Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10481 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 10481 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7111/2023 R.G. proposto da: NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO,
-intimata- avverso la ORDINANZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 674/2020 depositata il 12/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI RAGIONE_SOCIALE CAUSA
1.Con provvedimento in data 26.11.2020, la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Sicilia sospendeva il AVV_NOTAIO per quattro mesi dall’esercizio della professione per ‘violazione degli artt. 14 lett. b), 44 e 50 del Codice Deontologico e violazione degli artt. 147 lett. a) e b), 47 e 138 comma 2 Legge notarile per avere l’incolpato stipulato quattro atti di donazione nelle date del 9 giugno 2016, 21 febbraio 2018, 8 maggio 2018 e 28 giugno 2018, sottoposti a condizione risolutiva, in forza di clausola contrattuale in cui non è stato indicato titolo di provenienza ovvero sono stati indicati titoli inesistenti o, comunque, è stata dichiarata, quale provenienza in favore del donante, l’intervenuta usucapione non accertata giudizialmente’.
Il testo della clausola inserita dal AVV_NOTAIO nei contratti è il seguente: ‘ai sensi dell’art.1353 c.c., il presente contratto è soggetto alla condizione risolutiva espressa consistente nella sopravvenuta mancanza di legittimazione della odierna disponente. In particolare, malgrado le esperite visure ottiche ipotecarie e catastali, se in futuro l’interessato catastale o suoi eredi o aventi causa, o un soggetto legittimato da una serie continua di trascrizioni ai sensi degli artt. 2644 e 2650 c.c. (soggetti d cui attualmente non si ha pratico riscontro) facciano valere il loro diritto, anche mediante atto unilaterale di accertamento di condizione risolutiva, ammesso dalle
odierne parti, gli effetti del presente atto verranno meno retroattivamente ai sensi dell’art. 1360 c.c.. Sono pertanto in ogni modo fatti salvi i diritti reali o personali di terzi nonché, a maggior ragione, gli eventuali limiti legali della proprietà fondiaria non risultanti dai registri immobiliari. Pertanto, ai sensi dell’art. 797 c.c., il donatario espressamente libera il donante da qualsivoglia garanzia per evizione totale o parziale dei beni oggetto del presente atto’.
La Corte d’appello di Palermo, con ordinanza n. 102/2023, in data 09.12.2022, rigettava l’impugnazione del AVV_NOTAIO.
In particolare, a fronte delle eccezioni di quest’ultimo per cui la contestazione doveva ritenersi illegittima ‘per avere il AVV_NOTAIO esperito tutte le opportune indagini ipotecarie e catastali e inserito in ciascun atto una condizione risolutiva espressa a garanzia del donatario/acquirente e reso così edotto dei rischi insiti nella stipula’, la Corte di Appello rilevava che la clausola non era idonea, per come formulata, a rendere edotti i donatari dei rischi insiti nella stipula dell’atto, posto che essa configurava come evento condizionante una circostanza -il difetto originario di legittimazionenon sopravvenuto e che era ‘fuorviante’ nella parte in cui induceva a ritenere che fossero state fatte visure ipocatastali senza che ne fosse emerso ‘alcun pratico riscontro’ della presenza di terzi aventi diritto e che fosse comunque possibile una emersione successiva. La Corte di Appello dava conto di aver anche accertato che le indagini ipocatastali erano state esperite dopo e non prima rispetto alla stipula dei quattro atti.
Il AVV_NOTAIO ricorre per la cassazione della citata ordinanza con quattro motivi avversati dal RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta con richiesta di rigetto del ricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 111 Cost., commi 1 e 6, e dell’art. 112 c.p.c. Sostiene che la Corte d’Appello avrebbe sostituito alla contestazione mossagli dalla Commissione un addebito diverso. Deduce che la Corte di Appello avrebbe individuato l’illecito nell’omesso compimento delle dovute indagini ipocatastali anteriormente alla stipula degli atti in oggetto laddove la Commissione aveva individuato l’illecito nella apposizione di una clausola inidonea a sanare l’incertezza nel tempo del trasferimento del bene a terzi.
Il motivo è infondato.
La Corte di Appello non ha modificato l’addebito. L’ha espressamente richiamato a pagina 2 e a pagina 10 della ordinanza. Il AVV_NOTAIO era stato sanzionato per aver rogato atti di donazione ‘in cui non è stato indicato titolo di provenienza ovvero sono stati indicati titoli inesistenti o, comunque, è stata dichiarata, quale provenienza in favore del donante, l’intervenuta usucapione non accertata giudizialmente’ senza che potesse rilevare la clausola condizionale apposta ai contratti trattandosi di clausola che, per come formulata, non sanava l’incertezza sulla validità del trasferimento.
Il motivo di ricorso fa perno su una lettura strumentalmente isolata del passaggio motivazionale che si legge a pagina 12 della ordinanza, nel quale è scritto che il AVV_NOTAIO ‘ha provveduto alla stipula degli atti di donazione ancor prima di effettuare le opportune visure, violando gli obblighi deontologici che su di lui incombevano’.
Questo passaggio -che non descrive il fatto sanzionato ma segue il passo in cui è ribadita la contestazione formulata dalla Commissione- è stato fatto dalla Corte di Appello per dare risposta alla eccezione del AVV_NOTAIO secondo cui non vi sarebbe stata alcuna
responsabilità disciplinare in relazione all’addebito contestato, atteso che il AVV_NOTAIO aveva ‘preventivamente verificato l’inesistenza di trascrizioni o inscrizioni pregiudizievoli’. La Corte di Appello ha poi accertato che le verifiche erano state fatte in realtà dopo e non prima della stipula degli atti.
Con il secondo motivo, articolato in sei censure, si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 117 Cost., degli artt. 1158, 1159 c.c. e 2652, comma 1, n. 6 c.c., nonché degli artt. 14, lett. b), 44 e 50 del Codice Deontologico e degli articoli 147, lett. a) e b), 47 e 138, comma 2, della Legge RAGIONE_SOCIALE.
Si deduce, in primo luogo, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che il ricorrente fosse obbligato ad eseguire preventivamente le visure catastali e ipotecarie anche in ipotesi di compravendita di immobili basata su usucapione autodichiarata.
Per questa parte il motivo è inammissibile perché non attiene alla ratio della decisione.
La Corte di Appello, come già sopra rilevato, ha avallato il provvedimento sanzionatorio ritenendo contrario ai doveri deontologici redigere atti di donazione mancanti della indicazione di un titolo di provenienza o recanti indicazione di titoli inesistenti o recanti indicazione, quale titolo di provenienza, ‘della intervenuta usucapione non accertata giudizialmente’ e senza che, data la formulazione della clausola condizionale, potesse ritenersi che il donatario fosse stato reso consapevole della incertezza del trasferimento.
Come già osservato in riferimento al primo motivo, la Corte di Appello ha svolto considerazioni sulla effettuazione, da parte del AVV_NOTAIO, delle visure ed ha accertato la mancata effettuazione delle visure ipocatastali solo per rispondere alla di lui eccezione per cui,
essendo state fatte le visure, ‘la contestazione non sarebbe stata legittima’.
Si deduce, in secondo luogo, che la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che le suddette norme deontologiche imponessero al AVV_NOTAIO un preciso tenore testuale alternativo a quello in concreto adottato laddove le norme imponevano un obbligo di informazione adeguata verso i donatari. Si sostiene che questo obbligo era stato adempiuto, come dimostrato dal fatto che gli atti in questione non erano mai stati messi in discussione sul piano civilistico dalle rispettive parti contraenti.
Per questa parte il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello non ha affermato che le norme deontologiche impongono al AVV_NOTAIO come strutturare contenutisticamente le clausole dei contratti. Ha sottolineato che il fatto che il donante potesse risultare privo di legittimazione non poteva essere ritenuto come fatto di cui il donatario fosse stato reso edotto dalla presenza della clausola risolutiva de qua, posto che questa ‘è collegata ad un avvenimento definito impropriamente come sopravvenuta mancanza di legittimazione mentre nel caso in cui il donatario subisce l’evizione, la mancanza di legittimazione del donante non è affatto sopravvenuta”; che, ancora, ‘la clausola non è tutelante per il donatario che espressamente rinuncia alla garanzia per evizione ai sensi dell’art. 797 c.c. liberando il donante’; e che la clausola era altresì ‘fuorviante’ per il riferimento alle visure.
In forza dei principi di correttezza e buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto, quali criteri determinativi ed integrativi della prestazione contrattuale, rientra tra gli obblighi del AVV_NOTAIO al quale sia richiesta la stipula di un contratto traslativo lo svolgimento delle attività accessorie necessarie a garantire l’attitudine dell’atto ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto stesso.
Il AVV_NOTAIO avrebbe dovuto informare i donatari della incertezza sulla esistenza del titolo vantato dai donanti per affermare la proprietà del bene donato e dei rischi connessi a tale incertezza. Questa Corte ha in plurime occasioni affermato (v. tra tutte Sez. 2 , ordinanza n.23600 del 02/08/2023 ) che il AVV_NOTAIO ha un obbligo di consiglio alle parti che non si esaurisce nell’obbligo di chiarimento rispetto alle clausole di contenuto ambiguo presenti nell’atto rogato ma impone al AVV_NOTAIO di dare in ogni caso informazioni ai clienti sugli effetti e sul risultato pratico dell’atto rogato e sulla corrispondenza di tali effetti e di tale risultato alla volontà manifestata dalle parti. Nel caso concreto, al contrario, il AVV_NOTAIO ha apposto ai contratti una clausola che la Corte di Appello ha motivatamente valutato come ambigua, inidonea a rendere i donatari edotti del ‘rischio insito nella stipula’.
Il ricorrente inammissibilmente si limita a contrapporre a questa motivata valutazione la propria, di segno contrario.
Correttamente la Corte di Appello ha avallato il provvedimento sanzionatorio ritenendo deontologicamente sanzionabile la condotta del AVV_NOTAIO che si è sottratto all’obbligo di informare il donatario del fatto che, non essendo il donante in possesso di un titolo di acquisto certo e verificabile, la donazione era sottoposta al rischio di un eventuale esercizio dell’azione di rivendica da parte dell’effettivo proprietario del bene.
Questa Corte, nel confermare il riconoscimento della validità del trasferimento dell’immobile usucapito, pur in assenza di un preventivo accertamento giudiziale, ha chiarito che rimane tuttavia da valutare il profilo deontologico con riguardo all’illecito risultante dal combinato disposto dell’art. 147 della legge n. 89 del 1913 e degli artt. 50, lettera b), e 14, lettera b), del codice deontologico elaborato dal RAGIONE_SOCIALE, quanto al rispetto degli obblighi di chiarezza e di completezza nel contenuto dell’atto rogato, dal quale devono normalmente risultare le indicazioni
necessarie per l’inquadramento dell’atto nella vicenda giuridico -temporale su cui opera, emergenti dalle visure ipotecarie e catastali per un periodo comprensivo del ventennio anteriore alla stipula, e che impongono un completo esame delle risultanze degli atti di provenienza, delle formalità pregiudizievoli ed in genere delle formalità pubblicitarie relative all’immobile nel suddetto periodo. Si profila anche l’aspetto della esecuzione delle prestazioni notarili secondo comportamenti compiacenti, non adeguati alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso (Cass., Sez. II, 12 dicembre 2018, n. 32147; Cass., Sez. II, 28 aprile 2021, n. 11186). Il AVV_NOTAIO non è tenuto ad uno specifico controllo della legittimazione del disponente che si dichiari proprietario per usucapione, e può limitarsi a prendere atto che la volontà delle parti è espressamente diretta all’effetto traslativo, anche se lo stesso sia insicuro. Poiché tuttavia il AVV_NOTAIO ha un obbligo di informazione e di chiarimento nei confronti delle parti, egli dovrà accertarsi che l’acquirente abbia ben chiaro il rischio che assume con l’acquisto, per avere fondato l’alienante la sua proprietà sulla maturata usucapione non accertata giudizialmente (Cass., n. 32147 del 2018, cit.). Compito primario del AVV_NOTAIO è anche quello di garantire la certezza dei traffici giuridici e, in quest’ambito, di tutelare non soltanto gli interessi delle parti contraenti, ma anche e specialmente quelli della generalità dei cittadini, prevenendo l’insorgere di possibili controversie tra le parti e i terzi in ordine ai rapporti giuridici risultanti dall’atto rogato (Cass. 39404/2021).
Si deduce, in terzo luogo, che la Corte di Appello, interpretando le norme deontologiche nel senso che le stesse imponessero al AVV_NOTAIO di formulare le clausole contrattuali in un certo modo, avrebbe interpretato le norme deontologiche ‘in peius’ rispetto a come costantemente le stesse sono interpretate ed avrebbe così finito per sanzionare il AVV_NOTAIO, malgrado questi avesse riposto un legittimo affidamento sulla liceità del proprio comportamento.
Per questa parte il motivo è inammissibile in quanto non ha corrispondenza con il contenuto della ordinanza. Come già osservato la Corte di Appello non ha affermato che le norme deontologiche impongono al AVV_NOTAIO come formulare le clausole dei contratti.
Si deduce, in quarto luogo, che la Corte di Appello avrebbe attribuito alle norme in oggetto l’errato significato di imporre la previsione della garanzia per evizione, in spregio all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, per tutelare adeguatamente l’acquirente, il AVV_NOTAIO deve prevedere specifiche garanzie, oltre quelle ex artt. 1483 e 1484 c.c., oppure, in via alternativa, preventivare un congruo risarcimento nel caso di esito infelice della vendita. La clausola in contestazione sarebbe conforme a questo orientamento nella parte in cui sancisce la automatica risoluzione del contratto ed il conseguenziale obbligo di parte venditrice alla restituzione del prezzo, oltre al risarcimento dell’eventuale danno subito dal compratore in presenza di una mera dichiarazione unilaterale del soggetto che si assume titolare.
Per questa parte il motivo è inammissibile: il riferimento ‘alla restituzione del prezzo’ e il riferimento all’obbligo di risarcimento del danno sono incomprensibili: l’uno perché gli atti sono pacificamente atti di donazione; l’altro perché nel testo della clausola riportato nella ordinanza non si fa parola di obblighi di risarcimento.
Si deduce, in quinto luogo, che la Corte di Appello avrebbe applicato l’art. 14 lett. b) del Codice deontologico malgrado che gli atti ‘incriminati’ fossero solo quattro, per di più su un totale di 1500 atti stipulati nello stesso periodo, laddove la situazione di illecita concorrenza sanzionata dalla norma presuppone una ‘attività ripetuta, reiterata e con prestazioni di diversa natura’.
Per questa parte il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha sottolineato che ‘il carattere reiterato delle condotte’ non poteva essere negato alla luce del numero degli atti compiuti in rapporto al tempo ‘non notevole’ intercorso tra il primo e l’ultimo. Il ricorrente chiama la Corte di legittimità a compiere una valutazione di merito diversa da quella motivatamente fatta dai giudici della Corte di Appello.
Si deduce, in sesto luogo, che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che gli atti rogati sulla base di usucapione autodichiarata dessero luogo ad una incertezza ‘nel tempo’ ossia senza limiti di tempo del trasferimento del bene a terzi, omettendo di considerare che il termine di efficacia della condizione risolutiva è pari al tempo occorrente al donatario per usucapire il bene donato, con la conseguenza che, decorso tale lasso di tempo, il donatario ha piena certezza del proprio acquisto.
Per questa parte il motivo è inammissibile, perché riferito non all’ordinanza ma ad una frase della motivazione del provvedimento della Commissione, riportata dalla Corte di Appello, con il capo di incolpazione, a pagina 10 dell’ordinanza, al fine di sottolineare l’infondatezza della eccezione del AVV_NOTAIO per cui il provvedimento avrebbe presentato un deficit di ‘chiarezza della incolpazione’.
3. Con il terzo, articolato motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e degli artt. 147 lett. a) e b), 47 e 138, comma 2, della L.N. per avere la Corte d’appello omesso di giustificare in motivazione la ritenuta applicazione delle predette norme al caso di specie.
Il motivo è infondato.
La motivazione della ordinanza rispetta pienamente lo standard motivazione imposto dall’art. 111 Cost. (v. Cass. 8053/204).
La Corte di Appello, dopo aver dato conto, nei chiari termini più volte sopra riportati, del fatto che il AVV_NOTAIO aveva apposto ai contratti una clausola inidonea a rendere edotto il donatario della
incertezza a cui l’acquisto era esposto, ha affermato che nel caso di specie vi era stata la violazione dell’art. 47 legge notarile. La norma impone al AVV_NOTAIO il compito di indagare la volontà delle parti. Si richiamano le considerazioni già svolte in riferimento al secondo motivo di ricorso.
Con il quarto, articolato motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e degli artt. 147 lett. a) e b), 47 e 138, comma 2, della L.N. sotto il profilo del quantum della sanzione irrogata, da considerarsi sproporzionata e abnorme, se comparata con analoghi casi decisi dalla medesima Commissione disciplinare.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente si limita a far riferimento a provvedimenti sanzionatori adottati dalla Commissione senza tener conto, per un verso, del fatto che ‘In tema di procedimento disciplinare a carico dei notai, la determinazione qualitativa e quantitativa della sanzione rientra tra i poteri discrezionali dell’organo preposto ad irrogarla, nel rispetto dei limiti minimi e massimi edittali, perché non sono previsti parametri valutativi predeterminati, sicché ogni sanzione, in considerazione della natura punitiva che le è propria, deve essere commisurata alla gravità del fatto, alle circostanze dello stesso ed alla personalità dell’autore, alla stregua di quanto stabilito, per gli illeciti penali, dall’art. 133 c.p. e, per quelli amministrativi, dall’art. 11 della l. n. 689 del 1981’ (Sez. 2 – , sentenza n.6016 del 28/02/2019). Il ricorrente, per altro verso, neppure tiene conto del fatto che il motivo pecca anche di specificità sia perché i provvedimenti sono indicati in modo generico sia perché il ricorrente non allega di averli già sottoposti all’esame della Corte di Appello.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 3 aprile 2025.