Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 617 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 617 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21952-2018 proposto da:
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE
Oggetto
Estinzione RAGIONE_SOCIALE Luigi COGNOME, contributi
R.G.N. 21952/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 30/11/2023
CC
Cartolarizzazione dei RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5402/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/01/2018 R.G.N. 2801/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
In riforma della pronuncia di primo grado, con sentenza n.5402/17, la Corte d’appello di Roma rigettava l’opposizione svolta dal Ministero dello Sviluppo Economico avverso un avviso di addebito emesso dall’Inps e avente ad oggetto i contributi dovuti su alcuni collaboratori coordinati continuativi della committente RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, soppressa ai sensi dell’art.12 d.l. n.95/12 con trasferimento delle funzioni alla Ministero.
Riteneva la Corte che l’art.12, co.50 e ss. d.l. n.95/12 determinasse una successione a titolo universale tra la
soppressa Associazione e il Ministero; in secondo luogo, anche a non voler affermare la successione a titolo universale, il Ministero doveva comunque rispondere dei debiti non soddisfatti in sede di liquidazione, nei limiti dell’attivo ricevuto in esito alla liquidazione dell’Associazione e delle risorse strumentali passate dall’Associazione al patrimonio del Ministero.
Avverso la sentenza, il Ministero ricorre per tre motivi, illustrati da memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso.
All’adunanza il collegio si riservava il termine di 60 giorni per il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso, il Ministero deduce violazione e falsa applicazione dell’art.12, co.49, 50, 51, 52, 54, 56 d.l. n.95/12 conv. con mod. dalla l. n.135/12, per avere la Corte d’appello affermato la successione universale tra Associazione e Ministero, quando invece la normativa richiamata individuava una successione a titolo particolare nei soli rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione dell’art.31 c.c., per avere la Corte ritenuto che il Ministero dovesse rispondere del debito previdenziale oltre che con l’attivo residuato dalla liquidazione, anche con le risorse strumentali, sussistendo una responsabilità ultra vires.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.12, co.52 e 57 d.l. n.95/12, per avere la Corte ritenuto che il Ministero dovesse rispondere del debito previdenziale, oltre che con l’attivo residuato dalla liquidazione, anche con le risorse strumentali, nonostante queste ultime non potessero essere distratte per far fronte a debiti non soddisfatti in sede di liquidazione dell’Associazione.
Occorre esaminare preliminarmente il secondo e terzo motivo, intimamente connessi, poiché il loro rigetto secondo quanto si dirà – determina l’inammissibilità, per difetto d’interesse, del primo.
La sentenza impugnata è basata, invero, su una doppia ratio decidendi: la Corte di merito ha ritenuto, da un lato, esservi stata, a mente dell’art.12 d.l. n.95/12, una successione a titolo universale, dall’altro ha affermato l’operatività, comunque, dell’art.31 c.c.
Ebbene, nel caso di doppia ratio decidendi, il rigetto del motivo incentrato su una delle due ragioni, poiché esclude la possibilità di cassazione della sentenza, determina il venir meno dell’interesse all’accoglimento del motivo sull’altra ragione decisoria (Cass.12372/06).
Il secondo e terzo motivo sono infondati.
La Corte di merito non ha esteso la responsabilità del Ministero oltre i limiti dell’art.31 c.c., disposizione, quest’ultima, che prescrive, all’esito della liquidazione della società, che i creditori non soddisfatti si soddisfino, nei confronti di chi ha ricevuto beni in esito alla liquidazione, nei soli limiti di quanto ricevuto.
Ai sensi dell’art.12, co.57 d.l. n.95/12, conseguentemente alla soppressione dell’Associazione, il Ministero ha ricevuto sia un attivo netto, risultante dalla chiusura della gestione liquidatoria, sia le risorse strumentali dell’Associazione, acquisendole al patrimonio dell’Amministrazione.
La sentenza impugnata non ha attribuito alcuna responsabilità ultra vires al Ministero, poiché, conformemente alle disposizioni recate dall’art.31 c.c., ha fissato la responsabilità del Ministero, per il debito contributivo, nell’alveo delle due voci patrimoniali previste nell’art.12, co.57 d.l. n.95/12, vale a dire il denaro residuato alla chiusura della liquidazione e le risorse strumentali.
Con riferimento alle dette voci patrimoniali, nemmeno può dirsi che esse non possano essere aggredite dall’Inps, per un affermato vincolo di destinazione a scopi pubblici.
Invero, il comma 57 parla di acquisizione delle risorse strumentali al patrimonio del Ministero, senza specificarne l’eventuale asservimento a scopi pubblici, né l’acquisizione al patrimonio indisponibile ai sensi dell’art.826 c.c.
L’acquisizione al patrimonio indisponibile (v., per tutte, Cass.14847/2000) presuppone una disposizione di legge o un provvedimento amministrativo – nella specie inesistenti – affinché ai beni sia impressa una precisa e concreta destinazione ad un pubblico servizio, ossia all’esercizio di una determinata attività rivolta, direttamente o strumentalmente, all’attuazione di una funzione istituzionale della P.A.
Il comma 57 non contiene, quindi, alcuna specifica disposizione di asservimento delle risorse economiche dell’Associazione ad una funzione istituzionale del Ministero. Dal comma 52 dell’art.12 cit. si desume, invece, che le attività di interesse pubblico, prima svolte dall’Associazione, vengono assolte dal Ministero con risorse economiche diverse, ovvero quelle individuate da un decreto ministeriale e trasferite in un apposito fondo del Ministero.
Sul primo motivo resta da dire che le sentenze di questa Corte citate dal Ministero nella memoria illustrativa (Cass.17637/23 e Cass.17634/23) sono inconferenti, in quanto il rigetto del secondo e terzo motivo conduce all’inammissibilità del primo per quanto sopra detto in riferimento ai limiti del mezzo di gravame avverso sentenza con doppia ratio decidendi, con l’ulteriore precisazione che la responsabilità patrimoniale del Ministero resta comunque confinata nei limiti prescritti dall’art.31 c.c., essendo irrilevante, sul punto, l’inammissibilità del primo motivo che involge non un profilo di responsabilità patrimoniale ma di successione nel rapporto obbligatorio.
Conclusivamente il ricorso va rigettato, con compensazione delle spese di lite attesa l’assenza di precedenti di legittimità.
Essendo soccombente il Ministero, non è dovuto il doppio del contributo unificato.