Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6653 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6653 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10342/2022 R.G. proposto da :
pro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante tempore , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME -ricorrente-
contro
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 70/2022, depositata il 14/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-La RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche solo: CM) -costituita nel 2012 come società di servizi ‘nel campo della assistenza, consulenza e disbrigo pratiche infortunistiche ed assicurative’ – convenne in giudizio, nel marzo 2016, NOME COGNOME responsabile della sede territoriale Inail di Terni, per sentirla condannare, a titolo di responsabilità extracontrattuale, al risarcimento dei danni subiti, da quantificarsi in euro 164.192,00 (o nella misura accertata in giudizio), in conseguenza del comportamento asseritamente illegittimo dalla medesima tenuto dal luglio 2014 nei confronti della società attrice, siccome indebitamente ostativo alla trattazione delle pratiche infortunistiche dei calciatori professionisti assistiti dalla stessa CM.
1.1. -Il Tribunale di Terni, nel contraddittorio con la convenuta (che contestò la fondatezza della pretesa attorea), con sentenza n. 76/2019 rigettò la domanda della CM, che condannò anche al pagamento delle spese del grado.
-L ‘ impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE avverso tale decisione veniva rigettata, nel contraddittorio con l ‘ appellata NOME COGNOME dalla Corte di appello di Perugia con sentenza resa pubblica il 14 febbraio 2022.
2.1. -Come evidenziato nella sentenza della Corte territoriale, nel giudizio di appello la CM aveva proposto tre motivi: a ) con il primo motivo (denunciante ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., 112, 115, 116 e 132 n. 4 c.p.c.: travisamento ed erronea valutazione delle prove; omissione, apoditticità, illogicità per contraddittorietà intra ed extratestuale della motivazione in tema di an ‘) aveva dedotto: a.1.1 ) l ‘ erroneo convincimento del Tribunale ‘poiché l’ avere condiviso un ‘ opinione in diritto fallace, comune ad altri, non consentirebbe di ritenere l ‘ appellata estranea alla fattispecie dell ‘ art. 2043 c.c., giacché ricorrerebbe una responsabilità di più soggetti obbligati passivi
solidali’; a.1.2 ) l ‘ addebitabilità esclusiva alla Eminente delle seguenti condotte (quali ‘iniziative’ rispondenti ‘ad una volontà personalissima contra legem finalizzata a discriminare in negativo l ‘appellante in base a risoluzioni che aveva ideato lei stessa’): segnalazione ai clienti di CM dell ‘ impossibilità per la società di prendere in carico pratiche concernenti il rapporto assicurato/Inail; sollecitazione degli uffici Inail di altre sedi ‘a non intavolare rapporti con RAGIONE_SOCIALE ritenuta priva di legittimazione rispetto alla possibilità di trattare dossier Inail’; impedimento ad operare dell ‘Avv. COGNOME ‘nonostante in ordine a tale tematica lo stesso ufficio legale di Inail avesse affermato che occorreva tempo per approfondire la problematica’; blocco della ‘prima richiesta di revisione di COGNOME, ritenendo erroneamente che questi fosse già intestatario di rendita’; a.1.3) illegittimità della sentenza di primo grado ‘pure nei passi in cui ritiene che l’ attività svolta da CM Service sarebbe da intendersi contra legem : a) rispetto alla problematica che attiene alla competenza territoriale dell ‘ Ufficio Inail, da basare sul requisito della residenza e/o del domicilio prevalente e non del domicilio ad acta eletto dal calciatore infortunato; b) rispetto alla problematica che concerne l ‘ art. 17 L. 152/01 per la quale non è vietato a soggetti privati l ‘ esercizio di compiti di assistenza o consulenza per conto di terzi, nei confronti dell ‘ Inail; c) rispetto alla problematica che riguarda l ‘ impossibilità per CM Service di servirsi delle procure speciali notarili, rilasciate a suo favore dagli assistiti, idonea a consentirle la riscossione delle liquidazioni Inail perché nessuna delle giustificazioni utilizzate dal Giudice per rigettare la domanda era corretta in quanto in ordine alla questione sub a) per ben due anni, la sede Inail di Terni aveva assecondato l ‘ opzione della domiciliazione ad acta nonostante la circolare (datata 2004) che dava indicazioni difformi (la 54/04), in ordine alla questione sub b) il destinatario dell ‘ art. 17, comma 1, della l. 152/01 dovrebbe intendersi un soggetto diverso da una
