Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7831 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7831 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10366/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, con domicilio telematico all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante come in atti indicato, con domicilio telematico all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di CROTONE n. 860/2020 depositata il 12/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per la prolungata interruzione, protrattasi per novanta giorni, nella somministrazione di corrente RAGIONE_SOCIALE in favore della sua azienda agricola con annessa abitazione rurale.
2.- Il giudice di pace accoglieva la domanda, dichiarando di annullare una fattura emessa a carico del COGNOME e condannava la società convenuta a pagare euro 4.813,00 a titolo di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale.
3.- Il Tribunale di Crotone, in funzione di giudice d’appello, accoglieva l’appello della società RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, dichiarando in primo luogo che mancava la prova dell’esistenza di un rapporto contrattuale diretto tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, per cui la società appellante non poteva essere chiamata a rispondere di un eventuale inadempimento contrattuale. Escludeva comunque che vi fosse stata una prolungata inerzia della società di RAGIONE_SOCIALE nella riattivazione del servizio.
4.NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi ed illustrato da memoria, per la cassazione della sentenza n. 8602020, emessa dal Tribunale di Crotone il 12.10.2020, non notificata.
5.- Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio all’esito della quale il collegio si è riservato il deposito della decisione nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 1218, 1228,1453, 2050 e 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360, primo comma, numeri 3 e 5 c.p.c.
Sostiene che la sentenza abbia errato nel negare la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE in quanto venditore, sottolineando che l’interruzione dell’erogazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non riguardava soltanto la specifica utenza del COGNOME, ma aveva riguardato l’intera zona in cui era ubicata l’azienda agricola e, quindi, che si era verificata una carenza di sistema dipendente dal mancato regolare funzionamento della linea di trasmissione dell’RAGIONE_SOCIALE o dei macchinari deputati al trasporto e alla RAGIONE_SOCIALE al dettaglio della RAGIONE_SOCIALE in relazione alla quale la responsabilità gravava in capo al distributore e non al singolo rivenditore
Evoca una responsabilità correlata alla gestione della rete di RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nelle sue varie ramificazioni.
Individua l’errore del tribunale nell’aver negato la responsabilità della società di RAGIONE_SOCIALE su base contrattuale e sottolinea che avrebbe dovuto comunque condannare il distributore ai sensi degli articoli 2043 e 2050 c.c., in mancanza di prova liberatoria e in mancanza di contestazione specifica sui danni.
2. – Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 2050 c.c. e dell’articolo 113 c.p.c. nonché del decreto legislativo n. 80 del 2008 nella sua interezza (in mancanza di una più specifica indicazione), avendo il giudice omesso di qualificare l’attività svolta dalla società RAGIONE_SOCIALE come attività pericolosa e ricorda che si tratta di una ipotesi di responsabilità oggettiva, fondata sul rischio d’impresa correlato al fatto stesso dello svolgimento di un’attività pericolosa.
Sostiene che non sia stata provata, da parte della odierna controricorrente, l’adozione di tutte le misure di cautela idonee, correlate all’esercizio di un’attività pericolosa come quella di RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE. Sottolinea che l’eventuale furto dei cavi elettrici, verificatosi nella zona, non poteva certo considerarsi un
fatto eccezionale ovvero imprevisto o imprevedibile atto a liberare da ogni responsabilità il distributore.
– I primi due motivi sono esaminabili congiuntamente in quanto connessi, e sono inammissibili.
Il ricorrente non chiarisce adeguatamente nel ricorso quale fosse l’esatto tenore della domanda risarcitoria proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE: se la responsabilità della convenuta fosse stata ricostruita in termini di responsabilità contrattuale, in termini di azione generale di responsabilità civile o se egli avesse originariamente prospettato la riconducibilità della responsabilità della convenuta nella ipotesi tipica di responsabilità connessa allo svolgimento di attività pericolose: diverse sono le domande, diversi i presupposti sui cui si fondano, le regole probatorie applicabili, gli oneri probatori nonché le difese che la controparte avrebbe potuto sviluppare. Diverse sono, di conseguenza, anche le censure da costruire avverso la decisione che abbia ipoteticamente mal giudicato sull’una o sull’altra domanda.
Il ricorrente non riporta neppure nel ricorso (appena essendo il caso di ricordare che eventuali lacune non possono essere colmate con alcun atto successivo) le conclusioni originariamente tratte né indica con sufficiente precisione la loro collocazione negli atti processuali.
A fronte della genericità dei riferimenti contenuti nel ricorso, il collegio non è posto in grado di verificare la fondatezza delle censure né l’idoneità delle difese della controparte.
Il riferimento, nella sentenza del giudice di pace, ad una fattura della quale si contestava la debenza, fattura ‘annullata’ a quanto riferisce il ricorrente, dalla sentenza di prime cure, depongono univocamente nel senso dellla iniziale qualificazione della domanda proposta in termini di responsabilità per inadempimento contrattuale.
Peraltro, il giudice di appello non si è arrestato a fronte della pur ritenuta inammissibilità della domanda in quanto ambigua e
generica, ma, confermata l’inesistenza di un rapporto contrattuale diretto tra il ricorrente e la società di RAGIONE_SOCIALE della corrente RAGIONE_SOCIALE, ha valutato se, sulla base dei fatti allegati, potevano ritenersi dedotti e configurabili profili di responsabilità extracontrattuale, escludendo ogni responsabilità della società di RAGIONE_SOCIALE a fronte dell’essere l’interruzione prolungata della corrente dovuta ad un fatto esterno, indipendente dalla volontà del distributore e riconducibile al caso fortuito (il furto), esimente dalla responsabilità qualora, sulla base dei fatti allegati si fosse voluta ricostruire la responsabilità dell’appellante in termini di svolgimento di attività pericolosa (come consentito dalla giurisprudenza più recente di questa Corte). A fonte di un evento esterno, interruttivo del nesso causale, ha poi correttamente valutato anche se potesse configurarsi l’ipotesi residua di eventuale responsabilità in capo ad RAGIONE_SOCIALE sotto l’ultimo, residuo profilo della mancanza di una attivazione tempestiva per eliminare la situazione di danno verificatasi per fatti indipendenti dalla propria volontà: e l’ha motivatamente esclusa.
Per cui, a fronte di una domanda genericamente formulata, o quanto meno della cui specificità il ricorrente non dà sufficiente conto o indicazione in questa sede, il tribunale ha compiuto comunque un’ampia ed esaustiva analisi, escludendo sia la responsabilità contrattuale che la configurabilità di una responsabilità extracontrattuale e perfino di una responsabilità in concreto del distributore come esercente un’attività pericolosa, ove si fosse voluto qualificare l’attività svolta come tale (v. Cass. n. 32498 del 2019), nel rispetto dei principi più volte affermati da questa Corte.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. laddove il tribunale non ha rilevato che la società distributrice non aveva mai specificamente contestato la quantificazione dei danni né tantomeno le circostanze
di fatto relative alla interruzione della corrente e alle sue conseguenze, non facendo buon governo delle regole probatorie e sottolinea che la prova liberatoria di RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata limitata alla allegazione dell’avvenuto furto dei cavi elettrici nella zona, non supportata però dalla minima prova e quindi si trattava di un fatto nuovo, non pacifico e non provato.
Il motivo, relativo alla quantificazione del danno, è assorbito dalla inammissibilità dei precedenti motivi relativi all’ an .
Infine, con il quarto motivo il COGNOME deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 167 e 345 c.p.c. avendo omesso il giudice di rilevare che la questione della carenza di legittimazione passiva e della presunta assenza di un rapporto contrattuale era stata sollevata solo con l’atto d’appello e mai sottoposta al contraddittorio delle parti in primo grado. Non avendo RAGIONE_SOCIALE in primo grado mai contestato la propria legittimazione passiva sul punto, sostiene che si fosse formato il giudicato su di essa in quanto la società di RAGIONE_SOCIALE si era limitata ad eccepire genericamente l’esistenza di un furto dei cavi elettrici riconducendolo alla nozione di caso fortuito, idoneo ad integrare la prova liberatoria ed a sollevarla dalla responsabilità risarcitoria.
Sottolinea come l’eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto sia un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, affidata alla disponibilità delle parti e quindi con onere di formulazione tempestiva dalla parte interessata.
Il quarto motivo è, comunque, infondato. Costituisce mera difesa, infatti, e non eccezione di parte in senso tecnico, la contestazione della carenza di un rapporto contrattuale diretto: si tratta di affermazione che quindi ben poteva essere sviluppata per la prima volta in appello. A fronte della genericità della linea difensiva del ricorrente, che non riproduce neppure il contenuto delle domande e delle conclusioni originariamente proposte, né il tenore esatto della
difesa di RAGIONE_SOCIALE, e della ricostruzione delle posizioni delle parti contenuta nella sentenza di appello, è giocoforza ritenere che egli abbia proposto una generica domanda risarcitoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, a fronte della quale RAGIONE_SOCIALE si è a sua volta difesa ampiamente, negando ogni rapporto contrattuale diretto e negando pure una eventuale responsabilità aquiliana ove la domanda fosse stata qualificata in questo senso dal giudice, opponendo ad una eventuale qualificazione in termini di responsabilità da attività pericolosa l’esimente del caso fortuito e la sua tempestiva attivazione per ripristinare il servizio, interrotto per causa ad essa non imputabile. Per cui, non di eccezione di difetto di legittimazione passiva si trattava, quanto dello sviluppo di una linea difensiva ampia, che conduceva alla infondatezza sotto ogni possibile profilo della domanda avversaria.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 e la parte ricorrente risulta soccombente: pertanto, è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Pone a carico del ricorrente le spese di lite sostenute dalla controricorrente, e le liquida in complessivi euro 1.600,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il