Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26158 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26158 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 138/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (C.F. e P_IVA), in persona del legale rappresentante, e NOME COGNOME, entrambi rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO del Foro di Cagliari con distinte procure speciali in calce al ricorso ed elettivamente domiciliati agli indirizzi PEC dei difensori iscritti nel REGINDE;
-ricorrenti – contro
PROVINCIA DEL SUD SARDEGNA (CODICE_FISCALE), in persona dell’Amministratore Straordinario e legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO del Foro di RAGIONE_SOCIALE, con procura speciale in calce al controricorso, giusta determinazione n. 9/2022, ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del difensore;
-controricorrente –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Cagliari n. 227 depositata il 28 maggio 2021 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 gennaio 2024 dal Presidente NOME COGNOME.
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che :
con ricorso depositato il 20 luglio 2018 dinanzi al Tribunale di Cagliari, NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE proponevano opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 34/2018 emessa dalla PROVINCIA DEL SUD SARDEGNA, con la quale veniva loro ingiunto, in via solidale, il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di euro 3.011,16, a titolo di gestore unico del servizio idrico integrato, come da autorizzazione, il primo quale legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE stessa società, avendo l’RAGIONE_SOCIALE riscontrato la violazione dell’art. 133, comma 1 d.lgs. 2 aprile 2006, n. 152, per il superamento dei limiti di accettabilità di cui alla tabella 3, Allegato 5, alla parte terza del medesimo decreto, con specifico riferimento al parametro ‘ Azoto ammoniacale ‘, relativamente all’impianto di depurazione comunale sito in località Bau Sa Taula nel Comune di Pabillonis;
-instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell’Amministrazione, il Tribunale adito, istruita la causa con l’acquisizione di produzioni documentali, con sentenza n. 623 del 2019, rigettava l’opposizione, confermando nel merito la sussistenza RAGIONE_SOCIALE violazione contestata, respinte le eccezioni di prescrizione del potere dell’Amministrazione di esercitare la stessa contestazione e quella del difetto di legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE;
in virtù di gravame interposto dagli originari ricorrenti, la Corte d’Appello di Cagliari, nella resistenza dell’appellata Amministrazione, con sentenza n. 227/2021, pubblicata il 28
maggio 2021, rigettava l’appello e per l’effetto confermava la decisione del giudice di prime cure.
A sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione adottata la Corte d’appello, richiamando la propria sentenza n. 584 del 4 dicembre 2020, nella quale aveva affrontato le medesime questioni giuridiche, confermava la legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e dell’ingegnere COGNOME, per essere al fine dell’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzione amministrativa determinante non tanto la qualità di conduttore dell’impianto, quanto quella di Gestore del Servizio Idrico Integrato, quale soggetto titolare RAGIONE_SOCIALE autorizzazioni e responsabile delle eventuali violazioni delle normative che l’impianto doveva rispettare, non potendo tale ruolo essere ceduto in alcun modo, neanche appaltando alla RAGIONE_SOCIALE la materiale gestione dell’impianto.
Nel merito, la Corte d’Appello di Cagliari – richiamando sempre la sentenza n. 584/2020 riteneva corretta l’applicazione al caso di specie RAGIONE_SOCIALE tabella 3 dell’Allegato 5 al d.lgs. 152/2006, non solo per quanto previsto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 11479/2006), ma anche per quanto prescritto nell’autorizzazione allo scarico rilasciata all’RAGIONE_SOCIALE, che qualificava il sistema fognario del Comune di Pabillonis come ‘ sistema fognario di tipo misto ‘ e ‘ dimensionato per un numero di 4000 a.e. ». Aggiungeva che trovavano applicazione anche i commi 5 e 6, dell’art. 14 RAGIONE_SOCIALE Direttiva RAGIONE_SOCIALE Regione RAGIONE_SOCIALE, in materia di ‘ Disciplina Regionale agli scarichi ‘, approvata con Deliberazione G.R. n. 69/25 del 10.12.2008, che prescriveva il rispetto dei valori limite di emissione previsti dalle tabelle 1 e 3 dell’Allegato 5 al d.lgs. 152/2006 per « i titolari degli scarichi di acque reflue urbane in acque superficiali aventi dimensioni superiori a 2000 AE ».
Infine, il giudice del gravame dichiarava il mancato adempimento dell’onere, posto in capo all’ingiunto, di provare i fatti impeditivi o
estintivi RAGIONE_SOCIALE pretesa sanzionatoria, quali la presenza di ‘ piogge abbondanti ‘ nei giorni precedenti il controllo e la sussistenza delle esimenti dello stato di necessità e dell’esercizio di un dovere; né riteneva raggiunta la prova, da parte del trasgressore materiale, dell’assenza del dolo e RAGIONE_SOCIALE colpa nella condotta sanzionata, in forza del principio, derivante dalla presunzione di colpevolezza prevista dall’art. 3, l. 689/1981, per cui l’intimato avrebbe dovuto dedurre e provare una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di un’esimente reale o putativa, non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio probatorio;
per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Cagliari RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME propongono ricorso, articolato in tre motivi, cui resiste con controricorso la Provincia del Sud RAGIONE_SOCIALE;
-in prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno curato il deposito di memorie ex art. 380 bis .1 c.p.c.
Atteso che :
con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3) c.p.c., per la violazione e la falsa applicazione degli artt. 133, comma 1, 74 del d.lgs. 2 aprile 2006 n. 152 e delle prescrizioni dell’Allegato 5 alla parte terza del medesimo decreto, oltre che dell’art. 2697 c.c. per violazione del principio di tassatività e determinatezza, di cui all’art. 1, comma 2 RAGIONE_SOCIALE l. n. 689/1981, per avere il giudice di secondo grado ritenuto erroneamente applicabile al caso di specie il parametro che stabilisce un limite alla concentrazione dell” azoto ammoniacale ‘ per come previsto dalla tabella 3 dell’Allegato 5 alla parte terza del d.lgs. n, 152/2006. Ad avviso dei ricorrenti, trattandosi di un impianto per il trattamento di acque reflue urbane, che non
includono la presenza di reflui industriali, si sarebbe dovuta applicare la nota 2 alla tabella 3 che dispone il rispetto dei parametri delle sole tabelle 1 e 2 per l’individuazione dei limiti che lo scarico deve rispettare, incorrendo la Corte territoriale in un’erronea interpretazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione n. 11479 del 16 maggio 2006. Questa, infatti, secondo la lettura suggerita dai ricorrenti, prevedrebbe l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE tabella 3 agli impianti per il trattamento di reflui urbani per i quali sia stata, materialmente e in punto di fatto, accertata la presenza di un apporto di reflui industriali, potendosi ugualmente qualificare quali ‘ reflui urbani ‘, ai sensi dell’art. 74, d.lgs. 152/2006, anche quelli composti soltanto dal miscuglio di ‘ reflui domestici ‘ e ‘ acque meteoriche di dilavamento ‘. Inoltre, la sentenza è censurata per avere il giudice del gravame violato l’art. 2697 c.c., avendo posto l’onere probatorio a carico dei ricorrenti anziché dell’Amministrazione sanzionatrice, data l’impossibilità di fornire la prova per i sanzionati, tenendo conto che sia la normativa nazionale (art. 101, d.lgs. n. 152/2006) sia quella regionale (art. 12, RAGIONE_SOCIALE Direttiva Regionale agli scarichi, approvata con DGR n. 69/25) individuano una serie di attività produttive i cui reflui sono assimilabili ai ‘ reflui domestici’, rispetto ai quali la conoscenza RAGIONE_SOCIALE presenza sul territorio sarebbe solo in capo all’Amministrazione.