società di servizi (gli istituti di patronato e di assistenza sociale) e, infine, in ordine alla questione sub c) il disposto legislativo non potrebbe negare la validità di un atto giuridico di tal genere, ritualmente adottato dall ‘interessato’; b ) con il secondo motivo (denunciante ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c.; erronea disapplicazione dell ‘ art. 1226 c.c.’) aveva prospettato quanto segue: ‘non si comprenderebbe la ragione per cui la scrittura privata stipulata con l ‘ avv. COGNOME non farebbe prova del danno patrimoniale sofferto dall ‘ appellante; in ogni caso sarebbe praticabile ai sensi dell ‘ art. 1226 c.c. la liquidazione in via equitativa tutte le volte che vengano offerti dei parametri di massima cui ispirarsi per arrivare alla liquidazione del danno; il danno di immagine sarebbe in re ipsa dal momento che è stata screditata la società operante sul mercato con lettere raccomandate indirizzate ai clienti con le quali si attestava la non legittimazione a svolgere l ‘ attività per cui quei clienti l ‘avevano officiata’; c ) con il terzo motivo (denunciante ‘violazione e falsa interpretazione degli artt. 2697 c.c., 112, 115, 116 e 132 n. 4 c.p.c. illogicità della motivazione per sua manifesta apoditticità e contraddittorietà intratestuale’) aveva denunciato quanto segue: c.1 ) ‘nelle more del giudizio di primo grado si era verificato un episodio all ‘ interno della sede Inail di Terni che aveva costituito ulteriore indice rivelatore di una nuova iniziativa di natura personalissima, posta in essere dall ‘ appellata e finalizzata, indirettamente, ma inequivocabilmente, a penalizzarla, ovvero l ‘ incarico all ‘ addetto al servizio di portineria di indagare su asseriti episodi occorsi il 15.3.2017 presso la predetta sede che erano diretti a pubblicizzare le prestazioni della RAGIONE_SOCIALE per convogliare clienti infortunati alla RAGIONE_SOCIALE e a seguito della richiesta di spiegazioni da parte del portiere al Cardona – che lei voleva tenere all ‘ oscuro dell ‘ iniziativa – ne aveva disposto il trasferimento presso altro servizio con la motivazione di aver divulgato informazioni
riservate’; c.2 ) ‘aveva richiesto prova testimoniale sui fatti, rigettata dal primo Giudice’.
2.2. -La Corte di appello di Perugia, a fondamento della decisione, osservava: a ) quanto al primo motivo di gravame: a.1 ) andava premesso che, in base al combinato disposto degli artt. 22 e 23 del d.P.R. n. 3/1957 e 8 della legge n. 70/1975, la ‘responsabilità dell’ impiegato ed il carattere ingiusto del danno che conduce all ‘ affermazione della sua responsabilità sono dunque configurabili solo in presenza di colpa grave o dolo’; a.2 ) in forza della ‘documentazione acquisita al giudizio (anche quella oggetto dei procedimenti penali a carico delle parti in causa, che può essere apprezzata liberamente come fonte di prova atipica) si evince che l ‘ appellata nella sua veste di funzionario responsabile dell ‘ INAIL della sede di Terni, non risulta che abbia assunto posizioni personali nei confronti dell ‘ appellata, bensì, in conseguenza di un afflusso eccessivo di istanze riguardanti anche calciatori aventi residenza al di fuori del territorio di competenza, sembra che abbia interpellato le direzioni centrali (regionale e nazionale) dell ‘ Istituto per avere chiarimenti ed istruzioni operative’; a.3 ) la stessa appellante ‘ha dedotto che in un primo periodo (per circa due anni) l ‘ Ufficio di Terni abbia accettato anche tali pratiche, salvo poi rivedere la propria posizione e applicare la circolare n. 54 del 24.8.2004 che già aveva previsto la competenza a trattare i casi di infortunio della sede nel cui ambito territoriale l ‘ assistito aveva stabilito il proprio domicilio, ritenendo in tal senso non legittima la domiciliazione degli infortunati presso la RAGIONE_SOCIALE in quanto non idonea ad individuare la sede principale degli affari ed interessi dei calciatori ed a consentire la trattazione presso di essa delle pratiche di accertamento e liquidazione dei danni degli assicurati’; a.4 ) dunque, ‘in un primo periodo le istanze venivano esaminate disattendendo o ignorando la predetta circolare, poi, a seguito delle indicazioni delle direzioni centrali, che hanno
affermato il divieto di istruzioni di pratiche relative a giocatori aventi altrove il luogo di lavoro ed il divieto da parte della CRAGIONE_SOCIALE di svolgimento dell ‘ attività di mediazione, indicata come di competenza esclusiva degli enti di patronato, vi è stato un cambiamento diretto a conformarsi doverosamente alla predetta circolare e alle direttive degli organi centrali dell ‘ Ente prese su suggerimento dell ‘avvocatura interna’; a.5 ) pertanto, ‘(n)essuna azione arbitraria (in particolare di omesso esame o ritardo ingiustificato nell ‘ esame delle pratiche) sembra potersi dunque riscontrare sotto tale profilo da parte di Eminente in danno della RAGIONE_SOCIALE avendo essa dapprima esaminato le istanze dell ‘ appellante ed essendosi adeguata successivamente alle circolari, istruzioni e direttive delle direzioni regionali e nazionali, in particolare a quelle assunte a seguito di un ‘ apposita riunione svoltasi presso la sede regionale in presenza dei responsabili apicali umbri, ciò che è già sufficiente ad evidenziare l ‘ insussistenza di una condotta a titolo personale, ovvero non concertata (‘personalissima’ come sostenuto dall’ appellante); a.6 ) ‘(t)anto basta per escludere il dolo e la colpa grave, non potendo negarsi che essa si sia più volte confrontata con i propri superiori e poi agito in conformità alle loro indicazioni’; a.7 ) quanto alla ‘legittimità dell’ attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE e della sua compatibilità con la normativa dettata dall ‘ art. 17, 2° comma, della l. 152/2001, giova osservare che la disposizione ivi contenuta riserva lo svolgimento dell ‘ attività di mediazione in favore degli infortunati, previo mandato da parte degli stessi, unicamente agli istituti di patronato, vietandola ad agenzie private e procacciatori (anche avvocati, ciò che consente di svolgere le stesse considerazioni di illegittimità nei confronti del successivo incarico all ‘ avv. COGNOME), e vieta la delega all ‘ incasso in favore di soggetti privati, operanti professionalmente delle somme riconosciute e versate dall ‘Inail’; a.8 ) atteso, quindi, che ‘le deleghe conferite
nella fattispecie dai calciatori interessati alla RAGIONE_SOCIALE tramite le procure speciali evidenziavano alcune profili di dubbia legittimità, la comunicazione del 4.11.2014, a firma dell ‘ appellata Eminente, alla RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il divieto di svolgimento di attività di patrocinio, ed il rifiuto opposto nei giorni successivi dagli impiegati dell ‘ Inail di fornire le informazioni da essa richieste, non possono essere configurate come condotte conseguenti ad arbitrarie iniziative della convenuta (appellata), bensì sembrano più esattamente applicazione delle precise indicazioni fornite dalla Direzione regionale dell ‘ ente, all ‘ esito dei pareri sulle segnalazioni e richieste di chiarimenti inviate a livello nazionale’; a.9 ) in base agli atti ‘si evince, infatti, che nell’ attività dell ‘ appellante non era stata riscontrata esclusivamente un ‘ attività di informazione ed assistenza in favore dei propri clienti, che era sicuramente consentita dietro il rilascio di apposita delega, quanto invece lo svolgimento di un ‘ attività di intermediazione per l ‘ ottenimento delle prestazioni previdenziali da parte dell ‘ Istituto, come si evince dal ruolo assunto dalla società di esclusivo tramite con gli assistiti, attività consentita, come s ‘ è detto, soltanto agli istituti di patronato, in ragione del fatto che essi operano a titolo gratuito ed indipendentemente dall ‘iscrizione degli interessati’; a.10 ) inoltre, ‘era stato previsto financo, in violazione del principio dell ‘ incedibilità delle prestazioni erogate dall ‘ Inail, il rilascio di procure ad esigere alla s.r.l. (consentita ex art. 109 del d.P.R. 1124/65 solo per caso di legittimo impedimento) con la previsione addirittura dell ‘ accreditamento sul suo conto delle somme da erogarsi dall ‘Inail’; a.11 ) ‘(n)on depone in senso favorevole all ‘ appellante neanche il parere della Direzione centrale Prestazioni economiche dell ‘ Inail, evocato dall ‘ appellante, con cui si riteneva lecita l ‘ attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE dietro specifico mandato da parte del proprio assistito nei soli limiti dell ‘ assistenza e dell ‘ acquisizione di informazioni, sia perché intervenuto in data
