Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34762 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34762 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8010/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentat a e difesa dagli avvocati COGNOME; -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- sul controricorso incidentale proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo
studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME
-ricorrente incidentale-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 4061/2022 depositata il 04/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2014, la società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio le società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE chiedendo accertarsi l’illegittima ricostruzione del consumo di energia elettrica per difetto di funzionamento del misuratore effettuata dal distributore, e, per l’effetto condannarsi RAGIONE_SOCIALE alla rettifica della ricostruzione, con termine di decorrenza dalla data dell’errore, ovvero dalla data di installazione del misuratore, nonché condannarsi RAGIONE_SOCIALE ‘anche per il tramite di RAGIONE_SOCIALE, alla restituzione delle somme indebitamente incassate in seguito all’errata rilevazione dei consumi di energia elettrica, oltre interessi e rivalutazione, e al risarcimento dei danni patrimoniali subiti, da quantificare nella somma indicata in corso di causa; in subordine, accertare l’ingiustificato arricchimento delle convenute, con le statuizioni conseguenziali.
Con sentenza n. 6151/2020, il Tribunale di Napoli in accoglimento della domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’importo di euro 440.609,06, oltre accessori, ed RAGIONE_SOCIALE a tenere indenne RAGIONE_SOCIALE di quanto da quest’ultima dovuto per effetto della condanna.
Con sentenza n. 4061/2022 del 4 ottobre 2022, la Corte d’Appello di Napoli, rigettava gli appelli proposti e confermava la sentenza impugnata.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.
3.1. Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato, affidato ad unico motivo, la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la nullità della sentenza, per averla condannata a manlevare RAGIONE_SOCIALE in assenza di specifica domanda (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.). Inoltre, in via subordinata, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99, 100, 103, 112, 115, 167, 189 c.p.c., nonché dell’art. 2033 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
In particolare, sostiene che la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione, perché la domanda di manleva non sarebbe stata espressamente proposta da MAD e, comunque, non potrebbe ritenersi compresa nella richiesta, avanzata da quest’ultima, di condanna di edistribuzione ‘anche per il tramite di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, perché formulata in violazione degli artt. 81, 99 e 100 c.p.c., dal momento che il diritto ad essere tenuta indenne dalla soccombenza non sarebbe suo, ma della stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
4.2. Con il secondo motivo denunzia la nullità della sentenza per essere stata condannata alla restituzione di un indebito, pur non essendo l’ accipiens ; lamenta l’omesso rilievo della propria carenza di legittimazione e di titolarità passiva, nonché la violazione dei principi di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e devolutivo dell’appello, oltre al mutamento di ufficio della causa petendi e all’attribuzione di danni in assenza di una condanna in primo grado e di appello incidentale (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.). In subordine, la violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99, 100,
103, 112, 115, 116, 163, 167, 189, 339, 342, 343, 345, 346 c.p.c., nonché degli artt. 2033, 2043 e 2697 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Lamenta avere la c orte d’appello erroneamente condannato la società RAGIONE_SOCIALE a tenere indenne la RAGIONE_SOCIALE, stante la sua estraneità rispetto al contratto di somministrazione per cui è causa, non avendo, come distributore, partecipato alla stipula di tale negozio, emesso fatture a MAD, né mai ricevuto da quest’ultima alcun pagamento, solo da RAGIONE_SOCIALE, ma in relazione al servizio di trasporto.
Del resto, la ripetizione di indebito oggettivo, avendo carattere personale e natura restitutoria (e non risarcitoria), rimarrebbe circoscritta al solvens e all’ accipiens , senza estendersi ad estranei, per cui, come distributore, non avrebbe potuto essere condannato a restituire somme non ricevute. Inoltre, il giudice del gravame avrebbe travalicato i limiti del giudicato interno, non essendosi avveduto che il Tribunale aveva implicitamente respinto la domanda risarcitoria proposta da MAD, in via alternativa e subordinata a quella di ripetizione di indebito, in ciò incorrendo anche nella violazione del principio per cui l’effetto devolutivo dell’appello è fissato dai motivi di impugnazione.
5. Il primo motivo di ricorso, per ciascuno dei due vizi processuali denunciati, è inammissibile. E ciò, perché: (i) quello di ultrapetizione è formulato senza rispettare il principio di autosufficienza sancito dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., oltre a non tener conto della conformità della decisione impugnata alla giurisprudenza di questa Corte proprio in materia di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ai sensi dell’art. 360bis, c.p.c.; (ii) quello di violazione di legge, non è rispettoso dell’onere di specificità, stabilito dal n. 4, del medesimo art. 366 c.p.c.
Quanto al primo profilo, si osserva che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, il ricorrente in cassazione deve
formulare argomentazioni che siano a tal fine idonee, ‘riportando anche la trascrizione esplicita dei passaggi degli atti e documenti su cui le censure si fondano, a manifestare pregnanza, pertinenza e decisività delle ragioni di critica prospettate, senza necessità per la SRAGIONE_SOCIALE. di ricercare autonomamente in tali atti e documenti i corrispondenti profili ipoteticamente rilevanti’ (v., sul punto, Cass. civ., Sez. V, Ord., 5 ottobre 2023, n. 28135; Cass. civ., Sez. VILav., Ord., 10 febbraio 2023, n. 4131; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1° marzo 2022, n. 6709; Cass. civ., SS.UU., 27 dicembre 2019, n. 34469).
In tale contesto, il giudice di legittimità, attesa la sua funzione di decidere le sole questioni di diritto (sostanziali e processuali), prima di ogni altro esame deve verificare l’ammissibilità del motivo di ricorso avuto riguardo proprio alla sua formulazione; dopodiché, può valutarne la fondatezza. Ed è esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione che deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (cfr. Cass. civ., Sez. I, 19 aprile 2022, n. 12481; v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 marzo 2018, n. 6014).
Nel caso in esame, la ricorrente ha articolato il motivo de quo senza trascrivere né gli atti di primo grado né quelli d’appello, ma unicamente le conclusioni, dalle quali, a suo dire, dovrebbe dedursi l’assenza della domanda di manleva di MAD nei suoi confronti. In tal modo il ricorrente non permette di verificare ex actis , non solo la fondatezza dei suoi assunti, ma anche la loro veridicità.
V’è dunque una aperta distonia tra le censure di ultrapetizione e i principi sopra ricordati, risolvendosi le doglianze di parte ricorrente in una generica affermazione di assenza di esplicita domanda e in una altrettanto generica opposizione secondo cui la manleva non poteva essere ricompresa nella richiesta di MAD di condannare RAGIONE_SOCIALEanche per il tramite di RAGIONE_SOCIALE, senza quindi
cogliere la ratio decidendi della pronuncia impugnata che invece a quei principi si conforma.
Sul punto, infatti, costituisce insegnamento ormai consolidato quello secondo cui il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ricorre se v’è stata, da parte del giudice del merito, una carenza nella interpretazione di un atto processuale, sindacabile in sede di legittimità unicamente come vizio motivazionale, che può integrare l’ultrapetizione.
Questo significa che la doglianza del ricorrente deve riguardare l’omesso esame di una domanda o la pronuncia su una domanda non proposta e non censurare l’interpretazione data, dal giudice di merito, alla domanda stessa o alla sua estensione.
Ebbene, solo nel primo caso ricorre la violazione dell’art. 112 c.p.c., prospettandosi l’ error in procedendo del giudice di merito, rispetto al quale la Corte di cassazione deve procedere all’esame diretto degli atti per acquisire tutti gli elementi utili a rendere la pronuncia richiesta.
Quando invece la doglianza del ricorrente, come nella fattispecie, è volta all’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, l’attività richiesta alla Corte di cassazione integra un accertamento in fatto, che però è per sua natura riservato al solo giudice del merito (v. così Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 agosto 2024, n. 22724; Cass. civ., Sez. II, Ord., 22 febbraio 2024, n. 4739; principio enunciato da Cass. civ., Sez. lav., 24 luglio 2008, n. 20373).
In tal caso, se costui ‘abbia espressamente ritenuto che era stata avanzata ed era compresa nel thema decidendum , tale statuizione, ancorché in ipotesi erronea, non può essere censurata per ultrapetizione, atteso che il suddetto difetto non è logicamente verificabile prima di avere accertato l’erroneità della relativa motivazione, sicché detto errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio
sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale’, nei ristretti limiti derivanti dalla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. n. 22724/2024 cit.; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 15 luglio 2024, n. 19400; Cass. civ., Sez. I, Ord., 8 febbraio 2024, n. 3575; Cass. civ., Sez. I, Ord., 7 agosto 2023, n. 23935).
La corte di merito e, prima di essa, il tribunale, ha ritenuto, in base a una valutazione insindacabile in questa sede, che la richiesta avanzata da MAD di condannare edistribuzione ‘anche per il tramite di Fontel S.p.a.RAGIONE_SOCIALE fosse ricompresa in questa, senza necessità di alcuna ulteriore domanda di manleva, esistendo in ogni caso una responsabilità diretta della stessa e-distribuzione per l’errore di misurazione, essendo il gestore ex lege della rete elettrica, per cui la statuizione impugnata era rimasta nei limiti del petitum (cfr. pp. 4-6 sentenza impugnata n. 4061/2022).
Sotto il profilo della violazione e falsa applicazione -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -delle norme indicate in epigrafe che regolano il difetto di legittimazione passiva, il primo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile, in quanto si traduce in una sostanziale elencazione di tali norme, non consentita in questa sede, perché impedisce alla Corte di adempiere al suo compito istituzionale di verifica del fondamento della denuncia.
Costituisce, infatti, ius receptum della giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui ‘il vizio ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’elencazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni’
(cfr. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 19 luglio 2024, n. 19959; Cass. civ., Sez. I, Ord., 10 giugno 2024, n. 16118; Cass. civ., Sez. V, Ord., 4 giugno 2024, n. 15544; Cass. civ., Sez. I, Ord., 27 maggio 2024, n. 14696; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20 marzo 2024, n. 7485).
Nella fattispecie, come detto, le doglianze di e-distribuzione si traducono per lo più in una mera indicazione delle norme che assume violate nella epigrafe del motivo, non avendone svolto una compiuta analisi attraverso il confronto con i ‘passaggi’ della sentenza in cui la Corte sarebbe incorsa nella denunciata violazione di legge. Inoltre, anche laddove la ricorrente indica alcune norme nel corpo del motivo di ricorso (precisamente i soli artt. 81, 99 e 100 c.p.c.: v. p. 12 ricorso), le argomentazioni svolte non sono sufficienti a superare il ‘varco’ d’inammissibilità, in quanto non arrivano a dimostrare le ragioni di contrasto delle affermazioni in diritto, contenute nella sentenza impugnata, col precetto normativo. E ciò, ancor più alla luce del fatto che MAD era titolare del diritto ad essere indennizzata per il non corretto funzionamento dei misuratori, direttamente azionabile, come ha fatto, sia confronti di e-distribuzione che di RAGIONE_SOCIALE.a.
5.1. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Invero, sebbene in detto motivo si prospetti una mescolanza di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento ad alcune delle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., in particolare ai vizi di cui al n. 3 e n. 4, lo stesso, in realtà, intende introdurre surrettiziamente un nuovo esame del merito della controversia, inammissibile in sede di legittimità.
Nel motivo in esame, invero, la ricorrente non ha prospettato né un vizio di nullità della sentenza (tra cui, l’assenza della motivazione o la sua mera apparenza o la sua intrinseca illogicità), che darebbe luogo a un error in procedendo , denunciabile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., né
tantomeno un error in iudicando per violazione di norme di diritto sostanziale, censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Insomma, nessun vizio di contenuto-forma produttivo di nullità della sentenza impugnata e nessuna effettiva violazione di norme di legge, piuttosto, una critica all’accertamento fattuale compiuto dai giudici di seconde cure e, quindi, gli apprezzamenti delle risultanze processuali (v. ex plurimis , Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 agosto 2024, n. 23324; Cass. civ., Sez. II, 14 agosto 2024, n. 22835; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 9 agosto 2024, n. 22643; Cass. civ., Sez. V, Ord., 6 agosto 2024, n. 22253; Cass. civ., Sez. V, Ord., 31 luglio 2024, n. 21542; Cass. civ., Sez. V, Ord., 27 giugno 2024, n. 17725).
Appare, quindi, evidente come le censure articolate veicolano una critica alla valutazione operata dalla Corte d’appello dei fatti così come dalla stessa accertati, che come tale è però inammissibile in sede di legittimità.
Del resto, la motivazione della corte di merito è coerente, logica e inequivoca nello spiegare che e-distribuzione, pur non avendo preso parte al contratto di somministrazione per cui è causa, è obbligata a manlevare Fontel rispetto a MAD perché concessionario pubblico ex lege del servizio di distribuzione, trasporto, consegna e misura dell’energia elettrica, ai sensi del d.lgs n. 79/1999 e del d.m. 13 ottobre 2003 (cfr. pp. 4-6 sentenza impugnata n. 4061/2022, in cui si legge ‘correttamente il Tribunale ha individuato nel distributore il soggetto responsabile dei danni derivanti dal non corretto funzionamento dei misuratori, trattandosi di concessionario, ex lege, per la rilevazione delle misure e la verifica e manutenzione dei misuratori stessi. È evidente, dunque, che eventuali errori di rilevazione dei consumi sono imputabili unicamente ad e-distruzione, unico soggetto responsabile della rete di energia elettrica e delle relative misurazioni. Né rileva l’estraneità al rapporto contrattuale di fornitura intercorso tra la
società attrice e la RAGIONE_SOCIALE, nonché ai relativi aspetti economici, contabili e commerciali. Il distributore, quale Concessionario pubblico ex lege (d. lgs. 79/1999 e D.M. 13.10.2003), ha il compito di svolgere il servizio di distribuzione, ovvero di trasporto, consegna e misura dell’energia elettrica, mentre l’attività di vendita viene esercitata da innumerevoli società operanti in regime di libero mercato’).
Alla luce di quanto sopra, il ricorso incidentale condizionato proposto dalla RAGIONE_SOCIALE rimane assorbito.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente e ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine spese del giudizio di legittimità in favore dell ‘altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente e ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 5 dicembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME