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Responsabilità disciplinare avvocato: cosa succede?

La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare della censura a un avvocato per aver abbandonato la difesa del proprio assistito, non presentandosi a due udienze penali. La Corte ha chiarito che la violazione dei doveri professionali, come la negligenza, costituisce un illecito a prescindere dal danno concreto causato al cliente. La decisione sottolinea l’importanza dei doveri di diligenza e fedeltà, respingendo la tesi dell’errore scusabile e ribadendo che la responsabilità disciplinare dell’avvocato scaturisce dalla semplice trascuratezza rilevante e non scusabile.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

La Responsabilità Disciplinare dell’Avvocato per Abbandono della Difesa

Il rapporto tra avvocato e cliente si fonda su un patto di fiducia e diligenza. Ma cosa accade quando questo patto viene violato? Una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha riaffermato i principi cardine della responsabilità disciplinare dell’avvocato, confermando la sanzione della censura per un professionista che aveva abbandonato la difesa del proprio cliente in un procedimento penale. Analizziamo questo caso per comprendere meglio i doveri inderogabili del difensore.

I Fatti del Caso: un’assenza ingiustificata in aula

Un avvocato veniva incaricato della difesa di un cliente in un procedimento penale. Tuttavia, il professionista non si presentava a due udienze cruciali, quella del 21 ottobre 2015 e la successiva del 16 gennaio 2017, nonostante fosse stato regolarmente avvisato. Questo comportamento veniva qualificato come abbandono della difesa, con una “rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita”.

Di conseguenza, il Consiglio distrettuale di disciplina infliggeva all’avvocato la sanzione della censura. Il professionista impugnava la decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense (CNF), sostenendo che la sua assenza fosse frutto di un errore scusabile, dovuto alla confusione con un altro procedimento, simile, a carico dello stesso cliente. Chiedeva, inoltre, l’annullamento della sanzione o, in subordine, la sua sostituzione con la meno afflittiva misura dell’avvertimento. Il CNF, però, respingeva il ricorso, confermando la sanzione.

Il Ricorso in Cassazione e la Responsabilità Disciplinare dell’Avvocato

L’avvocato non si arrendeva e portava il caso dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Le sue difese si basavano su due argomenti principali:

1. Violazione dell’art. 26 del Codice Deontologico: Sosteneva che la semplice “trascuratezza” non fosse sufficiente a integrare l’illecito disciplinare. A suo dire, era necessario dimostrare che la sua assenza avesse causato un effettivo pregiudizio al cliente, cosa che, secondo lui, non era avvenuta, data la presunta evidenza delle prove a carico dell’imputato.
2. Errata valutazione della sanzione: Lamentava che la sentenza non avesse considerato la possibilità di applicare una sanzione più lieve, come l’avvertimento, in presenza di attenuanti o di “errori scusabili”.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali sulla responsabilità disciplinare dell’avvocato. La Corte ha stabilito che l’illecito disciplinare si perfeziona con la violazione dei doveri professionali, a prescindere dalle conseguenze pratiche per il cliente. I punti chiave della motivazione sono i seguenti:

* Irrilevanza del danno: L’abbandono ingiustificato della difesa lede non solo il dovere di diligente adempimento del mandato (art. 26), ma anche i principi fondamentali di probità, dignità (art. 9), fedeltà (art. 10) e coscienziosa diligenza (art. 12). La condotta è sanzionabile in sé, perché mina il decoro e la dignità della professione forense. Non è necessario dimostrare che l’assenza del difensore abbia causato un danno concreto all’assistito.
* L’inutilità della difesa è un ossimoro: La Corte ha definito “un incomprensibile ossimoro” l’argomento secondo cui la presenza del difensore sarebbe stata inutile a priori. Il dovere di assistenza e difesa in ogni fase del procedimento è paradigmatico e non ammette eccezioni basate su una valutazione ex ante dell’esito del giudizio.
* La colpa è presunta: La “suitas” della condotta, ovvero la sua volontarietà, è presunta. Spetta al professionista dimostrare l’esistenza di un errore inevitabile o di una causa esterna non superabile con la normale diligenza. La semplice confusione tra due fascicoli, per un professionista legale, non è stata ritenuta una giustificazione sufficiente.
* La gravità della condotta: L’apprezzamento sulla gravità del fatto e sulla congruità della sanzione è di competenza del giudice disciplinare e non è sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi logici o violazioni di legge, che in questo caso non sono stati riscontrati.

Conclusioni: i Doveri Inderogabili del Difensore

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’avvocato ha il dovere primario e inderogabile di assistere e difendere il proprio cliente in ogni fase del procedimento. La violazione di questo obbligo, anche se derivante da una “rilevante trascuratezza”, integra un illecito disciplinare. L’idea che si possa omettere una difesa perché ritenuta “inutile” è stata categoricamente respinta. La pronuncia serve da monito sull’importanza della diligenza, della fedeltà e del decoro, valori che costituiscono l’essenza stessa della professione forense e la base del rapporto di fiducia con l’assistito e con l’intero sistema giudiziario.

Per configurare un illecito disciplinare a carico di un avvocato è necessario che il suo comportamento abbia causato un danno effettivo al cliente?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’illecito disciplinare, come l’abbandono della difesa, si perfeziona con la semplice violazione dei doveri deontologici (diligenza, fedeltà, decoro). Non è necessario provare che la condotta negligente abbia prodotto un concreto pregiudizio per l’assistito.

Un avvocato può giustificare la sua assenza in udienza sostenendo che la sua presenza sarebbe stata comunque inutile per l’esito del processo?
Assolutamente no. La Corte ha definito questo argomento un “incomprensibile ossimoro”. Il dovere di assistenza e difesa è primario e paradigmatico in ogni fase del procedimento e non può essere messo in discussione sulla base di una valutazione a priori dell’esito del giudizio.

Quale tipo di errore può essere considerato “scusabile” per un avvocato in un procedimento disciplinare?
La sentenza stabilisce che l’errore, per essere considerato scusabile, deve essere “inevitabile” e non superabile con l’uso della normale diligenza professionale. La semplice confusione tra due procedimenti simili a carico dello stesso cliente non è stata ritenuta una giustificazione sufficiente, poiché un professionista legale è tenuto a un grado di attenzione superiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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