNOME.
25. La Corte di cassazione, poi, con sentenza n. 12047 del 2021 ha rigettato sia il ricorso principale presentato dalla RAGIONE_SOCIALE e dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sia il ricorso incidentale proposto dagli eredi COGNOME, avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 35 del 2018, depositata il 23/1/2018, con cui era stato rigettato il gravame principale proposto dalle 3 RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del 22/2/2011 pronunciata dal tribunale di patti.
La Corte d’appello, infatti, aveva confermato la declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. nei confronti degli eredi COGNOME, dell’atto notarile del 14 luglio 2004 con cui era stata disposta la scissione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente assegnazione RAGIONE_SOCIALE maggior parte dei suoi immobili alle altre 2 RAGIONE_SOCIALE.
26. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 3369 del 2023 ha poi rigettato il ricorso per revocazione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
27.I ricorrenti hanno proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello n. 840 del 2022, chiedendo anche la trattazione RAGIONE_SOCIALE controversia in pubblica udienza e depositando memoria scritta.
Hanno resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, depositando entrambi anche memorie scritte.
E’ rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che ha depositato la procura alle liti in data 29/3/2023, senza proporre controricorso.
CONSIDERATO CHE:
La richiesta di trattazione RAGIONE_SOCIALE controversia in pubblica udienza non merita accoglimento, non sussistendo i presupposti di cui all’art. 375, primo comma, c.p.c.
La trattazione in pubblica udienza deve essere disposta nei casi di particolare rilevanza, nonché nelle ipotesi di cui all’art. 391quater
c.p.c., ovvero nei ricorsi per revocazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione per contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Nella specie, invece, l’art. 391quater c.p.c. non trova applicazione ratione temporis , essendo stata introdotta tale disposizione dall’art. 3, comma 28, lettera o), del d.lgs. 10/10/2022, n. 149, a decorrere dal 18/10/2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 149 del 2022.
L’art. 35 del d.lgs. prevede la disciplina transitoria, stabilendo che «le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano i procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti».
Si stabilisce, poi al comma 7 dell’art. 35 che solo taluni articoli si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1 gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza adunanza in camera di consiglio, ma si tratta degli articoli 372,375,376,377,378,379,380,380-bis, 380-bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis c.p.c..
Non vi risulta compreso l’art. 391quater c.p.c..
1.1. Con il primo motivo di ricorso principale degli eredi di NOME si deduce la «violazione e falsa applicazione degli articoli 101,102,112,231,392 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.; error in procedendo per avere la Corte di appello omesso di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE».
In particolare, si osserva che nel giudizio di appello definito dalla Corte di merito di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 421 del 2014 hanno
assunto la qualità di parti processuali gli appellanti COGNOME, l’appellato comune di RAGIONE_SOCIALE, l’appellata ed appellante incidentale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oltre all’appellato RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE stessa, questi ultimi due costituitisi con due separati atti di costituzione, a seguito dell’interruzione e riassunzione del giudizio per la dichiarazione del RAGIONE_SOCIALE di essere stato posto in RAGIONE_SOCIALE. Nel giudizio di appello si era originariamente costituito il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 421 del 2014 aveva reputato il RAGIONE_SOCIALE solidalmente responsabile dell’illecito, in concorso con l’impresa RAGIONE_SOCIALE.
Nessuna statuizione era stata emessa nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE. La Corte di cassazione con l’ordinanza n. 27304 del 2018 ha giudicato sul ricorso incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE «in qualità di avente causa del RAGIONE_SOCIALE».
Ad avviso dei ricorrenti, dunque, la Corte di cassazione, esaminando il contenuto del controricorso RAGIONE_SOCIALE, avrebbe statuito «che non aveva proposto ricorso il RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE, e nemmeno il RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, ma soltanto l’RAGIONE_SOCIALE, quale avente causa del RAGIONE_SOCIALE».
In sede di giudizio di rinvio il RAGIONE_SOCIALE ha riassunto il giudizio con atto notificato il COGNOME, al RAGIONE_SOCIALE, alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma avrebbe omesso di notificare l’atto all’RAGIONE_SOCIALE.
L’RAGIONE_SOCIALE non avrebbe riassunto RAGIONE_SOCIALEmente giudizio di rinvio nonostante l’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale.
La Corte d’appello dunque, in sede di rinvio, avrebbe «omesso di emettere l’ordinanza di integrazione del contraddittorio nei confronti
dell’RAGIONE_SOCIALE»; di qui l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, con rimessione degli atti alla Corte d’appello ai sensi dell’art. 354 c.p.c..
Con il secondo motivo di impugnazione principale i ricorrenti deducono la «violazione e falsa applicazione degli articoli 324,392,394 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.; error in procedendo per violazione del principio secondo cui la Corte di merito in sede di rinvio deve attenersi alle statuizioni e motivazione RAGIONE_SOCIALE decisione RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione».
Ad avviso dei ricorrenti, dunque, poiché il ricorso incidentale per cassazione era stato proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, ma non dal RAGIONE_SOCIALE, la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello n. 421 del 2014, che aveva riconosciuto la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE, era ormai passata in giudicato.
Insomma, il RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, avrebbe prestato acquiescenza alla sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello n. 421 del 2014.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in sede di rinvio, con la sentenza n. 840 del 2022, avrebbe erroneamente ritenuto che «il controricorso ed il ricorso incidentale fossero stati proposti anche dal RAGIONE_SOCIALE, e non già soltanto dall’RAGIONE_SOCIALE (come ha sancito la Corte di cassazione)».
La Corte d’appello avrebbe persino reputato erronea l’affermazione RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, laddove ha affermato che l’RAGIONE_SOCIALE aveva agito nella qualità di «avente causa del RAGIONE_SOCIALE».
A giudizio del ricorrente, allora, «l’impugnazione incidentale RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di merito era stata proposta dall’RAGIONE_SOCIALE e non già dal RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, né dal RAGIONE_SOCIALE, il quale con la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 421/2014 era stato condannato al pagamento dell’indennizzo dovuto ai signori COGNOME in solido con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Se così è, e quindi se l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto l’impugnazione esclusivamente quale avente causa del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ne conseguirebbe «il passaggio in giudicato del capo RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 421 del 2014 relativo alle spese processuali ed il passaggio in giudicato del capo RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello relativo alla responsabilità insolito del RAGIONE_SOCIALE».
Con il terzo motivo di impugnazione principale i ricorrenti lamentano la «violazione e falsa applicazione degli articoli 112,132, comma 2, n. 4,324 c.p.c., e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
Sarebbe erroneo anche l’ulteriore passaggio RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello n. 840 del 2022, laddove ha reputato che anche a voler ritenere che RAGIONE_SOCIALE non ha proposto ricorso incidentale per cassazione in favore del RAGIONE_SOCIALE – nel giudizio di rinvio non possono essere dedotte o, comunque, esaminate neppure le questioni conoscibili d’ufficio, tra le quali l’esistenza di un giudicato precedente, non rilevate dalla Corte di cassazione, giacché il loro esame tende a porre nel nulla o limitare gli effetti RAGIONE_SOCIALE stessa sentenza di cassazione in contrasto con il principio RAGIONE_SOCIALE sua intangibilità.
Tuttavia, in relazione alla dedotta non emendabilità dell’errore di diritto nel quale sarebbe incorsa la Corte di cassazione, osservano i ricorrenti che «se l’errore non fosse emendabile in sede di rinvio, la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata costituirebbe un evidente
ipotesi di motivazione contraddittoria, al di sotto del minimo costituzionale».
Inoltre, la differenza tra la legge RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2016 e l’art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013 consiste soltanto nella modifica del legale rappresentante commissario liquidatore: prima con la legge RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013 era il presidente dell’RAGIONE_SOCIALE, poi invece andava nominato un commissario dei funzionari degli ex RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non è stata però eliminata, tanto più che «non è stato in sentenza specificato se fosse trascorso infruttuosamente il termine di cui all’articolo 4 dell’art. 19 L.R. 8/2012 […] né è stato indicato se fossero state chiuse le operazioni di RAGIONE_SOCIALE entro 180 giorni».
Con il quarto motivo di impugnazione principale i ricorrenti deducono la «violazione e falsa applicazione degli articoli 91,92 e 93 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
La nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata del processo determinerebbe la nullità di tutte le statuizioni, comprese quelle sulle spese giudiziali.
In ogni caso, non doveva essere pronunciata la condanna alle spese in favore del comune di RAGIONE_SOCIALE, in quanto i ricorrenti COGNOME non avevano proposto in sede di rinvio alcuna domanda contro il RAGIONE_SOCIALE.
Le spese non potevano essere riconosciute a favore dell’RAGIONE_SOCIALE, «perché l’RAGIONE_SOCIALE non è stata parte nel giudizio di rinvio e non ha svolto alcuna domanda neppure con riguardo alle spese processuali».
Non potevano essere riconosciute le spese in favore del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, in quanto la relativa statuizione di condanna contenuta nella sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello n. 421 del 2014 era passata in giudicato per omessa
impugnazione, mentre dopo la riassunzione, all’ente non aveva svolto alcuna RAGIONE_SOCIALE processuale.
Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.
5.1. Anzitutto, si rileva che, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato introdotto in violazione dell’art. 331 c.p.c. e la relativa nullità non sia stata rilevata né dalle parti nè dal giudice, tale violazione può essere fatta valere dalle parti (compresa quella che introdusse l’appello), con ricorso principale o incidentale avverso la sentenza conclusiva del gravame, soltanto qualora la violazione abbia riguardato una situazione di litisRAGIONE_SOCIALEo necessario iniziale (art. 102 c.p.c.) o di litisRAGIONE_SOCIALEo necessario processuale determinata dall’ordine del giudice (art. 107 c.p.c.), atteso che in tali casi, a differenza di ogni altra ipotesi di violazione dell’art. 331 c.p.c. (e, dunque, di litisRAGIONE_SOCIALEo necessario processuale da inscindibilità o da dipendenza), non può operare la regola dell’art. 157, comma 3, c.p.c. trattandosi di violazioni rilevabili d’ufficio dalla Corte di cassazione, circostanza che esclude che la parte abbia perduto il potere di impugnare (Cass. n. 21381/2018); nel caso di specie, al più ricorre un litisRAGIONE_SOCIALEo necessario processuale, per cui doveva applicarsi l’art. 157, terzo comma, c.p.c..
Inoltre, deve aggiungersi che, esaminando lo RAGIONE_SOCIALE processuale RAGIONE_SOCIALE controversia in esame, si osserva che non vi era alcun obbligo da parte RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello, di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, e neppure si è formato il giudicato nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, in relazione alla sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello n. 421 del 2014, che aveva riconosciuto la responsabilità solidale anche del RAGIONE_SOCIALE.
Va premesso un breve esame del quadro normativo, in relazione ai rapporti tra il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, in senso diacronico rispetto agli atti processuali.
6.1. Pendendo il giudizio d’appello proposto dagli eredi COGNOME avverso la sentenza del tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 21/12/2006, che aveva rigettato le domande proposte nei confronti del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, ma aveva accolto la domanda degli attori nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con condanna RAGIONE_SOCIALE stessa al pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di euro 1.870.180,81, era stata dichiarata l’interruzione del giudizio, a seguito RAGIONE_SOCIALE dichiarazione da parte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE intervenuta messa in RAGIONE_SOCIALE.
Vi era stata, quindi, inizialmente la costituzione in giudizio del RAGIONE_SOCIALE in data 2/4/2008.
A seguito RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di interruzione, invece, si erano costituite in giudizio sia il RAGIONE_SOCIALE, sia l’RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, la comparsa di costituzione dell’RAGIONE_SOCIALE, in persona del geometra NOME COGNOME, nella qualità di commissario straordinario, risultava dal mandato nel quale si faceva riferimento all’art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013, «in combinato disposto con l’art. 19, comma 8, RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012».
La comparsa di costituzione del RAGIONE_SOCIALE ex art. 64 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013, in combinato disposto con l’art. 19, comma 8, RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012, risultava sia dall’intestazione dell’atto, che dal mandato a margine RAGIONE_SOCIALE comparsa di costituzione.
Ciò, in quanto, originariamente l’art. 19 comma 8 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012 prevedeva che «a decorrere dalla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE presente legge, sono soppressi e sono posti
in RAGIONE_SOCIALE i RAGIONE_SOCIALE esistenti che assumono la denominazione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE […] trascorso infruttuosamente il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore i rapporti attivi e passivi dei soppressi RAGIONE_SOCIALE transitano in apposite gestioni a contabilità RAGIONE_SOCIALE presso l’RAGIONE_SOCIALE tale da garantire ed assicurare l’assoluta distinzione RAGIONE_SOCIALE masse patrimoniali, dei rapporti di credito e RAGIONE_SOCIALE passività di ogni singolo RAGIONE_SOCIALE soppresso».
Pertanto, a seguito di tale disposizione, per quel che ancora qui rileva, risultava che i RAGIONE_SOCIALE erano stati posti in RAGIONE_SOCIALE, assumendo la relativa denominazione di RAGIONE_SOCIALE per le RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE. I rapporti attivi e passivi, decorsi 180 giorni, transitavano in «apposite gestioni a contabilità RAGIONE_SOCIALE».
Nulla si prevedeva con riferimento al legale rappresentanza in giudizio.
Tuttavia, l’art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 15/5/2013, n. 9 reca una norma di interpretazione autentica, prevedendo che «il comma 8 dell’art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE 12 gennaio 2012, n. 8, si interpreta nel senso che il presidente dell’RAGIONE_SOCIALE, subentrato ai commissari liquidatori nominati ai sensi del comma 1 del predetto art. 19, è il legale rappresentante, anche ai fini di cui all’art. 7, comma 1, lettera h), RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE 15 maggio 2000, n. 10, e successive modifiche ed integrazioni, dei singoli soppressi RAGIONE_SOCIALE per le RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, transitati nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e che gli stessi mantengono la propria originaria autonoma personalità giuridica sino all’adozione del decreto assessoriale di cui al comma 4, ultimo periodo del citato art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE
8/2012. I predetti RAGIONE_SOCIALE aggiungono alla propria denominazione le parole ‘RAGIONE_SOCIALE‘. In nessun caso è consentito che le singole posizioni debitorie dei soppressi RAGIONE_SOCIALE transitino all’RAGIONE_SOCIALE ovvero nel bilancio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Pertanto, la legale rappresentanza dei RAGIONE_SOCIALE per le RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE spetta al Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE.
Si spiega, così, la doppia costituzione in giudizio d’appello da parte sia dell’RAGIONE_SOCIALE, sia del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE ex art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013 in combinato disposto con l’art. 19, comma 8 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012.
La rappresentanza legale in giudizio spettava, all’epoca, proprio al Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 421 del 27/5/2014, ha dichiarato «che il RAGIONE_SOCIALE è solidalmente responsabile dell’illecito».
A seguito del ricorso per cassazione presentato dagli eredi COGNOME, ha resistito, in sede di legittimità, con ricorso e proponendo ricorso incidentale l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del commissario straordinario e legale rappresentante pro tempore geometra NOME COGNOME, con la nomina del legale «giusta determinazione n. 47ME dell’8/8/2014.
Nella procura a margine si fa riferimento nuovamente all’art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013, ai sensi dell’art. 19, comma 8, RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012, assumendo la legale rappresentanza del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il presidente dell’RAGIONE_SOCIALE.
Di nuovo, vi è il pieno rispetto RAGIONE_SOCIALE normativa vigente in tema di rapporti tra l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE.
La legittimazione processuale del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE, spettava, infatti, proprio al presidente dell’RAGIONE_SOCIALE.
Pertanto, non è passata in giudicato in alcun modo la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello n. 421 del 2014, che aveva dichiarato responsabile in solido anche il RAGIONE_SOCIALE.
È evidente, infatti, che il RAGIONE_SOCIALE, in RAGIONE_SOCIALE, è stato rappresentato in giudizio proprio dal Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 15/5/2013.
La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 27304 del 2018, ha accolto il ricorso incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, reputandolo «avente causa dal RAGIONE_SOCIALE», ma, in realtà, come correttamente rilevato dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nel giudizio di rinvio, con la sentenza n. 840 del 2022, oggetto di impugnazione, il ricorso incidentale è stato proposto proprio dal RAGIONE_SOCIALE, attraverso la rappresentanza legale del Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso incidentale, dunque, riguarda proprio la posizione processuale sostanziale del RAGIONE_SOCIALE, sicché non risulta passata in giudicato la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 421 del 2014, che aveva affermato la responsabilità solidale anche del RAGIONE_SOCIALE.
