Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32935 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32935 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
dott. NOME COGNOME
Presidente
RESPONSABILITÀ CIVILE
dott. NOME COGNOME
Consigliera
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 25/10/2024 C.C.
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
R.G. n. 14782/2022
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 14782 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
da
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE
rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (P.I.: P_IVA), in per- sona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, le- gale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (C.F.: TARGA_VEICOLO CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALEC.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Firenze n. 552/2022, pubblicata in data 22 marzo 2022 (e notificata in data 30 marzo 2022);
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 25 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME ha agito in giudizio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’affidamento di una imbarcazione di sua proprietà in gestione alla prima società, la quale aveva commissionato alla seconda una serie opere di manutenzione, trasformazione e miglioramento della stessa, non correttamente eseguite. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto domanda di manleva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il caso di soccombenza nei confronti dell’attore.
La domanda del Valle RAGIONE_SOCIALE è stata accolta dal Tribunale di Lucca esclusivamente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE condannata a pagare all’attore, a titolo risarcitorio, gli importi di € 510.920,00, di € 360.000,00 e di € 30.000,00, oltre accessori, con assorbimento della domanda di manleva.
La Corte d’a ppello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato l ‘ inammissibilità di ogni pretesa del RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (anche fondata sull ‘ appello incidentale condizionato del medesimo), condannandolo a restituire a quest’ultima la somma di € 1.170.846,09 pagata in esecuzione della sentenza appellata.
Ricorre il Valle Barbero, sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’ altra società intimata.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione ed errata applicazione dell’ art. 2043 c.c. nonché per violazione ed errata applicazione degli artt. 1362 e seguenti c.c. in tema di interpretazione degli atti processuali ed in particolare dell’ art. 1367 c.c. ». Secondo il ricorrente , la corte d’appello non avrebbe correttamente interpretato la domanda da lui proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE considerandola come una azione extracontrattuale diretta ad ottenere la corretta esecuzione di un contratto intercorso tra terzi, mentre, a suo dire, si trattava di azione diretta a tutelare « il danno che è stato arrecato al proprio patrimonio », precisamente il danno derivante « dalla condotta colposa costituita dalla errata esecuzione (da parte di RAGIONE_SOCIALE) delle opere di cui al contratto di appalto, condotta che, in violazione del principio del neminem laedere, costituirebbe fatto illecito generatore di danno risarcibile, ex art. 2043 c.c., al patrimonio dell’attore », come ritenuto dal giudice di primo grado.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
1.1 In primo luogo, va rilevato che, nel ricorso, manca un adeguato richiamo del contenuto degli atti introduttivi del giudizio, richiamo che, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., sarebbe stato necessario per consentire a questa Corte di comprendere adeguatamente l’effettivo titolo e l’effettivo oggetto della domanda originariamente proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che si assume non correttamente interpretata dal giudice di secondo grado.
In ogni caso, le censure in diritto, per come esposte nel motivo di ricorso in esame, non possono ritenersi, neanche in astratto, fondate.
1.2 La corte d’appello ha rilevato che l’attore non aveva allegato e chiesto il risarcimento di eventuali danni materiali arrecati all’imbarcazione di sua proprietà dalla società appaltatrice
nel corso dell’esecuzione dell’appalto da quest’ultima stipulato con la RAGIONE_SOCIALE Non aveva, cioè, allegato un danno diretto subito dalla cosa di sua proprietà che avesse determinato un peggioramento delle condizioni della stessa rispetto alla situazione preesistente all’intervento svolto dall’appaltatrice e, quindi, una sua oggettiva diminuzione di valore imputabile a quest’ultima . Egli aveva, al contrario, chiesto esclusivamente il risarcimento dei danni conseguenti alla inesatta esecuzione delle opere appaltate, vale a dire il costo delle opere necessarie per completare correttamente quelle opere, onde porre l’imbarcazione nella situazione in cui avrebbe dovuto trovarsi all’esito dell’intervento correttamente eseguito, ovvero la differenza di valore del bene (non rispetto al suo stato preesistente all’intervento, ma) rispetto a quello che avrebbe avuto se l’intervento appaltato fosse stato correttamente realizzato.
Secondo la corte territoriale, dunque, la domanda di parte attrice richiesta aveva ad oggetto una pretesa fondata sull ‘interesse contrattuale , cioè l’interesse (positivo) al corretto adempimento dell’obbligazione, non sull’interesse alla conservazione (in negativo, rispetto alle condotte dannose di terzi) del proprio patrimonio ed alla conseguente pretesa alla riparazione del pregiudizio arrecato ad una componente dello stesso.
Va dato atto che la corte d’appello fa, in proposito, un generico riferimento alla tutela aquiliana come riferibile ai diritti assoluti, ma è opportuno precisare (anche, ove occorra, ad integrazione di tale passaggio della motivazione) che, come è ormai acquisito sia in dottrina che in giurisprudenza, la suddetta tutela può avere ad oggetto anche un diritto di credito del quale si deduca la lesione quale bene patrimoniale in sé, come avviene nelle ipotesi di riconoscimento della cd. tutela aquiliana del credito, ipotesi peraltro non ricorrenti nella specie, in quanto esse operano, sul piano risarcitorio, nei casi in cui l’atto illecito di un
terzo determini l’assoluta impossibilità della prestazione dovuta dal debitore, non nel caso dell’inesatto adempimento imputabile alla condotta di un ausiliario di cui si avvale il debitore stesso nell’eseguire la prestazione da lui dovuta.
1.3 L’ esposta qualificazione della domanda, operata dalla corte d’appello , deve ritenersi corretta.
Come già rilevato, il ricorso risulta, in effetti, lacunoso nel richiamo dello specifico e completo contenuto degli atti introduttivi del giudizio: il ricorrente riporta essenzialmente la vicenda di fatto che ha preceduto l’instaurazione della controversia e richiama le conclusioni dei suddetti atti introduttivi, ma senza indicare con precisione il contenuto espositivo degli stessi, dal quale potrebbe eventualmente emergere se, ed in quali termini, era stata effettivamente proposta una domanda con oggetto diverso da quello indicato dalla corte d’appello .
Per quanto questa Corte può evincere dall’esposizione in esso contenuta, comunque, deve ritenersi che l’attore aveva in origine agito, in via principale, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE cioè la società alla quale aveva affidato la gestione della propria imbarcazione, con facoltà di stipulare appalti con terzi per la sua manutenzione ordinaria e straordinaria, sia in nome proprio che in nome dell’armatore .
È, peraltro, pacifico che era stata seguita la prima strada e che, cioè, RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato con RAGIONE_SOCIALE in nome e per contro proprio, quale mandataria senza rappresentanza dell’armatore, un contratto di appalto per la realizzazione delle opere di manutenzione e trasformazione della nave ritenute necessarie all’adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti di quest’ultimo.
Nei confronti della RAGIONE_SOCIALE l’attore ha chiesto, con l’atto introduttivo del giudizio, il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata e/o inesatta esecuzione delle opere oggetto del contratto di appalto dalla medesima stipulato con
RAGIONE_SOCIALE in quanto l’esecuzione degli interventi di manutenzione e trasformazione dell’imbarcazione oggetto di tale contratto di appalto costituiva, sua volta, oggetto del contratto di gestione dell’imbarcazione tra di loro esistente.
Nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (sempre per quanto è possibile evincere dall’esposizione di cui al ricorso , nonché dalla sentenza impugnata), l’attore sembrerebbe avere avanzato , di fatto, la medesima pretesa sostanziale, avendo evocato in giudizio anche tale ultima società, unitamente a RAGIONE_SOCIALE ed avendo chiesto, in via alternativa, la condanna di una delle due, semplicemente precisando che (mentre la domanda nei confronti di quest’ultima aveva titolo contrattuale) la medesima domanda, nei confronti della prima, doveva intendersi proposta a titolo di responsabilità extracontrattuale, non essendovi un proprio rapporto negoziale ed obbligatorio diretto con la stessa.
Stando così le cose, la corte d’appello ha , del tutto correttamente, ritenuto che fosse stato domandato anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE il risarcimento del danno derivato dall’inadempimento al contratto di gestione dell’imbarcazione (nei limiti dell’oggetto dell’appalto stipulato per darvi adempimento) , sebbene in via extracontrattuale e, precisamente, il danno derivante dalla mancata soddisfazione dell’interesse contrattuale dedotto in obbligazione, cioè la pretesa ‘ positiva ‘ all’esecuzione di una determinata prestazione da parte di un determinato soggetto, non invece il risarcimento del cd. damnum iniuria datum , vale a dire la riparazione del pregiudizio arrecato ad un proprio bene della vita, in conseguenza della violazione della generale pretesa ‘ negativa ‘ sussistente verso ogni consociato all’astensione da condotte lesive dei propri diritti (o, in generale, dei propri interessi protetti dall’ordinamento) .
Tale conclusione risulta conforme a diritto, in quanto l’oggetto (cd. petitum immediato) della domanda dell’attore, come
correttamente rilevato dalla corte territoriale, è costituito dal danno ricollegabile al mancato risultato del l’esecuzione delle opere di manutenzione e trasformazione dell’imbarcazione, oggetto delle obbligazioni negoziali derivanti dal contratto di appalto stipulato per dare adempimento a quelle derivanti dal contratto di gestione dell ‘imbarcazione , non dal risarcimento dei danni oggettivamente subiti dalla stessa imbarcazione, rispetto alla sua preesistente situazione, in virtù della condotta illecita dall’appaltatrice, danni questi ultimi in realtà neanche specificamente allegati, come attesta la corte territoriale, sulla base di un accertamento di fatto relativo al contenuto dell’atto introduttivo che non risulta specificamente censurato e che, comunque, non potrebbe in nessun caso ritenersi adeguatamente censurato, in considerazione delle già segnalate lacune espositive del ricorso.
1.4 La corte d’appello ha precisato, altresì, che il danno direttamente derivante dall’inadempimento al contratto di appalto avrebbe potuto (e dovuto) essere ri chiesto dall’attore alla RAGIONE_SOCIALE, alla quale egli aveva conferito l’incarico della gestione dell’imbarcazione, che comprendeva l’esecuzione delle opere di manutenzione, trasformazione e miglioramento della stessa (anche tramite appalto a terzi; e, quanto meno per tale aspetto, si trattava di un rapporto riconducibile al mandato).
La RAGIONE_SOCIALE dal canto suo, era tenuta a stipulare e fare eseguire correttamente l’appalto necessario a tal fine e, comunque, era tenuta a rispondere, anche ai sensi dell’art. 1228 c.c., dell’attività dell’appaltatore di cui si era avvalsa nell’adempimento della propria obbligazione .
Di conseguenza, era la stessa RAGIONE_SOCIALE che doveva ritenersi il soggetto direttamente danneggiato dall’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE alle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto (del quale essa doveva rispondere nei
confronti del COGNOME RAGIONE_SOCIALE) e, come tale, l’unico a poter agire contro la stessa RAGIONE_SOCIALE per il conseguente risarcimento del danno, mentre il mandante COGNOME poteva agire in via contrattuale (sulla base del contratto di mandato, comprendente anche l’obbligo di eseguire o fare eseguire gli interventi necessari, quindi per ottenere il danno conseguente alla mancata o inesatta esecuzione di detti interventi) esclusivamente contro la RAGIONE_SOCIALE
Ha ulteriormente chiarito, in proposito, che nella specie non avrebbe potuto ritenersi esperibile l’azione diretta del mandante ai sensi dell’art. 1705, comma 2, c.c., non essendo la stessa ammissibile per la domanda di risarcimento del danno, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (e, con riguardo a tale affermazione, effettivamente conforme all’indirizzo di questa Corte, non vi è del resto alcuna specifica censura nel ricorso).
La corte territoriale ha, peraltro, rilevato che la statuizione di rigetto della domanda a titolo contrattuale proposta dal Valle Barbero contro la RAGIONE_SOCIALE (avanzata in via principale, in primo grado) non era stata oggetto di appello.
In definitiva, i giudici di secondo grado, oltre a rilevare l’erroneità dell’ impostazione fatta propria sul piano giuridico dal tribunale (che aveva condannato direttamente l’appaltatrice a risarcire i danni derivanti dall’inadempimento al contratto di appalto in favore del proprietario della nave, pur non sussistendo tra i medesimi alcun rapporto negoziale), ha ritenuto decisivo, ai fini dell’esito del giudizio, che l’attore non avesse impugnato in appello la statuizione di rigetto della sua domanda contro la RAGIONE_SOCIALE (sua mandataria senza rappresentanza nella stipulazione del contratto di appalto).
Ed anche sotto tale aspetto, di carattere processuale, la decisione impugnata risulta del tutto conforme a diritto.
1.5 Per completezza di esposizione, è appena il caso di osservare che la corte d’appello non avrebbe potuto riqualificare e/o comunque prendere in esame la domanda di risarcimento, avanzata dal Valle RAGIONE_SOCIALE a titolo di responsabilità extracontrattuale, contro la RAGIONE_SOCIALE limitatamente al l’ oggetto astrattamente ammissibile di tale domanda, che essa stessa indica nella pretesa di risarcimento del danno eventualmente arrecato dall’intervento operato da tale società rispetto alle preesistenti condizi oni dell’imbarcazione di proprietà dell’attore .
Per stabilire se un siffatto danno fosse stato adeguatamente allegato e di esso fosse stato eventualmente chiesto il ristoro nell’atto introduttivo del giudizio , a prescindere dal mancato adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto di appalto, sarebbe stato necessario un adeguato e specifico richiamo del contenuto dell’atto introduttivo , con riguardo a tali allegazioni e richieste, che -come già ripetutamente sottolineato -nel ricorso manca, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3 e n. 6, c.p.c..
D’altronde , il ricorrente neanche afferma espressamente, chiaramente e specificamente di avere allegato e chiesto il ristoro di tale danno, ma nella sostanza insiste, anche nella presente sede, nel sostenere la diversa tesi per cui l’inadempimento al contratto di appalto da parte di RAGIONE_SOCIALE gli avrebbe causato il danno costituito dalla mancata tempestiva disponibilità dell’imbarcazione, con tutte le riparazioni e le opere di manutenzione e di trasformazione che costituivano l’oggetto del contratto di appalto concluso tra RAGIONE_SOCIALE (oltre che di quello di gestione e di mandato da lui stipulato con la prima), quale danno al suo patrimonio.
1.6 Non vi è, infine, nel ricorso, uno specifico richiamo di eventuali allegazioni contenute nell’atto introduttivo dirette espressamente a sostenere che l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE
alle obbligazioni derivanti dall’appalto concluso con RAGIONE_SOCIALE possa avere causato l’ assoluta impossibilità di quest’ultima di adempiere alle obbligazioni derivanti dal contratto esistente con l’attore e, tanto meno, che tale eventuale allegazione di fatto sia stata sufficientemente provata (se anche ad essa potesse attribuirsi effettivo rilievo ai fini della presente controversia, del che può invero dubitarsi, essendosi RAGIONE_SOCIALE avvalsa di RAGIONE_SOCIALE per adempiere alle sue obbligazioni derivanti dal contratto di gestione e mandato e dovendo essa, quindi, rispondere in proprio dell’attività di quest’ultima, ai sensi dell’art. 1228 c.c.).
1.7 In definitiva, sulla base di quanto emerge dagli atti valutabili nella presente sede con riguardo all’oggetto delle domande proposte in questo giudizio ed allo svolgimento della vicenda sostanziale e processuale, gli assunti in fatto ed in diritto del ricorrente non possono trovare seguito, mentre va certamente condivisa la statuizione impugnata.
Il ricorrente insiste, infatti, in buona sostanza, nella sua pretesa di ottenere l’accoglimento di una domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento ad una obbligazione (di fonte negoziale) nei confronti di un soggetto che non è affatto obbligato nei suoi confronti, semplicemente qualificandola come domanda risarcitoria di natura extracontrattuale, senza allegare i (diversi) fatti costitutivi di tale diversa eventuale responsabilità, come sarebbe stato necessario.
Così facendo, però, trascura di considerare che le due forme di responsabilità non differiscono esclusivamente per il titolo e il nomen iuris , ma anche per il concreto oggetto, in quanto il danno risarcibile, nei due casi, ha diversa natura, oltre a fondarsi su diversi presupposti, trattandosi di responsabilità derivanti dalla lesione di diritti e, quindi, di interessi differenti, i quali vanno puntualmente allegati, il che nella specie non è avvenuto.
Con il secondo motivo si denunzia « ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione ed erronea applicazione degli art. 112 e 346 c.p.c. e 2909 c.c. ».
Il ricorrente sostiene che la corte d’a ppello avrebbe « erroneamente individuato il ‘perimetro dell’appello e le statuizioni passate in giudicato’ », in relazione alla pronuncia di primo grado. Il motivo è infondato.
