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Responsabilità funzionario: chi paga senza contratto?

Una società che ha continuato a fornire un servizio a un Comune dopo la scadenza del contratto si è vista negare il pagamento. La Cassazione chiarisce la responsabilità del funzionario pubblico in questi casi e dichiara inammissibile il ricorso della società per un vizio processuale: non aver impugnato tutte le motivazioni della sentenza d’appello. La decisione sottolinea che, secondo la normativa, il debito ricade sul funzionario che ha consentito la spesa senza copertura formale.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità del funzionario pubblico: quando paga di tasca propria?

Lavorare con la Pubblica Amministrazione richiede procedure rigorose e formali. Ma cosa succede quando un servizio viene reso senza un contratto valido o una proroga formale? Chi paga il conto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla delicata questione della responsabilità del funzionario pubblico per le obbligazioni assunte al di fuori degli schemi normativi, offrendo importanti spunti per imprese e professionisti.

I Fatti di Causa: Un Servizio Proseguito Senza Contratto

Una società che gestiva un canile per conto di un Comune continuava a fornire il servizio anche dopo la scadenza del contratto, in regime di proroga non formalizzata. Per anni, la società emetteva fatture mensili, ma il Comune non provvedeva al pagamento. Di fronte a un credito di quasi 250.000 euro, l’azienda decideva di agire in giudizio contro l’Ente e contro il dirigente del settore competente, ritenendoli entrambi responsabili.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la domanda della società. I giudici hanno applicato il principio sancito dall’art. 191 del Testo Unico degli Enti Locali (d.P.R. 267/2000). Secondo questa norma, quando una spesa viene effettuata senza un regolare impegno contabile e un atto amministrativo formale, il rapporto obbligatorio non si instaura con l’ente pubblico, ma direttamente con il funzionario o l’amministratore che ha consentito o ordinato la prestazione. Di conseguenza, la Corte d’Appello ha ritenuto che l’eventuale debito non fosse del Comune, ma del dirigente. Tuttavia, ha anche dichiarato prescritta l’azione contro quest’ultimo, applicando la prescrizione quinquennale per i crediti periodici.

La Decisione della Cassazione: il Ricorso è Inammissibile

La società ha impugnato la decisione in Cassazione, contestando principalmente l’applicazione della prescrizione quinquennale. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, non per una valutazione nel merito della prescrizione, ma per un motivo squisitamente processuale, tanto cruciale quanto spesso sottovalutato.

La responsabilità del funzionario pubblico e la Doppia “Ratio Decidendi”

La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su due motivazioni distinte e autonome (una doppia ratio decidendi):
1. La prescrizione quinquennale: il diritto della società a richiedere il pagamento al funzionario si era estinto in cinque anni.
2. L’assenza di colpa del funzionario: anche se si fosse applicata la prescrizione decennale, la domanda sarebbe stata comunque respinta perché non era stata fornita la prova di un comportamento, attivo od omissivo, del dirigente che avesse ‘consentito’ la prosecuzione irregolare del servizio. Anzi, risultava che il funzionario avesse agito per evidenziare l’irregolarità.

L’Importanza di Impugnare Tutte le Motivazioni

La società ricorrente, nei suoi motivi di ricorso, ha attaccato solo la prima motivazione (quella sulla prescrizione), tralasciando completamente di contestare la seconda. La Cassazione ha spiegato che, in presenza di più rationes decidendi autonome, è necessario impugnarle tutte. Se anche una sola di esse non viene contestata e rimane ‘in piedi’, essa è da sola sufficiente a sorreggere la decisione, rendendo inutile l’esame delle altre censure. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo civile: il ricorso per cassazione deve essere mirato a ottenere un risultato concreto. Se la sentenza impugnata si fonda su più argomentazioni, ciascuna delle quali è di per sé sufficiente a giustificare la decisione, il ricorrente ha l’onere di censurarle tutte. In caso contrario, l’eventuale accoglimento del ricorso su una delle motivazioni contestate non potrebbe comunque portare alla cassazione della sentenza, che rimarrebbe valida sulla base della motivazione non impugnata. In questo caso, la seconda ratio decidendi (l’assenza di un comportamento colpevole del funzionario) era rimasta incontestata e, pertanto, era passata in giudicato, blindando la decisione della Corte d’Appello e rendendo l’intero ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due lezioni pratiche di grande importanza. La prima è per le imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione: è fondamentale assicurarsi sempre dell’esistenza di un valido ed efficace atto amministrativo che autorizzi la spesa. Agire in assenza di tale copertura espone al rischio di non poter recuperare il credito dall’ente, dovendo invece rivolgersi direttamente al funzionario, con tutte le incertezze del caso. La seconda è di natura processuale e si rivolge agli avvocati: nell’atto di impugnazione, è essenziale analizzare con estrema attenzione la sentenza e individuare tutte le rationes decidendi, anche quelle apparentemente secondarie, per assicurarsi di contestarle tutte in modo specifico e pertinente. Tralasciarne anche solo una può portare a una declaratoria di inammissibilità, vanificando l’intero sforzo difensivo.

Chi è responsabile per i pagamenti di un servizio reso a un ente pubblico senza un contratto formale?
Secondo la normativa applicata nel caso (Art. 191 d.P.R. 267/2000), il rapporto obbligatorio si instaura direttamente con il funzionario o l’amministratore pubblico che ha autorizzato o consentito la prestazione senza un regolare impegno di spesa, e non con l’ente pubblico.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la società ricorrente ha omesso di impugnare una delle due motivazioni autonome (ratio decidendi) su cui si fondava la sentenza della Corte d’Appello. La motivazione non contestata era da sola sufficiente a sorreggere la decisione, rendendo l’esame degli altri motivi irrilevante.

L’azione contro il funzionario pubblico è sempre possibile?
No. Anche quando la responsabilità ricade sul funzionario, è necessario dimostrare un suo comportamento, commissivo o omissivo, che abbia determinato o consentito l’irregolare prosecuzione del servizio. Inoltre, l’azione è soggetta a termini di prescrizione, che nel caso di specie la Corte d’Appello ha identificato in cinque anni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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