10.1. Del resto, è sufficiente scorrere la motivazione dell’ordinanza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 27304 del 2018, per verificare l’avvenuta impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 421 del 2014 da parte del RAGIONE_SOCIALE, rappresentato dal Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE.
Si legge, in particolare, a pagina 5 RAGIONE_SOCIALE motivazione dell’ordinanza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 27304 del 2018 che «avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la
NOME COGNOME, per 7 motivi […]. Hanno resistito con controricorso i COGNOME, il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, in qualità di avente causa del RAGIONE_SOCIALE. I NOME ed RAGIONE_SOCIALE hanno a loro volta proposto ricorso incidentali».
Tra l’altro, a pagina 6 RAGIONE_SOCIALE motivazione dell’ordinanza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 27304 del 2018, si chiarisce che il ricorso incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, atteneva proprio all’esclusione RAGIONE_SOCIALE responsabilità in solido del RAGIONE_SOCIALE, accertata dalla Corte d’appello con sentenza n. 421 del 2014 («va esaminato il primo motivo di ricorso incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, con cui quest’ultimo denuncia la violazione la falsa applicazione degli articoli 1292 seguenti, 1294, 2043 e 2055 c.c. […] sostenendo che, nell’affermare la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE per violazione dell’obbligo di vigilanza, la sentenza impugnata non ha considerato che l’affidamento in concessione RAGIONE_SOCIALE realizzazione di un’opera pubblica comporta il trasferimento al concessionario RAGIONE_SOCIALE pubbliche funzioni connesse procedimento espropriativi […]»).
10.2. Ed infatti, per questa Corte l’identificazione RAGIONE_SOCIALE parti contro cui è diretto il ricorso per cassazione deve avvenire, non solo tenendo conto RAGIONE_SOCIALE relative indicazioni nell’esposizione dei motivi di impugnazione, essendo sufficiente, analogamente a quanto previsto dall’art. 164 c.p.c., che se risultino inequivocabilmente, anche se implicitamente, dal contesto del ricorso, ovvero dalla riferimento ad atti nei precedenti gradi di giudizio, da cui si agevole identificare con certezza la parte intimata (Cass., sez. 3, 28/3/2023, n. 8778; Cass., sez. 2, 7/9/2009, n. 19286; Cass., sez. 2, 21/2/2006, n. 3737; Cass., sez. 2, 2/2/2016, n. 1989).
10.3. La determinazione del presidente RAGIONE_SOCIALE n. 47/ME dell’8/8/2014, reca l’intestazione «RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE– ente pubblico non economico», con a fianco l’indicazione «RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Con tale determinazione si propone di «costituirsi dinanzi alla suprema Corte di cassazione nel giudizio promosso dagli eredi COGNOME, avverso la sentenza n. 421/2014 emessa dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE per una causa risarcitoria da occupazione usurpativa, e proporre eventuale ricorso incidentale avverso la precisata sentenza».
Tra l’altro si fa riferimento nelle premesse all’art. 64 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 15/5/2013, con il quale sono state emanate norme di interpretazione autentica del comma 8 dell’art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012.
Con tale determina n. 47 del 2014, si autorizza la costituzione dinanzi alla suprema Corte di cassazione nel giudizio promosso dagli eredi COGNOME, avverso la sentenza n. 421 del 2014 emessa dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE «per una causa risarcitoria da occupazione usurpativa e proporre eventuale ricorso incidentale avverso la precitata sentenza».
10.4. Con la determina n. 50 dell’8/8/2014 il direttore generale dell’RAGIONE_SOCIALE autorizzato la costituzione dinanzi alla suprema Corte di cassazione «per una causa risarcitoria da occupazione usurpativa promossa da eredi COGNOME al fine di eccepire la carenza di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE».
Si dava atto di tale determina n. 5 del 2014 che «in data 9/7/2014 è pervenuta comunicazione dal legale dell’ente RAGIONE_SOCIALE notifica del ricorso per cassazione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
10.5. L’estensione soggettiva RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Cassazione alla luce del contenuto del motivo (riferito al RAGIONE_SOCIALE) e degli atti
processuali (la procura a margine del ricorso incidentale e la successiva memoria), in base alla regola applicabile in tema di giudicato (si interpreta anche in base agli atti processuali) è nel senso RAGIONE_SOCIALE pronuncia anche nei confronti del RAGIONE_SOCIALE (la mancata indicazione nell’intestazione e nella parte in fatto è frutto di errore materiale – e non errore di diritto non emendabile: sul punto va corretta la motivazione, il cui rilievo comunque non costituisce ratio decidendi , tale essendo la portata soggettiva RAGIONE_SOCIALE sentenza di legittimità)
11. L’atto di riassunzione, a seguito dell’ordinanza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 27304 del 2018, è stato predisposto correttamente dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con atto del 18/1/2019.
A tale data, infatti, la normativa era ulteriormente cambiata.
11.1. Infatti, l’art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 17/5/2016 ha sostituito il comma 8 dell’art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012 prevedendo che «trascorso infruttuosamente il termine di cui al comma 4, i rapporti attivi e passivi dei soppressi RAGIONE_SOCIALE permangono in capo agli stessi, posti in RAGIONE_SOCIALE, e ciò sino alla definitiva chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di RAGIONE_SOCIALE. In nessun caso è consentito che le singole posizioni debitorie dei soppressi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE transitino all’RAGIONE_SOCIALE ovvero nel bilancio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Ogni singola RAGIONE_SOCIALE di cui al presente comma è amministrata, ai fini RAGIONE_SOCIALE celere conclusione RAGIONE_SOCIALE operazioni di RAGIONE_SOCIALE, da un commissario liquidatore nominato dall’AVV_NOTAIO per le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 3 dirigenti degli ex RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, competenti per territorio, con qualifiche d’anzianità complessiva di servizio più elevata, o, in mancanza, tra i funzionari degli ex RAGIONE_SOCIALE in possesso dei requisiti di legge».
In particolare, si sottolinea che «al liquidatore nominato ai sensi del presente comma è attribuita, altresì, la legale rappresentanza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Questa è la ragione per cui l’atto di riassunzione stato predisposto, non dall’RAGIONE_SOCIALE, in persona del presidente, ma proprio dal RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE.
Pertanto, non vi era ragione per ordinare l’integrazione del contraddittorio, da parte RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, in quanto, a seguito RAGIONE_SOCIALE modifica normativa di cui all’art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 17/5/2016, a quell’epoca, e quindi il 18/1/2019, la legale rappresentanza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spettava al liquidatore, e non più al presidente dell’RAGIONE_SOCIALE.
12.1. Allo stesso modo, non è passata in giudicato la statuizione RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 421 del 2014, che aveva reputato sussistere la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE, unitamente a quella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Tale sentenza è stata impugnata correttamente con ricorso incidentale da parte RAGIONE_SOCIALE con atto del 18/9/2014, precedente dunque alla modifica di quella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2016, ma successivo all’art. 64 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 15/5/2013, che attribuiva al Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE la legale rappresentanza dei singoli RAGIONE_SOCIALE soppressi per le RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE.
Per tale ragione, si dava atto nel controricorso al ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE delibera n. 47ME dell’8/8/2014, con riferimento, appunto, all’art. 64 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 9 del 2013, ai sensi dell’art. 19, comma 8, RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012, con attribuzione al Ppresidente dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE legale rappresentanza
pro tempore del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
L’ordinanza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 27304 del 2018, che ha travolto la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 421 del 2014, escludendo la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE, ha impedito la formazione del giudicato sulla responsabilità di quest’ultimo.
12.2. Risultano, poi, inammissibili, in quanto nuove, le censure in ordine al mancato decorso del termine di cui al comma 4 dell’art. 19 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 8 del 2012.
Inoltre, la terza censura è inammissibile perché attinge una seconda ratio decidendi , mente persiste la prima.
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 840 del 2022, si è limitata a fare applicazione del principio RAGIONE_SOCIALE soccombenza.
Si è tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio, che ha visto soccombenti gli eredi COGNOME nel rapporto con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte ha fatto applicazione del criterio RAGIONE_SOCIALE soccombenza in base all’esito complessivo finale e questo giustifica le spese in favore del RAGIONE_SOCIALE; per l’RAGIONE_SOCIALE non c’è stata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese per il giudizio di rinvio; circa il RAGIONE_SOCIALE le spese seguono la soccombenza (e la compensazione è riservata al giudice del merito).
15.Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, essendo intervenuta la recente sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte edu del 5 settembre 2024, causa COGNOME e altri c. Italia.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 gennaio