Infine, la pronuncia di appello sarebbe censurabile per avere il giudice di merito con il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE legittimità dell’ordinanza ingiunzione sostanzialmente violato il principio di tassatività e di determinatezza di cui all’art. 1, comma 2 l. n. 689/1981, poiché, individuando quale presupposto per la sanzione l’indicazione del contenuto dell’autorizzazione allo scarico, che prescrive espressamente il rispetto RAGIONE_SOCIALE tabella 3 dell’Allegato 5, la sanzione sarebbe stata irrogabile ai sensi dell’art. 133, comma 2,
d.lgs. 152/2006, e non ai sensi del comma 1, che sanzionerebbe la violazione di un parametro previsto dalla legge che non sarebbe, per di più, applicabile al caso di specie, estendendo illegittimamente le fattispecie sanzionabili.
Il motivo è infondato.
Occorre premettere che nella specie assume particolare rilevanza la definizione e la distinzione normativa tra ‘ acque reflue urbane ‘, ‘ acque reflue domestiche ‘ e ‘ acque reflue industriali ‘. Ai sensi dell’art. 74 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, quelle sopra elencate sono delle diverse tipologie di acque reflue, che sono normativamente definite in rapporto tra loro, o in modo negativo o in rapporto di genere a specie. Secondo il comma 1, lettera g) dell’art. 74 d.lgs. 152/2006, le ‘ acque reflue domestiche ‘ sono le « acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche ». Al contrario, in modo negativo rispetto alle suddette, le ‘ acque reflue industriali ‘, per la definizione di cui alla lettera h) , sono « qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni » che siano, però, « diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento ». In rapporto di genere a specie, invece, rispetto alle precedenti tipologie di acque reflue, la normativa individua le “acque reflue urbane ‘, come quelle che sono costituite o da ‘acque reflue domestiche’ o dal «miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato» (art. 74, comma 1, lett. i ) .
Le incertezze possono sorgere nell’interpretazione e nella definizione di ‘ acque reflue urbane’ e, in particolare, dalla eventuale sussistenza di una presunzione iuris tantum riguardante la presenza di ‘acque reflue industriali’ nelle ‘ acque reflue urbane’ ,
qualora l’impianto di scarico sia collegato ad una rete fognaria di tipo misto. Da tale presunzione, infatti, deriverebbe l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE tabella 3, all’Allegato 5, d.lgs. 152/2006, la cui nota 2 prevede, invece, la sua non applicabilità, qualora lo scarico non convogli acque reflue industriali, ma solo reflui domestici e acque meteoriche di dilavamento, come asserito nel caso di specie dai ricorrenti.
A riguardo, è opportuno rilevare che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, a prescindere dall’interpretazione RAGIONE_SOCIALE nota 2), i limiti di emissione da prendere in considerazione, qualora ci si trovi dinnanzi a scarichi che convogliano delle ‘acque reflue urbane’ , sono quelli di cui alla tabella 3 e non alla tabella 1. In particolare, in presenza di un sistema fognario misto, assistito da un impianto di depurazione, ove sicuramente le acque che convogliano nella rete provengono da un agglomerato, i valori-limite cui lo scarico deve conformarsi sono quelli di cui alla tabella 3, riferita precipuamente alle “acque reflue industriali” . Tali valori, più restrittivi, infatti, devono pur sempre essere rispettati in presenza di quella peculiare tipologia di ‘ acque reflue urbane ‘ definite come ‘ miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato ‘, di cui all’ art. 74, comma 1, lettera i) del d.lgs. 2 aprile 2006 n. 152. Inoltre, per stabilire la tipologia del refluo trattato da un depuratore comunale – e, quindi, dello scarico -occorre fare riferimento alla natura e alla composizione delle acque in concreto scaricate. Infatti, se in esso vengono convogliate anche “acque reflue industriali” , come nel caso di specie risulta dall’accertamento effettuato dall’RAGIONE_SOCIALE, tale dovrà essere ritenuta anche la natura del refluo. Non bisogna dimenticare, infatti, che la normativa di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, per adeguarsi alle
direttive europee, ha dettato una disciplina degli scarichi chiaramente ispirata dall’intento di privilegiare la tipologia delle acque reflue immesse nel corpo idrico recettore rispetto alla provenienza dello scarico, tant’è che -sotto il profilo del trattamento sanzionatorio – si è abbandonato qualsiasi riferimento alla dicotomia “scarico derivante da insediamento civile-scarico derivante da insediamento produttivo” per assumere il diverso criterio di differenziazione fondato sulla qualità delle acque, ora, non più presunta in relazione alla sua provenienza ma espressamente definita. Nel sistema introdotto dal d.lgs. n. 152/2006, quindi, la distinzione degli scarichi è, in definitiva, fondata sulla natura delle acque reflue in essi contenute.