successiva al verificarsi dei fatti oggetto di causa, sia perché rimarcava l ‘ illegittimità della procura all ‘ incasso delle prestazioni erogate dall ‘ Inail in favore della RAGIONE_SOCIALE, in quanto vietate dall ‘ art. 109 cit., sia, infine, perché non è contestato che l ‘ appellata e la sede di Terni di Inail che dirigeva si sono immediatamente adeguate al suddetto parere, accettando le istanze e le richieste di informazioni, conformi alle indicazioni del parere, provenienti dalla C.RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.r.lRAGIONE_SOCIALE (tale non era quella di revisione della posizione di COGNOME), il che conferma che ha agito sempre entro i limiti di rappresentanza dell ‘ente’; a.12 ) ‘(l)’ eventuale illecito – peraltro insussistente, avendo l ‘ Inail cercato di interpretare la normativa in materia – potrebbe dunque essere ipotizzato sotto il profilo oggettivo soltanto in capo all ‘ente’; a.13 ) infine, ‘le comunicazioni inviate agli assistiti della CRAGIONE_SOCIALE a tutto concedere possono essere considerate un eccesso di zelo, ma non sono state certamente illegittime, essendo probabilmente finalizzate ad evitare il deposito di ulteriori istanze il cui esito era già delineato per le ragioni in precedenza esposte e ad indurli ad occuparsi personalmente dei lori interessi, ovvero con l ‘ assistenza dei patronati a ciò legittimati’; a.14 ) era, dunque, da escludersi ‘il fatto illecito dell ‘ appellata e quindi il danno ingiusto (peraltro ipotizzabile solo a carico del lavoratore oggetto della prestazione lavorativa), sia patrimoniale, sia all ‘immagine’; b ) quanto al secondo motivo di gravame: b.1 ) in conseguenza del rigetto del primo di appello rimaneva ‘assorbito il secondo che l’ accoglimento del primo presuppone’; c ) quanto al terzo motivo di gravame: c.1 ) era infondato, ‘trattandosi di fatti pacificamente intervenuti successivamente all ‘ introduzione del giudizio, non aventi alcun collegamento con l ‘ oggetto dello stesso come originariamente delineato, sicché la circostanza oggetto dell ‘ istanza di ammissione della prova testimoniale dell ‘ appellante sarebbe irrilevante per assumere la decisione e priva di qualsiasi significato’.
-Per la cassazione di tale sentenza ricorre la RAGIONE_SOCIALE affidando la sorte dell ‘ impugnazione a tre motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME che ha anche depositato memoria ai sensi dell ‘ art.- 380 bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo mezzo è denunciata: ‘Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., in relazione agli artt. 2043 e 2697 c.c., 112, 115,116 e 132 n. 4 c.p.c., 22 e 23 del DPR 3/57, 17 c. 2 L. 152/01, 654 c.p.p., 108 e 109 TU 1124/65 nonché 83 c. 8 TU 1124/65; travisamento ed erronea valutazione delle prove. Omissione, apoditticità, illogicità della motivazione per contraddittorietà intra ed extratestuale (rispetto a quest ‘ ultimo vizio, in relazione alle seguenti informazioni processuali: …)’: segue l ‘ indicazione specifica di 11 documenti allegati (pp. 12 e 13 del ricorso).
Il motivo si sviluppa, poi, nei seguenti termini: a ) indicazione delle ‘tesi sostenute da RAGIONE_SOCIALE‘ (da p. 13 a p. 15 del ricorso); b ) indicazione delle ‘tesi sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE‘ (pp. 15 e 16 del ricorso); c ) cenno alla ‘decisione gravata’ (pp. 16, ultimi due righi, e 17, primi due righi, del ricorso); d ) sintesi degli addebiti di responsabilità della convenuta (p. 17 del ricorso); e ) censure sulla ‘violazione dell’ art. 17 c. 2, letto in combinazione con l ‘art. 7 della L. 152/01’ (da p. 17 a p. 20 del ricorso); f ) censure sulla ‘violazione degli artt. 108 e 109 DPR 1124/65’ (da p. 20 a p. 23 del ricorso); g ) censure sull ”essere le condotte tenute della Eminente, a far tempo dal luglio 2014, conformi ai pareri rilasciati dal legale interno della sede INAIL di Terni e della sede regionale e sul non avere la Eminente tenuto condotte ostili nei confronti di RAGIONE_SOCIALE‘ (da p. 23 a p. 28 del ricorso).
-Con il secondo mezzo è dedotta ‘Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 2043
e 2697 c.c., 112,115 e 116 c.p.c.; erronea disapplicazione dell ‘ art. 1226 cc. Omessa motivazione’.
Il motivo si sviluppa come segue: a ) indicazione delle ‘tesi sostenute innanzi alla Corte Distrettuale da RAGIONE_SOCIALE‘ (pp. 28 e 29 del ricorso); b ) indicazione delle ‘tesi sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE‘ (p. 29 del ricorso); c ) cenno alla ‘decisione gravata’, nella parte in cui ha affermato che: ‘…’… tanto basta per il rigetto del primo motivo di appello e per ritenere assorbito il secondo che l ‘accoglimento del primo presuppone’ (p. 29 del ricorso); d ) censura di ‘omessa motivazione’, non avendo la Corte territoriale ‘preso alcuna posizione e dunque non ha deciso sul secondo motivo di appello, che viene appresso trascritto (e riproposto)’: segue, quindi, la trascrizione del motivo di appello (da p. 29 a p. 32 del ricorso).
-Con il terzo mezzo è prospettata ‘Violazione e falsa interpretazione dell ‘ art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 183 c. 7 e 356 c.p.c.; artt. 2697 c.c., 112, 115, 116 e 132 n. 4 c.p.c. Illogicità della motivazione per sua manifesta apoditticità e contraddittorietà intratestuale’.
Il motivo, come i precedenti, si sviluppa con: a ) l ‘ indicazione delle ‘tesi sostenute innanzi alla Corte Distrettuale da RAGIONE_SOCIALE e della prova testimoniale, con relativi capitoli, e del teste da escutere (pp. 32 e 33 del ricorso); b ) l ‘indicazione delle ‘tesi sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE‘ (p. 33 del ricorso); c ) cenno alla ‘decisione’: nella parte in cui ha affermato che «i fatti, verificatisi in epoca successiva all ‘ introduzione del giudizio, non avrebbero ‘alcun collegamento con l’ oggetto dello stesso, come originariamente delineato, sicché la circostanza oggetto dell ‘ istanza di ammissione della prova testimoniale dell ‘ appellante sarebbe irrilevante per assumere la decisione e priva di qualsiasi significato’» (pp. 33 e 34 del ricorso); d ) la censura con la quale si sostiene che una ‘corretta applicazione’ delle norme processuali
indicate in rubrica ‘avrebbe dovuto indurre la Corte Territoriale a ben diversa determinazione’ e ciò in quanto, al pari di quanto si era verificato nei casi COGNOME e dell ‘ altro cliente RAGIONE_SOCIALE (cfr. All. V, VI, VII, VIII, IX e X), pure in epoca successiva al parere COGNOME (ovvero dagli ultimi mesi del 2015, fino al settembre 2016), la resistente aveva persistito nell ‘ atteggiamento di illecita persecuzione di RAGIONE_SOCIALE. Di qui, in una con la violazione degli articoli precedentemente indicati, anche l ‘ evidente vizio di illogicità motivazionale per contraddittorietà intratestuale’.
4. – Preliminarmente occorre dare atto dell ‘ eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso, nella sua intera articolazione, per palese violazione del principio di autosufficienza ‘sotto tutti i possibili profili’, tale da non consentire a questa Corte -secondo la stessa Eminente -di ‘avere precisa cognizione delle questioni oggetto di discussione’.
A tal riguardo, occorre anzitutto ribadire, in relazione al confezionamento dei motivi di impugnazione, il principio secondo cui il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, per cui si richiede che i motivi di denuncia posseggano i caratteri della tassatività e della specificità, esigendo una precisa enunciazione, di modo che il vizio dedotto rientri nelle categorie logiche previste dall ‘ art. 360 c.p.c., con conseguente inammissibilità di critiche generiche, in cui profili di doglianza molteplici siano articolati confusamente e in modo inestricabile tra loro, senza rispondere, chiaramente, alle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito civile (tra le tante, Cass. n. 19959/2014; Cass. n. 11603/2018; Cass. n. 36881/2021).
In siffatta prospettiva, però, dovrà valutarsi se la strutturazione del ricorso presenti solo una mera disarmonia rispetto al modello di giudizio di legittimità delineato dal legislatore processuale, rendendo comunque possibile, in base ad una piana lettura dell ‘ atto, individuare ed isolare immediatamente quelle
prospettazioni che, di per sé, si configurino, senza equivoci, come autonome censure astrattamente riconducibili nell ‘ alveo dei vizi paradigmatici di cui alla citata norma, vigente, dell ‘ art. 360 c.p.c. o, comunque, tali da potersi con essa puntualmente rapportare. Ciò in considerazione di una dimensione complessiva di garanzie (artt. 24 e 111 Cost.), che costituiscono patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della Carta di Nizza, art. 19 del Trattato sull ‘ Unione europea, art. 6 CEDU), da cui si diramano due principi tra loro complementari, il cui coordinamento consente, a valle di esigenze diverse ma convergenti, una sintesi compiuta e, quindi, volta a far sì che possa trovare attuazione, tramite la funzione servente dei primi, il principio, fondamentale, che costituisce lo scopo ultimo al quale il processo è di per sé orientato, ossia l ‘ effettività della tutela giurisdizionale, nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito (tra le altre, Cass., S.U., n. 22438/2018; Cass. n. 22515/2019). Da un lato, il principio che impone di evitare eccessi di formalismo e, quindi, restrizioni del diritto della parte all ‘ accesso ad un tribunale che non siano frutto di criteri ragionevoli e proporzionali; dall ‘ altro, quello di garantire alle parti una coerente esplicazione del diritto di azione e di difesa nel rispetto della struttura dialettica del processo e del principio di ‘parità delle armi’, ciò che sarebbe all’ evidenza vulnerato ove l ‘ impugnazione (che è componente essenziale del diritto di azione) non fosse imperniata su ragioni provenienti dalla stessa parte, bensì frutto di intervento officioso del giudice del gravame.
Sicché, nella specie, il ricorso, sebbene presenti una veste affatto disarmonica rispetto al paradigma dell ‘ impugnazione di legittimità, può comunque essere oggetto di scrutinio solo e soltanto in riferimento alle specifiche censure i cui termini, di seguito indicati, è stato possibile, alle luce delle coordinate innanzi tracciate, trarre direttamente e immediatamente dallo stesso atto
e, quindi, nel rispetto, ineludibile, del modello processuale in base al quale il legislatore ha configurato il giudizio civile di cassazione come giudizio a critica vincolata.
5. -Il primo motivo veicola le seguenti scrutinabili censure: a ) erronea interpretazione dell ‘ art. 17 della legge n. 152/2001 (da leggere in connessione con l ‘ art. 7 della stessa legge) in riferimento alle affermazioni del giudice di appello sulla riserva di attività ai patronati dell ‘ attività di mediazione in favore degli infortunati (p. 8 sentenza appello) e sul parere della Direzione centrale dell ‘ Inail con cui si riteneva lecita l ‘ attività di CM nei limiti dell ‘ assistenza e acquisizione di informazioni (p. 9 sentenza appello). Si deduce che i legali rappresentanti di CM sono stati assolti, definitivamente con sentenza del Tribunale di Terni n. 869/2019, dal reato di cui agli artt. 81 c.p. e 17, comma 2, l. n. 152/2001 ‘perché il fatto non sussiste’, riguardando ‘la norma asseritamente violata dagli imputati … gli istituti di patronato e di assistenza sociale, mentre gli imputati esercitavano la loro attività in virtù di un espresso mandato loro conferito singolarmente da ogni professionista interessato ad avvalersi delle prestazioni professionali degli imputati’. Di qui anche il ‘vizio motivazionale di illogicità per contraddittorietà extratestuale’ e la violazione dell’ art. 654 c.p.p. per aver la Corte territoriale utilizzato anche la documentazione proveniente dal giudizio penale nonostante la ‘sentenza irrevocabile … di assoluzione’; b ) erronea interpretazione degli artt. 108 e 109 del d.P.R. n. 1124/1965, con travisamento del fatto per ‘avere confuso la attività di intermediazione tra il singolo cliente di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (mai svolta dalla ricorrente), con l ‘ attività di mandataria del proprio singolo cliente (di converso compiuta dalla ricorrente)’; c ) critica, anche alla luce delle già dedotte violazioni di legge (artt. 17, 7 l. n. 152/2001, 108 e 109 d.P.R. n. 1124/1965), delle decisione del giudice di appello sulla insussistenza del dolo o della colpa grave nelle condotte tenute dalla Eminente, ciò
integrando anche ‘vizio di apoditticità e/o comunque inadeguatezza della motivazione ( recte : insufficienza)’, con ‘travisamento dei contenuti delle comunicazioni indebitamente inviate dalla Eminente ai clienti della RAGIONE_SOCIALE, nonché ‘omessa considerazione’ della deposizione della teste escussa all ‘udienza del 9.5.2017 e ‘omessa motivazione’ sulla ‘disposta inibitoria di attività libero professionale inferta all ‘Avv. COGNOME‘ e sulle ‘iniziative persecutorie adottate dalla Eminente in epoca successiva al settembre/ottobre 2015’.
5.1. -Il motivo è inammissibile in tutta la sua articolazione.
Sono inammissibili, anzitutto, i plurimi profili di doglianza che evocano un vizio di insufficienza-illogicità-contraddittorietà della motivazione, giacché calibrati in base alla formulazione non più vigente, e inapplicabile ratione temporis al presente giudizio di legittimità, dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Sono inammissibili anche le censure che denunciano la ‘omessa motivazione’, da intendersi come violazione dell’ art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e del c.d. ‘minimo costituzionale’ (art. 111 Cost.) della motivazione, giacché -ancor prima della loro infondatezza, in ragione della piena intelligibilità e adeguatezza dell ‘ apparato argomentativo che sorregge la decisione di appello, recante argomentazioni obbiettivamente idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (cfr. § 2.2. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente) -le stesse sono confezionate non solo senza dare effettiva evidenza ad una mancanza assoluta della motivazione e/o ad aporie insanabili alla stessa intrinseche, ma anche tramite riferimenti ad elementi esterni (‘extratestuali’) allo stesso impianto motivazionale, ciò che, però, non è consentito dedurre a sostegno della denuncia del vizio in esame (Cass., S.U., n. 8053/2014).
Sono, altresì, inammissibili le censure di travisamento del ‘fatto’ ( recte : della prova) poiché tale vizio ricorre unicamente in caso di svista, avente carattere di decisività, concernente il fatto
probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell ‘ informazione probatoria al fatto probatorio (Cass., S.U., n. 5792/2024), così potersi prospettare soltanto là dove si venga ad escludere qualsiasi profilo di valutazione della prova da parte del giudice, mentre nella specie è, invece, affatto evidente che le doglianze proposte investono proprio un giudizio espresso dalla Corte territoriale.
Sono inammissibili anche le censure di violazione di legge (artt. 17, 7 l. n. 152/2001, 108 e 109 d.P.R. n. 1124/1965), giacché le stesse sono orientate, nella sostanza, a criticare non tanto l ‘ interpretazione corretta di dette norme (su cui, peraltro, non sembrano neppure esservi divergenze tra quanto affermato dal giudice di appello e quanto inteso dalla ricorrente), quanto, piuttosto, la ricostruzione della quaestio facti ad opera della Corte territoriale (cfr. § 2.2. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente), assumendo, contrariamente a quanto ritenuto dallo stesso giudice di appello, che essa CM, in base alle deleghe degli assistiti, non ha, in effetti, svolto attività di intermediazione riservata ai patronati, così da sostituirsi, però, nei poteri di apprezzamento delle prove e dell ‘ accertamento dei fatti riservati al giudice del merito, sindacabili in questa sede negli stretti limiti del vizio di omesso esame di fatto storico controverso e decisivo di cui al vigente n. 5 dell ‘ art. 360 c.p.c.
Vizio, quest ‘ultimo , non solo non dedotto da parte ricorrente nel rispetto delle indicazioni di cui alla citata Cass., S.U., n. 8053/2014, ma che neppure era deducibile in presenza di c.d. ‘doppia conforme’ (di cui all’ art. 348 ter , quinto comma, c.p.c. e, attualmente, all ‘ art. 360, quarto comma, c.p.c.), in assenza, peraltro, di idonea indicazione, ad opera della stessa ricorrente, delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell ‘ appello, con la
dimostrazione che esse sono tra loro diverse (tra le altre: Cass. n. 5947/2023).
Così orientate le censure di violazione di legge, le stesse, del resto, non sono neppure idonee a dare ingresso ad un c.d. ‘ vizio di sussunzione ‘ , che può essere dedotto se non assumendo l ‘ accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell ‘ operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente – ossia ponendo in discussione detto accertamento -, si verrebbe a trasmodare, per l ‘ appunto, nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. in tale prospettiva, tra le altre, Cass. n. 18715/2016; Cass. n. 3965/2017; Cass. n. 6035/2018; Cass. n. 21951/2023; Cass. n. 17294/2024).
È dunque estraneo alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investe la ricostruzione e l ‘ accertamento del fatto materiale, da cui, invece, nella sua portata, come giudizialmente definita, deve muovere la censura di erronea riconduzione di esso alla norma di riferimento. Pertanto, nella specie, ciò che viene criticato, inammissibilmente, è proprio l ‘ accertamento della Corte territoriale sulla realtà materiale e cioè sugli aspetti fattuali che l ‘ hanno condotta a ritenere insussistente la responsabilità extracontrattuale della Eminente in assenza di dolo o colpa grave nelle condotte da essa tenute.
Va, infine, ulteriormente considerato – in riferimento non solo alle doglianze che investono proprio la portata di tali condotte, ma, in ogni caso, in relazione all ‘ impianto complessivo delle censure che sono veicolate con il motivo di ricorso in esame – che la Corte territoriale (cfr. § 2.2. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente), avuto riguardo alla disciplina sulla responsabilità civile dell ‘ impiegato pubblico per il danno ingiusto cagionato a terzi
‘nell’ esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti’, da potersi configurare, in base al combinato disposto degli artt. 22 e 23 del d.P.R. n. 3/1957 e 8 della legge n. 70/1975, in ipotesi di ‘colpa grave o dolo’ ( ratio decidendi , quest ‘ ultima, non fatto oggetto di alcuna impugnazione), ha escluso che si potesse ravvisare in capo alla Eminente l ‘ elemento soggettivo anzidetto.
E ciò ha ritenuto il giudice di appello valorizzando, in particolar modo, l ‘aver la stessa convenuta/appellata, ‘nella sua veste di funzionario responsabile dell ‘INAIL della sede di Terni’, interpellato ‘le direzioni centrali (regionale e nazionale) dell ‘Istituto’ e, quindi, essendosi conformata ‘doverosamente’ a circolari e alle direttive ‘degli organi centrali dell’ Ente prese su suggerimento dell ‘avvocatura interna’.
Tale è, dunque, la ragione giustificativa della decisione di insussistenza della responsabilità personale della Eminente che permea l ‘ intera motivazione adottata dalla Corte territoriale (cfr. ancora § 2.2. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente) e che è frutto di un apprezzamento di merito, come tale non scalfito, per le varie anzidette ragioni, dalle doglianze di parte ricorrente innanzi sintetizzate.
E rispetto a siffatta ratio decidendi si palesa anche eccentrica, e dunque inammissibile, anche la doglianza di violazione dell ‘ art. 654 c.p.p., non venendo in rilievo decisivo, ai fini dell ‘ affermazione di responsabilità personale della funzionaria pubblica, l ‘ effettiva legittimità, o meno, dell ‘ attività svolta da CM, quanto piuttosto, come detto, il comportamento della Eminente giustificato dalle coordinate provenienti dagli organi superiori alle quali la responsabile della sede ternana dell ‘ Inail era tenuta ad attenersi.
6. -E ‘ logicamente prioritario l ‘ esame del terzo motivo che censura l ‘ affermata insussistenza dell ‘ illecito, mentre il secondo motivo attiene alla esclusa configurazione di un danno risarcibile.
6.1. -Il motivo è inammissibile.
Lo è non solo là dove veicola il vizio, non più denunciabile in questa sede, di motivazione illogica e contraddittoria, secondo il paradigma proprio della abrogata formulazione del n. 5 dell ‘ art. 360 c.p.c., ma anche -e in via assorbente -in quanto, come in precedenza, è orientato, nella sostanza, ma inequivocabilmente, a criticare l ‘ apprezzamento della quaestio facti operata dal giudice di appello -con motivazione affatto intelligibile e rispettosa del c.d. ‘minimo costituzionale’ – in ordine alla inconferenza delle doglianze proposte in sede di gravame perché attinenti a ‘fatti pacificamente intervenuti successivamente all ‘ introduzione del giudizio, non aventi alcun collegamento con l ‘ oggetto dello stesso come originariamente delineato’ (cfr. § 2.2. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente), con conseguente coerente declaratoria di irrilevanza della prova testimoniale dedotta a dimostrazione degli anzidetti fatti.
Del resto, è la stessa dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sostenuta dal prospettato corredo censorio, a dare evidenza ad un orientamento delle doglianze non in linea con i paradigmi normativi evocati, dovendosi rammentare che: la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; la violazione dell ‘ art. 116 c.p.c. – norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale – è idonea ad integrare il vizio di cui all ‘ art. 360, n. 4, c.p.c., solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all ‘ opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una
prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (tra le altre: Cass. n. 11892/2016; Cass. n. 9356/2017; Cass. n. 6981/2024).
Ed ancora, rispetto alla mancata ammissione della prova testimoniale, occorre ribadire (in continuità con Cass. n. 30810/2023) che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l ‘ inammissibilità del mezzo di prova, ma per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, poiché in quest ‘ ultimo caso sussistendo ‘il potere (del giudice) di operare nel processo scelte discrezionali, che, pur non essendo certamente libere nel fine, lasciano tuttavia al giudice stesso ampio margine nel valutare se e quale attività possa o debba essere svolta’ (Cass., S.U., n. 8077/2012) è possibile, invece, dedurre un vizio di omesso esame ai sensi del vigente art. 360, primo comma n. 5, c.p.c. Vizio che -al pari di quanto già rilevato in precedenza (cfr. § 5.1., che precede) – non solo non è stato dedotto dalla ricorrente nel rispetto delle indicazioni di cui alla citata Cass., S.U., n. 8053/2014, ma che neppure era deducibile in presenza di c.d. ‘doppia conforme’.
7. -Il secondo motivo è inammissibile, ancor prima che infondato per come prospettato.
Non solo, infatti, la Corte territoriale ha pronunciato, e correttamente, sul motivo di appello, evidenziando che era sufficiente il rigetto del primo motivo sull ‘ insussistenza dell ‘ illecito e, quindi, del danno ingiusto, per ritenere assorbito il motivo di gravame (il secondo) che era attinente alla liquidazione del danno (conseguenza), patrimoniale e all ‘immagine (cfr. § 2.2. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente), ma, essendo stato rigettato il
primo motivo di ricorso, il consolidamento del giudicato sull ‘ insussistenza, a monte, dell ‘ an debeatur della responsabilità della convenuta rende inammissibile ogni censura che investa, a valle, il quantum debeatur dell ‘ azionata pretesa risarcitoria.
-Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e parte ricorrente condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza