Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27995 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 27995  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18721/2020 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, difesi dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, difeso dall’avvocato COGNOME NOME -controricorrente e ricorrente incidentale-
COGNOME NOMENOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1637/2019 depositata il 19/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel 2002 NOME COGNOME e NOME COGNOME acquistavano un appartamento realizzato dall’RAGIONE_SOCIALE edile di RAGIONE_SOCIALE, mentre progettista e direttore dei lavori era l’ ing. NOME COGNOME.
Gli acquirenti convenivano gli eredi del costruttore e l’ing. COGNOME dinanzi al Tribunale di Pesaro. Esponevano che n ell’unità immobiliare si erano manifestati, dopo alcuni anni, gravi vizi: infiltrazioni d’acqua nel piano interrato (ripostiglio, bagno, antibagno, cantina), diffuse muffe in soggiorno e camera da letto, fenomeni che gli acquirenti attribuivano a errata impermeabilizzazione del solaio, inadeguata pendenza della pavimentazione sovrastante, assenza di drenaggio nel muro contro terra e ponti termici dovuti alla carenza di materiale isolante.
Tali vizi erano idonei a compromettere la durata, la solidità e la salubrità del bene, rendendo l’immobile inabitabile e coinvolgendo anche i requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa.
Su questa base, chiedevano il risarcimento dei danni ex artt. 1669 c.c. e 2055 c.c. per difetti imputabili sia all’RAGIONE_SOCIALE che al direttore dei lavori.
Nel 2015 il Tribunale accertava la responsabilità esclusiva dell’RAGIONE_SOCIALE costruttrice,  condannando i convenuti (eredi COGNOME) al pagamento di € 48.881,60 oltre a rivalutazione e interessi, rigettando la domanda contro l’ing. COGNOME ,  perché i difetti erano riconducibili a lavorazioni elementari sotto il controllo del direttore di cantiere, non a errori progettuali.
La pronuncia era impugnata dagli attori, i quali censuravano la sentenza per aver escluso la responsabilità per ‘ culpa in vigilando ‘ dell’ing. COGNOME, ritenendo che anche la direttiva e il controllo sulle lavorazioni importanti dovessero rientrare nell’alveo dell’obbligo di alta sorveglianza proprio del direttore dei lavori.
Gli eredi COGNOME spiegavano appello incidentale, negando ogni responsabilità e invocando il comportamento degli attori come causa della condensa.
COGNOME eccepiva, preliminarmente, l’improcedibilità dell’appello ex art. 100 c.p.c., e nel merito instava per il rigetto dell’impugnazione; in subordine chiedeva l’affermazione della garanzia assicurativa.
RAGIONE_SOCIALE aderiva alle difese di COGNOME e contestava la domanda di garanzia e la prescrizione.
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Ancona ha rigettato l’appello principale di COGNOME e COGNOME e quello incidentale degli eredi COGNOME e di COGNOME, confermando integralmente la decisione di primo grado, con compensazione delle spese di lite tra le parti principali e condanna dell’ingegnere COGNOME a rifondere le spese alla RAGIONE_SOCIALE.
La Corte ha affermato che non risulta dimostrato che i vizi gravi accertati abbiano origine da errori progettuali o da omessa sorveglianza del professionista incaricato, né il consulente tecnico d’ufficio ha individuato comportamenti omissivi o negligenti in capo all’ing. COGNOME.
Le infiltrazioni sono state ricollegate a lavori elementari di competenza dell’RAGIONE_SOCIALE e del direttore di cantiere, non incidenti sulle prerogative di alta sorveglianza del direttore dei lavori.
La Corte applica il principio per cui la responsabilità non si estende al direttore dei lavori quando i difetti riguardano attività meramente esecutive, elementari e subordinate al controllo di figure diverse dal direttore dei lavori.
La motivazione richiama altresì la giurisprudenza in tema di diligenza professionale e obblighi di controllo ma conclude che, in assenza di precisi riscontri sulla ingerenza del direttore dei lavori nei vizi emersi, né di omissioni specifiche, la responsabilità resta esclusiva dell’RAGIONE_SOCIALE esecutrice.
Viene confermata la liquidazione del danno a favore degli attori e la compensazione delle spese tra le parti, salvo il rapporto di manleva tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dove il primo è condannato alla refusione delle spese in favore dell’assicuratore.
La sentenza, in definitiva, si fonda sull’assunto che la natura e la localizzazione dei vizi rilevati (impermeabilizzazione, pendenza, drenaggio, ponti termici) non possono essere addebitati al direttore dei lavori per mancanza di prova circa un suo coinvolgimento attivo o negligente nella fase esecutiva contestata.
Ricorrono in cassazione gli acquirenti, con quattro motivi. Resiste l’ingegnere  NOME  COGNOME,  progettista  e  direttore  dei  lavori,  con controricorso e ricorso incidentale fondato su quattro motivi e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo del ricorso principale denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’esclusione della corresponsabilità  del direttore dei lavori.
Si  sostiene  che  la  motivazione  della  Corte  di  appello  sia  meramente apparente, in quanto esclude la responsabilità del professionista affermando che i vizi, pur gravi, afferiscono alla fase esecutiva e sarebbero quindi di competenza del direttore di cantiere, trattandosi di operazioni di natura elementare.
Il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1669, 1176 co. 2, 2697 e 2055 c.c.
Si sostiene che la Corte di appello abbia errato nell’applicare i principi sulla responsabilità del direttore dei lavori, invertendo illegittimamente l’onere della prova. L’art. 1669 c.c. pone una presunzione di  colpa  a  carico  di  tutti  i  collaboratori  alla  costruzione;  spettava quindi al professionista fornire la prova liberatoria, non ai danneggiati dimostrare la sua colpa.
Il terzo motivo del ricorso principale denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1669, 2697, 1176 co. 2 e 2055 c.c., con riguardo alla prova dell’errore professionale del direttore dei lavori.
Si argomenta che, anche a voler superare la presunzione di colpa, la  prova  dell’errore  professionale  emergesse  direttamente  dalla
natura  stessa  dei  vizi  accertati,  che  un  professionista  diligente avrebbe dovuto cogliere e gestire.
In via subordinata, il quarto motivo del ricorso principale denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalle specifiche caratteristiche tecniche dei vizi descritte nella c.t.u. (tipologia del solaio, localizzazione nei giunti, ecc.), il cui esame avrebbe dimostrato la non elementarità delle lavorazioni e la prevedibilità del rischio.
-I primi tre motivi del ricorso principale possono essere esaminati contestualmente.
Essi sono accolti.
2.1. -Quanto alla violazione di legge, l ‘art. 1669 c.c., letto insieme agli artt. 1176 e 2055 c.c., configura una responsabilità extracontrattuale solidale del direttore dei lavori con l’appaltatore , per i gravi difetti dovuti anche a carenze esecutive.
Il direttore presta un’obbligazione di mezzi ma, per la natura tecnica dell’opera, deve esercitare un’alta sorveglianza: non una presenza costante in cantiere, ma comunque un controllo periodico e qualificato su tutte le fasi essenziali, con potere-dovere di impartire ordini e segnalare anomalie.
La mancata vigilanza su elementi come impermeabilizzazioni, pendenze o drenaggi costituisce colpa . L’ onere della prova grava su direttore e appaltatore, che possono liberarsi solo dimostrando di aver espletato i propri compiti.
Discostamenti  sono  ammessi  solo  per  lavorazioni  marginali  o quando il  difetto  derivi  da  un  vizio  di  progettazione  estraneo  alle competenze del direttore.
Contro questi principi -ribaditi recentemente da Cass. 18405/2025 -urta la sentenza in epigrafe: la fase esecutiva non si sottrae all’obbligo di alta sorveglianza del direttore dei lavori, il quale ha mancato di essere penetrante, in considerazione dei gravi vizi poi accertati.
2.2. -Quanto al vizio logico, il fatto che i difetti riguardino l’esecuzione non implica che le opere siano elementari e sottratte all’alta sorveglianza del direttore dei lavori. La sentenza non spiega perché lavorazioni complesse e cruciali -come l’impermeabilizzazione di un ampio solaio, la realizzazione delle corrette pendenze, la coibentazione termica e il drenaggio di un muro controterra -debbano considerarsi marginali.
È del tutto evidente che, al di là dell’intollerabile stringatezza, l’asserto in alcun modo può sussumersi nel ‘genus’ di motivazione, della quale non presenta alcuna delle necessarie qualità.
La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione,
con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Alla luce dei richiamati principi l’impugnato provvedimento deve essere dichiarato nullo, poiché sorretto da un costrutto motivazionale di pura ed evidente apparenza, attraverso il quale il giudice si è illegittimamente sottratto al dovere di spiegare le ragioni della propria decisione, la quale s’impone e giustifica proprio attraverso la piena visibilità del percorso argomentativo, che non può ridursi al nudo atto di libera, anzi arbitraria, manifestazione del volere, avendo il giudice il dovere di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, non essendo bastevole una sommaria evocazione priva di un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (in tal senso, fra le tante, Cass. nn. 9105/2017, 20921/2019, 13248/2020).
In definitiva, resta insondabile il percorso argomentativo seguito dal giudice e cripticamente apodittica la decisione, la quale, a fronte di un insieme di vizi di evidente rilievo, dovuti a errori che appaiono dalla stessa descrizione di cui in sentenza agevolmente riscontrabili, esclude, senza spiegarne la ragione, la responsabilità del direttore dei lavori, assegnando gli inconvenienti alla fase esecutiva e perciò sottratti all’alta vigilanza del direttore dei lavori, chiamato, secondo
i Giudici di secondo grado, allo svolgimento di altri compiti: <>.
Evidente il grave ‘vulnus’ motivazionale, in uno alla violazione di legge di cui sopra si è detto: per un verso, irragionevolmente e senza supporto argomentativo i compiti  del  direttore  dei  lavori  vengono mutilati e, per altro verso resta inspiegabile la ragione per la quale le lavorazioni foriere dei vizi di cui si discute debbano giudicarsi esecutive e perché esse non siano soggette alla vigilanza del direttore dei lavori, nonostante investano, come si è già detto, profili strutturali essenziali.
Di talché si versa nell’ipotesi del modello di decisione apriori, nel quale assume rilievo l’atto del puro volere del giudice, privo del costrutto  giustificativo  minimo,  in  difformità  del  modello  imposto dall’art. 111 Cost. (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 10941/2025).
L’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale determina l’assorbimento del quarto motivo .
-Il primo motivo di ricorso incidentale -in cui si denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. nei rapporti con la società assicuratrice -è stato oggetto di rinuncia nella memoria.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112 e 91 c.p.c. Si lamenta che la Corte di a ppello, dopo aver rigettato l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME contro l’COGNOME. COGNOME, non ha posto le spese legali di secondo grado a loro carico e non ha motivato la compensazione.
Il terzo motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c. per avere la Corte compensato le spese di lite tra le parti invece di porle a carico degli appellanti soccombenti
Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 112 e 91 c.p.c. e del d.m. n. 55/2014 55 per avere la Corte di appello rigettato l’ appello  incidentale  sulla  misura  delle  spese  legali  liquidate  in  primo grado, in quanto corrisposte ai minimi tabellari invece che in misura
media e con gli aumenti previsti per la pluralità di parti ed il valore rilevante della causa.
L’accoglimento dei ricorso principale determina l’assorbimento del secondo,  del  terzo  e  del  quarto  motivo  del  ricorso  incidentale,  in quanto vertenti in materia di spese di lite, che dovranno comunque essere liquidate di nuovo, in base all’esito complessivo del giudizio.
– La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, dichiara assorbiti il quarto motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, dichiara assorbiti il quarto motivo del ricorso principale e i motivi dal secondo al quarto del ricorso incidentale, il cui primo motivo dichiara inammissibile per sopravvenuto difetto d’interesse , cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, rinvia alla Corte di appello di Ancona,  in  diversa  composizione,  anche  per  la  liquidazione  delle spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 24/09/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME