Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6930 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6930 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
NOME COGNOME NOME NOME ARAGIONE_SOCIALE TASSONE
Presidente AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7937/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante, e RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante, rappresentate e difese, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliate presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO -ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME, nella dichiarata qualità di eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
Ud. 21/12/2023 CC Cron. R.G.N. 7937/2020
COGNOME NOME
-intimata – avverso la sentenza del Tribunale di Foggia n. 2980/2019, pubblicata in data 19 dicembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE ricorrono, nei confronti di COGNOME NOME, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Foggia n. 2980/19, sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella dichiarata qualità di eredi di NOME COGNOME, resistono con controricorso.
Questi i fatti da cui trae origine la controversia.
2.1. NOME COGNOME conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, con la quale aveva stipulato un contratto di somministrazione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, al fine di far accertare l’inadempimento della convenuta ed ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti in conseguenza dell’interruzione della fornitura nel periodo compreso tra il 26 luglio ed il mese di ottobre 2011.
Mediante comparsa di costituzione e di intervento volontario si costituivano in giudizio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che chiedevano il rigetto della domanda di parte attrice, adducendo l ‘impossibilità di adempiere l’obbligazione per
e nei confronti di
causa non imputabile ex art. 1256 cod. civ., per essere l’interruzione dipesa dal furto di cavi elettrici in rame.
Il Giudice di pace accoglieva la domanda dell’attrice, ritenendo RAGIONE_SOCIALE responsabile dei danni ex art. 1218 cod. civ. e condannava la convenuta al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali, della somma di euro 2.297,00 e della ulteriore somma di euro 500,00 a titolo di danno non patrimoniale.
2.2. La sentenza, impugnata da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, è stata confermata dal Tribunale di Foggia.
In sintesi, premesso che oggetto della prestazione contrattuale del fornitore nei confronti dell’utente era la somministrazione continuativa di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il giudice d’appello ha osservato che, nell’esecuzione secondo buona fede di tale prestazione, il fornitore aveva l’onere di porre in essere prestazioni accessorie ed ausiliarie volte a proteggere il concreto interesse dell’utente finale. Ha , quindi, evidenziato che, nel caso di specie, il fornitore non aveva predisposto gli strumenti necessari a far salvo l’interesse contrattuale della controparte, tanto che, proprio a causa del prolungarsi del disservizio, l’appellata aveva dovuto autonomamente provvedere all’acq uisto di un generatore elettrico.
Il Tribunale ha, poi, confermato la liquidazione dei danni operata dal primo giudice, sottolineando che, vertendosi in ipotesi di responsabilità contrattuale, il danno da risarcire doveva essere valutato ‹‹ per intero ›› alla stregua dell’art. 1223 cod. civ., cosicché era dovuto non solo il danno patrimoniale documentato, ma anche il danno non patrimoniale, valutato e quantificato ai sensi dell ‘art. 1226 cod. civ., ‹‹alla stregua dell’evidente disagio determinato dal perdurare nei mesi dell’assenza di fornitura RAGIONE_SOCIALE›› .
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Le ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va accolta l’eccezione di difetto di legittimazione delle odierne parti controricorrenti, sollevata dalle ricorrenti.
Vale, in linea generale, premettere che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, quello secondo il quale colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio pendente, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., per mezzo delle produzioni documentali consentite, oltre che del decesso della parte originaria, anche della qualità di erede di quest’ultima. In difetto , il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione ad impugnare, nessun rilievo assumendo la mancata contestazione di tale legittimazione ad opera della controparte, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio (Cass., sez. L, 27/01/2011, n. 1943; Cass., sez. 2, 29/01/2013, n. 2046; Cass., sez. 1, 02/03/2016, n. 4116; Cass., sez. 6-3, 21/06/2017, n. 15414; Cass., sez. 6-3, 10/05/2018, n. 11276).
A tal fine, non è sufficiente la denuncia di successione, che ha valore solo fiscale e che fornisce un mero elemento indiziario liberamente valutabile dal giudice (Cass., sez. 3, 19/12/1978, n. 6103; Cass., sez. U, 29/05/2014, n. 12065, in tema di inidoneità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà a comprovare la qualità di erede), ma occorre produrre, oltre al certificato di morte comprovante l’avvenuto decesso del de cuius , anche la documentazione anagrafica attestante la relazione parentale ed i fatti da cui deriva quella qualità.
Gli odierni controricorrenti sostengono in questa sede di essere eredi di NOME COGNOME, ma a supporto di tale affermazione si sono limitati a produrre, unitamente al controricorso, il certificato di decesso della de cuius e la dichiarazione di successione, documentazione che, per le ragioni sopra esposte, non è idonea ad attestare la loro qualità di eredi.
Ne consegue che il controricorso va dichiarato inammissibile.
Con il primo motivo l e ricorrenti denunciano ‹‹Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1228, 1256, secondo comma, e 1559 cod. civ., nonché del d.lgs. n. 79 del 1999, art. 1.3 e 9, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice d’appello erroneamente asserita la responsabilità contrattuale del RAGIONE_SOCIALE››.
Evidenziano che costituisce elemento di fatto incontroverso tra le parti, risultante dalla denuncia di furto e dalla missiva RAGIONE_SOCIALE del 14 ottobre 2011 prodotta dalla stessa utente, la circostanza che l’interruzione nell’erogazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva costituito un evento limitato alla specifica utenza della COGNOME, ma aveva interessato l’intero tratto della dorsale, dal momento che era stata provocata dal furto di tre conduttori in corda di rame che aveva determinato la disalimentazione di tre cabine di servizio.
Soggiungono che, poiché RAGIONE_SOCIALE limitava la propria attività alla mera compravendita dell’RAGIONE_SOCIALE, essa non era dotata di effettivi e concreti poteri direttivi e di controllo sui soggetti cui era affidata la gestione della rete di trasmissione dell’RAGIONE_SOCIALE ed il relativo trasporto, ragione per cui non p oteva essere ritenuta responsabile di eventi concernenti la specifica attività di distribuzione, considerato, peraltro, che il comportamento contestato non era l’interruzione, ma il ritardo nella riattivazione della fornitura.
Con il secondo motivo le ricorrenti censurano la decisione
impugnata per ‹‹ violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. per avere il giudice d’appello asserito l’inadempimento contrattuale del RAGIONE_SOCIALE per violazione degli oneri di protezione››.
Lamentano che il Tribunale, nel sostenere l’obbligo della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di somministrare in ogni caso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sia pure con mezzi alternativi e temporanei, ha amplificato il contenuto dei doveri di protezione sino a farli coincidere di fatto con l’adempimento stesso dell’obbligazione dedotta in contratto, così facendo venire meno l’esonero di responsabilità previsto dall’art. 1218 cod. civ.
Con il terzo motivo le ricorrenti deducono ‹‹Violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. in relazione al vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per mancanza assoluta di motivazione circa l’esonero di responsabilità per impossibilità temporanea della prestazione ovvero sulla sussistenza della prova liberatoria della non imputabilità del fatto illecito››.
Fanno rilevare che, essendo RAGIONE_SOCIALE intervenuta volontariamente nel giudizio assumendo su di sé la legittimazione passiva per essere l’effettivo soggetto nei cui riguardi si rivolgeva la pretesa dell’originaria attrice, ‹‹affermare la responsabilità contrattuale del somministratore implica o il difetto di legittimazione del distributore o la sua concorrente responsabilità, mentre la decisione gravata omette completamente di giustificare la responsabilità, e, quindi, la condanna della RAGIONE_SOCIALE intervenuta››.
Sostengono, inoltre, che la decisione è viziata da assoluta carenza di motivazione ‹‹sull e ragioni per cui ha escluso l’impossibilità temporanea della prestazione o la non imputabilità del fatto illecito ›› .
Con il quarto motivo si deduce ‹‹omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. per avere riconosciuto l’intero
danno patrimoniale e quello non patrimoniale››.
Le ricorrenti censurano, in particolare, la decisione del Tribunale là dove si afferma l’insussistenza di un ingiustificato arricchimento in favore dell ‘ utente, anche se il generatore era rimasto di proprietà dell’acquirente malgrado il rimborso della spesa sostenuta , e aggiungono che all’argomentazione del giudice di merito sfugge che il danneggiato avrebbe dovuto dimostrare che la spesa sostenuta per il funzionamento del generatore costituiva un maggior onere rispetto alla spesa necessaria per usufruire dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di talché il rimborso anche della spesa per il gasolio incrementava ulteriormente l’indebito arricchimento dell’utente.
Sotto altro profilo sostengono che la motivazione del Tribunale è incongrua laddove accorda il risarcimento anche del danno non patrimoniale, fondato sul disagio connesso alla privazione di corrente RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’utente avesse ovviato all’inconveniente mediante l’acquisto del generatore, e pongono in rilievo che non viene in considerazione la lesione di alcun diritto costituzionale, ma solo un mero fastidio non in grado di fondare alcun ristoro; aggiungono che, in ogni caso, anche a voler ritenere sussistente la lesione di un diritto inviolabile della persona, il danno non poteva comunque ritenersi in re ipsa , ma costituiva un danno conseguenza, che doveva essere allegato e provato da chi ne domandava il risarcimento.
Il primo, il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi, possono essere scrutinati congiuntamente e sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
6.1. Nel censurare la decisione del giudice d’appello , le odierne ricorrenti muovo dalle considerazioni che la causa che ha determinato l’interruzione nell’erogazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è da ricondurre al furto di conduttori in rame, perpetrato da ignoti, e, quindi, al ‹‹ fatto
del terzo ›› , e che la ‹‹linea di trasmissione dell’RAGIONE_SOCIALE e/o della struttura fisica deputata al relativo trasporto ed alla conseguente distribuzione al dettaglio ›› è affidata all’esclusiva gestione della RAGIONE_SOCIALE di distribuzione, che ne è proprietaria, ed è, pertanto, sottratta a qualsiasi concreto e diretto controllo da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
6.2. Gli argomenti su cui le odierne ricorrenti poggiano la loro difesa non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza.
Dando atto che costituiva fatto incontestato la sussistenza tra le parti di un contratto di somministrazione di fornitura energetica, il giudice di merito ha così motivato: ‹‹ oggetto della prestazione contrattuale del fornitore nei confronti dell’utente è la somministrazione continuativa di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, al fine di tutelare gli specifici interessi patrimoniali e non patrimoniali del fruitore di RAGIONE_SOCIALE. Nell’esecuzione secondo buona fede di tale prestazione principale il fornitore non si limita a concludere, per conto del cliente, un rapporto di fornitura con il gestore della rete, ma è tenuto a specifici obblighi di protezione, volti a salvaguardare i concreti interessi della controparte sottesi al rapporto contrattuale. Ed infatti, se il fornitore si limitasse ad assumere il ruolo di mero ‘intermediario’ tra cliente e gestore della rete (inquadrabile nello schema del ‘mandato’), si dovrebbe poi di conseguenza riconoscere la sussistenza di un rapporto diretto tra utente e gestore della rete, tale da rendere non più indispensabile il ricorso al ‘fornitore’… Al contrario, la netta distinzione tra soggetto gestore della rete (che opera in regime di monopolio) e soggetto fornitore del servizio non ha lo scopo di garantire a quest’ultima una ‘rendita di posizione’ in assenza di concrete posizioni a suo carico, ma ha, invece, la finalità di offrire all’utente finale un servizio personalizzato, più conforme alle sue esigenze e idoneo a proteggere gli interessi concreti di cui è
portatore. In tale ottica, in caso di disservizio della rete RAGIONE_SOCIALE, il fornitore non può, secondo buona fede e condotta conforme agli obblighi ex artt. 1175 c.c. e 2 Cost., limitarsi ad affermare la responsabilità altrui (sia che essa sia riconducibile al gestore, sia che essa sia riconducibile a soggetti terzi), ma ha l’onere di attivarsi in prima persona al fine di far salvo l’interesse del cliente alla continuità della prestazione energetica, con prestazioni accessorie ed ausiliarie volte a proteggere il concreto interesse del cliente finale ››.
R itenendo corretto l’inquadramento ‘in ottica contrattuale’ della domanda proposta dalla COGNOME e sussistente la legittimazione di RAGIONE_SOCIALE, quale contraente del rapporto contrattuale, il Tribunale, quale giudice d’appello, è pervenuto ad affermare che la condotta tenuta dal fornitore integrasse sicuramente inadempimento agli obblighi contrattuali , sul rilievo che quest’ultimo, pur essendo ‹‹ a conoscenza della criticità e delle difficoltà che avrebbe avuto il distributore al ripristino del servizio, essendo già all’epoca di dominio pubblico il problema generato nel territorio del foggiano dal furto seriale di cavi elettrici di rame ›› , non si fosse, per mesi, attivato ‹‹ al fine di consentire la fruizione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE durante il periodo del disservizio, mediante mezzi alternativi (come ad esempio, la messa a disposizione di temporanei generatori di RAGIONE_SOCIALE) ›› .
In sostanza, il Tribunale, con accertamento di fatto non scrutinabile in questa sede, ha ravvisato la colpa del fornitore ‹‹ per il proprio inadempimento relativo ai propri oneri di protezione ›› , sottolineando che RAGIONE_SOCIALE, pur a fronte del fatto imputabile al terzo -il furto dei conduttori in rame che avevano cagionato l’interruzione nell’erogazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -non ha tenuto un comportamento improntato a buona fede, perché non si è prontamente attivata ‹‹ al fine di non lasciare per un tempo
irragionevole il cliente privo di fornitura energetica ›› ed ha mancato di predisporre gli strumenti idonei a far salvo l’interesse contrattuale alla continuità di fornitura energetica.
6.3. Il percorso motivazional e seguito dal giudice d’appello, che poggia sull’accertata violazione , da parte di RAGIONE_SOCIALE, degli obblighi di buona fede ex art. 1175 c.c. e 2 Cost., non risulta idoneamente censurato dalle ricorrenti, che hanno incentrato le loro doglianze sulla riconducibilità dell’interruzione della prestazione al furto dei cavi in rame e sulla distinzione tra gestore della rete e fornitore del servizio.
Difatti , essendo stato accertato dal giudice d’appello che il fornitore non ha in alcun modo tentato di ovviare al disagio determinato dal disservizio, protrattosi per mesi, subito dall’utente, emerge evidente che ‹‹ la mancata predisposizione di strumenti idonei a far salvo l ‘interesse contrattuale alla continuità di fornitura energetica ›› si atteggia quale condotta integrante inadempimento contrattuale, imputabile alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che non ha tenuto un comportamento improntato a buona fede.
Come ribadito anche di recente da questa Corte (Cass., sez. 3, 28/04/2022, n. 13342), la clausola generale di buona fede oggettiva o correttezza ex artt. 1175 cod. civ. (cfr. Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 2/30/2012, n. 16754; Cass., 11/5/2009, n. 10741), oltre che regola (artt. 1337, 1358, 1375 e 1460 c.c.) di comportamento, quale dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 Cost. (Cass., 6/5/2020, n. 8495; Cass., 14 10/11/2010, n. 22819; Cass., 22/1/2009, n. 1618; Cass., sez. U, 25/11/2008, 28056), che trova applicazione a prescindere dalla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da
comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (Cass., 30/3/2005, n. 6735; Cass., 9/2/2004, n. 2422), si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628).
Alla stregua di tali criteri, l’obbligo di buona fede o correttezza, da valutarsi alla stregua della causa concreta del contratto, e cioè con lo scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, o, in altre parole, con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare (Cass., sez. U, 11/11/2008, n. 26973; Cass., 7/10/2008, n. 24769; Cass., 24/4/2008, n. 10651; Cass., 20/12/2007, n. 26958; Cass., 11/6/2007, n. 13580; Cass., 22/8/2007, n. 17844; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398; Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 6/8/1997, n. 7266; Cass., 3/6/1993, n. 3800; Cass., 25/2/2009, n. 4501; Cass., 12/11/2009, n. 23941; Cass., sez. U, 18/2/2010, n. 3947; Cass., 18/3/2010, n. 6538; Cass., 9/3/2011, n. 5583; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 27/11/2012, n. 20991), non può non ritenersi operare anche nel caso in esame, come correttamente ritenuto dal giudice d’appello .
Da tanto discende che è del tutto irrilevante il richiamo, contenuto in ricorso, alla sentenza di questa Corte n. 1581 del 2018, poiché, nel caso in esame, si contesta non tanto e non solo l’interruzione dell’erogazione di RAGIONE_SOCIALE, quanto soprattutto il ritardo nell’adottare quegli accorgimenti che avrebbero potuto consentire a RAGIONE_SOCIALE di erogare comunque l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE anche
prescindendo dal mancato regolare funzionamento della rete di distribuzione de putata al relativo trasporto dell’RAGIONE_SOCIALE.
6.4. Le considerazioni sinora svolte fanno pure ritenere che la decisione gravata non sia viziata per carenza assoluta di motivazione.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e 8054) hanno affermato che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’, di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, ipotesi che non ricorrono nel caso di specie, in cui il giudice di merito ha indicato gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, attraverso una approfondita loro disamina logica e giuridica, ed esaustivamente spiegato le ragioni che lo hanno condotto all’affermazione di responsabilità in capo alla RAGIONE_SOCIALE, rendendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599).
Il Tribunale, affermando, per le ragioni sopra indicate, la responsabilità contrattuale di RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che l ‘utente NOME COGNOME aveva agito in giudizio per far valere il mancato adempimento di prestazione derivante dal contratto di somministrazione concluso con il fornitore, ha, implicitamente, escluso che potesse configurarsi, in capo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, una qualsiasi responsabilità per i fatti dedotti in giudizio.
Non rileva, pertanto, che la ricorrente RAGIONE_SOCIALE sia intervenuta volontariamente nel giudizio di merito assumendo di essere l’effettivo soggetto nei cui confronti doveva essere rivolta la
pretesa della COGNOME, in difetto di domanda da quest’ultima avanzata nei confronti del terzo intervenuto.
Infatti, anche qualora il convenuto evocato in causa estenda il contraddittorio nei confronti di un terzo assunto come l’effettivo titolare passivo della pretesa dedotta in giudizio dall’attore, se quest’ultimo si limiti a chiedere la sola condanna dell’originario convenuto, al giudice, in virtù del principio generale della domanda, è inibito il potere di emettere una statuizione di condanna nei confronti dello stesso terzo e a favore dell’attore, né all’attore medesimo è consentito di estendere successivamente la domanda condannatoria nei riguardi del terzo in appello, perché essa, configurandosi come nuova, incorrerebbe nella preclusione prevista dall’art. 345 cod. proc. civ. (Cass., sez. 3, 16/01/2009, n. 998).
7. Il quarto motivo è inammissibile, in quanto il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti non è stato prospettato nei termini in cui tale vizio è deducibile (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n 8054; Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
L’interpretazione di questa Corte ha chiarito come l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Costituisce, pertanto, un ‹‹ fatto ›› , agli effetti dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non una ‹‹ questione ›› o un ‹‹ punto ›› , ma un vero e proprio ‹‹ fatto ›› , in senso storico e normativo, un preciso accadimento
ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass., sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass., sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass., sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass., sez. U, 23/03/2015, n. 5745; Cass., sez. 1, 05/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, ‹‹ fatti ›› , il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il ‹‹ vario insieme dei materiali di causa ›› (Cass., sez. L, 21/10/2015, n. 21439).
All’in ammissibilità ed infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Nulla deve disporsi in merito alle spese del giudizio di legittimità, in ragione della ritenuta inammissibilità del controricorso ed in difetto di attività difensiva della intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione