Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
sul ricorso 28933/2022 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME Eugenio;
-ricorrente contro
NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del Legale Rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza n. 869/2022 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 19/05/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/10/2023 dal cons. NOME COGNOME
Rilevato che:
In relazione ad attività di progettazione e direzione dei lavori di costruzione di due capannoni, svolte dall’architetto NOME COGNOME in favore della società RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Trapani condannò la società committente a pagare al professionista la somma di 407.352,96 euro, oltre accessori (determinando il compenso spettante in base alle tariffe professionali in 614.149,95 euro, deducendo l’importo di 61.414,99 euro per non perfetta conformità dell’opera alle regole de ll’arte e detraendo i pagamenti già effettuati, ammontanti a 145.382,00 euro);
pronunciando sul gravame principale del COGNOME e su quello incidentale della RAGIONE_SOCIALE, la Corte di Appello di Palermo ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, ritenendo che il professionista dovesse rispondere nei confronti della committente, a titolo risarcitorio, di maggior esborsi effettuati in favore di imprese appaltatrici; in particolare, per quanto specificamente interessa in questa sede, del maggiore esborso di 175.182,44 euro per la realizzazione della pavimentazione di un piazzale; ha pertanto condannato la NOME COGNOME a pagare al professionista la somma di 468.767,95 euro, al netto degli acconti già corrisposti, e il COGNOME a pagare alla controparte la somma di 214.252,89 euro, oltre accessori; stante la reciproca soccombenza, ha confermato la statuizione di compensazione delle spese compiuta in primo grado e ha compensato integralmente anche le spese del giudice d’appello;
ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a tre motivi; ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE; il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale, ex art. 380-bis.1 c.p.c.;
il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
col primo motivo, il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 1362 c.c. dell’art. 2236 c.c., censurando la
sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il professionista responsabile per il pagamento di un maggior prezzo di oltre 175.000,00 euro in relazione al pavimento ecologico del piazzale;
premesso che il nuovo prezzo per la pavimentazione in questione era stato convenuto direttamente dalla società NOME Castiglione con la società RAGIONE_SOCIALE, mediante scrittura privata del 16.2.2006 (che aveva stabilito un costo unitario di 78,00 a mq e aveva previsto che i lavori sarebbero stati eseguiti «secondo le indicazioni della D.L. nella persona dell’Arch. COGNOME NOME»), il COGNOME afferma che «il testo del contratto in questione non attribuiva al ricorrente altro compito se non quello di sovrintendere i lavori escludendosi anche che potesse individuare in concreto le caratteristiche del manufatto»; rileva altresì che, prima che il professionista reclamasse i propri compensi, «la committente non aveva neppur lontanamente ritenuto di verificare la congruità del corrispettivo del pavimento ecologico»; sostiene pertanto che la Corte ha violato i criteri di cui all’articolo 1362, 1° e 2° co. c.c., non tenendo conto né del tenore letterale della scrittura del 16.2.2006 né della comune intenzione dei contraenti desumibile dal comportamento posteriore alla conclusione del contratto; aggiunge che, «poiché con riferimento alla categoria di opere in questione, sul Todaro non incombeva alcun obbligo, se non quello di vigilare sulla corretta esecuzione dell’opera (al quale ha ottemperato, tanto che ‘il pavimento ecologico si presentava al momento dell’accertamento peritale assolutamente integro), la Corte d’appello ha errato nel ritenerlo inadempiente (così incorrendo anche in una violazione dell’art. 2236 c.c.)»;
in relazione alla questione concernente il pavimento del piazzale, la Corte ha rilevato che «indagini tecniche eseguite dai consulenti hanno indotto i medesimi, in considerazione dell’effettivo spessore del pavimento ecologico e delle caratteristiche del calcestruzzo quale accertate a seguito delle prove di schiacciamento, a determinare un prezzo di € 43,50 al mq., anziché di € 78,00 a mq. » e ha affermato
che, « benché il nuovo prezzo in questione sia stato pattuito direttamente dall’appellante incidentale, della maggiore spesa che ne è derivata l’arch. COGNOME è indubbiamente tenuto a rispondere, perché ha omesso di vigilare affinché la pavimentazione avesse caratteristiche e fosse realizzata in modo da essere rispondente al prezzo concordato tra la società committente e l’appaltatore»;
il motivo è inammissibile;
invero, la Corte ha affermato l’inadempimento del COGNOME nello svolgimento dei compiti di direzione dei lavori (pacificamente ad esso affidati sia sulla base del contratto originario sia sulla base della scrittura del febbraio 2006) sull’assunto che al professionista fosse demandato il compito di verificare che la pavimentazione fosse realizzata con materiali e caratteristiche tali da renderla rispondente al prezzo concordato; una ratio siffatta non risulta adeguatamente contestata mediante la deduzione che il contratto non attribuisse al COGNOME altro compito se non quello di sovrintendere ai lavori, trattandosi di affermazione che difetta di specificità rispetto al contenuto del contratto (che non è stato trascritto o adeguatamente riassunto -ex art. 366, n. 6 c.p.c.in riferimento all’oggetto e ai requisiti dell’opera appaltata alla RAGIONE_SOCIALE, su cui il COGNOME avrebbe dovuto sovrintendere) e che, conseguentemente, non è idonea a sostenere l’assunto del ricorrente che al professionista non fosse richiesta la verifica in concreto delle caratteristiche del manufatto;
altrettanto inconferente risulta l’assunto che sarebbero mancate, prima della richiesta di pagamento del compenso da parte del professionista, contestazioni della committente sulla congruità del corrispettivo relativo il pavimento ecologico, atteso che ciò rileva è il diverso profilo dell’inadempimento del direttore dei lavori rispetto al controllo demandatogli sull’esecuzione dell’opera , che ben poteva essere eccepito per la prima volta al momento della richiesta di pagamento del compenso professionale;
egualmente inammissibile è la censura relativa alla violazione dell’art. 2236 c.c., che non prospetta alcuna questione afferente la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà e la limitazione della responsabilità del prestatore d’opera ai casi di dolo e colpa grave;
col secondo motivo, il ricorrente assume che la Corte ha «travalicato i limiti della domanda, contenuti nell’appello incidentale, in tal modo incorrendo in una violazione dell’art. 112 c.p.c.»; premesso che la NOME COGNOME aveva dedotto l’inesatto adempimento del professionista per avere liquidato il corrispettivo del pavimento in 78 euro al mq., anziché 21 euro a mq. (pari al costo di un pavimento industriale) o nella misura di 43,50 euro a mq. stimata dalla CTU, il COGNOME lamenta che la Corte abbia individuato una diversa condotta colposa del professionista (mai prima dedotta), per non essersi adoperato «affinché il manufatto avesse caratteristiche tali che il suo valore fosse corrispondente al corrispettivo pattuito dalle parti»;
il motivo è infondato: la Corte ha pronunciato entro i limiti della domanda, dato che l’affermazione che il COGNOME aveva omesso di vigilare affinché la pavimentazione avesse caratteristiche corrispondenti al prezzo pattuito fra le parti costituisce all’evidenza -esplicitazione della ragione che aveva determinato il danno ‘da sovrapprezzo’ lamentato dalla NOME COGNOME;
col terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata (sotto il profilo della violazione dell’art. 92 c.p.c.) per avere confermato la compensazione delle spese del giudizio di primo grado e per avere egualmente compensato quelle di secondo grado;
il motivo è infondato atteso che la compensazione è giustificata dalla reciproca soccombenza (sicuramente ricorrente alla luce dell’esito del giudizio di appello, che ha comportato la necessità di valutare nell’ottica della soccombenza reciproca anche la c orrettezza della statuizione di compensazione emessa dal primo giudice), né è sindacabile in sede di legittimità la misura (nel caso, integrale) in cui il giudice di merito ha ritenuto di effettuare la compensazione;
le spese di lite seguono la soccombenza;
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 5.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 17.10.2023