Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25454 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25454 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18673/2020 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente – contro
REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso la RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al
contro
ricorso.
–
contro
ricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME.
–
intimato –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Bari n. 2207/2019 depositata il 23/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Lucera COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo in via principale che COGNOME NOME fosse condannato a pagargli il corrispettivo per l’attività professionale, come da stipulata convenzione, per la gestione ed esecuzione di un progetto di formazione professionale, sull’assunto che la convenzione era stata sottoscritta dal funzionario COGNOME senza preventiva delibera autorizzativa RAGIONE_SOCIALE spesa; in via surrogatoria chiedeva che fosse condannata la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, perché si era arricchita senza giusta causa.
Si costituiva resistendo COGNOME NOME, anche chiedendo, in caso di eventuale sua condanna, di essere tenuto indenne dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Si costituiva altresì la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nelle more subentrata alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Con sentenza n. 277/2015 il Tribunale di Lucera riconosceva la responsabilità di COGNOME NOME ai sensi degli artt. 191 e 194 d.lgs. 267/2000.
Avverso tale sentenza proponeva appello il COGNOME; si costituivano, resistendo al gravame, COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 2207/2019 la Corte d’Appello di Bari rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, prospettando il suo difetto di legittimazione passiva.
Resta intimato il COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., violazione degli artt. 19 1 e 194 del T.U. enti locali n. 267/2000, violazione art. 2041 cod. civ.’
Lamenta che, erroneamente, la corte territoriale non si sarebbe accorta dell’aver egli proposto domanda di essere tenuto indenne, per il caso di condanna, dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., violazione degli artt. 191 e 194 del T.U. enti locali n. 267/2000’ .
Lamenta che la corte territoriale non ha considerato che la spesa sostenuta per la consulenza del COGNOME era prevista dal progetto, il quale, globalmente inteso, era assistito da copertura finanziaria, appunto in termini di ‘finanziamento di progetto’.
Il primo motivo è infondato.
Dalla lettura RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza si evince che la corte barese ha pronunciato in conformità ai principi posti da questa Suprema Corte, secondo cui l’incarico di prestazione professionale che sia stato svolto, in favore di un ente locale, in mancanza di una formale delibera di assunzione di impegno contabile ex art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000 comporta l’instaurazione del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il
funzionario che abbia consentito la prestazione, non risultando esperibile nei confronti dell’ente l’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c od. civ., per difetto del requisito RAGIONE_SOCIALE sussidiarietà, salvo che esso non riconosca “a posteriori”, con atto costitutivo, il debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194 del d.lgs. predetto (v. Cass., 09/05/2018, n. 11036; Cass., n. 12608 del 19/05/2017; Cass., 21/09/2015, n. 18567; Cass., 23/01/2014, n. 1391).
Infondata, in quanto non correttamente dedotta, è inoltre la doglianza secondo cui la corte di merito sarebbe incorsa in una ‘svista/errore’ e sarebbe incorsa in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non avvedendosi RAGIONE_SOCIALE richiesta dell’allora appellante ed attore in prime cure, ed o ra ricorrente, di essere tenuto indenne, per il caso di condanna, dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Come questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare (v., tra le tante , Cass., n. 906/2018: ‘ La violazione del principio RAGIONE_SOCIALE corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 cod. proc. civ., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure ponga a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno RAGIONE_SOCIALE domanda; tale violazione, invece, non ricorre quando il giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell ‘azione’ ).
Orbene, nel caso di specie la corte barese si è espressamente pronunciata, dato che ha espressamente affermato : ‘Quanto all’ulteriore motivo dell’appellante, circa la istanza di ‘essere tenuto indenne’ dalla RAGIONE_SOCIALE montana , e per essa dalla RAGIONE_SOCIALE‘, istanza che non sarebbe stata esaminata dal giudice di primo grado, questa Corte deve rilevare che manca una domanda in tal senso, che non figura mai formulata dal COGNOME nel giudizio di primo grado’ (v. p. 7 dell’impugnata sentenza).
R ispetto a tale inequivoca statuizione, l’odierno ricorrente si limita -in sede di legittimità- a riportare stralci di atti del giudizio di primo grado, ma non adempie all’onere di localizzazione, imposto dall’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.,
di specificare se, dove e quando li avesse specificamente menzionati -a corroborare la doglianza RAGIONE_SOCIALE omessa pronuncia in prime cure- nel giudizio di appello.
4. Il secondo motivo è inammissibile.
Non solo sollecita un riesame del merito, precluso in sede di legittimità, ma neppure si confronta con la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata (v. Cass., 22/04/2020, n. 8036 : ‘Il motivo di impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, RAGIONE_SOCIALE o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto di impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto di impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere’), e non ne coglie la ratio decidendi (v. Cass., 10/11/ 2022, n. 33200: ‘Ove la sentenza sia sorretta, come nella specie, da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficienti a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento RAGIONE_SOCIALE sentenza ‘; v. e plurimis Cass., n. 18119 del 2020; n. 9752 del 2017; Cass., n. 15399 del 2018).
Il motivo sostiene infatti che, essendo ogni voce di spesa prevista dal complessivo progetto, non vi era alcuna discrezionalità del Comitato di Gestione, presieduto dal COGNOME, di valutare l’opportunità RAGIONE_SOCIALE spesa .
Senonché, l ‘impugnata sentenza afferma -e correttamente- un principio diverso, secondo una diversa ratio decidendi , e cioè che ‘un conto è prevedere un finanziamento di progetto ed ammettere l’opera al finanziamento, un altro è prevedere la singola spesa, deliberarla perché essa debba essere effettuata
e soprattutto per quanto qui interessa, accertarne la concreta copertura finanziaria’ (v. p. 7 dell’impugnata sentenza , che, sulla necessità RAGIONE_SOCIALE specifica previsione dell’impegno di spesa, al fine del concreto accertamento RAGIONE_SOCIALE copertura finanziaria, richiama anche i principi posti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 18/12/2014, n. 26657).
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, senza che occorra esaminare l’eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel controricorso, in forza del cd. principio RAGIONE_SOCIALE ragione più liquida, “desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., secondo cui la causa può essere decisa sulla base RAGIONE_SOCIALE questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza necessità di esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello RAGIONE_SOCIALE coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c.” (v. Cass., 03/11/2023, n. 30507; Cass., 20 maggio 2020, n. 9309, non massimata; Cass., Sez. Un., 21/12/2014, n. 26242 e n. 26243).
4. Le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALE l. n. 228 del 2012, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Terza Sezione