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Responsabilità funzionario pubblico: quando è esclusa

Una società di servizi ha citato in giudizio una funzionaria di un ente previdenziale, chiedendo un risarcimento per presunti danni derivanti da un comportamento ostativo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. È stata esclusa la responsabilità del funzionario pubblico in quanto la sua condotta, pur avendo inciso sull’attività della società, non integrava i requisiti della colpa grave o del dolo. La funzionaria aveva agito conformandosi alle direttive degli organi centrali dell’ente e ai pareri legali interni, escludendo così un’iniziativa personale, arbitraria e illecita.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità funzionario pubblico: quando è esclusa la colpa grave

La questione della responsabilità del funzionario pubblico per i danni causati a terzi nell’esercizio delle sue funzioni è un tema delicato, che bilancia la tutela del cittadino con la necessità di garantire al dipendente pubblico la serenità operativa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che non sussiste responsabilità personale quando il funzionario agisce in conformità alle direttive ricevute dai propri superiori e dagli organi legali interni, anche se tali direttive possono apparire restrittive per l’attività di privati. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa

Una società di servizi, specializzata nell’assistenza e consulenza in pratiche infortunistiche e assicurative, conveniva in giudizio una funzionaria responsabile della sede territoriale di un importante ente previdenziale nazionale. La società lamentava un comportamento asseritamente illegittimo e ostativo tenuto dalla funzionaria a partire dal luglio 2014, che avrebbe impedito la corretta trattazione delle pratiche relative ai propri assistiti, causando un notevole danno patrimoniale quantificato in oltre 160.000 euro.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello rigettavano la domanda della società. I giudici di merito concludevano che la condotta della funzionaria non fosse il risultato di un’iniziativa personale e arbitraria, ma piuttosto l’applicazione di circolari e direttive provenienti dagli organi centrali dell’ente. Tali direttive miravano a regolamentare la competenza territoriale per la gestione delle pratiche e a chiarire i limiti dell’attività di intermediazione svolta da soggetti privati, riservandola agli istituti di patronato. Di conseguenza, veniva esclusa la sussistenza di un comportamento connotato da dolo o colpa grave, elementi necessari per affermare la responsabilità personale del dipendente pubblico.

Il Ricorso in Cassazione e la Responsabilità del Funzionario Pubblico

La società soccombente proponeva ricorso per cassazione, articolando diversi motivi di censura. Principalmente, denunciava la violazione di numerose norme di legge (tra cui l’art. 2043 c.c. sulla responsabilità extracontrattuale), un’erronea valutazione delle prove e un vizio di motivazione. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello aveva sbagliato nel ritenere legittima la condotta della funzionaria, sostenendo che le sue azioni fossero state discriminatorie e frutto di una volontà personalissima finalizzata a danneggiare l’attività della società.

Inoltre, la società criticava la decisione dei giudici di merito di non aver considerato adeguatamente le prove che, a suo dire, dimostravano la natura persecutoria delle iniziative intraprese dalla funzionaria, anche in periodi successivi all’introduzione della causa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda su una rigorosa distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. I Supremi Giudici hanno innanzitutto ribadito che molti dei motivi proposti dalla ricorrente non sollevavano reali questioni di diritto, ma miravano a ottenere un nuovo e non consentito riesame dei fatti di causa (quaestio facti), attività riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

Nel merito, la Corte ha identificato la ratio decidendi della sentenza d’appello e l’ha ritenuta corretta e immune da vizi. Il punto centrale è che la responsabilità del funzionario pubblico è configurabile solo in presenza di “colpa grave o dolo”, come previsto dalla normativa speciale (d.P.R. n. 3/1957 e L. n. 70/1975). La Corte d’Appello aveva ampiamente motivato l’assenza di tali elementi soggettivi, valorizzando il fatto che la funzionaria, di fronte a un flusso anomalo di pratiche, avesse interpellato le direzioni centrali e si fosse poi “doverosamente” conformata alle circolari e alle direttive ricevute, formulate anche sulla base dei pareri dell’avvocatura interna dell’ente. Questo comportamento dimostra diligenza e rispetto della gerarchia, non un’azione arbitraria. Pertanto, la condotta non era il frutto di un’iniziativa personale, ma l’attuazione di una policy istituzionale. Di conseguenza, non si poteva ravvisare l’elemento soggettivo richiesto per una condanna personale al risarcimento.

Conclusioni: Limiti e Criteri della Responsabilità Personale

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale del diritto amministrativo: la responsabilità personale del dipendente pubblico non sorge per il semplice fatto che un suo atto abbia causato un danno a un terzo. È necessario un “quid pluris”, ossia la prova di un comportamento connotato da colpa grave o dolo.

Questa pronuncia chiarisce che agire in conformità con le direttive superiori, i regolamenti interni e i pareri legali dell’amministrazione di appartenenza costituisce una solida difesa contro le accuse di responsabilità personale. Tale impostazione tutela il funzionario che opera con diligenza all’interno della catena gerarchica, evitando che diventi il capro espiatorio per decisioni strategiche prese a livelli superiori. Per i cittadini e le imprese, ciò significa che l’eventuale contestazione di una policy amministrativa ritenuta dannosa dovrebbe, di norma, essere rivolta contro l’ente nel suo complesso, e non contro il singolo funzionario che si è limitato ad applicarla.

Quando un funzionario pubblico può essere ritenuto personalmente responsabile per danni a terzi?
Secondo la normativa e l’interpretazione della Corte, la responsabilità personale di un funzionario pubblico per danni causati a terzi sorge solo in presenza di un comportamento caratterizzato da “colpa grave” o “dolo”, non essendo sufficiente una colpa lieve.

Agire secondo le direttive dei superiori esclude la responsabilità personale del funzionario?
Sì, la decisione della Corte evidenzia che conformarsi a circolari e direttive degli organi centrali dell’ente, specialmente se basate su pareri legali interni, è un comportamento che esclude la colpa grave e il dolo. Tale condotta dimostra che il funzionario non ha agito per un’iniziativa arbitraria e personale, ma come parte di una struttura gerarchica.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dal giudice d’appello?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che il suo giudizio è limitato alle questioni di diritto (violazione o falsa applicazione di norme). Non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione per chiedere un riesame della ricostruzione dei fatti o una nuova valutazione delle prove, attività che rientrano nella competenza esclusiva dei giudici di merito (primo grado e appello).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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