Pertanto, nel concetto di “acque reflue urbane” sono pur sempre comprese -o, comunque, possono esserlo -le “acque reflue industriali”, se è vero che costituiscono “acque reflue urbane” – oltre alle “acque reflue domestiche” -il “miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, ovvero meteoriche di dilavamento” a condizione che, in questo caso, si tratti di acque “convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato” . In presenza, quindi, di un sistema fognario misto, quale è quello nel caso di specie, assistito da un impianto di depurazione ove le acque che convogliano nella rete provengono da un agglomerato, i limiti di emissione da rispettare sono quelli indicati dalla tabella 3 dell’allegato 5 al d.lgs. citato, anche se questa è riferita precipuamente alle acque reflue industriali (v. in termini, Cass. n . 11479 del 2006, che seppure riguardante fattispecie disciplinata dal precedente d.lgs. n. 152/1999, tuttavia si tratta di principi ancora validi per essere state dalla novella del 2006 confermate le predette distinzioni).
La Corte d’appello, peraltro, nel fare riferimento ai principi sopra esposti, ha correttamente fatto richiamo al contenuto
dell’autorizzazione allo scarico n. 105/2011, di cui la RAGIONE_SOCIALE risulta essere titolare e nella quale viene testualmente dichiarato che ‘ il centro abitato è servito da rete fognaria di tipo misto’ , con ciò recependo la successiva giurisprudenza di legittimità secondo cui è applicabile al caso di specie la tabella 3 di cui all’Allegato 5, in quanto, « in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, nel caso di fognature miste, assistite da un impianto di depurazione, che raccolgano non solo acque reflue domestiche, ma anche acque reflue industriali, provenienti da un agglomerato, è altresì obbligatorio il rispetto dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3 dell’Allegato 5 al d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, riferita precipuamente alle acque industriali » (Cass. n. 13962 del 2006).
Del resto, il rispetto dei limiti di cui alla tabella 3 dell’Allegato 5 del d.lgs. n. 152/2006 viene nella specie prescritto anche alla luce RAGIONE_SOCIALE disciplina regionale contenuta nella Direttiva Regione RAGIONE_SOCIALE agli scarichi DRG 69/25 ed in particolare all’art. 14, comma 5, oltre che dalle prescrizioni contenute nell’autorizzazione allo scarico rilasciata all’RAGIONE_SOCIALE.
Alla luce del principio di diritto su enunciato, che impone il rispetto RAGIONE_SOCIALE tabella 3 ai titolari di scarichi fognari di tipo misto, aventi ad oggetto il trattamento di acque reflue urbane, risulta essere infondata anche la censura secondo cui il giudice di merito, confermando la corretta applicazione al caso di specie dell’art. 133, comma 1 d.lgs. n. 152/2006, quale presupposto RAGIONE_SOCIALE sanzione, avrebbe violato il principio di tassatività di cui all’art. 1 l. n. 689/1981. Infatti, tale previsione del Codice dell’Ambiente censura la condotta, nel caso di specie accertata dai controlli effettuati dall’RAGIONE_SOCIALE in capo all’RAGIONE_SOCIALE, di «c hiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico superi i valori
limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto »;
– con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 133, comma 1 e 124, comma 2 del d.lgs. n. 152/2006, 27 Cost. e 7 l. n. 689/1981, per avere il giudice del gravame violato il principio di responsabilità personale dell’autore RAGIONE_SOCIALE condotta, sanzionando la ricorrente per una presunta responsabilità oggettiva, non riconoscendo la sussistenza del difetto di legittimazione passiva, pur avendo la stessa affidato, con una procedura ad evidenza pubblica e per il periodo in cui si è verificata la violazione contestata, la conduzione, la sorveglianza e la manutenzione dell’impianto alla società RAGIONE_SOCIALE, riconoscendo la responsabilità RAGIONE_SOCIALE prima società solo perché titolare dell’autorizzazione allo scarico e Gestore del Servizio Idrico Integrato, senza tenere conto RAGIONE_SOCIALE delega delle materiali funzioni di conduzione, in violazione anche del principio di solidarietà riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità nell’art. 6 l. 24 novembre 1981 n. 689, tra l’autore materiale dell’illecito e il detentore qualificato dell’impianto.
La censura così sollevata, alla luce RAGIONE_SOCIALE costante giurisprudenza di legittimità, è da ritenere infondata.
Il T.U. sull’Ambiente attribuisce al gestore dell’impianto di depurazione delle acque reflue urbane il compito di garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, ossia il rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e il rispetto dei valori-limite di emissione previsti nell’Allegato 5. In particolare, sul gestore grava l’obbligo di verificare in continuazione l’idoneità del sistema di smaltimento a mantenere le acque reflue nei limiti ammessi, per cui in caso contrario, sorge in capo allo stesso l’obbligo di attivarsi per effettuare i necessari interventi o
denunziare all’ente proprietario dell’impianto le anomalie che ne impediscono il normale funzionamento. Pertanto, il gestore dell’impianto di depurazione da cui origina lo scarico riscontrato non in regola con i limiti di accettabilità previsti per legge è responsabile dell’accertata violazione, a meno che non ne dimostri la riconducibilità al fatto del terzo, avvenuto contro la sua volontà e senza possibilità di ovviarvi per tempo (Cass. n. 11479/2006 cit.). Medesima responsabilità grava, ai sensi dell’art. 124, comma 2 del d.lgs. n. 152 del 2006 sul titolare dell’autorizzazione allo scarico (Cass. n. 6351 del 2022) .
Ne consegue, secondo il principio di personalità dell’autorizzazione allo scarico enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, che è irrilevante il rapporto intercorrente tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE quanto alla responsabilità per la violazione dell’art. 133, operando la delega solo per le materiali attività di gestione dell’impianto di depurazione. L’RAGIONE_SOCIALE, infatti, è responsabile per la condotta illecita quale titolare dell’autorizzazione allo scarico, in persona del proprio legale rappresentante, e gestore del servizio idrico integrato.
Per completezza argomentativa, sempre a sostegno dell’infondatezza RAGIONE_SOCIALE censura sollevata con il secondo motivo di ricorso, osserva il Collegio che la posizione di responsabilità, facente capo alla società ricorrente quale gestore del servizio idrico integrato, è riconosciuta alla stessa RAGIONE_SOCIALE anche dalla Direttiva regionale sulla disciplina degli scarichi , adottata dalla Regione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con DRG n. 69/25, la quale, ai sensi dell’art. 2, lettera v) , prevede che sia il titolare dell’autorizzazione allo scarico il soggetto « a cui compete la responsabilità tecnica, amministrativa e finanziaria degli interventi di realizzazione, adeguamento e manutenzione e del conseguimento degli obiettivi di cui al Piano di Tutela delle acque»
e, in particolare, « nell’ambito territoriale ottimale del servizio idrico integrato per la RAGIONE_SOCIALE il titolare dello scarico è il gestore del servizio idrico integrato ».
A margine, infine, è necessario segnalare che non sussiste una violazione del principio di responsabilità personale neanche nei confronti del ricorrente NOME COGNOME, il quale è legittimato passivo RAGIONE_SOCIALE sanzione irrogata dalla Provincia del Sud RAGIONE_SOCIALE, in quanto legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE e titolare dell’autorizzazione allo scarico. Infatti, secondo consolidato orientamento RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di legittimità, che si condivide e a cui va data continuità, NOME COGNOME è responsabile in solido dell’illecito amministrativo, ai sensi dell’art. 6, l. n. 689/1981, poiché « in materia di sanzioni amministrative, la responsabilità dell’illecito amministrativo compiuto da soggetto che abbia la qualità di rappresentante legale RAGIONE_SOCIALE persona giuridica grava sull’autore medesimo e non sull’ente rappresentato e solo solidalmente obbligato al pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni irrogate »(così, tra le tante, Cass. n. 1164 del 2010);
– con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza di appello per la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 l. 689/1981, 41 e 42 c.p., per avere il giudice del gravame fatto ricorso ad una presunzione di colpevolezza, determinando l’inversione dell’onere probatorio dei fatti estintivi RAGIONE_SOCIALE responsabilità in capo alla ricorrente, anche se ciò non sarebbe stato possibile, non sussistendo nella sua condotta alcuna illiceità, avendo la stessa COGNOME delegato alla RAGIONE_SOCIALE le attività materiali di conduzione dell’impianto dove si sono verificate le suddette violazioni.
Il motivo è infondato.
La costante giurisprudenza di legittimità, infatti, riconosce nell’art. 3 l. n. 689/1981 una presunzione di colpevolezza in capo all’autore RAGIONE_SOCIALE condotta illecita sanzionata, gravando sullo stesso l’onere di provare di avere agito senza colpa o la sussistenza dei presupposti delle esimenti (v. Cass. n. 24386 del 2023, n. 11777 del 2020, n. 24081 del 2019).
In materia di sanzioni amministrative, poiché la disciplina attiene ad una serie di fattispecie a carattere ordinatorio, destinate a salvaguardare procedure e funzioni, queste sono incentrate sulla mera condotta degli autori degli illeciti, secondo un criterio di agire o di omettere doveroso, con la conseguenza che il giudizio di colpevolezza si ricollega a parametri normativi estranei al dato puramente psicologico, limitando l’indagine sull’elemento oggettivo dell’illecito all’accertamento RAGIONE_SOCIALE suitas del comportamento inosservante, con la conseguenza che, una volta integrata e provata dall’autorità amministrativa la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, in virtù RAGIONE_SOCIALE presunzione di colpa, l’onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza (cfr. analogamente Cass., Sez. Un., n. 20930 del 2009; Cass. n. 9546 del 2018; Cass. n. 16517 del 2020).
Quindi, alla luce RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di legittimità, l’onere RAGIONE_SOCIALE prova degli elementi positivi esterni che possano rivelare la sussistenza di una scriminante, è a carico dell’opponente, e la relativa valutazione costituisce un apprezzamento di fatto di stretta competenza del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. 2, n. 21280/2015; Cass. n. 19759/2015; Cass. n. 23019/09).
In virtù di questa presunzione di colpevolezza e dell’onere probatorio degli elementi scriminanti posto in capo ai sanzionati, contrariamente a quanto verificatosi nel giudizio di merito da cui risulta comprovata la condotta illecita da parte
dell’Amministrazione procedente, i ricorrenti, quali responsabili oggettivi, dovevano fornire un adeguato sussidio probatorio di un’eventuale esimente in quella sede, non potendo tale accertamento essere oggetto del presente giudizio di legittimità.
Infatti, per la qualificata responsabilità dell’RAGIONE_SOCIALE, è qui inconferente l’affermazione con la quale la società ricorrente vorrebbe sostenere il difetto RAGIONE_SOCIALE propria colpevolezza per avere delegato ad altra società la gestione e la manutenzione degli impianti in cui si sono verificati gli illeciti, essendo comunque l’RAGIONE_SOCIALE titolare dell’autorizzazione allo scarico e, di conseguenza, responsabile del mantenimento degli standard di qualità delle acque reflue trattate. Così, la società ricorrente, quale titolare di una posizione di garanzia, era obbligata a tenere la condotta di controllo dalla stessa omessa e per cui è stata sanzionata.
In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del Provincia del Sud RAGIONE_SOCIALE che si
liquidano in complessivi euro 1.300,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda