Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2572 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2572 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17545/2022 R.G. proposto da:
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE . (P_IVA) che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
BASILE GERARDO, BASILE GERARDO, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente incidentale- contro BASILE GERARDO, RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 19/2022 depositata il 11/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Salerno la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, sindaco p.t., chiedendo il risarcimento del danno per la morte del padre NOME COGNOME, in conseguenza RAGIONE_SOCIALE eventi franosi verificatisi a RAGIONE_SOCIALE il 5 maggio 1998, per i quali erano decedute 137 persone e per i quali era stata riconosciuta la penale responsabilità del COGNOME per omicidio colposo multiplo, con la condanna generica, unitamente ai responsabili civili, al risarcimento del danno in favore della parte RAGIONE_SOCIALE, da liquidarsi separatamente. Sia il RAGIONE_SOCIALE, che le Amministrazioni dello Stato proposero domanda di regresso nei confronti dei coobbligati. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento in favore di ciascuno RAGIONE_SOCIALE attori della somma di Euro 178.650,00, oltre interessi; in parziale accoglimento della domanda di regresso, condannò il COGNOME a corrispondere sia alla RAGIONE_SOCIALE, che al RAGIONE_SOCIALE, la somma che sarebbe stata pagata alla parte attrice. Proposta impugnazione sia dalla RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE, che dagli attori, con sentenza deliberata in data 21 dicembre 2021 la Corte d’appello di Salerno rigettò entrambi gli appelli.
Osservò la corte territoriale, con riferimento all’appello principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE, che nel caso di responsabilità per fatto altrui non era consentito al responsabile per fatto altrui agire in via di regresso ai sensi dell’art. 2055, comma 2, cod. civ. nei confronti di altro responsabile indiretto in quanto, essendo quest’ultimo per definizione estraneo alla causazione del fatto illecito nonché responsabile senza colpa, era inapplicabile il criterio della gravità della rispettiva colpa e dell’entità delle conseguenze derivatane, mentre era consentito al responsabile indiretto agire contro l’immediato autore del fatto lesivo per l’intera
somma corrisposta al danneggiato, in applicazione del principio di cui all’art. 1298, comma 1, cod. civ.. Aggiunse che responsabile diretto della morte del congiunto della parte attrice era NOME COGNOME perché quale Sindaco, come accertato dal giudicato penale (a seguito della sentenza n. 19507/2013 della Corte di Cassazione), aveva omesso di allertare tempestivamente la popolazione, cui di contro aveva inoltrato avvisi tranquillizzanti, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio quale unica condotta salvifica possibile, di convocare ed insediare con urgenza il RAGIONE_SOCIALE e di segnalare prontamente alla Prefettura di Salerno la gravità RAGIONE_SOCIALE eventi per consentirne gli interventi di competenza. Osservò ancora che, mentre il COGNOME era l’unico autore delle condotte penalmente rilevanti causative dell’evento dannoso, il RAGIONE_SOCIALE e le Amministrazioni dello Stato erano solo responsabili civili indiretti in forza di disposizione normativa (art. 28 Cost.), a prescindere dalla colpa e dalle regole di causalità del fatto, per cui le Amministrazioni dello Stato per un verso avevano diritto di agire in regresso per l’intero nei confronti dell’autore immediato del fatto antigiuridico, per l’altro non potevano promu overe l’azione ai sensi dell’art. 2055, comma 2, cod. civ. nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, altro responsabile RAGIONE_SOCIALE parimenti incolpevole.
Passando all’appello incidentale, osservò la corte territoriale, disattendendo l’istanza di rideterminazione del danno non patrimoniale, che non erano stati forniti elementi ai fini dell’apprezzamento delle caratteristiche della relazione con la persona deceduta che giustificassero un importo maggiore, non potendo essere fatta valere una disparità di trattamento con la liquidazione riconosciuta in altro giudizio in favore del germano NOME COGNOME, alla luce della variazione della quantificazione in relazione alla differenti posizioni soggettive ed alla natura dell’attività difensiva espletata, né il sordomutismo di cui NOME COGNOME era affetto dalla nascita poteva
giustificare un liquidazione maggiore di quella del germano NOME. Aggiunse, in relazione al motivo di appello avente ad oggetto le spese processuali liquidate in primo grado, che l’attività difensiva espletata in favore RAGIONE_SOCIALE appellanti incidentali era stata limitata alle fasi di studio e di introduzione del giudizio, essendosi il difensore alla prima udienza limitato a richiamare il contenuto del proprio atto ed a contestare genericamente le istanze delle controparti, e non avendo in sede decisoria depositato memorie conclusionali, né discusso oralmente la causa.
Hanno proposto, con unico atto, ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi. Resistono con distinti controricorsi da una parte il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, dall’altra NOME COGNOME, che ha p roposto altresì ricorso incidentale sulla base di tre motivi. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il Pubblico RAGIONE_SOCIALE non ha presentato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria da NOME COGNOME.
Considerato che:
muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 28 Cost., 22 e 23 T.U. n. 5 del 1957, 185 cod. pen., 2043 e 2055, comma 2, cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, in ragione del rap porto di immedesimazione organica e dell’art. 28 Cost., ricorre la responsabilità diretta per fatto proprio del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, come si evince da Cass. Sez. U. n. 13246 del 2019 e da quanto evidenziato dalla sentenza di legittimità nel processo penale a proposito dei poteri pubblicistici del Sindaco. Aggiunge che ricorre una fattispecie di mancato esercizio di funzioni pubbliche, con la conseguenza che gli atti e le omissioni, oltre che immediatamente riferibili alla persona fisica del Sindaco, nel sistema della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sia autorità comunale che ufficiale di governo, sono anche
direttamente imputabili tanto al RAGIONE_SOCIALE quanto alle Amministrazioni statali in ragione delle rispettive funzioni. Conclude nel senso che ricorre pertanto il presupposto dell’azione di regresso.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2043, 2049 e 2055, commi 2 e 3, cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente in via subordinata che l’azione di regresso di cui all’art. 2055, comma 2, cod. civ. è proponibile anche in presenza di responsabilità per fatto altrui perché, mentre l’art. 1298 cod. civ. esprime la logica dell’autonomia privata e dell’obbligazione volontariamente assunta nell’interesse esclusivo del debi tore, l’art. 2055 esprime la logica dell’ascrivibilità del fatto illecito e del principio che nessuno può rispondere oltre il limite di ciò che gli sia oggettivamente addebitabile. Aggiunge che nell’art. 2055, comma 2, il concetto di colpa ha il carattere oggettivo dell’imputabilità del fatto al soggetto, come si evince anche dal terzo comma, dove il criterio della divisione in parti uguali si attaglia ad un concetto oggettivo di colpa e non alla responsabilità per fatto colpevole. Osserva ancora che il cri terio della ‘entità delle conseguenze’ è autonomo rispetto alla colpa intesa in senso oggettivo, poiché concerne le conseguenze del fatto provocato dal soggetto nei cui confronti il responsabile indiretto riveste una posizione di controllo o di garanzia.
Il primo motivo è fondato. Il Collegio dà continuità all’indirizzo di questa Corte relativo ai medesimi fatti di cui al presente ricorso, recependo nella presente sede quanto affermato da Cass. n. 35020, n. 35419, n. 35872, n. 36902 del 2022 e n. 365 del 2023.
Deve muoversi, ai fini dello scrutinio del motivo, dai principi di diritto enunciati da Cass. sez. U. 16 maggio 2019, n. 13246 nei seguenti termini. Il comportamento della PRAGIONE_SOCIALE. che può dar luogo, in violazione dei criteri generali dell’art. 2043 c.c., al risarcimento del danno per il fatto penalmente illecito del dipendente, o si riconduce all’estrinsecazione del potere pubblicistico e cioè ad un formale
provvedimento amministrativo, emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, oppure si riduce ad una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali. Nel primo caso (attività provvedimentale o, se si volesse generalizzare, istituzionale in quanto estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà), l’immedesimazione organica di regola pienamente sussiste ed è allora ammessa la responsabilità diretta in forza della sicura imputazione della condotta all’ente. Nel secondo caso, di attività estranea a quella istituzionale o comunque materiale, ove pure vada esclusa l’operatività del criterio di imputazione pubblicistico fondato sull’attribuzione della condotta del funzionario o dipendente all’ente, opera, nei limiti indicati dalle Sezioni Unite (profilo qui non rilevante), il diverso criterio della responsabilità indiretta, per fatto del proprio dipendente o funzionario, in forza di principi corrispondenti a quelli elaborati per ogni privato preponente e desunti dall’art. 2049 c.c..
Nella sentenza n. 19507 del 2013 della Corte di Cassazione, che ha concluso il procedimento penale per omicidio colposo plurimo nei confronti del Sindaco p.t., si legge, quanto alla imputazione sollevata nei confronti di questi, che ‘non considerava la ‘mappa dei rischi’ allegata al menzionato piano di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella quale quello derivante da alluvioni, frane e valanghe veniva ritenuto di ‘grado alto’ e, quindi, degno della massima attenzione, con la indicazione RAGIONE_SOCIALE adempimenti da attuarsi al verificarsi dell’emergenza; ometteva di dare tempestivamente il segnale di allarme alla popolazione, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio, di convocare ed insediare tempestivamente il RAGIONE_SOCIALE, di dare tempestivo e congruo allarme alla Prefettura di Salerno alla quale, anzi, fino alle ore 20,47, forniva notizie imprudentemente rassicuranti sull’emergenza in corso, suscettibili di non provocare l’adeguato allertamento RAGIONE_SOCIALE organi competenti;
forniva alla popolazione in pericolo notizie imprudentemente rassicuranti sulla emergenza in atto, diffondendo due appelli televisivi, trasmessi dall’emittente ‘RAGIONE_SOCIALE‘, con i quali invitava i cittadini a restare nelle proprie abitazioni, facendo così ritenere che la situazione fosse sotto controllo ed inesistente il pericolo; inoltre, a fronte di una precisa richiesta di evacuazione dei plessi ospedalieri di RAGIONE_SOCIALE, in pericolo, avanzata dall’Autorità sanitaria competente, rifiutava tale evacuazione assumendo la insussistenza di pericolo per la vita dei pazienti’.
L’attività colposa che viene in rilievo non è meramente materiale ed estranea ai compiti istituzionali, tale da essere legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri esercitati – alle condizioni indicate dalle Sezioni Unite -, ma è istituzionale nel senso di estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà. La circostanza che l’attività non sia per lo più collegata ad un formale provvedimento amministrativo ed integri piuttosto una condotta di tipo omissivo non muta i term ini della questione poiché l’omessa adozione di un provvedimento amministrativo non costituisce comportamento materiale, ma illegittima condotta istituzionale (peraltro al sindaco risultano imputate anche condotte di carattere commissivo sotto il profilo delle notizie imprudentemente rassicuranti fornite durante l’emergenza in corso). L’attribuzione del potere illegittimamente non esercitato è criterio di responsabilità dell’autorità rimasta inerte, per cui non esercitare il potere non è un contegno meramente materiale della persona fisica, ma azione amministrativa illegittima ove quel potere doveva essere esercitato. Costituendo manifestazione di attività istituzionale anche l’omesso esercizio di potestà pubblica, la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE nel caso di specie ha carattere diretto ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per cui, alla stregua dell’assunto del giudice di merito, secondo cui il regresso ai sensi del secondo comma dell’art. 2055 può essere esercitato solo nei confronti del responsabile
diretto (conformemente peraltro all’indirizzo di questa Corte Cass. n. 856/1982, n. 17763/2005, n. 24802/2008, n. 24567/2017), ben può essere proposta l’azione dalle Amministrazioni statali ricorrenti.
In realtà, sia le attività omesse dal sindaco, sia le attività positive compiute con esternazioni verso la cittadinanza, pur non essendosi concretate nell’adozione di provvedimenti ma, rispettivamente, le prime, appunto nell’omessa adozione di questi, le seconde in attività comunque riconducibili alla funzione del sindaco nella prevenzione delle calamità -sono comportamenti che debbono considerarsi espressione della funzione del sindaco. Le prime, in particolare, risultano certamente ex necesse imputabili al rapporto organico sebbene come espressione di mancato esercizio di un potere, le seconde altrettanto certamente sono espressione di detto rapporto, atteso che i messaggi alla cittadinanza, pur non essendo provvedimenti, comunque integrano operazioni materiali espressione del detto rapporto: non in altra veste o per altri scopi essi sono stati posti in essere dal sindaco, ma proprio nell’esercizio, purtroppo malamente interpretato, dei po teri che nel suo ruolo di organo al tempo stesso di tre amministrazioni gli erano conferiti.
Resta fermo, naturalmente, che la commisurazione, in concreto, delle responsabilità RAGIONE_SOCIALE enti nel riparto interno tra di essi ai fini del regresso, resta regolata dall’art. 2055 cod. civ. e dalle regole di riparto RAGIONE_SOCIALE oneri di allegazione e prova che da essa discendono (v. Cass. n. 3626 del 10/02/2017; Cass. 11/11/2019, 28987, in motivazione).
Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: ‘sussiste la responsabilità diretta della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per il fatto penalmente illecito commesso dalla persona fisica appartenente all’amministrazione, tale da far reputare sussistente l’immedesimazione organica con quest’ultima, non solo in presenza di formale provvedimento amministrativo, ma anche di illegittima omessa adozione di provvedimento doveroso, nonché anche
in relazione a comportamenti riconducibili all’esercizio del potere autoritativo’.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo, proposto in via subordinata.
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente in via incidentale che risulta violata la regola della liquidazione equitativa in rapporto alle circostanze del caso concreto, non essendo stati valutati in alcun modo l’età sia della vittima che del figlio superstite affetto da sordomutismo, la convivenza ed il legame con la vittima e che è stata violata la parità di trattamento, alla luce della liquidazione in altro giudizio in favore del germano NOME dell’importo di Euro 270.000,00.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n. 4 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la sentenza contiene una motivazione apparente quanto al rigetto della istanza di rideterminazione del danno non patrimoniale.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2 e 4 d.m. n. 55 del 2014, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, quanto al mancato accoglimento del motivo di appello sulle spese processuali di primo grado, che la partecipazione del difensore alle udienze, anche nel procedimento sommario di cognizione, costituisce attività di trattazione della causa e che spetta il compenso anche per la richiesta di passaggio in decisione della causa.
Il primo ed il secondo motivo sono infondati. Il giudice del merito ha accertato che non sono stati forniti elementi ai fini dell’apprezzamento delle caratteristiche della relazione con la persona deceduta che giustificassero un importo maggiore, non potendo essere fatta valere una disparità di trattamento con la liquidazione
riconosciuta in altro giudizio in favore del germano NOME COGNOME, alla luce della variazione della quantificazione in relazione alla differenti posizioni soggettive ed alla natura dell’attività difensiva espletata, né, ha aggiunto la corte territoriale, il sordomutismo di cui NOME COGNOME era affetto dalla nascita poteva giustificare un liquidazione maggiore di quella del germano NOME. Alla stregua di tale motivazione, indubbiamente sussistente essendo chiara la ratio decidendi , è di tutta evidenza che il giudice del merito abbia proceduto alla valutazione delle circostanze del caso concreto al fine della liquidazione equitativa del danno, apprezzando, peraltro, proprie le circostanze di cui il ricorrente fa menzione nel motivo.
Il terzo motivo è inammissibile. I n violazione dell’onere processuale di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., non vi è specifica ed analitica indicazione dell’attività processuale che sarebbe stata svolta dal difensore. In mancanza dell’assolvimento del detto onere processuale il Collegio non è in condizioni di scrutinare il motivo.
Poiché il ricorso proposto da NOME COGNOME viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
accoglie il primo motivo del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE, dichiarando assorbito il secondo motivo;
cassa la sentenza in relazione al motivo accolto;
rinvia alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unifi cato pari a quello previsto per il ricorso proposto da NOME COGNOME, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 14 dicembre 2023 nella camera di