SENTENZA TRIBUNALE DI TRIESTE N. 865 2025 – N. R.G. 00004569 2023 DEPOSITO MINUTA 21 10 2025 PUBBLICAZIONE 21 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Trieste, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico AVV_NOTAIO, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al n. 4569 del RGAC dell’anno 2023 vertente TRA
con sede legale in INDIRIZZO, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO, giusta procura in calce all’atto di opposizione;
ATTORE OPPONENTE
E
rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME del RAGIONE_SOCIALE, giusta procura in calce all’atto di costituzione, elettivamente domiciliata presso lo studio dei predetti difensori in RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO;
CONVENUTA OPPOSTA
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Parte attrice e parte convenuta precisavano le conclusioni come da rispettive note scritte depositate in data 20.3.2025.
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione del 26.10.2023 la società , premesso che
con atto di pignoramento mobiliare presso terzi notificato in data 20 marzo 2023, intimava alla società di pagare la complessiva somma di euro 45.984,10 oltre rivalutazione ed interessi successivi fino al saldo, le spese di registrazione e le successive occorrende; che tali importi derivavano dalla sentenza emessa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 1050/2011 nonché dalla sentenza emessa dalla Corte di Appello n. 427/2021, notificata assieme al precetto e non fornita di formula esecutiva; che aveva proposto opposizione al pignoramento mobiliare presso terzi ed in data 27 settembre 2023, a seguito dell’udienza tenutasi il 4 giugno 2023, il AVV_NOTAIO scioglieva la riserva ed assegnava le somme, compensando le spese legali; tutto ciò premesso, proponeva nel
termine assegnato opposizione chiedendone l’accoglimento e per l’effetto, di dichiarare non dovute le somme pretese e assegnate alla con conseguente condanna della stessa a restituire tutti gli importi versati oltre interessi e spese legali dal momento del pagamento al saldo effettivo, spese di registro e ogni spesa conseguente. Chiedeva, inoltre, che, alla luce del comportamento processuale della la quale aveva scelto di attivare l’esecuzione, pur se pendente un giudizio in Cassazione ave nte ad oggetto la nullità del titolo, la stessa fosse condannata ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Deduceva, in particolare, la , che la aveva applicato il criterio di ripartizione ex art. 1126 c.c. (spese straordinarie di manutenzione) ed aveva notificato a una parte della complessiva somma precettata oggetto di opposizione su Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Rg. 2216/2022) e su Tribunale di Trieste (Rg. 919/2023); che quest’ultima posizione era stata definita con decreto di cancellazione del 7.7.2023 in cui si disponeva la cancellazione dal ruolo per litispendenza tra la predetta causa e quella pendente innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Rg. 2216/2022); che la procedura promossa dalla riguardava ora la parte in millesimi ex art. 1126 c.c. del signor , che, al pari di era condomino in quanto intestatario di un immobile nel 2011, anno in cui era stata emessa la sentenza da cui derivava
il debito.
La società opponente deduceva di non dover pagare tale importo, non essendo affatto debitrice nei confronti della anche con riferimento alle somme dovute dal condomino e che, in primo luogo, non era stata fatta applicazione del principio del beneficium excussionis . Ed invero, secondo l’opponente, la si era rivolta ad essa società affinché pagasse la quota millesimale di AVV_NOTAIO calcolata ai sensi dell’art. 1126 c.c., non avendo il condomino capienza in quanto interessato al fallimento della ditta RAGIONE_SOCIALE, di cui lo stesso era legale rappresentante. La dichiarava nel precetto e nell’atto di pignoramento presso terzi che la procedura esecutiva dei beni immobili di proprietà era stata dichiarata estinta in data 30.3.2022 e pertanto non era possibile esperire il procedimento esecutivo per recuperare il credito, ma tale assunto non era fondato, dal momento che la proprietà dell’immobile facente parte del condominio era del Lo AVV_NOTAIO personalmente ed estraneo al fallimento ed inoltre il Lo AVV_NOTAIO aveva attualmente diverse proprietà su RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la non aveva aggredito il patrimonio personale del condomino, il quale era anche titolare di conto corrente ed entrate mensili; pertanto, la non aveva soddisfatto il principio del beneficio di escussione espresso dall’art. 65 disp. att. c.c. e ancora di più dagli artt. 1301 e ss. c.c.. Per
In secondo luogo, la eccepiva che la avesse rinunciato alla solidarietà, scegliendo la regola della parziarietà, non avendo agito nei confronti di un solo condomino chiedendo l’intero, ma attivando nei confronti dei diversi condomini e di nello specifico, diverse
procedure. L’opponente esponeva che l’art. 1311 c.c., in tale ottica, prevedeva che il creditore potesse rinunciare alla solidarietà passiva espressamente o tacitamente ed in particolare l’art. 1311 co. 2, n. 2 c.c stabiliva che il creditore rinunciasse alla solidarietà laddove avesse agito giudizialmente contro uno dei debitori per la parte di lui, se questi aveva aderito alla domanda o se era stata pronunciata una sentenza di condanna. La secondo l’opponente, aveva scelto il criterio della parziarietà nel momento in cui aveva agito in via giudiziale solo per la quota di dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed al Tribunale di Trieste ed aveva chiesto ed ottenuto l’assegnazione delle somme; nel momento in cui, dunque, la creditrice aveva notificato atto di precetto e pignoramento presso terzi per l’ulteriore quota di competenza del Lo AVV_NOTAIO, aveva agito in violazione dei suddetti principi, avendo rinunciato alla solidarietà.
La poi, secondo l’opponente si sarebbe dovuta rivolgere agli attuali proprietari dell’immobile e non ai precedenti poiché lei stessa aveva scelto di utilizzare il criterio di ripartizione ex art. 1126 c.c. (1/3 al proprietario del terrazzo, il resto ai condomini posti nella colonna sotto il terrazzo, con esclusione degli altri condomini) nel chiedere gli importi ai singoli condomini e non il criterio ex artt. 2051 e 2055 c.c. che prevede il riparto in via solidale tra tutti i condomini; dunque, abbandonato il criterio della solidarietà e della richiesta ai singoli condomini ex art. 2055 c.c., la aveva agito e trattato il debito contenuto in sentenza come una spesa di godimento e conservazione del bene in comunione e come tale qualificata come obbligazione reale ovvero propter rem .
La natura reale dell’obbligazione, pertanto, comportava che chi subentrava nel diritto dominicale fosse gravato da tale obbligo.
Da ultimo, le deducevano l’insussistenza del titolo azionato dalla dal momento che era attualmente pendente un ricorso in Cassazione per nullità della sentenza emessa dalla Corte di Appello per via di un vizio procedurale ex art.
301 c.p.c., dal momento che il difensore costituito per il condominio in Corte di Appello nella causa Rg. 493/2011, AVV_NOTAIO, si era cancellato dall’albo degli avvocati e ciò comportava l’interruzione automatica del processo appunto ai sensi dell’art. 301 c.p.c., anche qualora il giudice e le altre parti non ne avessero avuto conoscenza, precludendo ogni ulteriore attività processuale, con conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata.
Si costituiva in giudizio a mezzo dell’AVV_NOTAIO, , chiedendo di rigettare integralmente la domanda avversa, perché infondata in fatto e diritto sia con riferimento al beneficium excussionis ed alla presunta rinuncia tacita alla solidarietà, sia in relazione agli ulteriori motivi, già delibati e rigettati in più occasioni e da giudici diversi e, da ultimo, dal G.E. di Trieste nell’ambito dell’opposizione a pignoramento presso terzi n. 277/2023, con vittoria di spese ed onorari del giudizio, oltre accessori di legge.
Nello specifico, la quanto al beneficium excussionis invocato da controparte, deduceva che l’obbligazione risarcitoria che gravava sul non era assimilabile ad un onere condominiale di cui agli artt. 1123 e 1126 c.c. e 63 disp. att. c.c.; ciò in quanto, mentre la funzione degli oneri condominiali disciplinati dalle citate disposizioni era quella di far fronte alle ordinarie esigenze di gestione del condominio (conservazione e godimento delle parti comuni, prestazione di servizi nell’interesse comune, innovazioni deliberate dalla maggioranza ecc.), la funzione dell’obbligazione risarcit oria era quella di reintegrare il patrimonio del soggetto che aveva subito un danno a causa di un’inadempienza dell’ente condominiale. Esponeva la convenuta che la fonte normativa da cui discendeva la responsabilità risarcitoria del era l’art. 2 051 c.c., il quale disponeva che ‘ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito’ e che, pertanto, si trattava nel caso di specie di un’obbligazione da fatto illecito che generava un tipo di responsabilità avente natura extracontrattuale. Osservava l’opposta che in materia di responsabilità per fatto illecito l’espressa previsione della solidarietà passiva era contenuta nell’art. 2055, primo comma, c.c., in base al quale se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Rilevava, dunque, la che mentre le obbligazioni condominiali in generale avevano natura ‘contrattuale’, per le quali vigeva il principio di parziarietà o di solidarietà ‘attenuata’ di cui all’art. 63 disp. att. cod. civ., in base al qu ale il creditore non poteva rivolgersi al condomino adempiente se non dopo aver agito nei confronti del condomino moroso, per le obbligazioni risarcitorie nascenti da fatto illecito, quale era quella oggetto del giudizio, in virtù della espressa previsione contenuta nell’art. 2055 c.c., vigeva il principio della solidarietà dell’obbligazione, con la conseguenza che il creditore ben poteva mettere in esecuzione la sentenza direttamente nei confronti del condomino che riteneva maggiormente capiente, mentre qu est’ultimo avrebbe dovuto poi richiedere agli altri condomini il rimborso di quanto pagato a titolo di risarcimento.
L’opposta, poi, quanto alla rinuncia alla solidarietà passiva da parte sua, dedotta dalla controparte, deduceva di aver depositato stralcio della corrispondenza intercorsa tra le parti, nella quale, a fronte di una proposta transattiva avanzata da di pagamento della quota di sua pertinenza, a saldo e stralcio di ogni pretesa nei suoi confronti con riferimento agli altri condebitori solidali, veniva ribadito che essa creditrice non avrebbe firmato una transazione diversa da quella trasmessa con le correzioni apportate, proprio con riferimento alla non accettata rinuncia alla solidarietà e la riserva di azione solidale anche per la rimanente parte di debito; era stata depositata altresì la comunicazione del 13.4.2023 inviata alla debitrice solidale di espressa riserva di azione solidale anche per l’altra parte del debito. Concludeva, per tanto, la di non aver rilasciato alla debitrice quietanza alcuna né di aver formulato espressa rinuncia di agire nei confronti della stessa debitrice per il residuo.
Con riferimento alla natura dell’obbligazione ed al dedotto difetto di legittimazione passiva di , la convenuta evidenziava come la sentenza n. 1041/2015 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, invocata dall’avversa difesa, non aveva affatto inciso sulla natura dell’obbligazione, né sul vincolo di solidarietà piena, ma avesse solo determinato un criterio di ripartizione del risarcimento limitandolo ai condomini che ricadevano nella proiezione del lastrico solare. L’opposta evidenziava che faceva parte della compagine condominiale al momento della notifica dell’atto di citazione (2007), avendo venduto gli immobili di pr oprietà rispettivamente in data 5 novembre 2020 e in data 8 giugno 2018 e che il credito invocato non era di certo qualificabile alla stregua di un’obbligazione propter rem come peraltro chiarito dalla sentenza sottesa all’atto di precetto opposto, che aveva di certo individuato il titolo di responsabilità dell’obbligato, ai sensi dell’art. 2051 c.c., nella sua condizione di proprietario del bene.
In relazione alla nullità del titolo azionato, la rilevava che la nullità poteva essere dedotta e provata in sede di legittimità mediante la produzione dei documenti necessari, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., ma solo dalla parte colpita dal detto evento, a tutela della quale erano state poste le norme che disciplinavano l’interruzione, non potendo questa essere rilevata d’ufficio dal giudice, né eccepita dalla controparte ed osservava, tra l’altro, che il era stato tempestivamente messo a conosc enza della cancellazione dall’albo dal proprio difensore, rilevando, in ogni caso, che
non aveva interposto appello avverso la sentenza di primo grado, con ciò manifestando acquiescenza alla stessa.
Quanto, infine, alla domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c., osservava, in primo luogo, come la richiesta in questione costituiva una domanda nuova rispetto all’opposizione esecutiva, pertanto inammissibile ed in ogni caso evidenziava che nel caso in esame ci si trovava di fronte non ad una pluralità di distinti crediti, bensì ad un unico credito, consacrato nella sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
All’udienza del 15.3.2024 falliva il tentativo di conciliazione esperito dal AVV_NOTAIO, mentre all’udienza successiva parte opposta chiedeva un rinvio al fine di consentire la costituzione a mezzo di nuovi difensori.
Con atto dell’1.10.2024, la si costituiva tramite i nuovi difensori AVV_NOTAIO e COGNOME, i quali si riportavano integralmente a tutte le deduzioni e conclusioni del precedente difensore; quindi veniva fissata l’udienza del 22.5.2025 per la rimess ione in decisione, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. ed alla predetta udienza, sulle conclusioni richiamate in epigrafe, la causa veniva trattenuta in decisione.
Con decreto presidenziale in data 8.10.2025 la causa veniva assegnata a questo giudice, applicata ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 117/2025.
L’opposizione è infondata e deve essere, pertanto rigettata
Appare dirimente, rispetto alle contestazioni dell’opponente, la certa natura di responsabilità extracontrattuale, ex art. 2051 c.c., della pretesa fatta valere dall’opposta in sede esecutiva.
Il titolo esecutivo azionato, infatti, come emerge dalle stesse deduzioni delle parti e dalla documentazione allegata, attiene ad un risarcimento per danno da infiltrazioni, seppur all’interno di un condominio.
Tale danno, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. S.U. n. 9449/2016; Cass. n. 1674/2015), ha natura di illecito extracontrattuale ex art. 2051 c.c., per responsabilità da cose in custodia, con conseguente applicazione della regola della solidarietà passiva ai sensi dell’art. 2055 c.c.; la responsabilità da esso nascente ha natura, dunque, di obbligazione personale e non reale, con inap plicabilità dell’invocato beneficium excussionis .
Né risponde al vero, sul punto, il fatto che la sentenza di appello abbia applicato tra i danneggianti l’art. 1126 c.c., atteso che la pronuncia del giudice di secondo grado è di mera inammissibilità delle impugnazioni, principali ed incidentali, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.
Non risulta provata, poi, una rinuncia alla solidarietà passiva da parte del creditore procedente. Infatti, come correttamente dedotto da parte convenuta ‘ in ipotesi di responsabilità solidale, il fatto che il creditore accetti puramente e semplicemente da uno dei debitori il pagamento di una parte del debito complessivo, ancorché corrispondente alle quote interne gravanti sul debitore medesimo, non è sufficiente ad integrare gli estremi della rinuncia alla solidarietà (la cui presunzione si realizza soltanto qualora il creditore stesso rilasci quietanza al debitore per la sua parte e senza riserve per il credito residuo), trattandosi solo di un pagamento parziale del debito che, nella sua complessiva entità, ricade, nei rapporti esterni, sul condebitore in solido e che il creditore può accettare, ove non ritenga di rifiutarlo (Cass., n. 9424 del 2001).
Peraltro dalla documentazione prodotta in giudizio dalle parti non risulta alcun documento da cui evincere la prova di un’accettazione senza riserve di quanto corrisposto da Tale prova deve essere rigorosa e, secondo i principi codicistici, non può essere fornita per testimoni, anche considerata la qualità delle parti.
Vanno, poi, rigettate le richieste istruttorie formulate con l’atto di citazione, sia perché irrilevanti in quanto riguardanti la posizione di terzi (altri condomini), sia per il richiamato divieto di prova testimoniale.
Da ultimo, non può condividersi la deduzione di parte opponente in ordine alla pretesa nullità del titolo esecutivo, derivante dalla mancata interruzione del processo di appello per avvenuta cancellazione dall’albo del difensore del , dal momento che solo quest’ultimo avrebbe potuto eccepire la nullità come parte interessata.
L’opposizione va quindi rigettata.
Le spese, liquidate come in dispositivo in base al valore della controversia e alla complessità delle questioni trattate, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Trieste, Sezione Civile, in persona del giudice monocratico AVV_NOTAIO, definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede:
Rigetta l’opposizione;
Condanna alla rifusione, in favore della controparte, delle spese di lite, liquidate in € 7.616,00 (€ 1.701,00 per fase di studio della controversia; € 1.204,00 per fase introduttiva del giudizio; € 1.806,00 per fase istruttoria e/o di trattazione; € 2.905,0 0 per fase decisionale) per competenze professionali, oltre spese generali, iva e Cpa, come per legge. Trieste (applicazione a distanza ex art 3 D.L. 117/25), 21.10.2025.
Il AVV_NOTAIO