2.1 In primo luogo, va ribadito che la domanda dell’attore contro la RAGIONE_SOCIALE direttamente obblifata nei suoi confronti a titolo contrattuale, è stata rigettata in primo grado e tale statuizione di rigetto non è stata oggetto di appello, come rilevato dalla corte territoriale. D’altronde, sulla base del contenuto dell’atto di appello specificamente richiamato nel ricorso non è assolutamente possibile evincere il contrario (né il ricorrente deduce espressamente e chiaramente che non sia così).
2.2 Tanto premesso, le censure formulate con il motivo di ricorso in esame non colgono adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della statuizione impugnata, sul punto in contestazione. Una volta escluso che il RAGIONE_SOCIALE fosse legittimato ad agire contro RAGIONE_SOCIALE in via contrattuale, per far valere l’inadempimento al contratto di appalto da questa stipulato con RAGIONE_SOCIALE (potendo egli agire esclusivamente contro la sua controparte negoziale, sulla base del contratto con essa concluso, che comprendeva l’obbligo di porre in essere gli interventi sulla nave oggetto dell’appalto stesso , da questa commesso, in nome proprio, quale mandataria senza rappresentanza, ad RAGIONE_SOCIALE), e una volta esclusa, del pari, l’ammissibilità di una azione aquiliana del mandante diretta contro RAGIONE_SOCIALE per far valere la medesima responsabilità contrattuale (cioè il danno derivante dal mancato adempimento), è del tutto irrilevante stabilire se il Valle Barbero avesse esteso o avesse sin dall’origine proposto la domanda avanzata contro RAGIONE_SOCIALE (in INDIRIZZO
immediata, sulla base del contratto di gestione e di mandato con questa stipulato e, solo in via mediata, dell’appalto), anche contro RAGIONE_SOCIALE in quanto certamente egli non aveva proposto alcuna domanda risarcitoria a titolo extracontrattuale contro RAGIONE_SOCIALE per far valere i danni concretamente subiti dalla nave rispetto alla sua situazione anteriore all’intervento operato in base al contratto di appalto e, pertanto, una siffatta domanda (l’unica che sarebbe stata potenzialmente ammissibile contro RAGIONE_SOCIALE da parte di Valle Barbero) certamente non poteva ritenersi in alcun modo né proposta né, a maggior ragione, ‘ estesa ‘ nei confronti della stessa RAGIONE_SOCIALE
In altri termini, l’inammissibilità delle pretese avanzate da RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE non è stata affermata dalla corte territoriale in conseguenza della mancata proposizione e/o estensione di una determinata domanda nei confronti della stessa, ma in conseguenza della radicale mancata proposizione, in assoluto, dell’unica domanda che sarebbe stata ammissibile contro di essa: di conseguenza, tutte le questioni in tema di corretta proposizione e/o estensione della domanda nei confronti dell’effettivo responsabile, di interpretazione del ‘perimetro’ dell’appello, nonché di individuazione delle statuizioni passate in giudicato (interno) a seguito della pronuncia di primo grado, non possono avere alcun effettivo rilievo ai fini dell’esito della controversia.
2.3 La stessa rilevanza dell ‘affermazione della corte d’appello in ordine alla mancata riproposizione della domanda di manleva di RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE in secondo grado, risulta travisata dal ricorrente.
L a corte d’appello non ha ritenuto rilevante tale mancata riproposizione ai fini della valutazione e dell’interpretazione delle domande dell’attore, come si sostiene nel ricorso: ha solo osservato (del tutto correttamente) che, poiché il Valle Barbero non
aveva proposto appello contro la statuizione di rigetto della sua domanda contro RAGIONE_SOCIALE , quest’ultima non aveva ritenuto necessario (non avendovi interesse, come è evidente) riproporre la propria domanda di manleva contro RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE, a questo punto del tutto superflua.
Anche sotto tale profilo, dunque, la decisione impugnata si sottrae alle censure avanzate dal ricorrente.
Con il terzo motivo si denunzia « ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione ed errata applicazione degli art. 100 e 113 c.p.c. ».
Il ricorrente contesta la statuizione di rigetto della sua eccezione di difetto di interesse ad impugnare della RAGIONE_SOCIALE , eccezione avanzata sull’assunto che quest’ultima non aveva contestato il proprio inadempimento al contratto di appalto, ma esclusivamente la legittimazione del l’armatore COGNOME ad agire con l’azione di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale, sostenendo che questi disponesse di azione contrattuale, la quale, però, avrebbe condotto alle medesime conseguenze.
Il motivo è manifestamente infondato.
La corte d’appello ha , del tutto correttamente, osservato che l’interesse di RAGIONE_SOCIALE ad impugnare la sentenza di primo grado (che l’aveva condannata a risarcire il danno derivante dall’inadempimento del contratto d’appalto stipulato con RAGIONE_SOCIALE, in favore del Valle RAGIONE_SOCIALE) sussisteva ed era concreto, in quanto il Valle Barbero aveva proposto nei suoi confronti solo una azione di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale e non un’azione a titolo contrattuale, onde, una volta esclusa l’ammissibilità della suddetta azione di responsabilità extracontrattuale (almeno per come proposta), non vi sarebbe stata alcuna responsabilità da accertare a suo carico, nei confronti dell’attore , e nessuna domanda proposta dall’attore nel presente giudizio contro la stessa
appellante
RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto trovare accoglimento.
Né avrebbe potuto essere riqualificata in secondo grado l’azione proposta da RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE, da una parte per le ragioni già esposte con riguardo al primo motivo del ricorso (e, cioè, dal momento che la stessa non aveva in realtà ad oggetto effettivamente il risarcimento di un danno aquiliano da responsabilità extracontrattuale, ma aveva concretamente ad oggetto il danno da inadempimento negoziale) e, dall’altra parte, perché il RAGIONE_SOCIALE, come correttamente rilevato dalla stessa corte d’appello (sulla base dell’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità), indipendentemente da quanto sostenuto dalla RAGIONE_SOCIALE, non era affatto legittimato ad agire in via contrattuale, quale mandante, direttamente nei confronti di quest’ultima, ma, a tale titolo, poteva agire esclusivamente contro la RAGIONE_SOCIALE (contro la quale aveva anche agito, ma, essendo stata erroneamente rigettata la sua domanda in primo grado, non aveva proposto appello).
Anche sotto il profilo in esame, pertanto, le censure avanzate contro la decisione impugnata, non possono trovare accoglimento.
Con il quarto motivo si denunzia « ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione ed errata applicazione degli artt. 112 c.p.c., 6 CEDU e 111 Cost. ».
Secondo il ricorrente, la corte d’appello « con la pronuncia oggi in contestazione, ha di fatto realizzato una situazione ‘paradossale’ tale per cui a fronte di un danno certo (provato e quantificato) causato al patrimonio del sig. COGNOME, imputabile in via esclusiva ad Overmarine, circostanza questa non contestata, nessuna forma di tutela viene apprestata dall’ordinamento giuridico ».
Il motivo è infondato.
L a corte d’appello ha adeguatamente chiarito, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, che egli disponeva, in realtà, di adeguata tutela per i suoi diritti: a) sia sotto il profilo dell’interesse contrattuale, potendo esperire l’azione di inesatto adempimento alle obbligazioni relative agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria disposti sulla sua imbarcazione e di conseguente risarcimento del danno derivante da tale inesatto adempimento, nei confronti della società cui aveva affidato l a gestione dell’imbarcazione e l’incarico di provvedere a realizzare gli interventi necessari, anche avvalendosi dell’opera di terzi, della cui condotta quindi la mandataria era tenuta a rispondere direttamente nei suoi confronti, quale mandataria (azione nella specie fatta valere dal Valle Barbero, ma erroneamente rigettata dal tribunale, senza che questi abbia ritenuto di proporre appello sul punto ); b) sia sotto il profilo dell’eventuale danno da responsabilità extracontrattuale, in relazione ai danni oggettivamente arrecati alla sua imbarcazione, al di fuori e a prescindere dalle pretese derivanti dal rapporto contrattuale di appalto e dalle relative obbligazioni (azione nella specie non proposta nel presente giudizio, non essendo stato neanche sufficientemente ed adeguatamente allegato il relativo danno).
Ne consegue l’infondatezza anche delle censure di cui al motivo di ricorso in esame.
Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi € 10.000,00, oltre € 200,00 per esborsi.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-