Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8388 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8388 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8039/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale, dall’AVV_NOTAIO (EMAIL).
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, Società con unico socio (RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (EMAIL), con elezione di domicilio presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO, in forza di procura speciale allegata al controricorso.
–
contro
ricorrente – nonchè contro RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -intimati –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2274/2020 depositata il 16/09/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 2274/2020 del 16 settembre 2020, con cui la Corte d’Appello di Milano accoglieva l’appello principale di ERAGIONE_SOCIALE e rigettava l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE alla sentenza 30 novembre 2017 del Tribunale di Milano.
Per quanto rileva nella presente sede, è pacifico in causa che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE stipulavano un contratto di somministrazione di energia elettrica, in cui convenivano che RAGIONE_SOCIALE conferiva il mandato a stipulare, per proprio conto, il contratto di distribuzione con il distributore locale; in forza di tali pattuizioni RAGIONE_SOCIALE fatturava il servizio di trasporto a RAGIONE_SOCIALE, comunicandole i consumi di RAGIONE_SOCIALE mediante lettura del contatore di sua proprietà; a sua volta RAGIONE_SOCIALE, sulla base dei consumi comunicati, determinava il corrispettivo in relazione all’energia consumata per tutto il periodo di somministrazione.
Con l’impugnata sentenza la corte milanese, in parziale riforma della sentenza di primo grado, in accoglimento dell’appello di RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda di risarcimento del danno proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in relazione al fatto, cui il tribunale aveva dato rilievo, che il comportamento del distributore nel rilevare i consumi, benché conforme alla normativa vigente, fosse comunque ‘contra ius’; per il resto rigettava l’appello incidentale con cui RAGIONE_SOCIALE si doleva del rigetto della sua domanda di accertamento negativo del debito per consumi di energia elettrica.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE Le altre parti restano intimate.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Parte ricorrente e parte resistente hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza n. 2274/2020 perché emessa nonostante l’interruzione del processo per l’intervenuta cancellazione dall’albo del difensore di NPL (art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., art. 301 co. 1 c.p.c.)’.
Lamenta che la corte d’appello non ha dato rilievo, quale evento interruttivo del processo, alla volontaria cancellazione dall’albo, in corso di causa, da parte del difensore di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE, intervenuta nel giudizio di appello.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: apparenza e/o irriducibile contraddittorietà della motivazione della sentenza là dove condivide l’operato del CTU’.
Lamenta che la sentenza impugnata motiva in riferimento alla espletata CTU, ma in maniera del tutto contraddittoria, nel senso che il dato assunto a premessa del ragionamento giuridico, e cioè il dato di consumo storico medio del periodo pre e post guasto del contatore, risulta essere poi disatteso nelle conclusioni, in cui i consumi effettivi vengono considerati come raddoppiati rispetto al dato storico, in tal modo pervenendo la corte d’appello ad abbandonare il dato storico per quantificare i consumi in maniera approssimativa ed in ultima analisi arbitraria, svolgendo una motivazione apparente.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2043 e 2041 c.c. per avere la sentenza impugnata omesso di verificare il corretto adempimento dei doveri di correttezza in capo al distributore, e per aver affermato che in assenza di un comportamento contra ius sia escluso il diritto al ristoro di un danno (art. 360 co. 1 n. 3)’.
Lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2043 e 2041 cod. civ., dolendosi in particolare che la corte territoriale ha escluso un comportamento contra ius di ERAGIONE_SOCIALE e per l’effetto ha escluso il diritto di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno.
4. Il primo motivo è infondato.
La ricorrente si duole di una asserita violazione, comportante nullità, che può essere fatta in realtà valere soltanto dalla parte che ne sia stata colpita.
Sebbene, infatti, questa Corte abbia avuto modo di affermare che ‘La cancellazione volontaria dall’albo degli avvocati è causa di interruzione del processo, indipendentemente dal fatto che il giudice ovvero le altre parti ne abbiano avuto conoscenza, e preclude il compimento di ogni altra attività processuale e determina la nullità degli atti successivi e della decisione eventualmente emessa’ (v. tra le tante, Cass. n. 9104/2020, Cass. n. 13244/2014), è stato anche precisato che, nell’ipotesi in cui il processo sia stato proseguito, la causa interruttiva può essere dedotta e provata in sede di legittimità con la produzione documentale, ma solo dalla parte colpita dall’evento interruttivo (cfr. Cass., 06/10/2020, n. 21359; Cass., Sez. Un., n. 3702/2019).
5. Il secondo motivo è infondato.
Premesso che la corte territoriale ha dato conto in motivazione delle risultanze dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio, per cui non può essere ravvisato il vizio di omesso
esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, neppure è ravvisabile il vizio di motivazione contraddittoria, al punto da divenire motivazione apparente.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che ‘Qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiché l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione’ (Cass., 11/06/2018, n. 15147; Cass., 1917/2021).
Orbene, nel caso di specie l’adesione del giudice d’appello alle risultanze della CTU non è stata acritica, ma, al contrario, congruamente motivata e scevra da vizi logici; neppure risulta esservi stata una specifica contestazione da parte della odierna ricorrente (la quale si limita, nel contestare le valutazioni assunte dal giudice d’appello in relazione alle risultanze peritali, solo, del tutto genericamente, ad asserire: ‘è questa presunzione che la presente difesa ha sempre attaccato e disconosciuto’: v. p. 11 del ricorso), per cui, in assenza di specifica contestazione, l’adesione del giudice del merito alla perizia è pienamente conforme al principio di diritto richiamato e non costituisce motivazione apparente.
5.1. Le ulteriori argomentazioni svolte nel motivo, in ordine
alla erroneità delle risultanze peritali, su cui la corte d’appello si è basata, finiscono per sollecitare una rivalutazione del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità (, Cass., Sez. Un., 25/10/2013, n. 24148 e, quanto alla revisione dell’apprezzamento delle prove, Cass., del 24/05/2006, n. 12362; Cass., 23/05/2014, n. 11511; Cass., 13/06/2014, n. 13485).
6. Il terzo motivo è infondato.
Atteso che inammissibilmente sollecita in realtà una rivalutazione di circostanze di fatto, non può sottacersi che la ricorrente lamenta ‘l’accertamento del guasto dopo quasi tre anni dalla sua verificazione, ha comportato l’emissione di una fattura di conguaglio di notevole importo, in spregio agli obblighi di correttezza e buona fede’ senza invero individuare al riguardo l’ obbligo a carico di RAGIONE_SOCIALE asseritamente violato, strumentale ed ulteriore rispetto a quelli di legge ovvero a quelli contrattualmente previsti.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a
norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza